18 July, 2024
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Le notizie riportate in questi giorni dal giornale l’”Unione Sarda” riguardo alla ZEE (Zona Economica Esclusiva) algerina sul Mar di Sardegna, che si estende dalle coste africane fino a 13 chilometri da Sant’Antioco e, più su, fino ad Oristano e Alghero nel suo lato Est, mentre si estende a Nord fino alle isole Baleari nel lato Sud-Ovest, fino alle coste della Spagna Meridionale, ci impone di rivedere i ricordi dei nostri secolari rapporti con l’impero turco del Nord-Africa.

Fino a pochi decenni fa i sardi, sentendo nominare i turchi rivolgevano subito il pensiero a San Antioco martire e alla Madonna di Bonaria supplicandone l’intercessione.

Erdogan, l’attuale presidente della Turchia, recentemente interrogato dai giornalisti sul suo interventismo in Libia, ha risposto che la Turchia si sente obbligata ad intervenire nella guerra intestina libica perché possedette quella provincia, ai tempi dell’Impero, per 500 anni.

Dato che un vicino del genere, dopo aver portato truppe in Libia si è recato in Algeria per rinsaldare gli antichi vincoli, potrebbe rivelarsi molto ingombrante, è utile rivedere alcuni passaggi storici tra i turchi e noi occidentali sulla frontiera africana.

Mille anni fa vennero gettati le basi del nostro indebolimento fino alla situazione di oggi.                                                        

Nell’anno 1054 il Patriarca di Costantinopoli, Michele Cerulario, attuò lo “scisma” tra la chiesa cattolica di Roma e la chiesa Ortodossa di Bisanzio. Questa spaccatura fu esiziale per l’Occidente. L’Impero Bizantino divenne ortodosso, mentre l’Italia e l’Europa rimasero Cattolici. La Sardegna ed il Nord-Africa, che erano parte integrante dell’Impero Bizantino, rimasero nella sfera ortodossa a fronteggiare l’Africa musulmana.

Nell’anno 1071 l’Impero Bizantino, indebolito, venne attaccato da orde di un popolo d’origine mongola, e battuto nella gravissima battaglia di Manzicerta. La notte precedente la battaglia, sul cielo si stagliava una luminosissima mezza luna con al di sopra una stella. Quel popolo vincitore dei Bizantini erano i “Turchi”. Da allora adottarono come bandiera nazionale un panno rosso con, al centro, una mezzaluna sormontata da una stella. Quel simbolo viene utilizzato tutt’oggi.

Con il trattato di pace i Turchi si installarono in territorio bizantino e, pian piano, intaccarono le difese della grande potenza cristiana fino a batterla conquistando Costantinopoli nel 1453. Fu la fine dell’impero Bizantino.

Per arrivare alla città di Costantinopoli, nei crocevia c’erano cartelli indicatori con su scritto “Isten polis”, che in greco significa: «Quella è la città». I Turchi pronunciavano “Istanbul”, e questo divenne il nome definitivo.

Nel 1492 la Spagna aveva scoperto l’America con Cristoforo Colombo, ed aveva avviato, in patria, una campagna di espulsione di musulmani ed ebrei.

Contemporaneamente la “Sublime porta” di Istanbul aveva dato disposizioni ai suoi eserciti di occupare tutte le province bizantine in Nord Africa, fino all’Algeria. Tuttavia l’avanzata turca fallì nel tentativo di occupare l’Europa. I Turchi furono infine definitivamente fermati dai Cristiani Cattolici con la battaglia navale di Lepanto nel 1571. Vi parteciparono anche truppe sarde.

La Libia, che era stata occupata dalla Spagna nel 1510, e affidata ai Cavalieri di Malta, venne poi conquistata dai turchi nel 1551. Da allora l’Impero turco fu il vicino ingombrante di noi sulcitani.

La Reggenza di Algeri era diventata turca nel 1525. Essa fu il principale centro dell’Impero Ottomano nel Maghreb e divenne la base stabile delle navi corsare per i lucrosi affari che si facevano con la cattura delle navi commerciali europee. Era il principale centro della pirateria.

Nel 1574, 3 anni dopo Lepanto, finite le mire sull’Europa, la Turchia occupò militarmente  la Tunisia, fermando definitivamente la conquista spagnola del Nord Africa. Al governo della Tunisia venne incaricato il Bey di Tunisi, reggente della Sublime Porta.

