18 July, 2024
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Per il quinto giorno consecutivo i 107 Comuni della provincia del Sud Sardegna non hanno riscontrato casi di positività al Coronavirus. E’ uno dei dati più positivi emersi dal quotidiano rilevamento sulla diffusione del virus in Sardegna reso noto questa sera dall’Unità di crisi regionale. 17 i nuovi casi totali nell’Isola nelle ultime 24 ore, 7 dei quali a Sassari (796 il totale dall’inizio dell’emergenza), 5 nei Comuni della Città Metropolitana di Cagliari (217), 4 nella provincia di Nuoro (74) e 1 nella provincia di Oristano (42). Il totale regionale è salito a 1.215. L’altro dato positivo è il numero invariato dei decessi per il secondo giorno consecutivo: 86.

E’ cresciuto il numero dei pazienti ricoverati con sintomi, 117 (ieri erano 112) mentre è sceso ancora il numero dei pazienti ricoverati in terapia intensiva, 22 (ieri erano 23). E’ sceso di 21 unità il numero delle persone in isolamento domiciliare, 725 (ieri erano 746), sia quello degli attualmente positivi, 864 (ieri erano 881). E’ cresciuto il numero dei pazienti dimessi/guariti, 265 (ieri erano 231).

 

 

 

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Solidarietà al presidente della Protezione civile di Villanovafranca Gianni Follesa, fatto oggetto di intimidazioni e minacce di morte, viene espressa dal presidente della Regione Christian Solinas.
«Un gesto vile che colpiscedice il presidente della Regione -, uno dei tanti uomini che in questa drammatica emergenza stanno generosamente offrendo la propria opera per la tutela della salute pubblica. Auspicando che le indagini delle forze dell’ordine portino al più presto all’individuazione dei colpevoliconclude il presidente della Regione -, desidero manifestare al presidente Gianni Follesa la vicinanza e solidarietà mia e della Giunta regionale.»

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Da mercoledì 15 a venerdì 17 aprile, i Comuni hanno pubblicato l’avviso pubblico per la presentazione delle domande di accesso alle “Misure straordinarie e urgenti a sostegno delle famiglie per fronteggiare l’emergenza economico-sociale derivante dalla pandemia SARS-CO V2”. Il provvedimento approvato dalla Regione prevede l’erogazione di 800,00 euro mensili per due mesi, a quelle famiglie (lavoratori autonomi o autonomi, lavoratori titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa iscritti alla gestione separata, titolari dipartite IVA, collaboratori di imprese familiari), la cui attività è stata sospesa o ridotta a seguito del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18; o ancora prive di reddito di lavoro o di impresa alla data del 23 febbraio 2020.

“Nessuno resterà indietro” è lo spirito che ha ispirato queste prime misure di sostegno alle famiglie e alle imprese in grandissima difficoltà per l’emergenza provocata dalla diffusione del Coronavirus. In realtà, saranno tante le famiglie escluse da questa misura – alle quali è auspicabile si possa dare risposte, in tempi brevi, come richiede l’emergenza, con un altro provvedimento – perché i destinatari sono coloro che, a seguito dell’emergenza sanitaria, “hanno visto sospesa o ridotta la loro attività” e, di conseguenza, chi aveva un reddito, anche minimo, ben al di sotto degli 800 euro mensili, se non lo ha perso per l’emergenza, non rientra tra i beneficiari della misura.

A sollevare il problema, nell’intervista che alleghiamo, è Daniele Mele, componente della segreteria regionale del sindacato Confsafi.

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I consiglieri del Partito Democratico hanno depositato la proposta di legge con richiesta di discussione immediata per arginare urgentemente gli effetti devastanti dell’emergenza da Covid-19 sul sistema economico regionale.

I BENEFICIARI. Le micro (0-9 addetti) e piccole (10-49 addetti) imprese sarde.

Le micro e piccole imprese costituiscono, insieme, il 99% delle imprese sarde e occupano l’83% del totale degli addetti dell’intero sistema delle imprese sarde.

