Il presidente Tarcisio Agus presenta il resoconto dell’attività svolta dal Parco Geominerario Storico Ambientale della Sardegna nell’anno che si chiude oggi.
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Il presidente Tarcisio Agus presenta il resoconto dell’attività svolta dal Parco Geominerario Storico Ambientale della Sardegna nell’0anno che si chiude oggi.
Di seguito, il testo integrale.
Dopo 10 anni di commissariamento, il 18 maggio 2018 si insediava il nuovo Consiglio Direttivo.
Il 2019 è stato il primo anno completo di governo del Parco.
Nel corso di questo impegnativo e travagliato anno di gestione ci si è prodigati a riordinare, riordino in parte già compiuto nell’ultimo semestre del 2018, alcune inadempienze e ritardi amministrativi, indispensabili per affrontare i numerosi problemi aperti.
In particolare ricordo quelli che hanno sollecitato più attenzione: il tema della Collezione Manunta, il recupero della laveria La Marmora, le dimissioni di alcuni componenti il Consiglio Direttivo, i conflitti con le associazioni di “Miniere Rosas”, il “CICC” di Carbonia e non ultimo in ordine di tempo del “Cartellino Rosso”, che ha decretato la fuoriuscita del Parco dalla rete dei Geoparchi Unesco.
Fatto quest’ultimo che ha alimentato, a più riprese, con pressioni di diversa natura, la richiesta di dimissioni del Presidente dell’Ente.
In tutta onestà debbo dire che tale possibilità la ho accarezzata in più circostanze, poiché avverto il peso delle azioni poste in essere, nel rispetto delle norme, e degli obiettivi mancati, come l’espulsione dalla rete dei Geoparchi.
Le mie dimissioni avrebbero trascinato con se il Consiglio Direttivo (costituito in maggioranza da sardi, in numero di otto su dieci, con quattro sindaci, nomine regionali e ministeriali), con la riapertura all’ennesimo commissariamento. La nomina del Presidente è strettamente legata al Consiglio Direttivo, con un unico decreto ministeriale, dato dall’intesa Stato-Regione, con la Regione Sardegna e i quattro Ministeri rappresentati (Ministero dell’Ambiente, delle Attività Produttive, dell’Istruzione e dei Beni Culturali).
Pertanto la scelta di non dimettermi, non è un atto di presunzione o di arroganza, ma il dovere di adempiere, in sintonia con il Consiglio Direttivo in primis, quindi con la Regione Sardegna e con il Ministero dell’Ambiente, all’impegno ricevuto per il quinquennio.
Non voglio in questa occasione portare argomenti a difesa, sono stati dati a più riprese con i comunicati stampa, ma comunicare, anche a nome del Consiglio Direttivo, che l’eredità di dieci anni di commissariamento pesano, pur riconoscendo che tante cose sono state fatte, ma molte ancora restano da fare, in particolare dotare il Parco di un adeguato organico e di una programmazione di lungo respiro.
Assegnare al Parco la gestione e la promozione degli oltre quattrocento geositi dell’isola, per dare risposta alla pressante richiesta delle rete dei Geoparchi che esige l’unità territoriale del Parco, ancora diviso in otto aree, stando all’ultimo e più eclatante fatto, era certamente una bellissima intuizione, pensare di far diventare la Sardegna il più grande Geoparco Unesco d’Europa, ma questo presupponeva, non credo si stenti a comprenderlo, un serio progetto disviluppo e di programmazione regionale, nonché un adeguato apporto organico per poterlo realizzare e gestire. Purtroppo tutto questo non è avvenuto, ma noi ci abbiamo provato lo stesso, anche se non siamo riusciti a soddisfare le aspettative delle ispettrici della Rete Geoparks UNESCO che così si sono espresse nella loro relazione finale: »Non esiste un territorio unificato con un’identità comune, nessun approccio strategico sull’unificazione o la creazione di un’identità comune e un’organizzazione assolutamente non adeguatamente equipaggiata per quanto riguarda risorse umane…»
In molti hanno urlato che l’estromissione dalla rete, patrocinata dall’Unesco, è stato «un grande danno alla Sardegna», forse, non ne sono certo, comunque il Consiglio Direttivo ha datodisposizioni per la valutazione di una nuova candidatura, ma con i presupposti e condizioni suesposte, affermando inoltre che: «Bisogna riprendere il cammino per l’iscrizione del Parco, non sotto il patrocinio, ma nel registro del Patrimonio Materiale e Immateriale dell’Umanità, dell’Unesco».
