26 November, 2024
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È vero che una volta prese qualche manganellata dalla polizia?

«È una storia che risale a vent’anni fa. Dopo una partita diedi un passaggio a un tifoso del Parma. Al casello c’era un posto di blocco della polizia. Appena vide le luci blu, lui si dileguò. A confronto con loro rimasi solo io. Oggi, ovviamente, non commetterei più quelle leggerezze, ma riconosco ancora quel ragazzo capace di slanci di solidarietà nei confronti di un amico. Anche di un amico che sbaglia».

A pochi giorni dal quarantunesimo compleanno, Gigi Buffon si racconta in esclusiva a Vanity Fair, che gli dedica la copertina del numero in edicola da mercoledì 9 gennaio, aprendo le porte della sua casa di Parigi – dove gioca come portiere per il Paris Saint-Germain – e spalancando quelle sul suo passato. A partire dalla militanza giovanile tra gli ultrà («Commando Ultrà Indian Tips, il nome del gruppo di tifosi che seguivano la Carrarese, ancora ce l’ho stampato sui miei guanti») e dalla frequentazione della curva («Incontravo gente di cui si parla tanto senza saperne nulla. Ragazzi normali. Sognatori. Idealisti. Alcune persone interessanti e qualche deficiente»), esperienze che gli danno un punto di vista non del tutto politicamente corretto sulla recente polemica scatenata dai cori razzisti e dagli scontri sanguinosi a San Siro: «Se affonda un barcone a Lampedusa e muoiono 300 persone ci commuoviamo e pensiamo anche ad adottare i bambini rimasti orfani, ma se non affonda ci lamentiamo dell’ingresso di 300 immigrati e ci chiediamo cosa vengano a fare. È difficile provare a contestualizzare quanto successo a Milano. L’odio è un vento osceno, da qualunque parte spiri. Non solo in uno stadio. Perché ho il forte sospetto che il calcio, in tutto questo, reciti soltanto da pretesto».

«Da ragazzo», racconta Buffon a Vanity Fair, «covavo una sensazione di onnipotenza e invincibilità. Mi sentivo indistruttibile, pensavo di poter eccedere, di fare quel che volevo… Mi tengo ben stretta la sana follia dei miei vent’anni… Ho fatto le mie cazzate, ne ho assaporato il gusto e in un certo senso sono contento di non essermene dimenticata neanche una». Per esempio, la volta in cui, proprio negli anni del Parma, rispose male al suo allenatore Nevio Scala: «Si girò verso di me e mi guardò come nessun altro ha mai più fatto. Era furibondo e aveva tutte le ragioni». Un errore di gioventù, uno grosso, ha saputo evitarlo: «Non drogarsi, non doparsi, non cercare altro fuori da te sono principi che i miei genitori mi hanno passato presto. A 17 anni, quando in discoteca mi mettono una pasticca sulle labbra, io so come e perché dire di no». Giusto forse «un tiro di canna fatto da ragazzo», e il ricordo della «nuvola di fumo che avvolge i tifosi della Casertana, una nebbia provocata non dai fumogeni, ma da 200 canne fumate tutte insieme: è come se la vedessi ora».

Nell’intervista a Vanity Fair, Buffon ricorda la depressione che lo colpì più di quindici anni fa: «Per qualche mese, ogni cosa perse di senso. Mi pareva che agli altri non interessassi io, ma solo il campione che incarnavo. Che tutti chiedessero di Buffon e nessuno di Gigi. Fu un momento complicatissimo. Avevo 25 anni, cavalcavo l’onda del successo e della notorietà. Un giorno, a pochi minuti da una partita di campionato mi avvicinai a Ivano Bordon, l’allenatore dei portieri, e gli dissi: “Ivano, fai scaldare Chimenti, di giocare io non me la sento”. Avevo avuto un attacco di panico. Non ero in grado di sostenere la gara». Ne uscì, racconta, parlandone con gli altri: «Se non avessi condiviso quell’esperienza, quella nebbia e quella confusione con altre persone, forse non ne sarei uscito. Ebbi la lucidità di capire che quel momento rappresentava uno spartiacque tra l’arrendersi e fare i conti con le debolezze che abbiamo tutti. Non ho mai avuto paura di mostrarle né di piangere, una cosa che mi capita e di cui non mi vergogno affatto».

