Confesercenti: «Il commercio su area pubblica è dimenticato. Necessari sostegni veri»
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Sempre di più la situazione economica delle imprese sarde diventa durissima e, tra le categorie maggiormente svantaggiate dalla emergenza sanitaria, rientra proprio quella degli operatori su area pubblica che, troppo spesso non sono considerati da chi deve prendere le giuste decisioni.
«Gli operatori del commercio su area pubblica sono l’unica categoria per la quale non sono state comunicate date di riapertura, né certe né probabili. A quanto pare la nostra categoria non è degna di attenzione, nonostante sia formata da 200mila imprese e 400mila addetti e muovesse, prima del coronavirus, un fatturato di 10 miliardi di euro circa», tuona Marco Medda, presidente provinciale della Confesercenti dopo la pubblicazione del DPCM del 26 aprile.
«Le 7.000 imprese del settore in Sardegna sono in gravissima difficoltà: da una nostra stima ogni giorno di inattività fa sparire nell’isola circa 900.000 euro di fatturato. In una situazione come questa, abbiamo bisogno di certezze: dobbiamo sapere come e quando potremo ripartire, quali accortezze dovremo mettere in campo e con quali tempi. Non è tollerabile questa mancanza di chiarezza: le imprese, in particolare in questi casi, devono poter programmare l’attività. Ci pare inoltre assurdo che in tutta la Sardegna siano stati chiusi i mercati anche per la vendita degli alimentari mentre la normativa consentiva al settore alimentare di lavorare. Troppo spesso il nostro settore viene considerato come “figlio di un dio minore” rispetto al commercio in sede fissa, dimenticando che grazie ai mercati trovano lavoro oltre 11.000 persone, che riescono a smaltire la produzione locale. Abbiamo bisogno, sempre di più, anche di sostegni: quanto fatto finora non è stato sufficiente. Servono indennizzi a fondo perduto non solo per la mancata attività, ma anche per la riapertura. Non si può non tenere conto che ci sono dei costi aggiuntivi da sostenere, per di più in assenza di ricavi», conclude Marco Medda.
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