Il 2019, pur con le suddette problematiche che certamente ne hanno minato l’immagine ma non la funzione del Parco, non ci ha visti inerti, ma quest’ultimo ha contribuito a dare speranze a cento lavoratori ex Ati-Ifras; ha rimesso in ordine i bilanci, in particolare i due conti consuntivi2016 e 2017, grazie ai quali oggi possiamo spendere il famoso tesoretto, ereditato, su tutte le aree del Parco; ha chiarito i rapporti con le Associazioni, in particolare con “Miniere Rosas” ed il “CICC” di Carbonia, con il prossimo adeguamento degli statuti e le modalità di finanziamento; ha contribuito alla riapertura delle visite a “Funtana Raminosa”, con uno stabile programma peril 2020; ha deliberato l’apertura di Infopoint e Centri Visite nelle aree già oggetto di fruizione turistica e non solo, nell’ottica di costruire la rete del Parco e la sua promozione, in parte già avviata con i pannelli sulle strade statali e su i tre aeroporti dell’Isola; con la Fondazione Giuseppe Dessì ha concorso alla nascita del secondo Parco Letterario della Sardegna, un modo diverso per far conoscere e scoprire il territorio del Parco; ha stretto intese di collaborazione con le Università dell’Isola per supportare il Parco nella programmazione, catalogazione e valorizzazione dei geositi, nella pianificazione e programmazione della rete sentieristica, escursionistica e ciclabile entro le otto aree e non solo, in stretto rapporto con la rete dei mezzi pubblici e del Trenino Verde; di quest’ultima azione verrà presentato a breve il Piano di Sviluppo, così pure è avviato il lavoro per l’istituzione in Sardegna della cattedra Unesco, con il dipartimento di Scienze Economiche e Aziendali, non ultimo il Progetto di Sviluppo “TouRemine”, realizzato con l’università di Cagliari ed oggi all’attenzione di Invitalia (Agenzia di Sviluppo per il Sud) che mira a favorire lo sviluppo territoriale delle aree individuate attraverso l’infrastrutturazione per la crescita delle imprese esistenti e per la creazione di nuove attività economiche. Il progetto pilota ha coinvolto 18 comuni per un investimento stimato in 67.462.500, di euro.
Ripartendo dunque dall’idea originaria e soprattutto dalla “Carta di Cagliari”, che ha segnato la via maestra per la sua istituzione e prospettiva, comprese le bonifiche ambientali, già all’attenzione del Comitato Tecnico Scientifico, non possiamo prescindere dal riconoscimento del Parco, così come è stato fondato, da un adeguato apporto organico, da una seria programmazione di sviluppo e da una organica gestione dei siti fruibili, diversi dei quali per potersi sviluppare hanno bisogno di infrastrutture primarie di assoluta necessità, come viabilità, sale di accoglienza e intrattenimento, caffetterie e infoshopping.
Per questo si sta programmando per il 2020, il Piano di Sviluppo Socio Economico, mai previsto in questi diciotto anni di vita del Parco; il Piano per la fruizione “Dolce” delle otto aree e non solo; una adeguata promozione su più livelli per far conoscere i siti fruibili e le potenzialità del Parco. Il lavoro non è facile, ma noi ci proveremo sino a che saremmo investiti di questa responsabilità.
Il Presidente
Prof. Tarcisio Agus