18 July, 2024
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In tempi molto brevi la Giunta lavorerà ad una soluzione positiva per consentire la stabilizzazione dei borsisti dell’Agenzia Agris (25 unità), rimasti esclusi dalle recenti graduatorie a causa di un problema interpretativo legato al loro contratto di lavoro.

Lo ha annunciato l’assessore degli Affari generali, Filippo Spanu, al termine di un incontro dei capigruppo, presieduto dal presidente del Consiglio Gianfranco Ganau, con una delegazione dei professionisti dell’Agenzia, accompagnati dai rappresentanti sindacali.

«La soluzione – ha spiegato l’assessore Filippo Spanu -, potrebbe arrivare inserendo i ricercatori Agris in una parte della riforma Madia che riguarda in modo specifico gli enti di ricerca. La nostra volontà è quella di considerare queste figure professionali, al di là della tipologia contrattuale di inquadramento, fra quelle contenute nella legge regionale 37/2016 sulle stabilizzazioni, superando questioni di forma che purtroppo nel tempo sono diventate anche di sostanza».

Tutto è nato, come hanno ricordato i sindacalisti, quando nel 2009 la legge di stabilità introdusse una drastica riduzione dei cosiddetti contratti Co.co.co. inducendo l’Agenzia, per salvaguardare la sua operatività, a trasformare gli stessi contratti in borse di studio. Nei fatti, però, i professionisti continuarono a lavorare come in precedenza a progetti di ricerca finanziati da risorse regionali ed europee regolarmente portati a termine, attraverso attività e modalità del tutto assimilabili al lavoro subordinato.

«Conosciamo il valore della vostra professionalità, del vostro lavoro e della vostra esperienza – ha detto l’assessore dell’Agricoltura Pier Luigi Caria, presente all’incontro -, e faremo ogni sforzo per arrivare ad una soluzione tecnica soddisfacente.»

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Si è tenuta martedì 8 gennaio la conferenza stampa organizzata dal comune di Morgongiori per la presentazione del primo modello virtuale realizzato in 3D del tempio ipogeico di Sa Scaba ‘e Cresia situato a Morgongiori, in provincia di Oristano.

Il tempio dedicato al culto dell’acqua, risalente al periodo nuragico, verrà narrato da Roberto Giaccobbo, che racconterà la sua avventura nella puntata di Freedom – Oltre il Confine, che andrà in onda questa sera, alle 21 e 25, su Rete 4.

Nel corso della conferenza stampa il conduttore di Rete 4 ha parlato della sua incredibile esperienza nel cuore della terra di Sardegna, quando nei primi giorni dello scorso ottobre, è entrato, accompagnato dallo SpeleClub Oristanese, in una fenditura strettissima del Monte Arci scendendo per circa 50 metri, per andare a scoprire una scalinata maestosa e un tempio dedicato al culto dell’acqua costruito circa 3.200 anni fa.

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Mancano solo due anni alla chiusura della programmazione comunitaria POR FESR 2014-2020 e la Sardegna ha speso poco più del 20% delle risorse a disposizione con una spesa effettivamente certificata che supera di poco il 17%. E’ quanto si evince dall’ultimo report del Centro studi della Cna Sardegna che analizza la spesa dei fonti comunitari da parte della Regione sarda comparando l’attuale programmazione a quella relativa al ciclo 2007-2013. In base al report – che analizza i dati (aggiornati al 7 gennaio 2019) presenti nella sezione dedicata alla programmazione europea del sito della Regione sarda – alla fine del 2018 risultano impegnati 386 milioni di cui soltanto 191 effettivamente spesi. A tale data la spesa certificata ammonta a 161 milioni, un dato che rappresenta il raggiungimento dell’obiettivo minimo di spesa per il 2018, fissato in 141 milioni, ma questo risultato è molto più basso di quello relativo al ciclo di programmazione precedente. Nel vecchio ciclo programmatorio, che ha visto assegnata la totalità delle risorse disponibili, al 31 dicembre 2011 la spesa certificata relativa a progetti FESR era stata pari al 26% della dotazione complessiva.