I Pashà di Algeri, Tunisi e Tripoli conducevano abili rapporti diplomatici col governo turco e le loro finanze derivavano quasi esclusivamente dalla protezione della pirateria. Dal 1500 al 1700, nei mercati degli schiavi di quelle reggenze, furono venduti da 1 milione a 1 milione e 500.000 schiavi bianchi. Si calcola che fino al 1815 venissero trattati in quelle piazze circa 20.000 schiavi l’anno. Gli studiosi hanno trovato negli archivi di Stato di Cagliari, Barcellona e Madrid, diverse lettere d’affari tra Sardegna e Spagna. In una lettera inviata nel 1600 dal commerciante cagliaritano Antonio Porta al re di Spagna per chiedere l’infeudazione del mare di Portoscuso per impiantarvi una tonnara, esiste, scritta in spagnolo, una frase che tradotta in italiano suona così: «Nell’isola di san Pietro attraccano navi corsare saracene che trafficano tanti cristiani fatti schiavi che, così numerosi, non si vedono neppure a Madrid».

Oltre alla tratta degli schiavi vi era un’altra attività piuttosto lucrosa: i Turchi avevano istituito un sistema di rilascio di salvacondotti a pagamento per le navi europee che solcavano il Mediterraneo. Chi pagava non veniva attaccato. Gli stessi Stati Uniti d’America, appena costituiti, nel 1795 con un trattato a firma di Giorgio Washington, si erano accordatI coi Bey di Algeri, Tunisi e Tripoli, per la somma colossale di 1 milione di dollari l’anno purché le navi commerciali americane, che vendevano i loro prodotti agricoli in Mediterraneo, non venissero attaccate dai corsari.

Ben si comprende in quale stato di pericolo perenne si trovassero la popolazioni costiere del Sulcis e del Cagliaritano che erano proprio al centro di una morsa: a Sud vi era la minaccia turca. A Nord vi erano gli Stati europei in lotta perenne fra di loro, e perennemente assetati di danaro, tonno sotto sale, grano e uomini da arruolare forzatamente per le loro guerre interminabili.

La dominazione turca era interessata alle città costiere del Nord Africa, porto sicuro per i corsari, mentre era carente la sua presenza nelle oasi sahariane. Qui le tribù berbere gestivano in completa autonomia il commercio di schiavi africani. Vocazione commerciale mai perduta.

La “Guerra da Corsa” venne dichiarata illegale dal Congresso di Vienna nel 1815. La sua cessazione venne imposta  col bombardamento di Algeri e Tripoli nel 1816 de parte della flotta anglo-olandese comandata dall’ammiraglio Lord Exmouth, attuata per ritorsione all’incursione berbaresca su Sant’Antioco il 16 ottobre 1815.

Avendo perso i proventi assicurati dalle mercanzie delle navi catturate, l’unica risorsa rimasta a quei beycati fu il commercio degli schiavi. Ma anche questo introito entrò in crisi quando nel 1830 la Francia conquistò l’Algeria e le Società antischiaviste inglesi imposero al Sultano di Istanbul di fermare la pratica dello schiavismo. Ma solo nel 1855 il Sultano interdisse l’imbarco di schiavi nei porti di Tripoli, Bengasi e Derna.

Nonostante ciò la schiavitù non fu abolita per altri 50 anni. Si estinse definitivamente nei porti libici nell’anno 1911 quando gli italiani conquistarono la Libia con la Guerra Italo-Turca.

Invece a livello tribale, nel Maghreb Sahariano, la schiavitù è tristemente sopravvissuta fino ai giorni nostri.

***

La Sardegna, per secoli, subì le incursioni dei pirati nord-africani a caccia di merci e di schiavi. E’ stato calcolato da recenti ricerche che il 90 per cento delle incursioni in Sardegna avvenne tra Capo Carbonara ed il Sulcis. Questa costante minaccia alle città costiere ne aveva determinato la scomparsa. Le scarse popolazioni si rifugiarono all’interno. Karales dall’anno 704 iniziò ad essere abbandonata e i suoi abitanti costruirono un nuovo centro abitato nell’isolotto di San Simone, nella laguna di Santa Gilla. La città venne poi fortificata con mura; ebbe una cattedra vescovile e fu sede di un giudice sovrano del Giudicato di Calari. La città giudicale si chiamò Santa Igia (Cecilia) (Coroneo, Casula).

Nell’anno  704 (Coroneo, Boscolo, Mohamed Bazama), la città di Sulci venne attaccata da una squadra navale saracena. La città non si risollevò mai più da quella distruzione. Un piccolo nucleo abitato si sviluppò intorno alla Basilica del Santo Antioco. Eravamo nell’alto Medio Evo, in piena amministrazione bizantina ortodossa.

