28 November, 2024
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Questa sera, inizio ore 18.00, sul campo della Cupola geodetica di via Deffenu, a Carbonia, è in programma il derby tra Scuola Basket Carbonia e Sulcispes Sant’Antioco, valido per la sesta giornata di andata della regular season del campionato di serie D di basket maschile. Il derby ritorna dopo diversi anni, dopo la promozione della Scuola Basket Carbonia.

Le due squadre sono appaiate in classifica al quarto posto (insieme a CMB Porto Torres, Basket Coral Alghero e Cus Sassari), a quota 6 punti, ma la Sulcispes ha disputato una partita in meno, avendo fin qui collezionato tre vittorie ed una sola sconfitta, mentre la Scuola Basket Carbonia ha all’attivo tre vittorie e due sconfitte. In testa alla classifica c’è la Dinamo Basket Sassari, a punteggio pieno, con due punti di vantaggio su Oratorio Elmas e Sinnai Basket che hanno però disputato una partita in peno e sono quindi anch’esse ancora a punteggio pieno.

 

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Un nuovo durissimo attacco alla direzione dell’ATS Sardegna per le scelte fatte nella riorganizzazione della rete ospedaliera regionale, arriva da Sassari, dalla dirigente del Partito Sardo d’Azione Carla Puligheddu,

«Per Sassari lo spazio dell’oblio nei progetti regionali, destinata ad assumere la dimensione coloniale dell’emergente sanità olbiese – attacca in una nota Carla Puligheddu -. Dai sardisti dalle sezioni cittadine del Partito Sardo d’Azione “Bussalai, Sechi, Sotgiu” parte la denuncia sulle tragiche scelte operate dalla direzione ATS nella riorganizzazione della rete ospedaliera regionale e in particolare, nel riordino dei laboratori e razionalizzazione dei servizi del territorio. Sembra certo, infatti, l’accentramento delle analisi ambulatoriali su 4 mega-laboratori HUB: Olbia, Nuoro, Oristano e Cagliari. Ovvero, è certa la volontà di spostare tutti gli esami di routine dei pazienti non ospedalizzati del Nord Sardegna, verso Olbia, attraverso il trasporto dei campioni biologici tramite ditta esterna da individuare. Assistiamo passivamente all’ennesima ingerenza di una direzione che mai ha considerato la specificità di una regione che, per tante ragioni, non può essere confusa con altre. La prima negligenza che si evince da tale stoltezza è che i progetti “pronti all’uso” possono ridurre la fatica di chi li propone ma offendono la dignità e il diritto di chi li subisce. Se il motivo dell’unificazione fosse quello del risparmio; i conti non tornerebbero comunque. I costi di questa pianificazione, infatti, sarebbero notevolmente elevati, se si considera che, oltre il costo del trasporto (di gran lunga superiore a quello dei service per gli strumenti in uso) si prevede l’individuazione di centri di raccolta, centrifugazione e smistamento per la corretta tracciabilità dei campioni provenienti, non solo da Sassari, ma anche da Alghero Ozieri, Tempio e La Maddalena. Al laboratorio generale di base afferiscono i prelievi da: Nulvi, Ploaghe, Martis, Viddalba, Castelsardo, Sedini, Bulzi, Usini, Laerru, Ossi, Erula,Ttissi, Codrongianus, Cargieghe, Muros, Perfusas, Chiaramonti, Santa Maria Coghinas, Florinas, Porto Torres, Sorso, Valledoria, Radioprotezione, Medico competente, Spresal, Centro Dialisi Porto Torres, Centro Dialisi San Camillo, Carceri Bancali, Punto Prelievi Conti, Serd via Zanfarino, Serd San Camillo, ADI, Servizio Igiene e Sanità pubblica, Punto prelievi via Tempio. In particolare, il laboratorio di via Tempio effettua analisi mediamente per 2.300 utenti la settimana che corrispondono all’incirca a 900.000 esami l’anno. Esegue 150 PT-INR/giorno per gli oltre 2.000 pazienti, per lo più anziani presso il centro TAO. Un lavoro intensissimo che impegna una moltitudine di professionalità su servizi di livello eccellente.»

