18 July, 2024
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Sei consiglieri di minoranza del comune di Iglesias, Simone Saiu, Luigi Biggio, Federico Garau, Francesca Tronci, Bruna Moi ed Alberto Cacciarru, hanno presentato ieri una “proposta per la distribuzione e la rendicontazione delle nuove mascherine comunali”.

«Preso atto, che in seguito all’ordine realizzato dalla Regione Sardegna (un milione e 700.000 pezzi) e della fornitura del Dipartimento nazionale della Protezione civile (255.040 pezzi), sono stati distribuiti i DPI (Dispositivi di protezione individuale) alle aziende sanitarie, case di riposo ed agli enti locali, soprattutto che ai Comuni sono state assegnate le mascherine di tipo chirurgico tenendo conto delle indicazioni che le amministrazioni hanno fornito all’Anci Sardegna in base ai fabbisogni della Polizia municipale, dei volontari della Protezione civile, degli operatori comunali e delle cooperative che si occupano di assistenza domiciliare e di altri servizi, degli operatori delle comunità protette e, preso atto del fatto che al comune di Iglesias sono state consegnate n. 6.850 mascherinescrivono i sei consiglieri di minoranza del comune di Iglesiasabbiamo ritenuto opportuno proporre che, così come da precedenti note protocollate, il comune di Iglesias si possa impegnare alla distribuzione di tali pezzi a tutte le attività commerciali oggi aperte al pubblico e che forniscono un servizio di utilità primaria, ma soprattutto, cosa ben importante è la richiesta di una rendicontazione che vada a testimoniare l’utilizzo dei criteri dei DPI sopra citati.»

“Già nella scorsa fornitura di mascherine abbiamo potuto notare come l’amministrazione abbia totalmente trascurato le attività commerciali cittadine – aggiungono i consiglieri Simone Saiu, Luigi Biggio, Federico Garau, Francesca Tronci, Bruna Moi ed Alberto Cacciarru Ci auguriamo che, con l’arrivo di ulteriori 6.850 pezzi, la Giunta comunale possa finalmente decidere di poter tutelare tutti quegli operatori commerciali che oggi svolgono il loro servizio a contatto con il pubblico. Inoltre chiediamo che venga dato atto di trasparenza amministrativa con la possibilità di conoscere la rendicontazione ti tutti quegli enti o soggetti che saranno destinatari dei nuovi dispositivi di protezione individuale. In un momento delicato come questo concludono i 6 consiglieri di minoranza è necessario che tutte le categorie vengano trattate e tutelate allo stesso modo, senza preferire o escludere nessuno.»