«Anche se l’obiettivo minimo per il 2018 è stato centrato – ammoniscono Pierpaolo Piras e Francesco Porcu, rispettivamente presidente e segretario regionale della Cna Sardegna – la realizzazione dei progetti (FESR) della nuova programmazione sembra procedere ad un ritmo più lento della precedente. Per questo sarà necessario anche nei prossimi anni un rush finale per un pieno utilizzo delle risorse UE. Confidiamo in una forte accelerazione della spesa e nella capacità, già dimostrata dalla Sardegna nel precedente ciclo di programmazione, di colmare i ritardi iniziali attestandosi tra le regioni più virtuose nella spesa dei fondi comunitari nella seconda parte del settennio. Tutto ciò mette in evidenza una modalità, forse non solo italiana ma che certo caratterizza il nostro Paese, di una corsa finale per raggiungere l’obiettivo ed evitare il disimpegno delle risorse, in molti casi vitali, messe a disposizione dalla UE. I dati disponibili per una valutazione del nuovo ciclo programmatorio sembrano confermare questa modalità, non certo virtuosa, ma che pare in qualche modo insita nell’impalcatura assai complessa e ridondante dei meccanismi che regolano l’utilizzo delle risorse comunitarie.»

Il report della Cna

L’ultimo aggiornamento sulla spesa certificata relativa ai progetti della programmazione UE 2007-2013 rileva un totale assorbimento delle risorse assegnate. Al 31 marzo 2017, ultima data utile per la certificazione dei pagamenti effettuati dalle amministrazioni titolari di programmi operativi del ciclo UE 2007-2013, la spesa certificata per progetti relativi ai due programmi FESR e FSE ammonta a 46,2 miliardi, a fronte di risorse programmate per i due fondi obiettivi Convergenza e Competitività pari a 45,8 miliardi. Ovvero risultano certificati pagamenti “in eccesso” rispetto alla dotazione della UE.

Considerando la spesa certificata riferita a progetti di cui ai programmi regionali FSE e FESR, al 31 marzo 2017 le autorità dei programmi operativi regionali hanno certificato il 104% del totale, quota che scende al 101% comprendendo anche i programmi interregionali. A livello di singole regioni, Toscana ed Emilia Romagna sono le più virtuose, ma si collocano nelle primissime posizioni anche la Puglia e la Sardegna, entrambe prima del Piemonte. Fanalino di coda la Sicilia e, a sorpresa, anche il Trentino Alto Adige, sebbene su livelli di spesa assai più contenuti rispetto alle regioni meridionali, dove le risorse UE hanno un ruolo fondamentale per rilanciare l’economia e sostenere lo sviluppo del territorio.

L’accelerazione del processo di spesa e certificazione dei fondi UE è stata sicuramente agevolata dalla fissazione di precisi target di impegno e di spesa certificata da parte della Commissione europea e soprattutto dall’introduzione di una sanzione finanziaria (rimodulazione delle risorse in favore di altri programmi) in caso di mancato raggiungimento degli stessi.

Basta ricordare che la spesa certificata per progetti in Sardegna riferita ai programmi FESR e FES era pari a 1.623 milioni alla fine del 2015, ovvero il 79,7% della dotazione complessiva. Nei due anni e tre mesi successivi l’incremento è stato del 32% portando la spesa certificata a 2,143 miliardi di euro, ovvero il 5,3% in più rispetto alla dotazione complessiva del vecchio ciclo di programmazione, pari a 2,036 miliardi, di cui 972 milioni finanziati da fondi UE. Una crescita assai più veloce rispetto a quella registrata in media da tutte le regioni, pari al 26% nello stesso periodo

La programmazione 2014-2020

La programmazione comunitaria 2014-2020 assegna alla Sardegna (oggi inserita nella categoria delle regioni “in transizione”) risorse di poco inferiori a 700 milioni (465 milioni dal POR FESR e 222 milioni dal POR FSE): un ammontare complessivo inferiore rispetto alla vecchia programmazione (688 milioni dalla UE, contro i 972 della passata programmazione: 284 milioni in meno, praticamente un anno di risorse ai ritmi della vecchia programmazione.

 

Nuova e vecchia programmazione – Fondi programmi strutturali per la Sardegna a confronto – milioni di euro

2007-2013

2014-2020

TOTALE

RISORSE UE

TOTALE

RISORSE UE

FESR

1.361

681

931

465

FSE

675

292

445

222

Totale

2.036

972

1.376

688

Fonte: elaborazione Cna Sardegna su Regione Sardegna 

Guardando ai dati disponibili sullo stato di avanzamento dei progetti a due anni dalla chiusura dell’attuale settennato, lo scenario di ritardo torna a delinearsi.

In base ai dati di sintesi presentati sul sito “opencoesione” aggiornati al 30 giugno 2018, i progetti monitorati in Sardegna sono poco più di 4.300 e solo il 33% di questi risulta concluso, a fronte di un dato medio nazionale attestato sul 44% (su cui incide il dato registrato dalla Lombardia superiore al 70%).