Contemporaneamente anche la città di Tharros, per gli stessi motivi, venne abbandonata e il vescovo, con tutta la popolazione si spostò verso la tenuta agricola di Oristano. Eravamo nel periodo di transizione dal bizantino al giudicale.

L’isola Plumbaria (di Sulci) nel 1300 assunse il nome di isola di Sant’Antioco ed era deserta. Nonostante ciò la Basilica non si deteriorò. Venne sempre curata. Sant’Antioco era considerato protettore della Sardegna intera, efficace intercessore contro le calamità naturali, le epidemie e le orde barbaresche. Almeno due volte l’anno: nel dies natalis (13 novembre) e poi nel lunedì successivo alle due settimane dopo il lunedì dell’Angelo, una gran folla di fedeli tornava nell’isola per impetrare le grazie del Santo.

Nonostante l’isola fosse perennemente infestata dai pirati magrebini, in quei giorni di festa non avvenivano aggressioni ai pellegrini. Gli stessi pirati avevano un certo rispetto per il Santo. Le storie più note di miracoli del Santo a protezione dai pirati vengono raccontate sia da storici musulmani che da storici nostrani come il Vidal e padre Filippo Pili. Il Vidal era sacerdote e storico di grande cultura, nato a Maracalagonis nel 1575. Viaggiò per molti anni predicando in diverse città di Spagna e Italia.  Al termine dell’elenco di un nutrito numero di miracoli operati dal santo egli scrisse, a proposito dei rapporti tra sardi e turchi: «Tralascio per brevità una infinità di altri miracoli operati dalla misericordia del Signore, per intercessione e i meriti del glorioso martire Antioco. Se non ci fossero stati miracoli, basterebbe il concorso che si verifica ogni anno delle moltitudini che vanno pellegrinando all’isola di Sulci, un’isola deserta, spopolata, ma anche molto frequentata dai corsari di Berberia; né mai è avvenuto che qualche persona si stata fatta schiava; né mai si è visto corsaro alcuno che sia sceso a terra e abbia osato fare saccheggi ed assalire coloro che vanno o ritornano dalla festa; che se qualche volta qualcuno ci ha provato, ha pagato ciò duramente…»  

Inoltre racconta: «Antiogu Pretu di Maracalagonis, da ben 30 anni schiavo nelle galere di Algeri, mi disse che, essendo andati una volta i Mori a Sulci per prendersi il bestiame appartenente all’opera del santo, molti tornarono malconci o morti, tanto che il Rais inviò un grande vaso d’olio alla chiesa del Santo (per le lucerne) e minacciò i suoi corsari che avrebbe inflitto loro delle pene severe se avessero toccato le proprietà del Santo perché Antiogo “star diavolo”».

I sardi non avevano una flotta per la difesa in mare, né strutture fortificate sufficienti a terra. In mare provvedevano a questa funzione le navi armate dei cavalieri di Malta che pattugliavano il Mediterraneo. Tuttavia, erano insufficienti. All’uopo interveniva in soccorso delle vittime di rapimento l’ordine dei Frati di Santa Maria della Mercede: i Mercedari. Era un Ordine questuante e armato che raccoglieva fondi per il riscatto degli schiavi. Un altro aiuto importante era dato dalla Madonna di Bonaria di Cagliari. Veniva invocata affinché desse buon vento alle vele (bona aria) per sfuggire ai pirati turchi. Quando il miracolo si realizzava l’equipaggio si recava in pellegrinaggio al Santuario di Cagliari per sciogliere il voto per la protezione ottenuta. Per questo la Madonna di Bonaria divenne la Patrona dei Mari di Sardegna e il suo simulacro regge con la mano destra una navicella d’avorio a vele spiegate.

Questo fu il massimo della reazione dei sardi alla minaccia turca, tranne che in due episodi. Il primo fu quello dell’incursione barbaresca su Carloforte il 2 settembre 1798, che costò 930 rapiti. In quel caso, oltre alle trattative dei Mercedari, all’intervento del Papa, dello Zar di Russia e dello stesso Napoleone,  potè maggiormente  l’insistenza di Giovanni Porcile, duca di Carloforte e conte di Sant’Antioco, presso il Bey di Tunisi. Ma forse ancora di più potè il giovane  Vittorio Porcile che armò un vascello e si diede alla guerra da corsa sulle coste africane onde fare prigionieri e scambiarli con i carlofortini rapiti.