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L’Ospedale di “Carbonia” ha un gemello. Si trova a PAIMIO in Finlandia. Fu progettato da ALVAR AALTO e dalla moglie AINO MARSIO, architetti finlandesi. Quel progetto nel 1928 vinse un concorso e divenne famoso tanto che oggi viene studiato in tutte le Università del mondo e citato nei testi di Storia della Architettura. Gli Americani si convertirono subito al progetto di ALVAR AALTO e presero a costruire ospedali simili. Quell’Ospedale venne portato a termine nel 1933.
Il primo Ospedale costruito in Italia con quei criteri futuristici fu: il “Sirai” di Carbonia. Venne edificato 4 anni dopo l’Ospedale di Paimio.
ALVAR AALTO è tutt’oggi considerato uno dei più grandi architetti del 1900, assieme a LE CORBUSIER.
ALVAR AALTO e AINO MARSIO, nati nel 1898, avevano vissuto gli orrori della Pandemia Influenzale chiamata “SPAGNOLA”. La Pandemia durò dal 1918 al 1920 e fece 50 milioni di morti. Immediatamente dopo, a causa di quella pestilenza e della fame patita per gli effetti economici della Grande Guerra il popolo, indebolito nel fisico e nelle difese immunitarie, divenne preda di una massiccia diffusione della tubercolosi. Anche questa si prese le sue vittime.
Negli anni della Spagnola tutte le Nazioni adottarono le procedure di “distanziamento sociale” che oggi stiamo sperimentando. La gente indossava mascherine chirurgiche simili a quelle di oggi e si manteneva in “isolamento domiciliare”.
Nei pochi Ospedali dell’epoca, già provati dallo sforzo di curare i soldati massacrati dalla Guerra, entrò un popolo di derelitti che, in gran parte, non ne uscì più. All’interno si sviluppavano focolai che decimavano Pazienti, Medici e Personale di assistenza. AALTO e la moglie, appena 7 anni dopo la Pandemia di Spagnola, progettarono l’Ospedale sotto l’ impressione di quella esperienza.
AALTO conosceva l’esigenza del “distanziamento sociale” per contenere il virus e progettò un Ospedale che avesse la fondamentale funzione di “barriera architettonica” ai contagi. Inoltre si prese la cura di creare un posto gradevole dove gli esseri “umani” trascorressero le lunghe giornate godendosi gli effetti benefici della luce solare, viricida e antibatterica. «Dove entra il sole non entra il dottore», si diceva allora. Nell’idea di Alvar la luce solare doveva essere usata come ulteriore ostacolo agli agenti infettivi.
L’Ospedale di AALTO , da cui fu copiato il “Sirai”, era un ospedale a sviluppo “verticale”. Già in questo di differenziava radicalmente dagli “Ospedali Maggiori” di tutta Europa che erano a sviluppo “orizzontale” su un unico piano. L’“Ospedale Maggiore” di Milano fu fatto costruire dal Cardinal Rampini nel 1480 circa; fu il primo Ospedale pubblico gestito dallo Stato. Da notare che anche l’Ospedale Maggiore era nato per contrastare le epidemie che allignavano facilmente negli “ospedali caritativi” privati; in essi ogni letto ospitava da 4 a 10 malati contemporaneamente. Il Cardinal Rampini volle, come “misura di distanziamento” i letti “singoli”. Fu una grande rivoluzione presto copiata da tutta Europa.

L’altra caratteristica architettonica rivoluzionaria stava nell’orientamento dell’Ospedale rispetto all’arco solare. Le camere di degenza vennero, da AALTO, tutte orientata verso Sud Sud-Est in modo da ricevere luce solare diretta per la gran parte del giorno. Le camere, esposte al sole, erano fornite di ampie fenestrature ad ante scorrevoli. Le ampie fenestrature e gli alti soffitti, assicuravano un rapido ricambio dell’aria, senza produrre correnti. Questo è tutt’oggi un metodo efficace per allontanare rapidamente i microrganismi sospesi nell’aria ed abbassarne drasticamente la carica.
I reparti del nuovo Ospedale erano sistemati tutti su piani diversi. Si poteva accedere alle corsie di degenza solo dopo aver attraversato una zona filtro. Nella zona filtro e nelle camere erano disposti lavandini per il lavaggio delle mani.
Per evitare che il rumore dello scorrere dell’acqua disturbasse gli altri malati, AALTO progettò lavandini con il piano di fondo inclinato, insonorizzando il getto.
Il riscaldamento era “a pavimento”.
Il personale Medico ed Infermieristico alloggiava in corpi separati ed accedeva all’Ospedale in divisa da lavoro.
I parenti in visita dovevano fermarsi prima della zona filtro e non potevano accedere alle corsie di degenza per non portarvi batteri e virus.
I servizi e le sale operatorie erano sul versante Nord dell’edificio. Il versante soleggiato era riservato alle ampie fenestrature delle camere di degenza.
Questi pochi elementi descrittivi sintetizzano l’intelligente uso delle barriere architettoniche per contrastare la  circolazione degli agenti d’infezione all’interno dell’Ospedale.
Ogni piano era perfettamente isolato da quello sottostante e soprastante. Non vi era contiguità dei reparti, ma un efficace “distanziamento” ottenuto con intermezzi strutturali.
Chi conobbe l’Ospedale Sirai negli anni ’60-’70, ricorderà che i pazienti accedevano al ricovero dopo essere stati accettati dal Pronto Soccorso, che era disposto al piano terra. In quella sede avvenivano tre operazioni.
PRIMO: la visita.
SECONDO: la compilazione dei moduli di accettazione,
TERZO: la presa in carico del paziente. Che avveniva così:

