La commissione Attività produttive del Consiglio regionale ha sentito in audizione i rappresentanti delle associazioni venatorie.
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Una legge regionale ormai superata, regole confuse e decisioni incomprensibili. Si registra un forte malumore tra i cacciatori sardi a causa delle disposizioni regionali che obbligano le autogestite di caccia a effettuare il censimento della fauna selvatica nei territori a loro assegnati. Una situazione di malcontento che questa mattina è stata evidenziata dai rappresentanti delle associazioni dei cacciatori nel corso di un’audizione davanti alla Quinta Commissione del Consiglio regionale. «Paghiamo una situazione di grande confusione determinata da una normativa inapplicabile (la legge 23 del 1998) e da decisioni calate dall’alto senza sentire le associazioni venatorie – ha spiegato Ausonio Pinna, vicepresidente dell’associazione delle zone di caccia autogestite “Nobile stanziale” – la Regione ci chiede oggi di fare il censimento con modalità assurde e con costi a nostro carico». Contestata, in particolare, la decisione della Regione di selezionare 19 autogestite (su 205 presenti in Sardegna) a cui affidare compiti e risorse per procedere al censimento lasciando alle altre la possibilità di aderire su base volontaria. «Si tratta in realtà di un obbligo – ha aggiunto Ausonio Pinna – perché senza il censimento si rischia di vedere bloccata la caccia».
Il giudizio è stato condiviso dai rappresentanti di Acsr, Sarda Caccia, Ucs Federcaccia ed Arci Caccia.
«Per fare un censimento serio occorre coinvolgere tutti i territori e operare con una pianificazione seria – ha detto il presidente dell’Associazione cacciatori sardi riuniti Pinello Cossu – oggi c’è una situazione di totale confusione, non si capisce se la legge 23 sia ancora operativa. Ciò che è certo, invece, è che le oasi faunistiche e le zone di cattura controllata sono in totale abbandono.»
Stesso discorso per i piani di ripopolamento, resi impossibili dalla normativa vigente: «Non si fa ripopolamento ma i cacciatori versano ugualmente le loro quote – ha affermato Bonifacio Cuccu, presidente dell’Unione cacciatori sardi – eppure la Regione continua a chiederci soldi per il censimento della fauna selvatica. C’è da chiedersi che fine abbiano fatto le nostre risorse».
Un colpo di spugna ha invece invocato il presidente di Sarda Caccia Alessandro Lisini: «Non si può chiedere ai cacciatori di operare sulla base di regole farraginose – ha detto Alessandro Lisini – i censimenti vanno fatti ma mettendo i cacciatori nelle condizioni di operare al meglio».
Una strada da percorrere, secondo il presidente di Arci Caccia, Nanni Columbano, potrebbe essere quella della ricostituzione dei comitati venatori comunali: «In passato hanno operato egregiamente, solo chi conosce bene il territorio è in grado di dare un contributo al monitoraggio delle fauna selvatica».
Il presidente della Commissione, Piero Maieli, ha suggerito alle associazioni di produrre un documento unitario con osservazioni e proposte da sottoporre all’attenzione della Giunta: «E’ nostro intento procedere a un’attenta analisi della situazione e trovare una soluzione condivisa con le associazioni dei cacciatori – ha detto Maieli – la Sardegna è l’unica Regione dove si possono ancora cacciare specie selvatiche presenti in natura e non animali allevati per essere immessi nelle riserve di caccia. Abbiamo un patrimonio faunistico e ambientale che tutti ci invidiano e che non va disperso. Ora va risolta la questione dei censimenti per consentire la definizione del calendario venatorio. In seguito decideremo, dopo un’attenta riflessione, se e come intervenire per una rivisitazione complessiva della legge regionale sulla caccia».
La discussione proseguirà la prossima settimana: in programma l’audizione dell’assessore all’Ambiente, Gianni Lampis, a cui saranno presentate le richieste delle associazioni venatorie che contano tra le loro fila circa 35mila doppiette.
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