5 November, 2024
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Il “Sirai” ed il suo gemello finlandese: nati per creare ostacoli architettonici al contagio – di Mario Marroccu

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L’Ospedale di “Carbonia” ha un gemello. Si trova a PAIMIO in Finlandia. Fu progettato da ALVAR AALTO e dalla moglie AINO MARSIO, architetti finlandesi. Quel progetto nel 1928 vinse un concorso e divenne famoso tanto che oggi viene studiato in tutte le Università del mondo e citato nei testi di Storia della Architettura. Gli Americani si convertirono subito al progetto di ALVAR AALTO e presero a costruire ospedali simili. Quell’Ospedale venne portato a termine nel 1933.
Il primo Ospedale costruito in Italia con quei criteri futuristici fu: il “Sirai” di Carbonia. Venne edificato 4 anni dopo l’Ospedale di Paimio.
ALVAR AALTO è tutt’oggi considerato uno dei più grandi architetti del 1900, assieme a LE CORBUSIER.
ALVAR AALTO e AINO MARSIO, nati nel 1898, avevano vissuto gli orrori della Pandemia Influenzale chiamata “SPAGNOLA”. La Pandemia durò dal 1918 al 1920 e fece 50 milioni di morti. Immediatamente dopo, a causa di quella pestilenza e della fame patita per gli effetti economici della Grande Guerra il popolo, indebolito nel fisico e nelle difese immunitarie, divenne preda di una massiccia diffusione della tubercolosi. Anche questa si prese le sue vittime.
Negli anni della Spagnola tutte le Nazioni adottarono le procedure di “distanziamento sociale” che oggi stiamo sperimentando. La gente indossava mascherine chirurgiche simili a quelle di oggi e si manteneva in “isolamento domiciliare”.
Nei pochi Ospedali dell’epoca, già provati dallo sforzo di curare i soldati massacrati dalla Guerra, entrò un popolo di derelitti che, in gran parte, non ne uscì più. All’interno si sviluppavano focolai che decimavano Pazienti, Medici e Personale di assistenza. AALTO e la moglie, appena 7 anni dopo la Pandemia di Spagnola, progettarono l’Ospedale sotto l’ impressione di quella esperienza.
AALTO conosceva l’esigenza del “distanziamento sociale” per contenere il virus e progettò un Ospedale che avesse la fondamentale funzione di “barriera architettonica” ai contagi. Inoltre si prese la cura di creare un posto gradevole dove gli esseri “umani” trascorressero le lunghe giornate godendosi gli effetti benefici della luce solare, viricida e antibatterica. «Dove entra il sole non entra il dottore», si diceva allora. Nell’idea di Alvar la luce solare doveva essere usata come ulteriore ostacolo agli agenti infettivi.
L’Ospedale di AALTO , da cui fu copiato il “Sirai”, era un ospedale a sviluppo “verticale”. Già in questo di differenziava radicalmente dagli “Ospedali Maggiori” di tutta Europa che erano a sviluppo “orizzontale” su un unico piano. L’“Ospedale Maggiore” di Milano fu fatto costruire dal Cardinal Rampini nel 1480 circa; fu il primo Ospedale pubblico gestito dallo Stato. Da notare che anche l’Ospedale Maggiore era nato per contrastare le epidemie che allignavano facilmente negli “ospedali caritativi” privati; in essi ogni letto ospitava da 4 a 10 malati contemporaneamente. Il Cardinal Rampini volle, come “misura di distanziamento” i letti “singoli”. Fu una grande rivoluzione presto copiata da tutta Europa.