«L’operazione in cantiere comprometterebbe l’attendibilità dei risultati, proprio a causa della prolungata giacenza dei campioni prelevati  nel corso della mattinata, in attesa di arrivare ai laboratori di Olbia. Attesa che falserebbe il risultato finale, altroché ritardare il ritiro dei referti – aggiunge Carla Puligheddu -. Per i pazienti, soprattutto per coloro che necessitano di risposte urgenti,  sarebbe una perdita di tempo, di pazienza e di energia, ma soprattutto di salute. Stesso discorso per i campioni relativi alla terapia salvavita anticoagulante, i quali rischierebbero di essere processarti tardivamente, di degradarsi, di fornire  valori inesatti, con la conseguenza di fornire terapie inefficaci. Addio risparmio, dunque! Si fa avanti il grande disagio per l’utenza! Il buon senso avverte che, sacrificare la qualità dei risultati significa una cosa sola:costringere gli utenti a rivolgersi al ai laboratori privati. Siamo sempre lì, depotenziare la sanità pubblica a favore di quella privata. L’intenzione di chiudere il laboratorio generale di base ATS a Sassari sembrerebbe stata decisa senza che i sindacati ed il personale che vi lavora siano stati messi al corrente e probabilmente neppure la commissione sanità regionale sia stata debitamente informata. Senza nemmeno ponderare quale danno la chiusura arrecherebbe, insieme ai disagi per tutti i cittadini di Sassari e dei paesi limitrofi che da 30 anni usufruiscono del servizio e della qualità degli esami.»

L’idea di creare un esamificio non convince i sardisti i quali, per voce della dirigente Carla Puligheddu, esprimono solidarietà agli operatori dei servizi del Nord Sardegna e propongono la realizzazione di un unico laboratorio ATS con sede a Sassari (es. al Conti) dove far confluire i prelievi del territorio, compresi Ozieri ed Alghero che potrebbero invece provvedere al fabbisogno delle strutture ospedaliere, garantendo le urgenze e le analisi dei pazienti ricoverati. In questo auspicabile laboratorio unico, potrebbero essere processati anche i campioni dei pazienti esterni del territorio con notevole risparmio economico, considerata la spesa elevata sostenuta dall’ATS AOU per tali prestazioni.

«Non si può impoverire Sassari ed il suo territorio, privandolo di una importante, storica struttura, fondamentale per i suoi cittadini – conclude Carla Puligheddu -. Un altro servizio depredato alla città di Sassari a favore di Olbia, una scelta irrazionale ed ingiusta, l’ennesima inflitta della politica regionale sarda.»

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«Il passaggio dei lavoratori di Forestas in Regione non è più prorogabile, perché dobbiamo garantire ai lavoratori la dignità che gli è stata sempre stata negata.»

E’ quanto sottolinea il consigliere regionale Stefano Coinu (Forza Italia) che conferma l’opportunità di un inquadramento all’interno delle disposizioni del sistema legislativo regionale, riaffermando la sostenibilità dei costi per il bilancio regionale. In tutto i dipendenti dell’agenzia sono 5.300: di questi 1.300 sono semestrali, 400 tra quadri e dirigenti, gli altri sono operai a tempo indeterminato ma assunti con contratto privatistico, lo stesso che disciplina il lavoro dei braccianti agricoli.

«Non è possibile che i lavoratori debbano subire ancora questa discriminazione con un contratto che mortifica le loro professionalità. Si pensi al territorio del Nuorese, con centinaia di tute verdi impegnate tra boschi e sentieri per la gestione delle perle ambientali e la prevenzione degli incendi. Nessun consigliere può farsi condizionare da logiche diverse, se non quelle dei lavoratori che attendono certezze. Auspico – conclude Stefano Coinu – che sin dai prossimi giorni l’assemblea di via Roma possa mettere i dipendenti di Forestas sullo stesso piano degli altri lavoratori del sistema regionale.»

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Francesco Trento ormai ad Alghero è di casa. Lo scrittore e sceneggiatore romano ha scelto da tempo la Riviera del Corallo come sede del suo corso “Come si scrive una grande storia”. Il primo incontro con l’autore (vincitore del David di Donatello 2017 col documentario “Crazy for football”) si è svolto ormai un anno fa nella sede di Cabussò – Contingenze Culturali e da quel momento in poi, al netto di una pausa estiva, i seminari si sono tenuti a cadenza mensile.