In termini economici il costo pubblico dei progetti monitorati – ovvero il valore del finanziamento pubblico totale  (risorse comunitarie e nazionali specificatamente destinate alla coesione, nonché risorse ordinarie pubbliche stanziate da Comuni, Province, Regioni per cui ciascun progetto finanziato in ambito di politiche di coesione può fare da volano), al netto delle economie finanziarie maturate (economie maturate in fase di gara, o in corso d’opera o minore spese finali) – risulta di poco inferiore a 3 miliardi, ma per ben l’83% risulta ancora in corso e per il 17% riferito a progetti non ancora avviati. 

Nella media italiana il 5% del “costo pubblico” si riferisce a progetti conclusi o liquidati e la quota di quelli ancora in corso scende al 73%, mentre risulta più alta in Sardegna la percentuale di valore economico ascrivibile a progetti non ancora avviati.

Il confronto con le altre regioni della penisola colloca la Sardegna in una situazione intermedia. La Toscana, regione più virtuosa del precedente ciclo, è caratterizzata da una quota del numero di progetti monitorati conclusi al 30 giugno 2018 pari al 38%. Stessa percentuale per il Piemonte, un dato inferiore alla media nazionale, ma superiore al dato registrato in Sardegna, che a sua volta supera in maniera importante quello registrato nelle altre tre grandi regioni meridionali, Sicilia, Campania e Calabria, dove oscilla tra l’11% della Sicilia e il 19% della Calabria. Territori che anche nel precedente ciclo hanno mostrato una capacità di assorbimento dei fondi meno efficace rispetto ai progetti sardi. 

Guardando al dato economico, le divergenze territoriali sono anche più importanti. In Piemonte il 22% del costo pubblico dei progetti risulta concluso alla data dell’ultimo monitoraggio disponibile. Un risultato eccezionale, se si considera che nella media nazionale è pari al 3% e al 4% nella “virtuosa” Toscana. In Sicilia, insieme alla Sardegna, tale quota è ferma allo 0%, e non supera l’1% in Campania e Calabria.

Del costo pubblico relativo ai 4.400 progetti monitorati in Sardegna, la quota principale delle risorse riguarda progetti infrastrutturali (quasi 1,6 miliardi dei quasi 3 miliardi complessivi, riferiti a poco più di 600 interventi). Seguono i conferimenti di capitale (poco meno di 730 milioni); quasi 430 milioni per l’acquisto di beni e servizi, 167 milioni sotto forma di contributi a persone e poco meno di 110 incentivi alle imprese. 

Considerando che nella media dell’ultimo decennio la spesa per opere pubbliche nell’isola è stata pari a 1,5 miliardi l’anno, è evidente il ruolo strategico dei progetti finanziati in ambito di politiche di coesione, sia con risorse UE che con altre risorse pubbliche. Il costo pubblico pari a 1,5 miliardi dei 609 progetti monitorati è destinato a crescere nei prossimi anni, basti pensare che nella vecchia programmazione i progetti infrastrutturali monitorati al 30 giugno 2018 sono più di 2.000 e il relativo costo pubblico superiore a 3 miliardi.

Tra i più grandi dieci progetti infrastrutturali monitorati in Sardegna relativamente al ciclo programmatorio 2014-2020, il finanziamento pubblico proviene in gran parte da fondi statali a valere su programmi FSC, cofinanziati in cinque casi da risorse regionali, e nel caso del più grande progetto, quello per potenziare la mobilità ferroviaria grazie alle varianti di Bauladu e Bonorva-Torralba, da altre risorse pubbliche. 

Lo stato di avanzamento, che come descritto dai dati di sintesi procede a rilento, per i dieci grandi progetti prevede un termine di ultimazione dei lavori che si estende almeno fino al 2024, ma è plausibile uno slittamento in avanti rispetto ai termini previsti. Ne è un esempio il caso dell’impianto di trattamento rifiuti di Macomer, che in base alle previsioni doveva essere concluso entro lo scorso mese di novembre, ma che, anche a motivo di una sentenza del TAR che aveva bloccato i lavori, potrebbe superare di almeno un anno il termine previsto.

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«Troppe promesse disattese sullo scalo di Fenosu. La Regione dimentica lo sviluppo di Oristano.»

La denuncia arriva dal consigliere regionale di Forza Italia Oscar Cherchi.