Il secondo episodio è quello dell’incursione barbaresca su Sant’Antioco del  1815. In quel caso i miliziani antiochensi, asserragliati sul forte, uccisero 300 pirati barbareschi. Vi furono 130 sequestrati, che vennero poi messi in vendita al mercato di Tunisi e Algeri.

***

Oggi le notizie giornalistiche sulla formale occupazione del Mar di Sardegna dall’Africa fino a 13 chilometri dalla costa di Sant’Antioco (in prossimità dell’isola del Toro) attuata dall’Algeria, con l’evidente silenzio-assenso della Turchia di Erdogan, non ci deve sorprendere. Ciò però deve indurre ad un’adeguata reazione. Sicuramente, se questa azione fosse stata compiuta a danno degli interessi degli Stati Uniti, sul mare sarebbe già in loco la Sesta Flotta. Ma noi non siamo da meno. In mancanza d’altro possiamo pur sempre schierare Sant’Antioco Martire e la Madonna di Bonaria, mitragliando “coggius” contro “su paganu “.

Mario Marroccu

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«Una novità importante contenuta nel decreto Rilancio: le 9 nuove settimane di Cassa integrazione in deroga non saranno più gestite dalle Regioni ma direttamente dall’INPS, il quale potrà – su richiesta – anticipare al momento della domanda fino al 40% dell’importo della Cig in deroga.»
Lo ha scritto stamane la sottosegretaria del ministero dello Sviluppo economico, Alessandra Todde, in un post pubblicato su Facebook. 
«Dopo una settimana dall’ultimo aggiornamento, l’INPS ha finalmente aggiornato i dati Regione per Regione ha aggiunto Alessandra Todde -. Ho aspettato venisse pubblicato il documento riepilogativo, come sempre ho fatto, prima di prendere nuovamente parola sul tema. Come già ribadito dal mio primo post, i dati in allegato sono certificati dall’Istituto e sono ufficiali. Inoltre, la procedura per la Cig in deroga è identica in tutta Italia e non è differenziata per Regione.»
«In Sardegna, l’INPS dichiara di aver ricevuto 7.046 domande dalla Regione, per circa 15.135 potenziali beneficiari. Le domande autorizzate dall’Istituto sono 5.916, mentre quelle pagate risultano soltanto 818 per un totale di 1.464 beneficiari. In Sicilia, che assieme alla Sardegna è stata tra le ultime Regioni a spedire il primo flusso di domande all’INPS lo scorso 23 aprile, i numeri condivisi dall’Istituto parlano di 14.046 domande inviate, 12.950 autorizzate e 4.463 pagate. Abbiamo richiesto all’INPSha concluso Alessandra Toddeun aggiornamento più recente in modo da poter monitorare sia le domande ricevute sia i pagamenti, lavorando insieme alle parti coinvolte per cercare ancora una volta di accelerare i tempi.»

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La Giunta comunale di Sant’Antioco ha approvato la delibera n° 54 contenente “Misure urgenti in materia tributaria in presenza di emergenza sanitaria derivante dalla diffusione dell’epidemia da Covid-19 – linee di indirizzo sulla Tari 2020”. La delibera prevede una dotazione finanziaria di 100mila euro: fondi comunali, reperiti nelle pieghe del bilancio.

«Il nostro Comunespiega il sindaco Ignazio Locci non ha ricevuto un centesimo del Fondo di solidarietà dello Stato, in quanto risultiamo “contribuenti”, nostro malgrado, della solidarietà verso gli altri Comuni. E a breve dovremo obbligatoriamente versare la quota annuale di circa 600mila euro. Tuttavia, non ci siamo sottratti all’impegno e abbiamo comunque adottato una serie di misure a sostegno delle imprese locali, senza prescindere da una valutazione della situazione finanziaria e quindi da una costante verifica delle condizioni della cassa comunale necessaria per far fronte agli impegni in capo all’Ente.»

Nel contempo, l’Amministrazione richiama ad un senso di maggiore responsabilità e solidarietà nel pagamento dei tributi da parte dei contribuenti che non hanno subito, da un punto di vista economico, le conseguenze dell’emergenza Covid. Nello specifico, la delibera prevede la proroga dei termini di pagamento delle rate Tari 2020 per le utenze non domestiche che, per effetto del DPCM del 21/03/2020, hanno chiuso le proprie attività, con prima rata al 30 giugno 2020; rinvio delle scadenze della Tari 2020 per tutte le utenze domestiche e per le utenze non domestiche che non hanno interrotto la propria attività, con scadenza prima rata al 01 giugno 2020. E ancora: autorizzazione, nel caso di pagamenti delle rate Tari 2020 effettuate in ritardo rispetto alle scadenze previste, al non aggravio di sanzioni e interessi, purché saldate entro il 28/02/2021. E, soprattutto: adozione di misure agevolative sostanziali per le categorie più colpite dalla chiusura forzata o dalla crisi economica con un fondo da 100 mila euro, che equivale al taglio della bolletta Tari del 30% circa.