Tornando sull’eliminazione dell’Italia dal recente Mondiale, a sorpresa difende l’ex Ct Giampiero Ventura: «Che noi calciatori lo abbiamo osteggiato è una balla colossale. Ventura ha avuto la nostra massima disponibilità e lo abbiamo difeso in ogni occasione. A un certo punto, è vero, si è sentito solo. Ma forse un sostegno diverso avrebbe dovuto averlo da chi di dovere. Evidentemente molte cose non hanno funzionato come avrebbero dovuto. Come insegnante di calcio, a me Ventura è piaciuto tantissimo». A proposito di calcio, Buffon dice a Vanity Fair che spera di giocare almeno ancora un altro anno: «L’idea, se il Psg sarà d’accordo, è quella». Si descrive come «uno strano figuro di 40 anni che va in campo, pensa di averne venti e ha più sogni e ambizioni di quanti ne avesse da ragazzo». E tra dieci anni? «Spero di essere in piedi. Se ripenso al ragazzino che ero e ai sogni che avevo, non commuovermi è impossibile».

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Nel giorno del suo quarantesimo compleanno, Daniele Conti è stato premiato per l’attaccamento dimostrato alla squadra e alla città. Affiancato dal sindaco Massimo Zedda, è stato il presidente del Consiglio comunale, Guido Portoghese, prima di consegnare il riconoscimento che l’Amministrazione ha deciso di attribuire all’ex giocatore rossoblù, a tracciare il profilo di Daniele Conti, ripercorrendo le tappe più importanti della sua carriera.
«I ricordi sono tanti e a parte la delusione che puoi aver provato per la retrocessione, mi vengono in mente solo episodi positivi come quel gol indimenticabile al Napoli, l’abbraccio con tuo figlio dopo la rete al Torino e tanti flash che ci hai fatto vivere nei tuoi sedici anni con la maglia del Cagliari.»
Proprio questo attaccamento alla maglia e il fatto che sia il giocatore con il maggior numero di presenze assolute nella squadra del capoluogo, ha spinto l’Assemblea cittadina a consegnare un riconoscimento a Daniele Conti. E per rendere la giornata più speciale, il presidente Portoghese ha optato per una data speciale per l’attuale responsabile tecnico rossoblù: quella del suo quarantesimo compleanno.
«Sono molto emozionato perché per me Cagliari e il Cagliari hanno rappresentato tutto. Quando sono arrivato non avrei mai immaginato ad una carriera così lunga ma ci è voluto poco per ambientarmi e trovarmi perfettamente a mio agio.»
A ringraziare Daniele Conti per quanto fatto per il Cagliari e nel dare lustro al capoluogo, è stato anche Massimo Zedda. «Ti ringrazio per l’amore che hai per la nostra città. Per i tifosi sei come gli eroi dello storico scudetto conquistato dal Cagliari».

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Il Cagliari è una delle società più attive sul mercato di gennaio, sia in entrata sia in uscita. La prima operazione portata a termine è stata quella relativa al tesseramento del trequartista 32enne del Chievo Valter Birsa (ex Milan), arrivato a titolo definitivo. Ha firmato un contratto fino al 30 giugno 2021. Nello scacchiere rossoblu è destinato ad occupare il posto lasciato vacante dall’ex compagno di squadra Lucas Castro, vittima di un grave infortunio dopo un ottimo avvio di stagione, che dovrebbe tornare disponibile in avvio del prossimo campionato.

Oggi la società ha ufficializzato la cessione a titolo definitivo del centrocampista Daniele Dessena al Brescia, dove è stato fortemente voluto dal presidente Massimo Cellino. Daniele Dessena, 31 anni, lascia Cagliari dopo 9 stagioni, una lunga esperienza iniziata nella stagione e proseguita fino ad oggi con una breve interruzione, per complessive 206 presenze e 12 goal.

Sempre oggi è stata definita la seconda operazione in entrata, che verrà ufficializzata nei prossimi giorni, per il difensore Federico Peluso, 34 anni, in arrivo dal Sassuolo ma con un passato prestigioso che lo ha visto vestire anche la maglia della Juventus.

