La provocazione di Confartigianato Sardegna alla futura classe politica regionale: «E se domani scomparissero tutti i 35.209 imprenditori artigiani sardi»?
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«Cosa accadrebbe in Sardegna se domani sparissero tutti i 35.209 imprenditori artigiani»?
E’ una domanda, ovviamente provocatoria, che Confartigianato Sardegna vuole porre alla classe politica che da lunedì governerà l’Isola per i prossimi 5 anni, rispondendo con una originale elaborazione dell’Ufficio Studi che, “giocando” un po’, ma nemmeno tanto, con i dati regionali, ha realizzato una simulazione.
«Da sempre, nonostante molti passi avanti fatti – commenta Antonio Matzutzi, presidente di Confartigianato Imprese Sardegna – è ancora troppo poco ciò che la classe politica fa per supportare il tessuto imprenditoriale dei piccoli. Se in una notte dovessero sparire tutte le imprese artigiane non sarebbe un bel risveglio, anzi, la loro assenza sarebbe come uno tsunami sull’economia sarda e sulle condizioni di benessere di cittadini e famiglie di tutta l’Isola.»
Nella regione dove il 96,6% del comparto produttivo è composto da microimprese fino a 10 addetti, gli artigiani sardi, ogni giorno, portano avanti le loro idee e il loro business facendo i “salti mortali” per far quadrare i conti, offrire lavoro e creare prospettive di crescita per l’economia regionale. Il tutto fra cronici problemi di rappresentatività, credito, competitività, burocrazia, lavoro, formazione, territorio, ambiente, infrastrutture, energia, trasporti e chi più ne ha più ne metta.
Se domattina, d’improvviso, dalla Sardegna scomparissero tutti i suoi 35.209 imprenditori artigiani?
L’impatto sulla popolazione sarebbe, tutto sommato, abbastanza contenuto: il 2,4% in meno. Ma gli effetti sarebbero quelli di uno tsunami sull’economia e sulle condizioni di benessere di cittadini e famiglie.
Il valore aggiunto diminuirebbe di 3.098 milioni di euro, pari ad un calo del 12,6%. Il made in Sardegna perderebbe un apporto dell’1,3%, pari a 175 milioni di euro.
Considerando senza lavoro i 62.546 occupati dell’artigianato, il numero di disoccupati aumenterebbe del 41,7% e il tasso di disoccupazione passerebbe dal 14,8% al 22,2% aumentando di 7,4 punti.
Rimarrebbero 663.754 abitazioni senza artigiani dell’edilizia e dell’installazione di impianti che intervengano per la manutenzione.
Rimarrebbero inanimati 22.287 impianti fotovoltaici senza un’adeguata installazione e manutenzione di artigiani della filiera delle rinnovabili, lo stesso per i 47 impianti eolici.
Nei magazzini delle imprese di produzione e alle porte di negozi e uffici rimarrebbero 20,5 milioni di tonnellate di merci che non verrebbero più gestite dalle imprese artigiane di autotrasporto.
Vi sarebbero 568.000 famiglie che possiedono almeno un’automobile e, nel complesso, un parco di 1.003.338 veicoli circolanti senza autoriparatori artigiani a cui rivolgersi per manutenzione e assistenza; ogni giorno aumenterebbe anche la presenza di motocicli, autovetture ed autobus fermi per strada.
Senza artigiani riparatori di elettrodomestici da chiamare in caso di malfunzionamenti, rimarrebbero 661.000 famiglie che possiedono una lavatrice e 415.000 famiglie che possiedono altri elettrodomestici legati connessi alla rete. Sarebbero senza assistenza tecnica anche le 308.000 famiglie che possiedono condizionatori e climatizzatori.
Sarebbero 232.000 le famiglie che non trovano più le botteghe aperte per la riparazione delle biciclette e la sostituzione di pezzi di ricambio. E le 424.000 famiglie che possiedono Personal computer rimarrebbero senza i servizi e la competenza degli artigiani dell’informatica per installazioni, manutenzioni e cablaggi.
Sarebbero 234.000 famiglie che possiedono una antenna parabolica e altre 535.000 famiglie con decoder digitale terrestre a non poter vedere programmi vista la mancanza degli installatori artigiani di antenne.
Gli 11.096 sposi dei matrimoni celebrati in un anno non potrebbero indossare un abito nuziale realizzato e provato in una sartoria artigiana; nessun fotografo professionista alla cerimonia e il banchetto sarebbe senza la torta nuziale realizzata da una pasticceria artigiana specializzata.
Un disastro della qualità per 787.000 sardi che mangiano dolci almeno qualche volta alla settimana e che vedrebbero sparire pasticcerie, cioccolaterie e gelaterie artigiane.
Per 294.000 cittadini isolani che non pranzano in casa nessun panificio o rosticceria con prodotti artigianali a disposizione.
Per 1.640.717 cittadini che rimangono dopo la sparizione degli artigiani, sarà ancora possibile, vestirsi, arredare la casa e fare un regalo, ma sparirà la qualità e la perizia degli artigiani, ad esempio, negli articoli di abbigliamento, nei prodotti in legno e nei mobili, nell’oreficeria, nel vetro e nella ceramica.
Sarebbero 741.833 le donne con oltre 15 anni che non troverebbero acconciatori ed estetisti.
Considerando come potenziali visitatori di beni culturali nella regione i residenti ed i turisti, sarebbero 3.883.086 le persone che non potrebbero apprezzare alcun restauro realizzato da artigiani specializzati di monumenti e delle opere d’arte presenti nei 225 musei, aree archeologiche, chiese, palazzi storici e giardini sia pubblici che privati regionali.
Una débâcle anche per il turismo: i 3.100.000 arrivi turistici, e i 14 milioni e 200mila presenze, non potrebbero né utilizzare servizi erogati dalle imprese artigiane indispensabili per il soggiorno né accedere alla qualità dei prodotti dell’artigianato.
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