«Questo è il primo aiuto concreto in riferimento ai tributiha concluso il sindaco Ignazio Loccil’Amministrazione comunale si impegna a reperire ulteriori risorse.»

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E` necessario garantire la tutela della privacy dei cittadini nell’utilizzo delle nuove applicazioni per smartphone concepite per gestire la diffusione della pandemia, dicono i deputati.

In un dibattito in plenaria svoltosi oggi, i deputati europei hanno osservato che, insieme ad altre misure correlate alla Covid-19 come il distanziamento sociale, le mascherine e i test, le applicazioni per la ricerca di contatti fra persone possono aiutare a gestire la diffusione della pandemia.

Tuttavia, la maggior parte dei deputati che sono intervenuti ha sottolineato che la sicurezza dei dati personali dei cittadini e la privacy devono essere garantite quando si tratta di utilizzare queste applicazioni. La maggior parte dei Paesi dell’UE ha già lanciato o intende lanciare un’applicazione di tracciamento mobile per rintracciare gli individui infetti o a rischio di contrarre il virus.

I deputati hanno sottolineato che tali app devono essere veramente volontarie, non discriminatorie e trasparenti. L’uso dell’applicazione deve essere strettamente limitato al tracciamento dei contatti e i dati devono essere cancellati non appena la situazione lo consente. I deputati hanno anche sottolineato la necessità di un approccio coordinato nello sviluppo e nell’utilizzo delle applicazioni per garantire la loro interoperabilità transfrontaliera.

Il commissario Didier Reynders ed il segretario di Stato croato Nikolina Brnjac hanno condiviso il punto di vista dei deputati sulla necessità di garantire che i cittadini possano fidarsi della sicurezza delle applicazioni.

Reynders ha risposto alle preoccupazioni dei deputati sottolineando che le autorità nazionali collaboreranno con le autorità di protezione dei dati dell’UE per garantire che le applicazioni di tracciamento siano conformi alle leggi UE sulla privacy e sulla protezione dei dati. Ha inoltre sottolineato che la Commissione si sforza di garantire un approccio comune tra i paesi dell’UE in modo che le app siano interoperabili.

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“Zero contagi e zero decessi” in Sardegna nelle ultime 24 ore, l’Isola sembra aver intrapreso la strada giusta. Dopo due giorni consecutivi con 1 solo contagio e due settimane e mezza con “soli” 65 nuovi vasi positivi complessivi, il conteggio dei casi positivi al Covid-19 è rimasto finalmente fermo e proprio nel giorno in cui il presidente della Regione ha ordinato la riapertura di diverse attività anche dove i sindaci non avevano firmato apposite ordinanze, la curva dei contagi ha raggiunto la tanto attesa linea orizzontale. Il dato assume un significato ancora più significativo se si considera che è ancora cresciuto il numero dei tamponi eseguiti, 1.324 (ieri erano stati 1.234), mentre è rimasto sostanzialmente stabile il numero dei casi testati, 1.077 (ieri erano stati 1.098).

I pazienti ricoverati in ospedale con sintomi sono 76 (ieri erano 78), 10 quelli in terapia intensiva (numero invariato rispetto a ieri), mentre sono 379 le persone in isolamento domiciliare (ieri erano 403). Gli attualmente positivi sono 465 (ieri erano 491). I pazienti dimessi/guariti sono 755 (ieri erano 734). Anche oggi non si registrano nuovi decessi (il numero totale è salito a 125, a seguito di un riallineamento dei dati tra la piattaforma dell’Istituto superiore di sanità, dove questo dato era già stato conteggiato, ed il dato della Protezione civile nazionale. Il decesso più lontano risale al 4 marzo, il più recente al 2 maggio).

 

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La commissione “Attività produttive” del Consiglio regionale ha concluso in tarda mattinata la due-giorni di audizioni sul pacchetto di provvedimenti allo studio della Giunta regionale per contrastare gli effetti devastanti causati dall’emergenza Covid-19 sul tessuto economico isolano.