Il Cagliari è sulla bocca di tutti, in tutta Europa, per l’interesse dei più grandi Club continentali su Nicolò Barella. Tutti vogliono il 21enne talento rossoblu, il Cagliari lo valuta dai 50 milioni in sù ma l’asta che si è creata potrebbe far lievitare ulteriormente questa cifra, per la felicità della società rossoblu e dello stesso calciatore che, evidentemente, più crescerà il costo del cartellino, più il suo procuratore potrà spuntare per il contratto pluriennale che il suo assistito andrà a firmare…

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L’avvio di un tavolo operativo istituzionale che, attraverso il coordinamento della Regione, veda protagonisti tutti gli attori interessati dall’appalto bandito dal Cat Sardegna per il portierato e vigilanza. È la richiesta che la direzione aziendale dell’Aou di Sassari ha presentato ieri con lettera al presidente della Regione Francesco Pigliaru e all’assessore della Sanità Luigi Arru. Questa mattina, intanto, il direttore generale dell’Aou Antonio D’Urso ha fatto visita ai lavoratori ex Secur che, da un mese per protesta, hanno attivato un presidio permanente in piazza d’Italia.

Nella lettera indirizzata al presidente e all’assessore regionale, il direttore generale Antonio D’Urso ha ripercorso in breve la situazione dei lavoratori che «non sono stati assorbiti dall’Ati aggiudicatrice del Servizio di vigilanza e portierato, dopo la procedura di gara indetta e gestita dal Cat Sardegna».

«Sulla vicenda – ha ricordato il manager nella missiva -, in occasione del Consiglio comunale aperto del 20 dicembre scorso, ho espresso il mio rammarico per la situazione venutasi a creare per le ricadute sui livelli occupazionali». Il direttore generale, infatti, aveva scritto una lettera alla presidente dell’assemblea civica e al primo cittadino di Sassari con la quale aveva fatto sapere che l’Azienda era vicina ai lavoratori e si rammaricava per la situazione che da giugno interessa quasi 40 lavoratori e le loro famiglie.

L’Azienda ospedaliero universitaria di Sassari già in più occasioni, anche durante incontri con i sindacati e la rappresentanza di alcuni di questi lavoratori, aveva espresso la propria posizione e nella missiva indirizzata ieri alla Regione ha ribadito «la disponibilità a esperire, nei limiti della normativa nazionale e regionale, ogni utile tentativo per la composizione delle criticità».

Concetti che questa mattina il direttore generale ha espresso anche ai lavoratori, oltre a portare loro la solidarietà dell’azienda di viale San Pietro.

«Per questi motivi – ha detto Antonio D’Urso ai lavoratori – ho proposto al presidente Francesco Pigliaru e all’assessore Luigi Arru l’avvio di un tavolo operativo istituzionale, con il coordinamento della Regione Sardegna, e la partecipazione di tutti gli stakeholder, compresa l’Ati aggiudicatrice.»

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Sono visitabili fino al 20 gennaio le tre mostre organizzate dal Museo Archeologico Villa Sulcis nei siti culturali del Sistema Museale di Carbonia, per festeggiare il suo 30° compleanno.

Trent’anni di un museo sono un bel traguardo e la città di Carbonia ha deciso di festeggiarlo con una suggestiva mostra fotografica che ne percorre la sua evoluzione dall’apertura nel 1988 ad oggi. Continua fino al 20 gennaio Museo 30, l’evento che celebra i 30 anni del Museo Archeologico Villa Sulcis.

Museo 30 si compone di tre esposizioni dislocate nei siti culturali del Sistema Museale di Carbonia, ripercorrendo la storia del museo, quella di Monte Sirai e del parco urbano di Cannas di Sotto. Le mostre, organizzate dal comune di Carbonia, il SiMuC e la Società Sistema Museo, sono ad ingresso gratuito.

Ottima l’affluenza dei visitatori, soprattutto durante le festività: sia cittadini di Carbonia e dei comuni limitrofi, che già conoscevano il museo e sono tornati appositamente per la mostra, ma anche turisti venuti a Carbonia per la visita dei siti museali e che hanno apprezzato la presenza di questa mostra.

Il percorso nelle tre esposizioni è un viaggio nella storia. Al Museo Archeologico, attraverso immagini fotografiche, si presenta un excursus della nascita del Museo: dalla fondazione della città di Carbonia, quando l’edificio che oggi ospita il museo era la villa del direttore della miniera, passando per la nascita del primo museo nel 1988 (ospitato in una sala della villa), fino alla seconda inaugurazione nel 2008, a seguito dell’ampliamento dell’edificio, che ha previsto un nuovo allestimento, completamente rinnovato e di forte impronta didattica. Si pone, inoltre, l’accento sulle attività del Museo, che oggi è il cuore di tutto il Sistema Museale: gli scavi al Nuraghe Sirai, il ciclo di conferenze “Carbonia Studia”, la catalogazione, le attività didattiche.