A novembre, sabato 17 e domenica 18, Francesco Trento torna nella città catalana di Sardegna col suo seminario  “Scrivere è riscrivere. Come migliorare del 300% la vostra storia durante o dopo la prima stesura”. Grazie a “Game of thrones”, “Collateral”, “Il discorso del re”, “Friends”, “House of cards”, “The social network”, “Inglorious Bastards”, “Qualcuno volò sul nido del cuculo” ed altri film e serie tv italiani o stranieri, verranno esaminati tutti gli elementi che fanno funzionare una grande scena: il conflitto, prima di tutto, ma anche la struttura (sino ai suoi minimi beat), l’obiettivo del protagonista della scena (esplicito, segreto e inconscio) e la sua strategia, gli spostamenti di potere tra i personaggi, il ribaltamento, il telling moment. Si lavorerà inoltre su come spostare il punto di vista dello spettatore, e sulla scrittura a ritroso, ovvero su come seminare meglio le premesse di una scena nelle scene che la precedono, in modo da aumentare il pathos e creare delle aspettative più chiare per il lettore e lo spettatore.

Pur facendo parte di un ciclo di seminari, la lezione è autoconclusiva, rivolta a chiunque sia curioso di approfondire i meccanismi narrativi e anche solo ai semplici appassionati di cinema. Il seminario è a numero chiuso, per prenotare e avere informazioni sui costi e scontistiche si possono contattare gli organizzatori attraverso l’indirizzo di posta elettronica scrivereunagrandestoriaalghero@gmail.com .

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Si è tenuto oggi, nell’Aula del Consiglio regionale, il convegno dal titolo “Le Trincee profonde del Novecento”. I lavori sono stati aperti dal vice presidente del Consiglio regionale Eugenio Lai che, nel suo intervento di saluto, ha ricordato il 100° anniversario della Grande Guerra come grande fatto tragico che ha segnato profondamente la Sardegna. Dopo i saluti delle autorità presenti, è stata la volta delle due relazioni la prima delle quali, “Un paese nella Grande Guerra”, è stata svolta da Luciano Carta della Fondazione Siotto. Carta ha ricordato in apertura il progetto di ricostruzione della memoria di quel tempo condotto dal comune di Bolotana. Un progetto, ha affermato, rivolto a tutte le comunità della Sardegna delle quali Bolotana (che ebbe un numero di caduti superiore alla media nazionale) è stato in qualche modo il simbolo, con le sue 546 schede di combattenti della Prima Guerra Mondiale, coordinate da un gruppo di ricerca e raccolte soprattutto con il contributo delle famiglie del Paese.

«Da queste schede – ha detto Luciano Carta – emergono le figure dei protagonisti (prevalentemente contadini e pastori con pochi laureati e qualche diplomato) ed una sorta di letteratura povera fatta dalle lettere dei soldati al fronte indirizzate alle famiglie e da alcuni componimenti poetici, a testimonianza di un legame profondo dei sardi con la loro terra, con temi ricorrenti come il lavoro nei campi, l’andamento delle stagioni e del raccolto, la crescita della famiglia, la sofferenza delle donne.»

La ricostruzione più puntuale del contesto storico di allora è stata al centro della seconda relazione (“Le trincee da colmare”), di Aldo Accardo dell’Università di Cagliari. Aldo Accardo si è soffermato sulle vicende del trattato di pace che concluse la Grande Guerra, oggetto di un volume del grande economista John Maynard Keynes che criticò in modo radicale le classi dirigenti del tempo per non aver saputo o voluto comprendere i veri problemi dell’Europa e le ferite profonde del Continente che poi determinarono la Seconda Guerra Mondiale.

Stabilendo un parallelismo col mondo attuale, Aldo Accardo ha osservato che «anche oggi viviamo in una Europa divisa nella testa della gente, ferita ed in grande cambiamento con tutti i suoi errori, dove le classi dirigenti non riescono a cogliere il fondamento della legittimità dei governi che nasce dalla politica e pensano di trovarlo (ma è la strada sbagliata) nella burocrazia».

I lavori sono stati conclusi da una breve riflessione del sindaco di Bolotana, Annalisa Motzo, discendente di Leonardo Motzo, ufficiale della Brigata Sassari e Medaglia d’Argento al valor militare.

 

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Molte conferme e alcune novità nella regolamentazione della pesca delle anguille e dei ricci di mare: i rispettivi decreti, che definiscono il piano di gestione dell’anguilla ed il calendario della pesca del riccio di mare per la stagione 2018/2019, sono stati firmati ieri dall’assessore dell’Agricoltura con delega alla Pesca Pier Luigi Caria.