Davanti al parlamentino presieduto da Piero Maieli sono sfilati i rappresentanti delle associazioni datoriali, gli operatori del turismo, dell’artigianato e del commercio. Da tutti è arrivata un’indicazione precisa: le imprese, soprattutto, quelle costrette a sospendere l’attività per contrastare la diffusione del Coronavirus,  hanno urgente bisogno di liquidità. Unanimità anche sull’esigenza di prestare soccorso immediato al comparto turistico, settore trainante dell’economia isolana sul quale l’emergenza sanitaria rischia di provocare una crisi irreversibile se non si assumeranno decisioni rapide ed efficaci.

Sulle modalità di erogazione delle risorse si confrontano due posizioni: la Giunta, grazie all’accordo stipulato recentemente con la Banca di investimenti europea, propone alle imprese un prestito garantito con l’azzeramento degli interessi fino a 800mila euro, un preammortamento di due anni e la restituzione della quota capitale in 15 anni. La minoranza consiliare preme invece per la formula del fondo perduto da riservare alle piccole e micro imprese.

CONFINDUSTRIA, CONFESERCENTI, CONFCOMMERCIO, CONFAPI

Secondo il presidente di Confindustria Maurizio De Pascale la via più rapida per immettere liquidità del mercato è il ricorso al credito d’imposta: «I prestiti garantiti rischiano di trasformarsi in un boomerang, il credito d’imposta sarebbe invece immediatamente disponibile e consentirebbe alle imprese di respirare. La Sardegna ha bisogno di ripartire al più presto. Occorre concentrare gli sforzi sul sistema turistico altrimenti si perderebbero migliaia di posti di lavoro. Siamo in una situazione eccezionale, servono misure eccezionali come nel dopoguerra. Occorre semplificare le procedure e rendere immediatamente disponibili le risorse».

Stessa linea sulle tempistiche degli interventi da parte di Enrico Gaia (Confapi) e Roberto Bolognese (Confesercenti). Il primo ha puntato il dito contro le lungaggini burocratiche che rallentano l’erogazione delle risorse alle aziende e sollecitato lo sblocco dei bandi T1,T2 e T3 per gli aiuti alle nuove imprese e l’aumento di competitività. Roberto Bolognese, invece ha rimarcato le difficoltà attraversate dalle piccole aziende del settore turistico indicando alcuni possibili interventi: integrazione di 1000 euro (per tre mesi) al bonus statale da 600 euro, prestiti garantiti in misura proporzionale al volume d’affari delle imprese (fino a un massimo di 50mila euro), accesso al credito anche per le piccole attività che non potranno beneficiare dei fondi statali, esonero per il 2020 del Durc e del certificato antimafia, concessioni gratuite del suolo pubblico per rendere più agevole il rispetto delle norme sul distanziamento sociale.

«Senza un soccorso di Stato e Regione ha detto Roberto Bolognese il 42 per cento delle imprese isolane legate al turismo rischia di non riaprire.»

Intervento pubblico invocato anche da Sara Pintus, direttore di Confcommercio: «Occorre evitare alle piccole imprese di fare debitoha detto Sara Pintusmeglio pensare a interventi a fondo perduto come ha fatto la Provincia autonoma di Bolzano. Sarebbe opportuno coprire i costi di esercizio delle attività commerciali, se non è possibile con il fondo perduto si prevedano finanziamenti a tasso zero».

UNIONCAMERE

Sulla diversificazione delle misure di sostegno alle imprese ha invece concentrato il suo intervento il presidente di Unioncamere Gavino Sini: «Serve un cocktail di farmaci per risanare il grande malato ha detto Gavino Sini l’economia sarda ha bisogno di interventi rapidi ed efficaci. Il fondo perduto potrebbe andar bene per le piccole e le micro imprese, garantire loro un minimo di liquidità le aiuterebbe a risollevarsi. Diverso invece il discorso per le imprese medio-grandi: in questo caso il prestito a interesse agevolato sarebbe di aiuto. Ma non è l’unica soluzione: vedrei bene anche l’emissione di mini bond per le grandi imprese turistiche o il ricorso del prestito partecipativo con l’ingresso della Sfirs in società di capitali. Un’altra via è quella della moneta complementare. In Sardegna c’è un circuito già sperimentato che potrebbe aiutare a lasciare i soldi nel territorio»  

FEDERALBERGHI, ASSOHOTEL, OPERATORI SETTORE RICETTIVO

Drammatica la situazione delle strutture ricettive in Sardegna: «Il settore registra perdite del 70% rispetto allo scorso anno – ha detto il presidente di Federalberghi Paolo Mancac’è bisogno di iniziative forti. Se non si garantisce la ripartenza potrebbe andare in fumo il 50% delle buste paga stagionali. Per questo chiediamo tempi brevi nell’erogazione delle risorse. Bisogna fare un ragionamento di sistema, in futuro occorrerà cambiare volto al turismo isolano, c’è bisogno di investimenti strutturali».