Spostandosi a Monte Sirai, la mostra conduce il visitatore attraverso i cambiamenti dell’area archeologica: dalla sua scoperta, nel 1963, con le preziosissime fonti fotografiche di Vittorio Pispisa, allora Ispettore onorario della Soprintendenza, all’istituzione del Parco Archeologico nel 2001, fino ad oggi, con le attività di promozione e valorizzazione (eventi, visite teatralizzate, laboratori con le scuole).

Al parco urbano di Cannas di Sotto il filo conduttore continua: si parte dalle suggestive immagini degli anni ’50, in bianco e nero, quando l’area archeologica era abitata da alcune famiglie e le tombe venivano utilizzate come ricovero per gli animali, come cantina e, in alcuni casi, discarica. Si prosegue con gli anni dell’abbandono e del degrado per poi arrivare al recupero e alla valorizzazione, attraverso la nascita del parco urbano, parte integrante del Sistema Museale della città. Oggi il parco ospita eventi, mostre, manifestazioni culturali e attività didattiche.

Gli orari di apertura dell’esposizione sono: Museo Archeologico Villa Sulcis dal martedì alla domenica ore 10.00-13.00/14.00-16.00; Parco Archeologico di Monte Sirai dal martedì alla domenica ore 9,30-16,30; Parco Urbano di Cannas Di Sotto tutti i giorni ore 8.00-16.00.

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L’Amministrazione comunale di Carbonia ha recentemente acquisito un nuovo strumento di rilevazione della velocità.

L’obiettivo è dissuadere gli automobilisti dall’eccesso di velocità. Ciò significa prevenire gli incidenti e garantire nel contempo una maggiore serenità per gli abitanti delle zone in cui verrà posizionato l’occhio elettronico.

«Il nuovo apparecchio, modello Autovelox 106 della Sodi Scientifica, è tecnologicamente avanzato, superiore allo strumento di rilevazione della velocità precedentemente in uso ed ormai obsoleto. Il modello è predisposto per la lettura bidirezionale delle targhe, un upgrade di cui ci doteremo in futuro», ha affermato l’assessore della Viabilità Gian Luca Lai.

«L’acquisto di questo nuovo strumento, unitamente all’attivazione, dal mese di agosto 2018, dell’autovelox mobile in una zona ad alta intensità di traffico come la Strada Statale 126 in prossimità del bivio per Sirai, confermano l’attenzione del comune di Carbonia sul fronte della prevenzione degli incidenti e sulla salvaguardia della sicurezza stradale», ha spiegato il sindaco Paola Massidda.

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«Mettere insieme diritti umani di chi sta all’altra parte del mondo e esigenze di lavoro dell’Isola.»

È stata la consigliera Rita Polo ad aprire l’incontro di stamattina al Municipio sulla «questione bombe prodotte in Sardegna ed esportate verso l’Arabia Saudita», promosso da Comitato Riconversione Rwm, con la collaborazione di Arci, Tavola sarda per la pace, Italia nostra e Confederazione sindacale sarda.

In una Sala del retablo gremita, presenti giornalisti e attivisti, l’incontro è servito per presentare l’ordine del giorno “Stop bombe per la guerra in Yemen e promozione per una riconversione e sviluppo dell’economia e un lavoro dignitoso” (link più sotto), approvato ieri (mercoledì 9 gennaio 2019) a maggioranza dal Consiglio comunale.

«Il documento – ha rimarcato la presidente della Commissione Politiche sociali e Salute – sancisce una volta di più l’assoluta contrarietà dell’Assemblea civica alla fabbricazione, in tutto il territorio italiano, di armi e materiale bellico destinato a Paesi in conflitto, impegnando sindaco e giunta a promuovere una serie di azioni e progetti per contribuire alla realizzazione di concrete e effettive politiche di disarmo e di pace.»

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In tempi molto brevi la Giunta lavorerà ad una soluzione positiva per consentire la stabilizzazione dei borsisti dell’Agenzia Agris (25 unità), rimasti esclusi dalle recenti graduatorie a causa di un problema interpretativo legato al loro contratto di lavoro.