-1- il paziente veniva completamente privato dei suoi indumenti e, se il caso lo richiedeva, immerso in vasca e lavato.  Gli indumenti venivano sistemati in un sacchetto e contrassegnati; quindi venivano introdotti in una “bocca di lupo” della parete, e fatti cadere direttamente nel reparto lavanderia, situato nei sotterranei. Gli indumenti, una volta lavati e sanificati, venivano confezionati e riconsegnati al paziente in camera. Idem per le calzature.

-2- Venivano controllati i capelli e, se vi era il sospetto di una malattia del capillizio e cuoio capelluto a carattere infestante o contagioso, si procedeva alla rasatura.

-3- Il paziente, così sapientemente sanificato, veniva rivestito con abbigliamento da camera sterile, adagiato su una barella, e condotto in reparto.

Negli anni ’90, quando era presidente della Giunta regionale Antonello Cabras, assessore della Sanità Giorgio Oppi, commissario straordinario della USL Tullio Pistis e presidente del Consiglio di amministrazione Antonello Vargiu, venne costruito un corpo separato destinato al Reparto Infettivi, per contrastare la temuta epidemia di AIDS. Questo corpo, posto a debita distanza dall’edificio centrale, non venne mai utilizzato perché l’epidemia fu scongiurata dall’avvento dei nuovi farmaci anti-retrovirali. Venne utilizzato per sistemarvi il Centro Diabetologico; il centro Trasfusionale e la Sterilizzazione. Quell’edificio, unico nel suo genere in Sardegna, per caratteristiche strutturali e dotazioni, era stato progettato da un team di Ingegneri e Architetti venuti da Roma, e costruito da un’impresa specializzata. Tanto grande era l’interesse del Governo per il contrasto all’epidemia.

Attualmente il complesso ospedaliero del Sirai è costituito dal corpo centrale ed altri corpi separati.
Questi sono: Il Centro DIALISI, la PSICHIATRIA, la RADIOLOGIA, la ex PEDIATRIA, l’ex INFETTIVI. Il corpo centrale ha subìto modifiche aggiuntive al Piano Terra: la RIANIMAZIONE posta a Est; il Nuovo PRONTO SOCCORSO a Sud-Est; il nuovo INGRESSO a Ovest.
Fino agli anni ’90 il corpo centrale ospitava:
– Pronto Soccorso e Traumatologia al piano terra;
– Chirurgia Generale al primo piano;
– Medicina Generale al secondo piano,
– Ostetricia e Ginecologia al terzo piano.
L’elemento architettonico ideato da ALVAR AALTO ha sempre conservata il “DISTANZIAMENTO” fisico-strutturale fra i reparti. Questa distanza fisica di garanzia è mantenuta ancora oggi, nonostante la comparsa di nuovi Reparti, che sono:
– La CARDIOLOGIA al V piano;
– La STROKE UNITY al III piano;
– ONCOLOGIA al IV piano;
– UROLOGIA al II piano.
Questi reparti non contengono “Infettivi”.

Con questa dotazione difensiva della Sanità Ospedaliera Sulcitana dovremo, con grande attenzione, e senza commettere imprudenze, affrontare la FASE 2 dell’epidemia da Coronavirus.
L’idea di Ospedale di Alvar Aalto ci protegge ancora. Speriamo che nessuno la modifichi.