Una sburocratizzazione dei finanziamenti ha chiesto anche Carlo Amaduzzi di Assohotel: «Le imprese hanno bisogno di liquidità. I soldi devono essere investiti per garantire sicurezza ai nostri clienti. Se la Sardegna riaprirà sarà un’isola sicura e feliceha affermato Carlo Amaduzzima per rafforzare questa immagine serve l’aiuto della Regione. Mi lasciano perplesso però alcune dichiarazioni del presidente Solinas che ha parlato di passaporto sanitario per i turisti e di test della saliva. Serve chiarezza, così si spaventano i turisti».

Rocco Meloni, in rappresentanza di oltre 200 microimprese isolane del settore alberghiero, extralberghiero e del commercio, ha suggerito alcune misure a sostegno degli operatori economici: sospensione dei mutui e dei tributi per il 2020, contributi a fondo perduto, bonus assunzioni, attivazione e rilancio dei collegamenti aerei e marittimi, pianificazione dei protocolli di accoglienza dei turisti, campagna promozionale a livello regionale e nazionale. «Parlo a nome delle micro imprese che rappresentano il tessuto produttivo di territori marginali come l’Ogliastra – ha detto Rocco Meloni – se muoiono queste piccole attività muore la Sardegna»

ASSOVIAGGI, CISAV

Qualche segnale di speranza è invece arrivato dai rappresentanti delle agenzie di viaggio, nonostante la grave crisi che ha investito il settore con un calo del 60% delle prenotazioni per la Sardegna. Mario Sannia, a nome della Cisav (Comitato indipendente delle agenzie di viaggi e turismo), ha presentato alla commissione il progetto “Sardegna, io mi fido di te” mettendo a disposizione l’esperienza di circa 600 agenti di viaggio per rilanciare l’offerta turistica isolana. «Abbiamo il dovere di pensare a una ripartenza. Noi abbiamo le conoscenze per garantire un pacchetto turistico variegato, fondato sulle eccellenze del territorio – ha detto Mario Sannia il nostro obiettivo è ricompattare tutti gli attori del mercato e garantire redditività alle imprese sarde».  

A Mario Sannia si è unito Riccardo Cappai, rappresentante di Assoviaggi che ha dato la piena disponibilità a supportare la regione nella promozione turistica: «I nostri 300 associati rappresentano un presidio di servizi per tutti i turisti – ha detto Riccardo Cappai – le nostre agenzie possono trasformarsi in Infopoint per i visitatori».

CNA, CONFARTIGIANATO, CASARTIGIANI e CAIC

L’avvio immediato della Fase 2 ha auspicato il presidente di Cna Francesco Porcu: « Occorre mettere in campo tutte le energie per avviare la ricostruzione economica ha detto Francesco Porcusuggeriamo l’istituzione di una cabina di regia che veda la partecipazione di Regione, enti locali e forze sociali. E’ necessario procedere a una  ricognizione del bilancio della Regione per recuperare le risorse ancora non impegnate o difficilmente spendibili, a partire dai fondi strutturali europei, renderle disponibili e metterle al servizio di un grande progetto di rilancio del nostro sistema economico-produttivo».

CNA ha quindi proposto un grande piano di investimenti pubblici, anche in deroga al codice degli appalti. «Le costruzioni possono risvegliare il mercato internoha detto Francesco Porcu pensiamo alla riqualificazione degli edifici scolastici e all’efficientamento energetico del patrimonio pubblico. E’ questa la chiave per rilanciare l’economia della Sardegna».

Critico l’intervento del presidente di Confartigianato Fabrizio Mazzuzzi: «A due mesi dal lockdown stiamo ancora discutendo su quali misure mettere in campo. Siamo in forte ritardo e le aziende non possono più aspettare – ha detto Fabrizio Mazzuzzi – quando è scoppiata l’emergenza abbiamo proposto alla giunta una soluzione immediata: lo sblocco dei 40 milioni stanziati in finanziaria per il comparto artigiano. Una parte poteva essere utilizzata sottoforma di contributi a fondo perduto, ciò avrebbe consentito a molte piccole imprese di pagare i costi di esercizio. Non si è fatto niente e, a oggi, non sappiano se quei soldi sono ancora disponibili o sono andati a finire in un fondo indistinto. Sulle risorse messe in campo da Stato e Regione occorre stare attenti: non tutte le imprese hanno subito danni, nell’erogazione dei finanziamenti bisogna tenere conto dei bisogni reali».