«Si stanno spegnendo anche le ultime speranze di sviluppo dettate dal possibile avvio di una scuola d’eccellenza per la formazione dei piloti e dei manutentori aeronautici – spiega Oscar Cherchi –. La Regione avrebbe dovuto scommettere sul rilancio dello scalo di Fenosu, con una riconversione della struttura come avamposto per i turisti. Con la cessione delle quote da parte della Regione Sardegna è stata cancellata ogni possibilità per la ripartenza dell’infrastruttura.»

La vecchia Sogeaor – la società di gestione dell’aeroporto di Oristano – è ora sotto il controllo della Aeronike che ha rilevato le azioni degli altri membri. Progetti ambiziosi per dare gambe a nuove sfide.

«L’ultimo passaggio è stato sancito con l’abbandono della società da parte del Distretto Aerospaziale della Sardegna, che ha spezzato l’ipotesi di un sito per la sperimentazione delle nuove tecnologie e le ricerche spaziali – conclude Oscar Cherchi -. I progetti prevedono la realizzazione di un polo d’eccellenza per la formazione dei piloti e dei manutentori aeronautici, ma ci troviamo davanti ad una cattedrale nel deserto. Troppe promesse, sempre disattese, con il vecchio aeroporto diventato ormai una scatola vuota senza alcun futuro.»

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L’esame ormai prossimo della proposta di legge che modifica la riforma degli Enti locali, varata nel febbraio 2016 dal Consiglio regionale, e che prevede l’istituzione della provincia del Nord Est (ex provincia di Olbia Tempio) ridà fiato e speranza alle rivendicazioni dei diversi territori della Sardegna che, ad incominciare dal Sassarese e dall’Ogliastra, reclamano funzioni e poteri perduti con il ridimensionamento del ruolo degli enti intermedi. Ne sono convinti i sindaci e gli amministratori di Sassari, Alghero, Castelsardo e Valledoria che, in rappresentanza dei 66 Comuni della provincia di Sassari, hanno chiesto, nel corso di un apposito incontro con la conferenza dei capigruppo presieduta dal presidente del Consiglio, Gianfranco Ganau, l’istituzione dell’“Area metropolitana del Nord Ovest della Sardegna”. 

Nel corso dei rispettivi interventi Nicola Sanna (Sassari), Franco Cuccureddu (Castelsardo), Paolo Spezziga (Valledoria) ed Alessandro Balzani (vice sindaco di Alghero) hanno auspicato l’approvazione degli emendamenti presentati alla proposta di legge n. 405, tendenti all’’istituzione dell’Area metropolitana, ed hanno lamentato le evidenti criticità della così detta “Rete metropolitana” che, come è noto, non è un ente costituzionalmente riconosciuto.

«Non possiamo disporre né di personale, né di strutture – ha dichiarato il sindaco Nicola Sanna – e meritiamo il riconoscimento dei compiti e delle funzioni che sono propri dell’area metropolitana.»

Franco Cuccureddu ha posto l’accento sulle difficoltà nella spendita delle risorse stanziate di recente dalla Regione alla Rete metropolitana («abbiamo ottenuto 75 milioni di euro da spendere nel prossimo triennio ma senza personale e mezzi è difficile garantirne il corretto utilizzo») mentre Paolo Spezziga ed Alessandro Balzani hanno insistito sul rilancio del Nord dell’Isola anche attraverso un più adeguato ed efficiente strumento amministrativo.

Il presidente Gianfranco Ganau ha quindi ricordato il suo personale sostegno  offerto a suo tempo nella battaglia per l’istituzione della città metropolitana nel Nord Ovest ed ha invitato l’intera Assemblea sarda «a fare un’efficace sintesi delle proposte emendative che mirano all’istituzione dell’Area metropolitana e ad assicurare funzioni e poteri a quei territori che ne reclamano un’adeguata rimodulazione, anche alla luce del “No” referendario alla riforma costituzionale che prevedeva, tra le altre, anche l’abolizione delle province».

Il presidente del Consiglio regionale, in conclusione dei lavori, ha quindi annunciato la discussione in Aula della Pl. n. 405 (Giuseppe Meloni e più).

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L’Amministrazione comunale di Carbonia – in una nota – ringrazia i cittadini che hanno apposto la propria firma a favore della proposta di legge di iniziativa popolare per l’introduzione dell’ora di “Educazione alla Cittadinanza” come materia curricolare nelle scuole di ogni ordine e grado.