Mario Marroccu

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Dal 14 marzo sono oltre 26.903 i controlli realizzati dal Corpo forestale della Regione Sardegna per vigilare sul rispetto delle regole stabilite per l’emergenza epidemiologica da Covid-2019.

Nella giornata di ieri sono stati effettuati 918 controlli: 183 nell’area di Cagliari, 59 Iglesias, 75 Oristano, 137 Sassari, 112 Tempio, 232 Nuoro, 120 Lanusei. Sono state sanzionate 31 persone (20 a Cagliari, 6 a Tempio, 2 a Sassari, 1 ad Iglesias, 1 a Nuoro, 1 ad Oristano), per un totale (dal 14 marzo) di 514. Inoltre, nello scalo di Porro Torres, sono stati controllati 12 passeggeri in arrivo da Genova.

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Scende ancora il numero di nuovi casi di positività riscontrati oggi in Sardegna, 15, contro i 22 di ieri e i 28 di due giorni fa. Va sottolineato che è sceso ancora il numero dei tamponi eseguiti nelle ultime 24 ore, 347, a fronte dei 543 eseguiti ieri e dei 676 dell’altro ieri.

Anche oggi la situazione è rimasta sostanzialmente sotto controllo in tre province sarde su quattro. Nessun caso di positività, per il quinto giorno consecutivo, nella provincia di Nuoro, 2 negli ultimi 8 giorni; oggi nessun caso anche nei 107 Comuni della provincia del Sud Sardegna ed 1 solo caso nella provincia di Oristano che resta quella con il minor numero di positivi, 35. Stabile il numero di nuovi positivi nella Città Metropolitana di Cagliari, 6 come ieri; in calo, infine, i nuovi positivi nella provincia di Sassari, 8 (ieri erano stati 13), che resta quella più colpita dal virus, con 745 casi totali, il 66,05% del totale dei casi riscontrati in Sardegna dall’inizio dell’emergenza.

Oggi 2 decessi, il totale sale a 75.  In leggero calo il numero di pazienti ricoverati con sintomi (107, 2 meno di ieri), 27  i pazienti ricoverati in terapia intensiva (1 più di ieri); cresce il numero dei pazienti in isolamento domiciliare, 780 (ieri erano 768); altri due i pazienti dimessi/guariti, il totale sale a 139.

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Sono 15 i nuovi casi di positività al virus Covid-19 accertati oggi in Sardegna dall’inizio dell’emergenza, il totale è salito a 1.128. È quanto rilevato dall’Unità di crisi regionale nell’ultimo aggiornamento. In totale nell’Isola sono stati eseguiti 11.010 tamponi (347 oggi). I pazienti ricoverati in ospedale sono in tutto 134, 107 ricoverati con sintomi, 27 in terapia intensiva, 780 sono le persone in isolamento domiciliare, 914 il totale dei pazienti attualmente positivi, 11 più di ieri. 139 i pazienti dimessi/guariti. 2 i decessi che portano il numero totale a 75.
Sul territorio, dei 1.128 casi positivi complessivamente accertati, 197 sono stati registrati nella Città Metropolitana di Cagliari (+6 rispetto all’ultimo aggiornamento), 84 nel Sud Sardegna, 35 (+1) a Oristano, 67 a Nuoro, 745 (+8) a Sassari.

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I Comitati della Rte Sarda in Difesa della Sanità Pubblica, esprimono la piena solidarietà alla portavoce Claudia Zuncheddu!

