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«La protesta dei pastori in Sardegna non è un caso isolato, ma la punta di un iceberg: se la politica non interviene per sostenere le produzioni locali i prossimi a scendere in piazza saranno i produttori di olio e di grano. Bruxelles dovrà aiutarci, è soprattutto l’Italia che deve muoversi per proteggere i propri prodotti tipici, permettendo loro di stare sul mercato.»
Con queste parole Mauro Agnoletti, professore dell’Università degli Studi di Firenze e presidente del Comitato Scientifico GIAHS, programma mondiale della FAO nato per tutelare i paesaggi agricoli di rilevanza globale, e coordinatore del registro nazionale dei paesaggi rurali storici interviene nel dibattito attorno al prezzo del latte sardo.
«Il trend involutivo che investe le materie di produzione italiana è un problema complessivo nazionale che l’Italia non sta affrontando. A differenza dei nostri vicini francesi – prosegue Mauro Agnoletti – che difendono sul serio i loro prodotti tipici, il nostro Paese dovrebbe investire di più per mantenere competitive le nostre produzioni sul mercato globale.»
«Ma se i pastori sardi abbandonassero la pastorizia l’Italia intera perderebbe un intero pezzo di storia e di civiltà, non solamente una produzione tipica. La tradizione pastorale porta con sé un valore culturale che costituisce un enorme valore aggiunto anche dal punto di vista economico: il prezzo del latte sardo non è confrontabile con quello proveniente da altri luoghi del mondo. Per questo deve poter costare un po’ di più: sta alla politica trovare la soluzione per permettergli di restare competitivo sul mercato. Altrimenti è il mercato che fa la politica: siamo schiacciati dalla concorrenza. In Italia – ricorda Mauro Agnoletti – ogni anno vengono abbandonati 100mila ettari di terreni agricoli. Le nostre montagne e colline si spopolano perché le produzioni locali non sono in grado di competere con le regole fissate dai mercati globali e perché si preferisce risparmiare pochi euro acquistando prodotti di importazione di origine incerta e di bassa qualità. E’ necessario proporre un nuovo concetto di qualità che vada oltre le denominazioni di origine, associando la qualità del prodotto al patrimonio storico culturale. Su questo stiamo lavorando con il registro nazionale dei paesaggi rurali storici e con il programma mondiale GIAHS che ha dato recentemente avvio al primo master internazionale di alta formazione per creare manager del paesaggio rurale in grado di proteggere le pratiche ed i prodotti agricoli tradizionali, proponendo nuovi modelli di sviluppo rurale più sostenibili.»