LE RISORSE. Si parte da 200 milioni di euro, provenienti dalla rimodulazione dei fondi POR-FESR della programmazione 2014-2020, non ancora spesi, rimandando gli eventuali impegni già assunti alla imminente nuova programmazione PORFESR 2021-2027;

IL CONTRIBUTO A FONDO PERDUTO. Va calcolato sommando al contributo minimo di 2.000 a impresa, ulteriori 1.000 euro per ogni addetto e sino all’ammontare massimo complessivo di 10.000 euro, tenendo conto del numero di addetti medi annui registrati da ciascuna impresa nel corso del 2019;

LE MODALITÀ, RAPIDITÀ E SEMPLICITÀ. La domanda, da compilare, avviene in regime di autocertificazione, è semplice e ridotta ai soli dati costitutivi l’impresa, necessari per il calcolo del contributo spettante;

L’URGENZA. Se non si interviene nelle prossime ore in modo efficace, il rischio è che moltissime imprese non riusciranno neppure a tentare di accedere agli strumenti di garanzia finanziaria che, a tutti i livelli, si stanno istituendo. Perché saranno fallite prima.

I consiglieri regionali del Partito Democratico, sin dal 5 marzo scorso, con un ordine del giorno poi condiviso e approvato all’unanimità dall’Aula, avevano sollecitato la Giunta regionale ad intraprendere tutte le azioni possibili «per contenere gli effetti drammatici dell’emergenza sanitaria sull’intero sistema socio-economico regionale».

«Con lettera datata 20 marzo all’indirizzo del presidente della Regione – si legge nella nota dei consiglieri del Partito democratico – abbiamo riproposto il tema, offrendo la disponibilità a discutere, urgentemente, sulle misure necessarie da adottare per sostenere il tessuto economico dell’isola. Comprendiamo la complessità del momento e del problema ma a quasi un mese e mezzo dalla data di approvazione dell’ordine del giorno approvato, non ci sono più le condizioni per attendere eventuali ed ulteriori rinvii. O proviamo, nelle prossime ore, a costruire una soluzione, oppure sarà la fine per tante imprese sarde. Per questo chiediamo l’iscrizione immediata all’ordine del giorno del Consiglio della nostra proposta di legge.»

«Il contributo a fondo perdutoconcludono i consiglieri del Partito democraticocostituisce, un po’, la terapia intensiva per le imprese sarde, per le quali, gli strumenti di garanzia finanziaria, offerti a tutti i livelli istituzionali, rischiano di non essere raggiungibili per tante imprese ormai allo stremo, o comunque insufficienti, da soli, a rilanciarne la loro attività nella prospettiva di una ripresa che, in ogni caso, si preannuncia altrettanto difficile. E se non si salverà il tessuto imprenditoriale, le conseguenze saranno altrettanto drammatiche, sul bilancio della nostra Regione e sulla qualità dei servizi che invece devono essere assicurati.»

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Sono 17 i nuovi casi di positività al Covid-19 registrati nelle ultime 24 ore in Sardegna.

Il numero complessivo dall’inizio dell’emergenza è salito a 1.215.  È quanto rilevato dall’Unità di crisi regionale nell’ultimo aggiornamento. In totale nell’Isola sono stati eseguiti 14.859  test. I pazienti ricoverati in ospedale sono in tutto 139, di cui 22 in terapia intensiva, mentre 725 sono le persone in isolamento domiciliare. Il dato progressivo dei casi positivi comprende 220 pazienti guariti, più altri 45 guariti clinicamente. Resta invariato il numero dei decessi: 86.

Sul territorio, dei 1.215 casi positivi complessivamente accertati, 217 sono stati registrati nella Città Metropolitana di Cagliari (+5 rispetto all’ultimo aggiornamento), 86 nel Sud Sardegna, 42 (+1) a Oristano, 74 a Nuoro (+4), 796 (+7) a Sassari.

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Sei consiglieri di minoranza del comune di Iglesias, Federico Garau, Francesca Tronci, Bruna Moi, Simone Saiu, Luigi Biggio ed Alberto Cacciarru, hanno diffuso una nota, nella quale propongono la “consegna delle buste della raccolta differenziata a domicilio”. A tal fine, venerdì 17 aprile, hanno protocollato la proposta all’Amministrazione comunale, dopo che il servizio, in seguito all’emergenza Covid-19 è stato sospeso dalla società San Germano srl.

I sei consiglieri hanno chiesto il sollecito nei confronti della società gestore del servizio ritiro rifiuti, in modo tale che, tutti i cittadini possano ricevere comodamente a casa, ma soprattutto in pieno rispetto del DPCM, le buste necessarie per il prosieguo della raccolta differenziata.