«Esprimiamo amarezza e sconcerto per l’atto vile subito dalla stessa nell’ambulatorio Sant’Elia, a Cagliari, quartiere nel quale ha operato per anni con professionalità e stima da parte della Comunità locale – si legge in una nota dei Comitati -. Claudia Zuncheddu è la donna che impegna il suo tempo contro i poteri forti che hanno messo in un angolo la Democrazia, creando squilibri socio/economici senza precedenti. Dedita a salvaguardare i diritti del Popolo Sardo altamente martoriato, medico ISDE, promuove la cultura della salute dei cittadini legata alla salute dell’ambiente, impegnata nel Sociale a livello locale ed internazionale! Impegnata nella Difesa della Sanità pubblica da parecchi anni, da quando ai cittadini non erano ancora noti i progetti della Regione Sardegna di effettuare deleteri tagli alla Sanità pubblica a vantaggio della Sanità privata. Oggi è noto a tutti o quasi il risvolto negativo per i cittadini di fronte alla pandemia del Covid-19, dove non solo ha impedito il giusto intervento per lo stesso, ma ha trascurato i pazienti con le più svariate patologie a proseguire il normale percorso di terapie e controlli, vantando innumerevoli tagli ai servizi sanitari.»

«Auspichiamo che dietro questo atto non vi siano, dunque, motivazioni tese ad intralciare, intimidire ed ostacolare il prezioso contributo di Claudia Zuncheddu  indispensabile per la nostra terra sarda – aggiungono i Comitati -. Auspichiamo che dietro questo vile atto non vi siano, dunque, motivazioni tese ad intralciare, intimidire ed eventualmente ostacolare il prezioso contributo di Claudia Zuncheddu per il progresso socio/economico della Sardegna e per il futuro del suo popolo – concludono i Comitati -. L’atto vile e vandalico del quale vi siete macchiati è alquanto dubbioso, perché appiccare il fuoco dopo il tentato furto? Confidiamo FORTEMENTE nelle forze dell’ordine affinché facciano  luce sull’accaduto!»

 

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Si riunisce martedì 14 aprile 2020, alle 10.00, il Consiglio comunale di Carbonia, convocato dal presidente Daniela Marras, su specifica richiesta di 6 consiglieri comunali, nella sala polifunzionale di piazza Roma.
In questa fase di emergenza da Covid-19, ai consiglieri comunali e agli assessori sarà consentito di partecipare alla seduta – a loro discrezionalità – in presenza oppure in videoconferenza.
La riunione verterà su tre punti all’ordine del giorno, ai due già inseriti nella convocazione originaria, infatti, alla vigilia ne è stato inserito un terzo, proposto dalle consigliere Daniela Garau ed Eleonora Cera – che prevede una richiesta al Governo nazionale «affinché sospenda per l’anno 2020 le somme annue dovute dal comune di Carbonia a causa del disavanzo di amministrazione, nonché da presentarsi alla Cassa depositi e prestiti e/o agli Enti creditori relativamente alla sospensione per l’anno 2020 del pagamento della rata annua  gravante sul bilancio comunale a seguito dell’accensione di mutui e/o finanziamenti pregressi».

«Premesso – si legge nell’ordine del giorno – considerato che dalla situazione di emergenza epidemiologica Covid 19 in atto derivano gravi ripercussioni sotto il profilo sanitario, economico e sociale dell’intera comunità locale, tali da richiedere ogni azione a supporto dell’intero tessuto sociale ed economico cittadino, in particolar modo delle fasce più deboli e bisognose della nostra Città, ivi compresi imprenditori agricoli e commerciali, piccoli e medi, privati e pubblici, artigiani, lavoratori autonomi, titolari di partita iva in generale, imprese familiari; considerato che le somme necessarie a far fronte a siffatta emergenza economica e sociale risultano essere ben superiori rispetto alle risorse economiche non vincolate di cui dispone il comune di Carbonia; il Consiglio comunale di Carbonia nel considerare l’urgenza e gravità di detta situazione e al fine di poter disporre di maggiori risorse economiche per farvi fronte, ritiene opportuno discutere ed approvare un ordine del giorno che dia una sponda istituzionale alla richiesta da inoltrarsi al Governo nazionale – conclude l’ordine del giorno – affinché sospenda per l’anno 2020 le somme annue dovute dal comune di Carbonia a causa del disavanzo di amministrazione pari a € 236.000,00, o in quella minore o maggiore somma dovuta, detratti gli importi non dovuti a seguito di provvedimenti legislativi, nonché da presentarsi alla Cassa depositi e prestiti e/o agli Enti creditori relativamente alla sospensione per l’anno 2020 del pagamento della rata.»