«Come già annunciato nella riunione con operatori e organizzazioni di categoria – dice l’assessore Pier Luigi Caria – per quanto riguarda la pesca dei ricci abbiamo confermato le direttive introdotte lo scorso anno, in considerazione della forte sofferenza della risorsa, limitando lo sforzo di prelievo e la durata della stagione, i quantitativi prelevabili e l’orario consentito. Il decreto che regola la pesca dell’anguilla invece – prosegue Pier Luigi Caria – contiene alcune novità sperimentali, in particolare nella possibilità di richiedere delle deroghe: in entrambi i casi si tratta di regole non imposte dall’alto, ma concordate con gli operatori nel rispetto della loro professionalità e della tutela delle risorse: un risultato per il quale esprimiamo grande soddisfazione, certi che il dialogo sia la strada giusta da seguire.»

Il nuovo decreto, in considerazione delle richieste formulate dagli operatori, prevede la possibilità di deroghe alla dimensione minima della maglia dei bertavelli e ai periodi di pesca, ma solo in presenza di motivate giustificazioni, corredate da un Protocollo di gestione.

Per la sola stagione di pesca corrente, che va da ottobre 2018 ad aprile 2019, è possibile utilizzare bertavelli con dimensione minima della maglia pari a 12 mm per il “corpo” e pari a 10 mm per il “sacco finale”.

La cattura, sia a livello professionale che sportivo, sarà vietata dal 1 gennaio all’ultimo giorno di febbraio e dal 1 maggio al 30 settembre. Per gli operatori che per giustificate motivazioni necessitano di pescare in periodi diversi da quelli indicati, esiste la possibilità di richiedere una deroga entro 30 giorni dall’emanazione del decreto, corredando la richiesta con un Protocollo di gestione della durata minima di tre anni che riporti i cinque mesi di pesca prescelti (ma la chiusura deve avvenire almeno in uno dei mesi compresi fra novembre e febbraio) specificando i motivi di tipo biologico o economico a supporto di tale scelta. Dovrà essere specificato anche il numero di bertavelli complessivo e le loro caratteristiche, nonché la posizione delle singole calate, la tipologia dei lavorieri e la tempistica di commercializzazione.

Gli esemplari provenienti da altre zone di pesca e da allevamenti intensivi dovranno essere identificabili attraverso idonea documentazione. Il pescatore sportivo non potrà catturare più di un kg di anguille al giorno. La taglia minima degli esemplari che possono essere pescati è di 28 cm.

La pesca sarà consentita dal 15 novembre 2018 al 15 aprile 2019. Per tutta la stagione è vietata la pesca professionale di domenica, ad eccezione dell’area ricompresa nel compartimento marittimo di Porto Torres, nella quale il divieto è fissato per il lunedì.

I pescatori professionisti che operano dalle imbarcazioni, potranno raccogliere, giornalmente, massimo 4 ceste (2.000 ricci), mentre quelli che lavorano dalla riva dovranno rispettare un limite giornaliero di 2 ceste (1.000 esemplari). È di massimo 7 ceste (3.500 ricci) invece, la quantità consentita per 2 operatori e assistente con la stessa imbarcazione.

L’orario di prelievo e sbarco, per pescatori marittimi e professionali, è stabilito dalle ore 6.00 alle 13.00. E’ stato confermato l’obbligo di comunicazione giornaliera di area, orario inizio e fine prelievo all’Autorità marittima competente e l’obbligo di compilazione giornaliera del giornale di pesca del riccio di mare prima dello sbarco.

La pesca sportiva sarà consentita nelle giornate di sabato, domenica e festivi.

 

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Masterclass di cucina tradizionale sarda e bielorussa, cooking show e confronto con esperti e ricercatori  sul vantaggio per la salute nell’utilizzare alimenti nutritivi, culturalmente adeguati, accessibili e prodotti in forma ecologica e sostenibile.

E’ questo in sintesi il programma  delle due giornate di venerdì 9 e sabato 10 novembre presso la sede IFAL di Assemini, del progetto “Cucina come officina della salute: i cibi della longevità”.

Promossa dalla Comunità Mondiale della Longevità con la collaborazione del Consolato Onorario in Sardegna della Repubblica di Bielorussia, l’iniziativa si propone come importante momento di confronto e diffusione delle culture alimentari dei centenari delle diverse parti del mondo.