«Un servizio necessario. Attivare la consegna a domicilio permetterà a tutte quelle famiglie che oggi si sono ritrovate senza la possibilità ritirare fisicamente le buste presso gli uffici della società che possiede la gestione dell’appalto, di ricevere il materiale per la raccolta differenziata in totale rispetto del DPCM – concludono i sei consiglieri di minoranza -. Ci auspichiamo che, nel più breve tempo possibile, la società possa organizzarsi e procedere all’erogazione del servizio.»

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Riaprire e ripartire in sicurezza. La “Fase 2” al centro della discussione anche in Sardegna.
«Non sappiamo ancora come saranno gli sviluppi dell’evoluzione epidemiologica, ma sappiamo per certo che quando il Governo, dietro parere tecnico-scientifico, permetterà la riapertura delle attività le abitudini di prima dovranno comunque essere modificate a favore della sicurezza sanitaria». Esordisce così, in una nota stampa, Dario Giagoni, capogruppo Lega in Consiglio regionale,.
«Le prime a ripartire saranno certamente le attività produttive, che necessiteranno di linee guida certe e assolutamente chiare al fine di garantire da un lato la tutela della salute pubblica dall’altro il diritto sacrosanto al lavoro. Quando questo sarà avvenuto dobbiamo poi necessariamente volgere lo sguardo verso quelle attività commerciali che, sicuramente, riceveranno il via libera dopo ma che rappresentano un’importantissima fonte di guadagno economica e necessiteranno di supporto per ripartireaggiunge l’esponente del Carroccio -. Supporto non solo economico ma anche organizzativo, per questo, come partito di maggioranza alla guida della Regione, chiediamo sia valutata e attuata la possibilità di ampliamento della superficie per le aree demaniali marittime, garantendo così rispetto del distanziamento sociale senza però provocare ulteriori ingenti perdite alle imprese, già provate da un flusso turistico che non può che preannunciarsi drasticamente ridotto rispetto alle annualità precedenti, anche qualora si realizzino le  ipotesi di ripresa più ottimistiche. Uno sforzo che domandiamo sia messo in campo anche dai Comuni che tramite, laddove possibile, ampliamento della concessione suolo pubblico, senza ovviamente aumentarne il canone, vadano incontro alle nuove esigenze di spazio di ristoranti, bar, gelaterie, pizzerie e quant’altro*. Va da se che trattasi di disposizioni temporanee utili a superare il periodo di assestamento post lockdown che andremo ad affrontare.»
«Dobbiamo lavorare sin da ora a progetti concreti e realizzabili che ci consentano di non farci cogliere impreparati quando sarà giunto il momento di riprendere in mano le nostre vite, le nostre attività, la nostra quotidianità. Come sempreconclude Dario Giagoni rimaniamo aperti a qualsiasi proposta proveniente dai comparti, come sempre convinti che ci si possa risollevare realmente solo insieme!»

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I tecnici di Abbanoa sono al lavoro per risolvere un urgente problema verificatosi nell’impianto della sorgente di Caput Acquas. Ne dà comunicazione il comune di Carbonia.
Pertanto, nel pomeriggio odierno – fino alla conclusione degli interventi – potrebbero verificarsi disservizi ed eventuali interruzione dell’erogazione idrica per le abitazioni dei cittadini delle seguenti località del territorio comunale: Genna Corriga, Is Pireddas, Piolanas, Su Strintu e S’Axina

Sarà cura di Abbanoa terminare i lavori nel più breve tempo possibile.

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Con l’epidemia da Coronavirus dell’anno 2020 stiamo vivendo un fenomeno storico che non verrà dimenticato nei secoli futuri.

Gli antichi chiamavano l’epidemia PEIUS”, che significa “la peggiore” malattia; da lì deriva la parola PESTE. Con questo termine sono state indicate tutte le epidemie del passato.

L’epidemia più famosa della Grecia Classica fu quella di Atene nel 430 avanti Cristo, raccontata da Tucidide.

Allora, come oggi non c’erano medicine curative. Questo fatto ci accomuna a tutte le Epidemie precedenti.

IPPOCRATE (V e IV Secolo a.C.), che inventò la Medicina scientifica dei professionisti, dispensò consigli e formule terapeutiche per tutte le malattie ma, davanti alla peste, consigliava ai suoi allievi medici:”FUGE, LONGE, TARDE”. Cioè: «Fuggi subito, vai lontano, torna il più tardi possibile».