Lo ha annunciato l’assessore degli Affari generali, Filippo Spanu, al termine di un incontro dei capigruppo, presieduto dal presidente del Consiglio Gianfranco Ganau, con una delegazione dei professionisti dell’Agenzia, accompagnati dai rappresentanti sindacali.

«La soluzione – ha spiegato l’assessore Filippo Spanu -, potrebbe arrivare inserendo i ricercatori Agris in una parte della riforma Madia che riguarda in modo specifico gli enti di ricerca. La nostra volontà è quella di considerare queste figure professionali, al di là della tipologia contrattuale di inquadramento, fra quelle contenute nella legge regionale 37/2016 sulle stabilizzazioni, superando questioni di forma che purtroppo nel tempo sono diventate anche di sostanza».

Tutto è nato, come hanno ricordato i sindacalisti, quando nel 2009 la legge di stabilità introdusse una drastica riduzione dei cosiddetti contratti Co.co.co. inducendo l’Agenzia, per salvaguardare la sua operatività, a trasformare gli stessi contratti in borse di studio. Nei fatti, però, i professionisti continuarono a lavorare come in precedenza a progetti di ricerca finanziati da risorse regionali ed europee regolarmente portati a termine, attraverso attività e modalità del tutto assimilabili al lavoro subordinato.

«Conosciamo il valore della vostra professionalità, del vostro lavoro e della vostra esperienza – ha detto l’assessore dell’Agricoltura Pier Luigi Caria, presente all’incontro -, e faremo ogni sforzo per arrivare ad una soluzione tecnica soddisfacente.»

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Si è tenuta martedì 8 gennaio la conferenza stampa organizzata dal comune di Morgongiori per la presentazione del primo modello virtuale realizzato in 3D del tempio ipogeico di Sa Scaba ‘e Cresia situato a Morgongiori, in provincia di Oristano.

Il tempio dedicato al culto dell’acqua, risalente al periodo nuragico, verrà narrato da Roberto Giaccobbo, che racconterà la sua avventura nella puntata di Freedom – Oltre il Confine, che andrà in onda questa sera, alle 21 e 25, su Rete 4.

Nel corso della conferenza stampa il conduttore di Rete 4 ha parlato della sua incredibile esperienza nel cuore della terra di Sardegna, quando nei primi giorni dello scorso ottobre, è entrato, accompagnato dallo SpeleClub Oristanese, in una fenditura strettissima del Monte Arci scendendo per circa 50 metri, per andare a scoprire una scalinata maestosa e un tempio dedicato al culto dell’acqua costruito circa 3.200 anni fa.

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Mancano solo due anni alla chiusura della programmazione comunitaria POR FESR 2014-2020 e la Sardegna ha speso poco più del 20% delle risorse a disposizione con una spesa effettivamente certificata che supera di poco il 17%. E’ quanto si evince dall’ultimo report del Centro studi della Cna Sardegna che analizza la spesa dei fonti comunitari da parte della Regione sarda comparando l’attuale programmazione a quella relativa al ciclo 2007-2013. In base al report – che analizza i dati (aggiornati al 7 gennaio 2019) presenti nella sezione dedicata alla programmazione europea del sito della Regione sarda – alla fine del 2018 risultano impegnati 386 milioni di cui soltanto 191 effettivamente spesi. A tale data la spesa certificata ammonta a 161 milioni, un dato che rappresenta il raggiungimento dell’obiettivo minimo di spesa per il 2018, fissato in 141 milioni, ma questo risultato è molto più basso di quello relativo al ciclo di programmazione precedente. Nel vecchio ciclo programmatorio, che ha visto assegnata la totalità delle risorse disponibili, al 31 dicembre 2011 la spesa certificata relativa a progetti FESR era stata pari al 26% della dotazione complessiva.