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I 10 direttori delle strutture del DAI di Chirurgia del presidio ospedaliero Duilio Casula di Monserrato, prof. Piergiorgio Calò, prof.ssa Elisabetta Cotti, prof. Enrico Erdas, prof. Andrea Figus. prof. Adolfo Pisanu, prof. Roberto Puxeddu, prof. Luigi Zorcolo, prof. Roberto Montisci, dott. Mauro Cabras e prof. Gabriele Finco, hanno inviato una segnalazione al direttore generale dell’AOU di Cagliari, dott. Giorgio Sorrentino e al direttore sanitario, dott. Nazzareno Pacifico (e, per conoscenza, al magnifico rettore dell’Università di Cagliari, prof.ssa Maria Del Zompo e al pro rettore, prof. Francesco Marongiu, ai sensi dell’art. 20 lett. f. del dlgs n. 81/2008, slla diffusione del Coronavirus nel presidio ospedaliero.

«In queste ore assistiamo tutti con viva preoccupazione al dilagare dei contagi del virus SARCOV2 nel nostro Presidio Ospedaliero – scrivono i 10 direttori -. Duole però constatare, a nostro parere, che tale situazione scaturisce non dalla fatalità, ma bensì dall’insufficienza delle misure di prevenzione e protezione fin qui poste in essere che, si ritiene (e si tratta di una conferma di quanto già riferito), debbano essere riviste e/o aggiornate. L’aumento incontrollato dei casi di positività al virus SAR-COV2 tra i degenti e tra il personale sanitario dimostra, a nostro avviso, la presenza di un cluster di contagio all’interno del Policlinico che mette a grave rischio la salute non solo degli operatori sanitari e dei pazienti, ma anche quella dell’intera area metropolitana di Cagliari. In tale contesto, l’assenza di una risposta drastica può avere dei risvolti drammatici che è necessario scongiurare con la massima rapidità di azione. È spiacevole ma doveroso sottolineare come in tempi non sospetti avessimo già più volte lamentato i pericoli correlati a scelte gestionali perseguite con la convinzione che, trattandosi di un Presidio no-Covid, il rischio di una diffusione interna del virus sarebbe stato estremamente contenuto – aggiungono i 10 direttori – Già in data 24/03/2020 il Dipartimento di Chirurgia, sulla scorta dell’esperienza maturata in altre realtà ospedaliere e delle sempre più numerose evidenze scientifiche, aveva richiesto un urgente aggiornamento del protocollo utilizzato per i pazienti che accedono al Policlinico tramite Pronto Soccorso. Era stato infatti presentato un documento ben articolato che, tra le altre cose, prevedeva la creazione di spazi adeguati, separati dal resto dell’ospedale, gestiti da operatori dotati di DPI secondo procedure identiche a quelle adottate presso i centri COVID. Di fatto, tale documento attende ancora di essere ratificato e tutte le nostre richieste, ivi compreso lo screening di tutto il personale sanitario del Dipartimento, ad oggi, sono rimaste disattese. Si deve, al riguardo, constatare che in altre realtà ospedaliere della nostra Regione protocolli simili a quello proposto sono, invece, operativi già dagli inizi di marzo, ed il fatto che attualmente il nostro presidio versi in tale situazione concorre a spiegare quali conseguenze possano determinarsi a causa del mancato recepimento dei suggerimenti indirizzati da parte di chi lavora sul campo e che ha, forse, una più chiara percezione delle situazioni di rischio specifico o, se anche questo non fosse, un’altra visione sulla quale vale la pena confrontarsi, tanto più quando il rischio paventato si concretizzi. Suggerimenti che costituiscono, peraltro, un preciso obbligo per i lavoratori, i quali, ai sensi dall’art. 20, comma 2 lett. f) del DLGS n. 81/2008, “devono […] segnalare immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o al preposto le deficienze dei mezzi e dei dispositivi di cui alle lettere c) e d) (n.d.r. i DPI) nonché qualsiasi eventuale condizione di pericolo di cui vengano a conoscenza.” In particolare, si deve ancora una volta rilevare come il filtro del Pronto Soccorso si sia dimostrato inefficace, come anche l’ultimo episodio che ha coinvolto il collega dimostra (difatti, pur avendo una sintomatologia e una TC chiaramente indicative di COVID-19, è stato trattenuto in OBI e successivamente trasferito al settore Broncopolmoniti no COVID-19 sulla base di un tampone falsamente negativo, e tenuto 48 ore in un ambiente chiaramente inadeguato in quanto non messo a norma per pazienti COVID-19). Il dipartimento di Chirurgia oggi sta pagando a caro prezzo questa linea di condotta. Un nostro caro collega, a causa della presenza dell’infezione virale all’interno dell’ospedale, ha sviluppato una polmonite da Covid-19 e si trova ora ricoverato. Molti altri operatori sanitari e pazienti sono stati infettati e non è imprevedibile che l’ondata dei contagi non si fermi a breve, con l’ovvia conseguenza che, purtroppo, non è possibile escludere che altre persone possano essere coinvolte nell’immediato periodo. Alla luce di quanto sopra esposto, chiediamo alle SSVV che vengano urgentemente valutate e messe in atto le seguenti proposte, che riteniamo indispensabili per la sicurezza del nostro Ospedale e di tutta la comunità:

1) Isolamento del Policlinico Universitario “Duilio Casula”, bloccando gli accessi al PS e qualsiasi altro ricovero per un periodo che consenta l’identificazione e l’implementazione delle misure operative necessarie a riaprire la struttura in condizioni di massima sicurezza per i pazienti e gli operatori;

2) All’interno di queste ultime, la predisposizione immediata di un reparto “COVID” (il blocco C potrebbe essere un luogo adeguato, previa completa separazione delle due corsie). Tale reparto dovrà essere totalmente isolato dal resto dell’ospedale e gestito da personale che rimane nel reparto per tutto il turno, si veste e sveste secondo le procedure in stanze dedicate, secondo un percorso consono al trattamento dei pazienti COVID positivi;

3) che venga ratificato il protocollo da noi presentato per gestire i pazienti sospetti;

4) che venga predisposta una sala operatoria “COVID”, dove operare i casi sospetti o confermati che non possano essere trasferiti. Tale sala operatoria dovrà essere totalmente separata dal resto del blocco operatorio e pertanto la soluzione temporanea che prevede l’utilizzo della sala 1 deve essere necessariamente rivista;

5) Ci sia consentito aggiungere che riteniamo inappropriati e fuorvianti i comunicati stampa redatti in questi ultimi giorni in cui, da un lato, si assicura la popolazione che la situazione è sotto controllo, dall’altro, si giustificano i casi COVID positivi con comportamenti imprudenti da parte del personale. Riteniamo, infatti, che tali notizie non solo non siano corrette ma anche offensive nei confronti dei colleghi coinvolti, ai quali va tutta la nostra incondizionata solidarietà e gli auguri per una pronta guarigione. È incontrovertibile inoltre, che i dati epidemiologici siano indicativi del fatto che i sanitari siano a rischio di contagio della malattia piuttosto che il veicolo per il contagio.

6) Si richiede l’immediata chiusura del Bar e la disattivazione dei distributori di bevande che rappresentano un ulteriore rischio di diffusione del virus.»