GALENO, che fu in assoluto il più grande medico della storia, visse nel II secolo dopo Cristo e conobbe da vicino la “PESTE ANTONINA” del 165.  Egli stesso racconta che fuggì da Roma, abbandonando l’illustre suo paziente, l’imperatore Marco Aurelio, e si rifugiò a Pergamo (nella attuale Turchia) per alcuni anni. La peste arrivò anche a Sulci. Si sa che in tutto l’Impero Romano la peste provocò un danno demografico imponente.

Pochi anni prima, nel 127 d.C., era morto, per martirio, nella popolosa città di SULCI, il medico cristiano ANTIOCO.

Secondo la perizia anatomopatologica eseguita dal professor Paolo Mazzariello, Antropologo presso l’Università di Sassari, il corpo di Antioco venne inumato secondo l’usanza del tempo. Dopo alcuni anni le ossa vennero riportate alla luce e riposte in un ossuario lapideo. L’ossuario venne allogato in una catacomba cristiana, derivata da un ipogeo punico. Su quell’ipogeo venne poi edificata l’attuale Basilica. La sepoltura, secondo la Legge Romana, si trovava “extra-muros”, poi, dopo il 313, venne trasformata in una sede ufficiale per la pratica del culto cristiano ed inglobata in seno alle mura della città. 

La venerazione di Sant’Antioco fu mantenuta anche durante l’occupazione vandalica della Sardegna iniziata nell’anno 456 dopo Cristo. I Vandali, ariani, rispettavano i santi cristiani beatificati anteriormente al Concilio di Nicea. La loro venerazione per il Santo è attestata dalle tombe vandaliche trovate dietro l’abside della Basilica, dove scelsero di farsi seppellire. Vi sono testimonianze evidenti dei rispetto mantenuto nei confronti di quel luogo di culto anche nelle tombe di guerrieri Vandali trovate sotto le fondamenta delle case vicine alla sede della tomba del Santo, contenenti ossa umane, armi e perfino lo scheletro del cavallo di battaglia.

In quei primi secoli la città di Sulci venne radicalmente cristianizzata tanto che i suoi Vescovi parteciparono ai Concili di Cartagine, probabilmente dal III secolo, al tempo di Cipriano, fino al V secolo con Sant’Agostino. Esiste, nei documenti conciliari, il nome di un certo Vescovo Vitale di Sulci.

Ciò conferma l’importanza della Cattedra Sulcitana eretta sulla tomba di Antioco.

Una volta che i Vandali vennero spazzati via dalla storia ad opera del generale Belisario, arrivarono i Bizantini nell’anno 535 dopo Cristo. L’arrivo dei Bizantini in Sardegna ebbe un effetto simile a quello che provocato dall’arrivo di Cristoforo Colombo e degli Spagnoli nelle Americhe che inconsapevolmente recarono con sé il Vaiolo e il Morbillo. Qui arrivò la peste.  Così la città di Sulci, dopo aver conosciuto la “Peste Antonina” che era durata 15 anni, conobbe anche la “PESTE DI GIUSTINIANO” del 541 dopo Cristo.

Fu una Pandemia che imperversò in tutto l’Impero e durò due anni. Lo storico Procopio di Cesarea riporta che al culmine dell’epidemia morivano, nella sola Costantinopoli, dalle 5.000 alle 10.000 persone al giorno. Fatti i debiti rapporti si può immaginare cosa avvenne nella città di Sulci. La popolazione si rifugiava nel conforto della religione cristiana e, già allora, Sant’Antioco ne era l’eroe. In quei giorni a Sulci erano presenti i Monaci Basiliani, giunti dalla lontana Costantinopoli a testimoniare il messaggio di san Basilio. Questi era il Vescovo  che per primo ideò una struttura ospedaliera destinata agli appestati e a tutti i derelitti: la Basiliade.

I Monaci Basiliani avviarono la cristianizzazione di tutta la Sardegna, ancora in gran parte pagana, e venne diffuso il culto di Sant’Antioco martire, medico e difensore dalla peste.  Sorsero chiese ovunque. Tutt’oggi, a distanza di 1500 anni da quell’epidemia, il culto del santo è testimoniato da 68 chiese a lui dedicate, e dalla attualità del suo nome, assieme a quello di Basilio, nelle tradizioni familiari di tutta la Sardegna.