«Anche se l’obiettivo minimo per il 2018 è stato centrato – ammoniscono Pierpaolo Piras e Francesco Porcu, rispettivamente presidente e segretario regionale della Cna Sardegna – la realizzazione dei progetti (FESR) della nuova programmazione sembra procedere ad un ritmo più lento della precedente. Per questo sarà necessario anche nei prossimi anni un rush finale per un pieno utilizzo delle risorse UE. Confidiamo in una forte accelerazione della spesa e nella capacità, già dimostrata dalla Sardegna nel precedente ciclo di programmazione, di colmare i ritardi iniziali attestandosi tra le regioni più virtuose nella spesa dei fondi comunitari nella seconda parte del settennio. Tutto ciò mette in evidenza una modalità, forse non solo italiana ma che certo caratterizza il nostro Paese, di una corsa finale per raggiungere l’obiettivo ed evitare il disimpegno delle risorse, in molti casi vitali, messe a disposizione dalla UE. I dati disponibili per una valutazione del nuovo ciclo programmatorio sembrano confermare questa modalità, non certo virtuosa, ma che pare in qualche modo insita nell’impalcatura assai complessa e ridondante dei meccanismi che regolano l’utilizzo delle risorse comunitarie.»

Il report della Cna

L’ultimo aggiornamento sulla spesa certificata relativa ai progetti della programmazione UE 2007-2013 rileva un totale assorbimento delle risorse assegnate. Al 31 marzo 2017, ultima data utile per la certificazione dei pagamenti effettuati dalle amministrazioni titolari di programmi operativi del ciclo UE 2007-2013, la spesa certificata per progetti relativi ai due programmi FESR e FSE ammonta a 46,2 miliardi, a fronte di risorse programmate per i due fondi obiettivi Convergenza e Competitività pari a 45,8 miliardi. Ovvero risultano certificati pagamenti “in eccesso” rispetto alla dotazione della UE.

Considerando la spesa certificata riferita a progetti di cui ai programmi regionali FSE e FESR, al 31 marzo 2017 le autorità dei programmi operativi regionali hanno certificato il 104% del totale, quota che scende al 101% comprendendo anche i programmi interregionali. A livello di singole regioni, Toscana ed Emilia Romagna sono le più virtuose, ma si collocano nelle primissime posizioni anche la Puglia e la Sardegna, entrambe prima del Piemonte. Fanalino di coda la Sicilia e, a sorpresa, anche il Trentino Alto Adige, sebbene su livelli di spesa assai più contenuti rispetto alle regioni meridionali, dove le risorse UE hanno un ruolo fondamentale per rilanciare l’economia e sostenere lo sviluppo del territorio.

L’accelerazione del processo di spesa e certificazione dei fondi UE è stata sicuramente agevolata dalla fissazione di precisi target di impegno e di spesa certificata da parte della Commissione europea e soprattutto dall’introduzione di una sanzione finanziaria (rimodulazione delle risorse in favore di altri programmi) in caso di mancato raggiungimento degli stessi.

Basta ricordare che la spesa certificata per progetti in Sardegna riferita ai programmi FESR e FES era pari a 1.623 milioni alla fine del 2015, ovvero il 79,7% della dotazione complessiva. Nei due anni e tre mesi successivi l’incremento è stato del 32% portando la spesa certificata a 2,143 miliardi di euro, ovvero il 5,3% in più rispetto alla dotazione complessiva del vecchio ciclo di programmazione, pari a 2,036 miliardi, di cui 972 milioni finanziati da fondi UE. Una crescita assai più veloce rispetto a quella registrata in media da tutte le regioni, pari al 26% nello stesso periodo

La programmazione 2014-2020

La programmazione comunitaria 2014-2020 assegna alla Sardegna (oggi inserita nella categoria delle regioni “in transizione”) risorse di poco inferiori a 700 milioni (465 milioni dal POR FESR e 222 milioni dal POR FSE): un ammontare complessivo inferiore rispetto alla vecchia programmazione (688 milioni dalla UE, contro i 972 della passata programmazione: 284 milioni in meno, praticamente un anno di risorse ai ritmi della vecchia programmazione.

 

Nuova e vecchia programmazione – Fondi programmi strutturali per la Sardegna a confronto – milioni di euro

2007-2013

2014-2020

TOTALE

RISORSE UE

TOTALE

RISORSE UE

FESR

1.361

681

931

465

FSE

675

292

445

222

Totale

2.036

972

1.376

688

Fonte: elaborazione Cna Sardegna su Regione Sardegna 

Guardando ai dati disponibili sullo stato di avanzamento dei progetti a due anni dalla chiusura dell’attuale settennato, lo scenario di ritardo torna a delinearsi.