Temi che saranno approfonditi in modo particolare da esperti e addetti ai lavori nel corso del seminario di studi dal titolo “I guadagni di salute dalle diete tradizionali dei popoli” in programma sabato 10 novembre, dalle ore 19.00, presso la Sala Luxar, in via Sulcis 34, ad Assemini.

«La sana alimentazione, rispettosa delle necessità nutrizionali e metaboliche – dichiara Roberto Pili, presidente della Comunità Mondiale della Longevità – è, infatti, uno dei pilastri su cui si costruisce il privilegio di superare in salute, il secolo di vita. La salute si conquista a tavola e i nuovi cuochi possono aspirare al ruolo di trainer della longevità. Dobbiamo carpire dai centenari di tutto il mondo i loro segreti alimentari per metterli a disposizione di tutti. Scoprire gusti e alimenti radicati nella vita di questi campioni di vitalità può rappresentare un modo interessante e nuovo per avvicinarsi a un’alimentazione equilibrata.»

Altro momento della due giorni la Masterclass riservata agli studenti della scuola di cucina dell’Ifal di Assemini. Durante il corso saranno insegnare le tecniche di preparazione di cibi ed i fondamentali della cultura alimentare praticati dai longevi con attenzione particolare su una Sardegna da record con i suoi 480 centenari e la lontana Bielorussia che di longevi ne conta 420. Culture alimentari tanto lontane, ma accomunate da i valori che mettono al centro i bisogni dell’uomo, e traducono concetti di gusto, salute e sostenibilità in un impegno quotidiano.

«L’insieme delle tecniche e delle arti culinarie, la cosiddetta Gastronomia non deve limitarsi alla buona cucina – sottolinea Patrizio Saba dell’IFAL, l’istituto che organizza i corsi di cucina per i futuri cuochi – ma diventare fonte di corretta nutrizione, gusto e salute.»

Preparare le pietanze è un po’ come realizzare un “magico” esperimento di laboratorio in grado di assicurare all’alimentazione il suo ruolo di fattore determinante della salute.

«La diffusione di messaggi corretti, applicabili a differenti livelli, sulle tavole di tutti i giorni e più in generale nelle diverse realtà della ristorazione, sono fondamentali per promuovere corrette abitudini alimentari e più in generale per favorire la salute – conclude il presidente della Comunità Mondiale della Longevità – Tutelare la tradizione abbracciando al contempo elementi di rinnovamento qualitativo, introdotti dalla ricerca, dalla tecnologia e dai mutamenti nelle sensibilità è fondamentale per vincere la guerra contro la marea montante dei Fast food e del cibo spazzatura.»

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I modelli virtuosi da imitare nella lotta alla Peste suina africana e nel contrasto agli allevamenti abusivi e irregolari non vengono più e solo da terre lontane, come la penisola Iberica dove oltre vent’anni fa è stata sconfitta la malattia, ma dal cuore dell’Isola, dall’Ogliastra. Parte da Urzulei una storia tutta locale e che sarà certamente da esempio per l’intero territorio regionale: 48 allevatori irregolari hanno deciso di emergere ed avviare le nuove attività nel rispetto delle norme registrando, in questa prima fase, circa 500 maiali. Il progetto, nato dal basso con uno spirito di collaborazione attiva che ha coinvolto cittadini, amministrazione comunale e Regione, è stato ufficializzato oggi nella sala consiliare del centro ogliastrino dal presidente Francesco Pigliaru, e dall’assessore della Sanità, Luigi Arru, che hanno incontrato il sindaco, Ennio Arba, la sua Giunta ed i nuovi allevatori regolari.

