Nanni Lancioni (PSd’Az): «E’ necessario un tavolo di confronto per adeguare il differenziale di guadagno dei benzinai sardi».
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«L’apertura di un tavolo tecnico per poter adeguare il differenziale di guadagno per litro, con un rialzo sino a 10 centesimi. Una somma in grado di far uscire dal tunnel della crisi i gestori delle stazioni di carburanti isolane.»
E’ la proposta del consigliere regionale del Partito Sardo d’Azione Nanni Lancioni, che porterà la tematica all’interno della commissione attività produttive. Il summit con un gruppo di gestori degli impianti di benzina sparsi nelle strade della Sardegna è servito a focalizzare la situazione drammatica del settore: «La radiografia del margine di guadagno mette l’accento su un andamento al ribasso per il margine di guadagno dei gestori di carburante – spiega l’esponente dei sardisti -. Il differenziale ha subito una flessione spaventosa passando dalle 100 lire del 1988 (pari a 5 centesimi al litro) sino agli attuali 2,5 centesimi. Un crollo sancito da accordi al ribasso firmati dai sindacati, senza una rappresentatività adeguata della nostra categoria». Da una parte c’è l’industria petrolifera della distribuzione che guadagna milioni, dall’altra parte i gestori che devono fare i conti con una crisi sempre più accentuata: «I benzinai sardi chiuderanno i rubinetti del pieno negli impianti di rete situati nelle strade. Da lunedì a mercoledì gli impianti resteranno inaccessibili – aggiunge Nanni Lancioni -. Le stazioni di servizio che si ritagliano nel reticolato isolano, con oltre 350 operatori, stanno subendo grosse perdite a causa di accordi capestro che avvantaggiano solo le compagnie petrolifere». Nonostante sia aumentato il prezzo della benzina, si è assottigliato negli ultimi anni il fatturato degli esercenti: «La grande fetta dei gestori della rete – conclude Nanni Lancioni – si ritrova schiacciata dalle dinamiche imposte da contratti sindacali a favore della lobby dei petrolieri distributori. Facendo bene i conti, quello che resta nelle tasche dei benzinai è una cifra irrisoria, poco più di 600 euro al mese. Una condizione che mette chiaramente in luce il rischio fallimento di un settore produttivo strategico per la Sardegna. Da qui l’esigenza di portare la questione all’interno della commissione attività produttive e sul tavolo della giunta regionale».
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