L’altra caratteristica architettonica rivoluzionaria stava nell’orientamento dell’Ospedale rispetto all’arco solare. Le camere di degenza vennero, da AALTO, tutte orientata verso Sud Sud-Est in modo da ricevere luce solare diretta per la gran parte del giorno. Le camere, esposte al sole, erano fornite di ampie fenestrature ad ante scorrevoli. Le ampie fenestrature e gli alti soffitti, assicuravano un rapido ricambio dell’aria, senza produrre correnti. Questo è tutt’oggi un metodo efficace per allontanare rapidamente i microrganismi sospesi nell’aria ed abbassarne drasticamente la carica.
I reparti del nuovo Ospedale erano sistemati tutti su piani diversi. Si poteva accedere alle corsie di degenza solo dopo aver attraversato una zona filtro. Nella zona filtro e nelle camere erano disposti lavandini per il lavaggio delle mani.
Per evitare che il rumore dello scorrere dell’acqua disturbasse gli altri malati, AALTO progettò lavandini con il piano di fondo inclinato, insonorizzando il getto.
Il riscaldamento era “a pavimento”.
Il personale Medico ed Infermieristico alloggiava in corpi separati ed accedeva all’Ospedale in divisa da lavoro.
I parenti in visita dovevano fermarsi prima della zona filtro e non potevano accedere alle corsie di degenza per non portarvi batteri e virus.
I servizi e le sale operatorie erano sul versante Nord dell’edificio. Il versante soleggiato era riservato alle ampie fenestrature delle camere di degenza.
Questi pochi elementi descrittivi sintetizzano l’intelligente uso delle barriere architettoniche per contrastare la  circolazione degli agenti d’infezione all’interno dell’Ospedale.
Ogni piano era perfettamente isolato da quello sottostante e soprastante. Non vi era contiguità dei reparti, ma un efficace “distanziamento” ottenuto con intermezzi strutturali.
Chi conobbe l’Ospedale Sirai negli anni ’60-’70, ricorderà che i pazienti accedevano al ricovero dopo essere stati accettati dal Pronto Soccorso, che era disposto al piano terra. In quella sede avvenivano tre operazioni.
PRIMO: la visita.
SECONDO: la compilazione dei moduli di accettazione,
TERZO: la presa in carico del paziente. Che avveniva così:

-1- il paziente veniva completamente privato dei suoi indumenti e, se il caso lo richiedeva, immerso in vasca e lavato.  Gli indumenti venivano sistemati in un sacchetto e contrassegnati; quindi venivano introdotti in una “bocca di lupo” della parete, e fatti cadere direttamente nel reparto lavanderia, situato nei sotterranei. Gli indumenti, una volta lavati e sanificati, venivano confezionati e riconsegnati al paziente in camera. Idem per le calzature.

-2- Venivano controllati i capelli e, se vi era il sospetto di una malattia del capillizio e cuoio capelluto a carattere infestante o contagioso, si procedeva alla rasatura.

-3- Il paziente, così sapientemente sanificato, veniva rivestito con abbigliamento da camera sterile, adagiato su una barella, e condotto in reparto.

Negli anni ’90, quando era presidente della Giunta regionale Antonello Cabras, assessore della Sanità Giorgio Oppi, commissario straordinario della USL Tullio Pistis e presidente del Consiglio di amministrazione Antonello Vargiu, venne costruito un corpo separato destinato al Reparto Infettivi, per contrastare la temuta epidemia di AIDS. Questo corpo, posto a debita distanza dall’edificio centrale, non venne mai utilizzato perché l’epidemia fu scongiurata dall’avvento dei nuovi farmaci anti-retrovirali. Venne utilizzato per sistemarvi il Centro Diabetologico; il centro Trasfusionale e la Sterilizzazione. Quell’edificio, unico nel suo genere in Sardegna, per caratteristiche strutturali e dotazioni, era stato progettato da un team di Ingegneri e Architetti venuti da Roma, e costruito da un’impresa specializzata. Tanto grande era l’interesse del Governo per il contrasto all’epidemia.

Attualmente il complesso ospedaliero del Sirai è costituito dal corpo centrale ed altri corpi separati.
Questi sono: Il Centro DIALISI, la PSICHIATRIA, la RADIOLOGIA, la ex PEDIATRIA, l’ex INFETTIVI. Il corpo centrale ha subìto modifiche aggiuntive al Piano Terra: la RIANIMAZIONE posta a Est; il Nuovo PRONTO SOCCORSO a Sud-Est; il nuovo INGRESSO a Ovest.
Fino agli anni ’90 il corpo centrale ospitava:
– Pronto Soccorso e Traumatologia al piano terra;
– Chirurgia Generale al primo piano;
– Medicina Generale al secondo piano,
– Ostetricia e Ginecologia al terzo piano.
L’elemento architettonico ideato da ALVAR AALTO ha sempre conservata il “DISTANZIAMENTO” fisico-strutturale fra i reparti. Questa distanza fisica di garanzia è mantenuta ancora oggi, nonostante la comparsa di nuovi Reparti, che sono:
– La CARDIOLOGIA al V piano;
– La STROKE UNITY al III piano;
– ONCOLOGIA al IV piano;
– UROLOGIA al II piano.
Questi reparti non contengono “Infettivi”.

Con questa dotazione difensiva della Sanità Ospedaliera Sulcitana dovremo, con grande attenzione, e senza commettere imprudenze, affrontare la FASE 2 dell’epidemia da Coronavirus.
L’idea di Ospedale di Alvar Aalto ci protegge ancora. Speriamo che nessuno la modifichi.

Mario Marroccu

Il Corpo forestale d
Covid-19: le propost

giampaolo.cirronis@gmail.com

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