All’iniziativa hanno inoltre partecipato i vertici dell’Unità di Progetto per l’eradicazione della PSA: dal responsabile Alessandro De Martini ai direttori generali dell’Istituto zooprofilattico della Sardegna, Alberto Laddomada, e dell’Agenzia Laore, Maria Ibba, passando per il commissario unico dell’Agenzia Forestas, Giuseppe Pulina. E poi Sergio Masala, rappresentante del mondo veterinario dell’ATS, ha portato i saluti di Franco Sgarangella, responsabile unico ATS per la PSA, oggi assente per altri impegni istituzionali. Masala ha poi annunciato che i circa 400 euro pagati dagli allevatori per la regolarizzazione rimarranno alla comunità di Urzulei. Saranno infatti utilizzati dall’ATS per l’apertura, in paese, di un ufficio di anagrafe zootecnica che possa assistere i tanti allevatori, non solo di suini, del territorio. Sul piano della salvaguardia del suino di razza sarda ha seguito i lavori l’esperto delle strutture regionali, Sebastiano Porcu. Concluso l’incontro in paese, ci si è poi spostati nel Supramonte di Urzulei, in località su Nuragi, per visitare un allevamento in semi brado di cinque ettari, con doppie recinzioni e ricoveri per gli animali, seguito da un giovane allevatore di 25 anni.

Con le 48 nuove regolarizzazioni il piccolo centro di appena 1.260 residenti raggiunge quota 102 allevamenti ufficiali: uno ogni 12 abitanti. Roba da fare invidia ai distretti più attivi della suinicoltura nazionale presenti nella Pianura padana. Parlare di maiali, di trasformazione delle carni e di prosciutti a Urzulei significa confrontarsi con le sue più antiche tradizioni agroalimentari, economiche e sociali che riassumono l’identità dell’intera comunità. Fra i nuovi allevatori ci sono giovani diplomati, mamme laureate, pensionati e imprenditori agricoli che già svolgono queste attività e che operano nei circa 13mila ettari, quasi esclusivamente di proprietà comunale. Le loro storie raccontano una battaglia contro lo spopolamento, una voglia di rimanere nei luoghi dove sono nati e dove hanno deciso di far crescere la propria famiglia lavorando nel rispetto delle regole.

«Si tratta di un grandissimo risultato perché c’è una malattia, la Peste suina africana, che sta bloccando da quarant’anni lo sviluppo di questi territori. Va combattuta e va sconfitta. Il grande risultato, qui a Urzulei, è che questa comunità ha accettato la sfida. Ha avuto fiducia anche nella nostra proposta e oggi parliamo di decine di imprese che hanno deciso di regolarizzarsi, quindi di uscire da quella situazione che in realtà non faceva altro che riprodurre una malattia, non solo sanitaria ma per l’intero territorio.»

Così il presidente Francesco Pigliaru che ha aggiunto: «Oggi ci sono le condizioni perché la popolazione di Urzulei possa guardare con molta più fiducia al futuro. Si tratta di un fantastico esempio per tutta la Sardegna e in particolare per quei territori che fanno ancora fatica a vedere che la strada giusta è quella adottata con successo in questo paese. Urzulei ha dimostrato di essere altruista, pensando all’interesse non dei singoli ma dell’intera comunità. Senza fiducia non si fa niente. Speriamo – ha concluso Francesco Pigliaru – che questa esperienza sia di grande contagio per tutta la Sardegna».

«Siamo noi che dobbiamo dire grazie a voi, alla comunità di Urzulei per quello che ha fatto.» Lo ha detto l’assessore della Sanità, Luigi Arru, rivolgendosi ai numerosi presenti in sala. «La nostra non è e non è stata una battaglia contro qualcuno o qualche comunità, contro la cultura e le tradizioni di Nuorese o Ogliastra, ma contro una malattia che da 40 ha danneggiato pesantemente il settore suinicolo isolano. Va dato merito al presidente Pigliaru per aver creato l’Unità di Progetto, una vera rivoluzione sul piano organizzativo e di gestione della PSA, con un vertice decisionale seguito, in modo impeccabile, da Alessandro De Martini che ha coordinato una squadra composta da tanti attori istituzionali che si sono confrontati costantemente con i territori».

«I principali obiettivi messi sul piatto dalla nostra amministrazione e dai neo imprenditori zootecnici, nel breve e medio periodo – ha osservato il sindaco Ennio Arba – puntano innanzitutto a sostenere con maggior forza la battaglia contro il virus della Peste suina africana. Di seguito intendiamo promuovere un’attività di tutela e valorizzazione del maiale autoctono di razza sarda, l’organizzazione di una filiera suinicola e la nascita di un marchio locale che valorizzi le peculiarità della nostra antica tradizione nella produzione dei prosciutti. Tutti questi passaggi – ha concluso il primo cittadino – non devono prescindere dal superamento, che auspichiamo si raggiunga il prima possibile, dell’embargo posto dall’Unione europea alla vendita delle nostre carni e salumi oltre i confini della Sardegna.»