Sono state complessivamente più di 200 le persone di Carbonia che si sono recate presso l’ufficio Segreteria del Comune e nei banchetti allestiti in piazza Ciusa, a Carbonia, e in via Bresciano, a Cortoghiana, per sostenere un progetto – lanciato dall’ANCI (Associazione Nazionale dei Comuni Italiani) – finalizzato a valorizzare il concetto di insegnamento scolastico come pilastro per la formazione di “buoni cittadini”, rispettosi delle regole alla base del vivere civile e sociale.

«L’obiettivo è accrescere nelle nuove generazioni il senso civico e di appartenenza alla comunità – ha detto il sindaco Paola Massidda -. Lo svolgimento di un’ora di lezione di educazione alla cittadinanza consentirà ai giovani di incrementare la loro conoscenza della Costituzione, del principio di eguaglianza, di educazione alla legalità e al rispetto dell’altro, nonché dell’educazione ambientale, digitale e alimentare. Ringrazio le associazioni e i cittadini che si sono adoperati, dando il loro piccolo ma tangibile contributo per far sì che questo progetto potesse cominciare a prendere corpo.»

In tutta Italia sono state raccolte oltre 78mila firme – un numero superiore rispetto a quelle previste (50mila) – a sostegno della legge di iniziativa popolare che mira a portare l’Educazione alla cittadinanza nei banchi di scuola. Un lungo cammino condiviso con tanti sindaci, amministratori locali e cittadini.

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L’Azienda per la Tutela della Salute avrà una quota del 2% del capitale di Sardegna IT. Lo ha deciso l’assemblea dei soci della società in house della Regione. Quote dello 0,125% vengono invece assegnate rispettivamente all’Azienda “Brotzu”, alle aziende ospedaliere-universitarie di Cagliari e Sassari e all’Azienda dell’Emergenza e Urgenza della Sardegna. Una quota del 2,5% è invece a disposizione dei Comuni. In questo modo, tutti i nuovi soci sono in grado di affidare direttamente incarichi alla società, secondo il modello dell’in house providing, per lo svolgimento di servizi strumentali nel settore dell’ICT media.
L’assessore degli Affari Generali, Filippo Spanu, sottolinea che «si tratta di un’ulteriore conferma delle capacità tecniche e operative di Sardegna IT che svolge un ruolo fondamentale, che stiamo consolidando, nel quadro del Sistema Regione. Abbiamo voluto garantire agli enti locali e a una pluralità di soggetti pubblici la concreta possibilità di beneficiare di servizi altamente qualificati in grado di migliorare notevolmente l’attività amministrativa con notevoli vantaggi per i cittadini».

Sardegna IT è la società in house della Regione che si occupa di fornire alle diverse strutture dell’amministrazione, servizi strumentali nel settore delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Lo scorso 2 ottobre la Giunta ha approvato la delibera con le disposizioni relative all’ampliamento della compagine societaria attraverso l’inclusione, per un massimo del 5% del capitale sociale, degli enti locali e delle aziende sanitarie della Sardegna.

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Domani, venerdì 11 gennaio, a Cagliari, a Villa Devoto, alle 10.00, è in programma la sigla di un accordo di collaborazione tra la Regione e la Procura Generale Della Repubblica di Cagliari per l’attivazione, nelle procure sarde, di tirocini destinati a giovani laureati in materie giuridiche ed economiche.

Alla firma dell’accordo prenderanno parte il presidente della Regione, Francesco Pigliaru, la dottoressa Francesca Nanni, procuratore generale di Cagliari, l’assessore del Lavoro, Virginia Mura, ed il direttore dell’Aspal, Massimo Temussi.

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Promossa da un gruppo di persone di varia appartenenza politica, molti non iscritti a un partito, si terrà lunedì 14 gennaio, a Carbonia, un’assemblea aperta sulle ragioni per battersi per l’unità politica dell’Europa e contro la sua disgregazione. Alle sconfitte, sostengono i promotori, «la sinistra deve reagire con spirito autocritico, ripartendo dalle idee e dai territori, e dalla discussione sulle questioni fondamentali, evitando le secche di un dibattito tutto schiacciato sulla polemica e sulla contingenza».