In base ai dati di sintesi presentati sul sito “opencoesione” aggiornati al 30 giugno 2018, i progetti monitorati in Sardegna sono poco più di 4.300 e solo il 33% di questi risulta concluso, a fronte di un dato medio nazionale attestato sul 44% (su cui incide il dato registrato dalla Lombardia superiore al 70%).

In termini economici il costo pubblico dei progetti monitorati – ovvero il valore del finanziamento pubblico totale  (risorse comunitarie e nazionali specificatamente destinate alla coesione, nonché risorse ordinarie pubbliche stanziate da Comuni, Province, Regioni per cui ciascun progetto finanziato in ambito di politiche di coesione può fare da volano), al netto delle economie finanziarie maturate (economie maturate in fase di gara, o in corso d’opera o minore spese finali) – risulta di poco inferiore a 3 miliardi, ma per ben l’83% risulta ancora in corso e per il 17% riferito a progetti non ancora avviati. 

Nella media italiana il 5% del “costo pubblico” si riferisce a progetti conclusi o liquidati e la quota di quelli ancora in corso scende al 73%, mentre risulta più alta in Sardegna la percentuale di valore economico ascrivibile a progetti non ancora avviati.

Il confronto con le altre regioni della penisola colloca la Sardegna in una situazione intermedia. La Toscana, regione più virtuosa del precedente ciclo, è caratterizzata da una quota del numero di progetti monitorati conclusi al 30 giugno 2018 pari al 38%. Stessa percentuale per il Piemonte, un dato inferiore alla media nazionale, ma superiore al dato registrato in Sardegna, che a sua volta supera in maniera importante quello registrato nelle altre tre grandi regioni meridionali, Sicilia, Campania e Calabria, dove oscilla tra l’11% della Sicilia e il 19% della Calabria. Territori che anche nel precedente ciclo hanno mostrato una capacità di assorbimento dei fondi meno efficace rispetto ai progetti sardi. 

Guardando al dato economico, le divergenze territoriali sono anche più importanti. In Piemonte il 22% del costo pubblico dei progetti risulta concluso alla data dell’ultimo monitoraggio disponibile. Un risultato eccezionale, se si considera che nella media nazionale è pari al 3% e al 4% nella “virtuosa” Toscana. In Sicilia, insieme alla Sardegna, tale quota è ferma allo 0%, e non supera l’1% in Campania e Calabria.

Del costo pubblico relativo ai 4.400 progetti monitorati in Sardegna, la quota principale delle risorse riguarda progetti infrastrutturali (quasi 1,6 miliardi dei quasi 3 miliardi complessivi, riferiti a poco più di 600 interventi). Seguono i conferimenti di capitale (poco meno di 730 milioni); quasi 430 milioni per l’acquisto di beni e servizi, 167 milioni sotto forma di contributi a persone e poco meno di 110 incentivi alle imprese. 

Considerando che nella media dell’ultimo decennio la spesa per opere pubbliche nell’isola è stata pari a 1,5 miliardi l’anno, è evidente il ruolo strategico dei progetti finanziati in ambito di politiche di coesione, sia con risorse UE che con altre risorse pubbliche. Il costo pubblico pari a 1,5 miliardi dei 609 progetti monitorati è destinato a crescere nei prossimi anni, basti pensare che nella vecchia programmazione i progetti infrastrutturali monitorati al 30 giugno 2018 sono più di 2.000 e il relativo costo pubblico superiore a 3 miliardi.

Tra i più grandi dieci progetti infrastrutturali monitorati in Sardegna relativamente al ciclo programmatorio 2014-2020, il finanziamento pubblico proviene in gran parte da fondi statali a valere su programmi FSC, cofinanziati in cinque casi da risorse regionali, e nel caso del più grande progetto, quello per potenziare la mobilità ferroviaria grazie alle varianti di Bauladu e Bonorva-Torralba, da altre risorse pubbliche. 

Lo stato di avanzamento, che come descritto dai dati di sintesi procede a rilento, per i dieci grandi progetti prevede un termine di ultimazione dei lavori che si estende almeno fino al 2024, ma è plausibile uno slittamento in avanti rispetto ai termini previsti. Ne è un esempio il caso dell’impianto di trattamento rifiuti di Macomer, che in base alle previsioni doveva essere concluso entro lo scorso mese di novembre, ma che, anche a motivo di una sentenza del TAR che aveva bloccato i lavori, potrebbe superare di almeno un anno il termine previsto.