 

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La lunga e complessa vicenda del Dna di 13.000 ogliastrini, per la quale fra l’altro c’è un processo in corso, è arrivata ad una svolta decisiva sia sulla proprietà del patrimonio genetico che per il suo utilizzo a fini di ricerca.

Lo ha annunciato in una conferenza stampa svoltasi in Consiglio regionale il presidente dell’associazione “Identità Ogliastrina” Flavio Cabitza che ha comunicato i risultati più significativi ottenuti dalla stessa associazione: il patrimonio genetico è di proprietà dei donatori che potranno averlo in restituzione ed i campioni ottenuti saranno custoditi dall’Università di Sassari che, assieme a quella di Cagliari, potranno utilizzarlo a fini di ricerca, in autonomia o con altri partner selezionati in base a rigorosi criteri scientifici.

«Siamo qui nella sede del Consiglio regionale – ha dichiarato fra l’altro Cabitza – perché per noi il supporto delle istituzioni è fondamentale e soprattutto perché vogliamo rivolgere al governo regionale di oggi e di domani un appello ad impegnarsi nella ricerca scientifica.»

«La società inglese alla quale erano stati ceduti i campioni – ha aggiunto – ha cominciato a restituire i primi 50 campioni e continuerà a farlo mentre noi abbiamo già raccolto circa 1500 adesioni da altrettanti donatori che metteranno a disposizione il loro Dn per scopi di ricerca. La cosa importante, è che tutto avverrà con la regia dei due atenei sardi, stabilendo il principio che la ricerca deve rimanere in Sardegna e deve essere guidata dalla Sardegna in ogni suo possibile sviluppo.»

Dopo l’intervento della ricercatrice dell’Università di Sassari Grazia Fenu, che ha sottolineato le potenzialità della ricerca, ha preso la parola a nome dell’Università di Cagliari Germano Orrù secondo il quale il suo ruolo degli atenei dovrà essere quello di fare da “filtro” scientifico non solo sullo studio ma su tutte le ricadute che potranno essere generale sul territorio.

Il docente dell’istituto accademico King’s College di Londra Mario Falchi, sardo e coordinatore del comitato scientifico dell’associazione Identità Ogliastrina, ha messo in evidenza l’importanza della ricerca che, nelle sue varie fasi, ha sempre mostrato la capacità di mettere in moto una serie di attività collegate con un impatto molto positivo nelle società di riferimento.

Il giornalista Giacomo Mameli infine, componente dell’associazione e a suo tempo donatore, ha detto di credere molto nella ricerca ma molto meno nelle “intromissioni” politiche. «La nostra azione – ha specificato – è quella di sensibilizzare la comunità ogliastrina e tutta la Sardegna su questi temi, anche in campi diversi dalla ricerca genetica, per fare in modo che la ricerca nasca e cresca nella nostra terra e che i sardi siano i primi beneficiari dei suoi risultati».

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L’Amministrazione comunale di Carbonia ha inviato a Biella una pietra locale con inciso il nome dell’ex comune di Serbariu – nucleo originario della città di Carbonia – ed il numero dei nostri soldati caduti nella Prima Guerra Mondiale.

«La pietra inviata contribuirà al completamento dell’area monumentale del “Nuraghe Chervu” della cittadina piemontese. L’iniziativa, promossa dal circolo culturale sardo “Su Nuraghe”, è accreditata quale progetto rientrante nel Programma ufficiale delle commemorazioni del Centenario della Prima Guerra Mondiale a cura della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Struttura di Missione per gli Anniversari di interesse nazionale», ha affermato l’assessore della Cultura Sabrina Sabiu.

La vasta area monumentale alle porte della città, denominata “Nuraghe Chervu“, prende il nome dal torrente Cervo, luogo in cui sorge. Eretta nell’anno 2008, in Corso Lago Maggiore, è dedicata alla Brigata “Sassari” e ai caduti della Prima Guerra Mondiale, conflitto bellico a cui presero parte anche tanti cittadini originari di Serbariu.

«La nostra partecipazione all’iniziativa mira a tenere sempre viva la memoria collettiva e a onorare i nostri 43 caduti in Guerra, ricordando il sacrificio di tanti giovani che donarono la loro vita per un’ideale di Patria unita», ha detto il sindaco Paola Massidda.