Furono tante le morti di quell’epidemia che, come racconta Procopio, «non si trovavano più luoghi dove seppellire i morti, e i cadaveri dovevano spesso essere lasciati all’aperto». Le crude immagini della peste suscitate da Procopio le abbiamo riviste, ai giorni nostri, in quelle colonne di camion militari che lasciavano gli Ospedali di Bergamo e Brescia per condurre le troppe salme nei vari impianti crematori della Lombardia. A causa dell’impossibilità di trattarle tutte, alcune sono state trasferite anche in Sardegna.

Racconta ancora Procopio che Giustiniano dovette promulgare nuove leggi per snellire le procedure legate alle pratiche ereditarie, che raggiunsero un picco causato dalle innumerevoli morti.

Di questa crisi sanitaria dell’Impero approfittarono gli invasori GOTI che, penetrati in Italia, devastarono Roma. Fu tale la contrazione demografica subita da Roma a causa dell’epidemia che i Goti ben presto perdettero interesse per la Città e l’abbandonarono.

Si suppone che nella Sardegna Bizantina, e quindi a Sulci che assieme a Carales era la città più popolosa, il danno demografico sia stato simile.

La città di Sulci sopravvisse e si riprese, tanto che divenne il porto militare della flotta cristiana Bizantina del Mediterraneo occidentale. Proprio da lì i Bizantini partirono per radere al suolo la città di Rades, nell’attuale in Tunisia, che sorgeva vicino a Cartagine. A causa di questa aggressione, che «suscitò molto scandalo in tutto il mondo islamico, fino a La Mecca e Bagdad» nell’anno 704 una flotta musulmana attaccò Sulci. Da allora la città uscì dalla Storia.

Nel testo “ARABI E SARDI” di Mohamed Bazama, si parla di quell’attacco a Sulci, e viene citata anche la depredazione della chiesa del Santo. Poi, secondo una storia leggendaria riferita da autori musulmani il Santo, offeso, causò il naufragio della flotta. Per rappacificarlo i musulmani portarono, per anni, olio prezioso per le lampade della tomba del Santo.

Nei secoli successivi l’isola si spopolò in quanto gli abitanti, per sfuggire alle incursioni saracene, si distribuirono in altre sedi ma la fama del Santo, invocato come protettore dalle  epidemie e dall’aggressione dei pagani, rimase radicata nei Sardi.

Nell’anno 1096 l’edificio della Basilica venne occupato e ristrutturato dai Monaci Benedettini Vittorini di Marsiglia. Era l’anno in cui il Papa, benedettino francese di Cluny, Urbano II, avviava l’epoca delle Crociate. Il nostro Santo e la sua Basilica erano quindi ben noti ai Benedettini, organizzati in una formidabile rete di monasteri in tutta Europa. Dopo 9 anni i Benedettini se ne andarono.

La Basilica del Santo tornò sotto il controllo del Giudicato di Carales. Il potere di intercessione di Antioco era talmente sentito dai Giudici che Torchitorio e Nispella donarono l’isola al Santo.

Nel 1347, l’anno della “PESTE NERA”, l’isola di Sulci era spopolata e la venerazione del Santo si praticava ormai a Tratalias, nella neonata città pisana di Iglesias e nella rocca fortificata di Carales. Qui, la fede nel Santo Antioco rappresentò un formidabile strumento di supporto morale per la popolazione, rarefatta dal morbo. A supporto di questa affermazione esistono documenti d’archivio che testimoniano l’esistenza della forte venerazione per Antioco. Venerazione attestata dalla pratica dagli imponenti pellegrinaggi del popolo sardo alla Sua tomba Nel secondo Lunedì dopo Pasqua, l’affluenza di fedeli all’isola era tale che i preti arrivavano a celebrare fino a 3000 messe in un solo giorno.

Nel 1300, oltre all’epidemia resa famosa dal Boccaccio, vi furono altre 4 epidemie di peste. Nel 1400 le epidemie furono 3. La peste si ripresentò nel 1500 e nel 1600. Poi nel 1700 vi furono focolai endemici. Nel 1800 scomparve.

Sulla fede dei Sardi nella intercessione di Sant’Antioco per far cessare la Peste, esistono diverse documentazioni pittoriche. Ho ricevuto dal massimo esperto sull’arte pittorica riguardante Sant’Antioco, dottor Roberto lai, le foto di alcune immagini. Risalgono tutte al 1500, quindi antecedenti il ritrovamento delle Reliquie del Santo avvenuto nel 1615. Una di queste rappresenta Sant’Antioco assieme a San Rocco.