«L’Europa è percorsa da venti nazionalistici e sovranisti che trovano crescente alimento anche in Italia il cui governo pratica politiche con tratti marcatamente xenofobi – si legge in una nota dei promotori -. Bisogna reagire innanzitutto sul piano culturale. Nonostante le gravi difficoltà e i limiti dell’Unione Europea, emersi soprattutto negli anni più recenti, il rafforzamento anche politico, in una prospettiva federale, dell’Unione europea non ha alternative, se non negative. A dimostrarlo stanno il lungo periodo di pace – mai conosciuto prima – che l’Europa occidentale ha vissuto dal 1945 ad oggi; i progressi che l’Unione europea continua a segnare nell’affermazione e nella tutela dei diritti fondamentali, quali sono stati enunciati dalla Carta di Nizza del 2000; la formazione in atto, a dispetto dei rigurgiti sovranisti ed esclusivisti, di una identità transnazionale permeata di valori umanistici e solidali.»

«Sappiamo che i sovranismi e i populismi che rodono dall’interno l’Unione europea si alimentano specialmente del timore dell’immigrazione extra-comunitaria – si legge ancora nella nota -. Sappiamo però anche che l’esodo delle popolazioni dell’Asia e dell’Africa verso l’Europa è la conseguenza dei conflitti in atto in vaste aree di questi continenti e soprattutto, della dinamica dualistica dell’economia «mondializzata» che nelle aree forti porta ricchezza e benessere e nelle aree deboli miseria e disperazione. Serve perciò una risposta basata sui valori fondanti la civiltà europea che agisca sulle casi cause di fondo di questi fenomeni epocali.»

«Il populismo è alimentato anche dal disagio sociale che interessa una parte estesa della popolazione, soprattutto, nelle aree periferiche. Noi vogliamo un’Unione Europea che ponga al primo punto le questioni del lavoro e dell’equità sociale. Non casualmente, il programma federalista del Manifesto di Ventotene che continua ad essere un riferimento politico e culturale essenziale, ha una forte caratterizzazione anche sociale perché si propone – conclude la nota -, oltre che la “definitiva abolizione della divisione dell’Europa in stati nazionali sovrani», anche «l’emancipazione delle classi lavoratrici e la realizzazione per esse di condizioni più umane di vita.”»

L’assemblea aperta si terrà presso il Centro culturale Euralcoop piazza Roma, lunedì 14 gennaio, con inizio alle ore 17.30. Dopo il saluto di Moreno Pilloni, il dibattito, coordinato da Antonietta Melas e Roberto Murgia, sarà introdotto da Gian Giacomo Ortu, storico e da Gianmario Demuro, costituzionalista. L’intervento conclusivo verrà svolto da Tore Cherchi.

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Questo pomeriggio, alle ore 16,00, presso la Sala Convegni della Fondazione di Sardegna, in via san Salvatore da Horta, a Cagliari, si terrà l’evento di presentazione del XIII Rapporto dell’“Osservatorio sull’Economia Sociale e Civile in Sardegna”, curato dallo IARES, l’Istituto di ricerca delle Acli della Sardegna.

Si discute molto di interventi finanziari, di sussidi dedicati alla fuoriuscita dalle condizioni di povertà di tanta parte della popolazione priva di reddito e di lavoro, mentre si considerano meno le condizioni di contesto in cui i poveri si trovano a cominciare un percorso per il reinserimento e l’autonomia.

Lo IARES nell’ambito di un progetto di ricerca triennale ha indagato la dotazione di Capitale Sociale della Sardegna mettendola in relazione con le condizioni di svantaggio economico (povertà) dei contesti. L’obiettivo è comprendere quali caratteristiche sussistano per generare nuova ricchezza intesa in senso non monetario ma, anche in considerazione di questa, quali condizioni vi siano per basare la ricchezza sul lavoro, sul senso civico, sulla salute, sulla disponibilità a donare, sull’istruzione.

Il XIII Rapporto da conto del lavoro di ricerca e analisi su Capitale sociale e povertà della Sardegna svolto dallo IARES da cui derivano utili spunti per la definizione di azioni di policy.

Dopo i saluti di Franco Marras (presidente delle ACLI della Sardegna), Antonello Cabras (presidente della Fondazione di Sardegna), Massimo Zedda (sindaco di Cagliari), il gruppo di lavoro dello IARES presenterà i contenuti del rapporto.

Al termine si svolgerà una tavola rotonda sul tema: “Investire sul Capitale Sociale della Sardegna per promuovere autonomia e riscatto sociale” a cui parteciperanno Stefania Gelidi (Portavoce del Forum Terzo settore Sardegna), Stefano Tassinari (della Presidenza nazionale delle ACLI), Franco Manca (direttore regionale Pastorale del lavoro Conferenza Episcopale Sarda), Valter Piscedda (consigliere regionale), Benedetta Iannelli (consigliere comunale).