«Si comunica, infine, che allo scopo di adempiere all’obbligo di sicurezza posto dall’art. 20 lett. f. cit. ultima parte (con riferimento all’obbligo di adoperarsi “direttamente, in caso di urgenza, nell’ambito delle proprie competenze e possibilità e fatto salvo l’obbligo di cui alla lettera f) per eliminare o ridurre le situazioni di pericolo grave e incombente”) – concludono i 10 direttori delle strutture DAI di Chirurgia del presidio ospedaliero Duilio Casula – per i 14 giorni  successivi alle festività Pasquali, il Dipartimento di Chirurgia sospenderà completamente l’elezione, garantendo esclusivamente gli interventi in regime di urgenza ed emergenza ed i casi dei pazienti non trasportabili.

Con l’auspicio che le nostre richieste non vengano ulteriormente disattese, porgiamo i nostri più cordiali saluti.»

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E’ morto alle 5.00 di questa mattina, Giulio Ravot, una delle colonne della mitica Carbosarda. Originario di Iglesias, dove era nato il 23 marzo 1936, era fin da giovane diventato cittadino di Carbonia, la sua città d’adozione che non ha più lasciato. Iniziò a giocare al calcio nella Pol. Julia e tutta la sua attività, prima del passaggio alla Carbosarda, arrivato nella stagione 1957/1958, si svolse in quella società che operava nel settore giovanile, con la quale mise in luce le sue doti di difensore, sul terreno di gioco del glorioso campo “Santa Barbara”.

Arrivato alla Carbosarda, dopo un breve periodo di ambientamento, il tecnico Stefano Perati lo fece esordire nella partita con il Vigevano e bagnò l’esordio con una buona prestazione. Grande combattente, in possesso di una straordinaria forza di volontà, era difficile da superare per qualsiasi attaccante.

Dopo la stagione dell’esordio, giocò nella Carbosarda anche in quella successiva, con Bruno Molinari allenatore, ma presto iniziò il declino della favola della Carbosarda, inevitabile conseguenza della crisi dell’attività estrattiva nelle miniere di carbone.

Nell’estate del 1959, con la Carbosarda in piena crisi (ancora in serie C ma alla fine retrocessa in serie D con un bilancio di soli 13 punti, frutto di 4 vittorie, 5 pareggi e ben 25 sconfitte), accettò il trasferimento all’Akragas di Agrigento, squadra di serie C. L’esperienza da emigrante del calcio durò una sola stagione, e nell’estate del 1960 Giulio Ravot ritornò nella “sua” Carbonia, per vestire la maglia biancoblù nel campionato di serie D. Giocò Nel Carbonia fino alla stagione 1965/1966, quando dopo un grave infortunio, decise di concludere la carriera di calciatore, con un bilancio di 8 campionati con la maglia biancoblù, nel corso dei quali ha collezionato 181 presenze e 4 goal.

Iniziò subito la carriera di allenatore e guidò le Giovanili del Carbonia a cavallo tra gli anni ’60 e ’70. Arrivò a guidare anche la prima squadra, in serie D (1968/1969) e in Promozione regionale (1971/1972). Successivamente, allenò Decimoputzu, Portoscuso, Sant’Antioco, Villacidro e Narcao, ed ebbe un’esperienza da direttore sportivo con il Carbonia.

E’ stato tra i soci fondatori (con Toto Cesaracciu, Gianni Pusceddu, Peppino Zucca e Paolo Santoru) e primo presidente, nel 1985, dell’associazione Ex Biancoblù, nella sede della vecchia miniera di Serbariu.

Alla moglie Ida e alle quattro figlie Laura, Francesca, Gabriella e Federica, sentite condoglianze, personali e di tutto il mondo calcistico biancoblù e dell’intero Sulcis Iglesiente.

Giampaolo Cirronis

Le foto allegate sono tratte dai libri “Carbonia, Carbosarda – Passione per la squadra biancoblù”, di Franco Reina, e “Dalla Carbosarda alla Pol. Carbonia – Io c’ero”, di Elvio Verniani.