San Rocco è il Santo protettore dalla Peste venerato in tutto il mondo. E’ il patrono degli appestati, dei contagiati, degli operatori sanitari e dei Farmacisti.

E’ il santo più invocato nel Medio Evo. “A famine, a Peste, a Bello , libera nos Domine”.

San Rocco nacque a Montpellier nel 1346, e morì a Voghera nel 1376. Era devoto a San Francesco d’Assisi, e lo imitava assistendo molto umilmente i malati meno avvicinabili, i più evitati da tutti.

Avendo saputo di una nuova epidemia di peste in Italia, partì dalla Francia e, percorrendo la “via Francigena” e “Romea”, arrivò a Roma. Era la peste del 1368; si prodigò per seppellire i morti e assistere gli ammalati ma non si ammalò, segno certo della sua santità. Dopo la sua morte la Chiesa lo dichiarò Santo Taumaturgo.

Nell’opera pittorica inviatami il Santo Medico Antioco è raffigurato in compagnia di san Rocco, che è il massimo intercessore in caso di peste; ciò vuole significare l’esistenza di una   cooperazione fra i due in quella specifica funzione.

Un altro quadro, del 1594, rappresenta Sant’Antioco con i Santi Cosma e Damiano.

Questi Santi, nati nel II secolo in Cilicia, sono Santi Medici, e sono i patroni di: Medici, Chirurghi, Farmacisti, Dentisti.

I simboli che recano in mano sono: la palma e il libro, esattamente come Sant’Antioco. Inoltre fra i loro attributi vi sono gli strumenti chirurgici.

In alcuni dipinti Sant’Antioco è rappresentato con la palma, il libro, e un borsellino contenente le ampolline per farmaci e unguenti. Erano i preparati galenici estratti dai semplici. I “semplici” erano le erbe dell’orto botanico che ogni medico ippocratico curava.

Un’altra immagine di opera pittorica cinquecentesca, che ho ricevuto assieme alle altre, rappresenta “Sant’Antioco a cavallo”, che si dirige ad Alghero per proteggere la città dalla peste che decimò la popolazione nel 1582-1583.

***

Quest’anno 2020, a causa dell’epidemia di Coronavirus, non ci saranno le antiche manifestazioni religiose in onore di Sant’Antioco, Martire e Medico Sulcitano.

Non potremo rivivere un rito millenario che chieda al Santo la Sua intercessione. Perderemo un raro caso di archeologia vivente. Ci mancherà.

Mario Marroccu

Seguono le immagini d’archivio possedute dal dottor Roberto Lai ed un estratto della relazione già pubblicata in Annali sulcitani e sul web, dello stesso Roberto Lai.

…Ѐ palese, inoltre, come il ritratto del santo realizzato da Scano Baciccia, ai primi del Novecento, nel medaglione della volta nella chiesa di San Bernardino a Mogoro, sia una copia fedelissima di questa tavoletta. Il santo sulcitano viene rappresentato imberbe e con una capigliatura riccia, non frequente nella sua ricca iconografia tradizionale, abbigliato con tunica scura e pallio rosso. Tiene in mano la palma, segno del martirio, il libro e un borsellino porta-unguenti che ci riconduce alla sua professione di medico. In questo stesso modo è raffigurato anche nel Retablo di Sant’Anna di Girolamo Imparato, nella chiesa del Carmine a Cagliari, e nel simulacro ligneo seicentesco del Museo Diocesano di Arte Sacra di Ozieri26. A riguardo, poi, del porta-unguenti, viene spontaneo il confronto con il polittico custodito nella Purissima a Cagliari, realizzato da Antioco Casula nel 1594. In esso, Sant’Antioco risulta affiancato dai Santi Cosma e Damiano, entrambi medici come lui; mentre uno reca in mano un’ampolla, all’altro pende dal fianco un oggetto simile a questo del S. Antioco della tavoletta di Mogoro. Anche nel grande retablo che un tempo si trovava nella chiesa di San Giorgio a Perfugas, è raffigurata una borsa analoga, dalla quale San Girolamo si accinge a prendere un medicinale per curare la zampa di un leone.  
Nella foto di copertina, il retablo di Sant’Antioco nella chiesa della Purissima. aI lati del Martire sono raffigurati i santi medici Cosma e Damiano.

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Le 34.388 imprese artigiane della Sardegna, insieme a più di 80mila dipendenti, sono pronte a riprendere l’attività ma hanno necessità di conoscere le linee guida sulla sicurezza e partecipare alla programmazione della prossima ripartenza.

E’ anche per queste ragioni che Confartigianato Imprese Sardegna, a nome delle attività produttive artigiane sarde, scritto al presidente della Regione, Christian Solinas, ribadendo  la propria posizione: la salute è una priorità assoluta, inderogabile e non negoziabile.

«Sappiamo bene che senza la salute e la sicurezza di dipendenti e clienti non ci può essere ripartenza – commentano Antonio Matzutzi e Daniele Serra, presidente e segretario di Confartigianato Imprese Sardegnae sappiamo bene che le imprese dovranno affrontare un periodo difficile per la loro sopravvivenza, anche in considerazione delle norme che dovranno studiare e applicareVi è la necessità di sapere, per tempo, quali potranno essere le prescrizioni e le dotazioni di sicurezza necessarie per una corretta ripresa delle attività – continuano Presidente e Segretariotutti abbiamo il dovere di trovare le formule che consentano di arginare nelle quantità e nel tempo le perdite, già ingentissime e drammatiche, di economia e benessere sociale

Chi può rispettare le misure di sicurezza, più che il diritto, ha il dovere di riprendere a lavorare – sottolineano Antonio Matzutzi e Daniele Serraper salvare l’Isola, e l’intero Paese, da una crisi economica senza precedenti, dalla fine della seconda Guerra. Noi artigiani, abbiamo il dovere di rendere possibile e supportare questa ripartenza in sicurezza”.

Nella missiva inoltrata al presidente della Regione, l’associazione artigiana chiede di promuovere una nuova fase nella quale coniugare la salvaguardia della salute con la ripresa delle attività produttive.

«Il mondo artigiano sardo – scrive Confartigianato Sardegna nella missivasin dal primo momento è stato in prima linea nella lotta contro il Coronavirus, in termini di impatto, di restrizioni, di sacrifici e di pazienza. Tutti questi fattori, però, non hanno ancora avuto adeguati bilanciamenti in termini di reali, concreti e veloci interventi di sostegno pubblicoPur nella comprensione dell’estrema difficoltà generalizzata che ha ovvi risvolti nelle scelte politiche e decisionali – aggiunge l’associazione artigiana nella lettera – non possiamo tacere talvolta la inadeguatezza di alcuni provvedimenti di carattere nazionale che difficilmente si tradurranno in vero sostegno, soprattutto nel ritardo e nello sfasamento temporale tra la necessità di fare presto, più volte manifestata, e l’effettiva attivazione di misure concrete di aiuto, alcune delle quali, anche a livello regionale, tardano troppo a vedere la luce. Tale inadeguatezza e tali ritardi rischiano di minare definitivamente la possibilità di sopravvivenza delle imprese in questa fase acuta di emergenza sanitaria, e se non prontamente riallineate, saranno fatali anche per qualsivoglia ripartenza. E a proposito di ripartenza, di quella FASE 2 di cui tanto si parla – sottolineano gli artigiani – c’è la percezione della mancanza di adeguata programmazione e di iniziative concrete e tangibili. Il mondo artigiano è da sempre stato attendo al benessere e alla sicurezza nei luoghi di lavoro a vantaggio degli operatori e dei clienti, e ancora una volta è pronto a fare la sua parte in tal senso». Per Confartigianato, quindi «c’è l’assoluta necessità di ragionare rapidamente sulle tempistiche certe e ragionevoli, cosi come delle prescrizioni e delle dotazioni di sicurezza necessarie. Sempre nel rispetto primario della salute ci pare non più rinviabile parlare di riapertura e di riavvio delle attività, pena il definitivo e irrecuperabile tracollo di numerosi settori economici con evidenti e prevedibili risvolti sulla tenuta dell’equilibrio sociale.»

Infine la proposta: «Siamo disponibili anche stavolta a fornire il nostro contributo con delle idee concrete e operative – conclude l’organizzazione artigiana – per questo proponiamo di attivare subito un piano di riavvio, anche graduale, delle attività che già ora con alcuni accorgimenti possono ben conciliare questioni sanitarie e produttive, e che fungano da traino per le altre che a seguire riapriranno. Nell’edilizia, nell’impiantistica, nella produzione di beni e manufatti, in alcuni servizi alla persona, a solo titolo di esempio, questo è già possibile e occorre farlo e farlo presto».