Un aiuto immediato alle imprese hanno chiesto anche Ignazio Schirru di Casartigiani ed Aldo Pisu di Artigiancassa. Ignazio Schirru ha proposto «un reddito di sopravvivenza» che consenta alle imprese di pagare le spese vive mentre Aldo Pisu ha invocato interventi rapidi a sostegno degli imprenditori in difficoltà.

IMPRESE E LAVORATORI DELLO SPETTACOLO

La Quinta Commissione, infine, ha sentito gli operatori dello spettacolo, settore tra i più colpiti dall’emergenza Covid-19.

«Tutti gli eventi primaverili ed estivi sono stati sospesi o annullatiha detto il responsabile del Coordinamento dei rappresentanti dello spettacolo Marco Benonidifficilmente si tornerà a lavorare nel 2020. C’è bisogno di un intervento urgente a sostegno delle imprese e dei lavoratori». Marco Benoni ha proposto per questo l’incremento dei capitoli di spesa inseriti nel bilancio regionale, in particolare nella legge 56 del 1990, portando la dotazione finanziaria a 29,5 milioni di euro per il prossimo triennio. Più risorse anche per gli eventi culturali, la promozione della lettura, lo sviluppo del cinema. «Un altro tasto dolenteha aggiunto Marco Benoniriguarda la sicurezza: ci sarà bisogno di importanti interventi per adeguare le strutture alle nuove disposizioni anti-Covid».

Sulle difficoltà dei lavoratori dello spettacolo si è invece concentrato l’intervento di Fausto Siddi (Sai-Slc Cigil): «In Sardegna sono circa mille gli attori e i danzatori professionisti che in questi mesi si sono dovuti fermare – ha detto Fausto Siddi in molti casi si tratta di liberi professionisti che soffrono una situazione ancora più precaria. E’ importante offrire loro una tutela, a partire dall’istituzione di un registro regionale. Le risorse per il comparto oltre a garantire gli ammortizzatori sociali per i lavoratori dovrebbero essere utilizzate anche per finanziare le prove degli spettacoli futuri e per la formazione e riqualificazione professionale».

Le audizioni sono state intervallate dagli interventi dei consiglieri di maggioranza e opposizione. Nel dibattito sono intervenuti Gianfranco Satta (Progressisti), Gigi Piano e Salvatore Corrias (Pd), Emanuele Cera (Forza Italia, Carla Cuccu (M5S) e Maria Elena Fancello (Misto).

I rappresentanti della minoranza hanno insistito sull’opportunità di prevedere forme di finanziamento a fondo perduto per le imprese attualmente non contemplate nel disegno di legge della Giunta.

I consiglieri Emanuele Cera e Carla Cuccu hanno proposto alla Commissione l’approvazione di un documento unitario che tenga conto dei suggerimenti arrivati dai rappresentanti delle imprese turistiche, dell’artigianato e del commercio. Proposta su cui sembra esserci l’accordo di tutte le forze politiche.

Il consigliere di Udc-Cambiamo, Antonello Peru, ha invece annunciato la presentazione di un progetto di legge per il varo di strumenti finanziari innovativi a favore del sistema produttivo: «Presenterò il documento alla maggioranza ha detto Antonello Peruservono misure che bypassino il sistema bancario. Penso ai minibond o ai basket bond con garanzia pubblica. L’altra proposta è quella della introduzione della moneta complementare nella pubblica amministrazione, per le politiche di sviluppo e di supporto alle imprese. La mia idea è quella di un bonus vacanze da 1000 euro per nucleo familiare finanziato con 300 milioni di euro».

«In questi due giorni abbiamo ascoltato proposte e suggerimenti interessantiha detto il presidente della Commissione Piero Maieli -. L’obiettivo di tutti noi è quello di garantire liquidità alle imprese per programmare la ripartenza. Valuteremo, tenendo conto degli interventi decisi dal Governo nazionale, quali misure adottare. Non siamo contrari per principio al fondo perduto, occorre però valutare il fabbisogno reale e procedere con misure mirate, tempestive ed efficaci.»

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Nessun nuovo contagio da Covid-19 nelle ultime 24 ore in Sardegna su 1.324 tamponi eseguiti. I casi di positività restano così fermi a 1.345 dall’inizio dell’emergenza. È quanto rilevato dall’Unità di crisi regionale nell’ultimo aggiornamento. In totale nell’Isola sono stati eseguiti 38.034 test. I pazienti ricoverati in ospedale sono in tutto 86, di cui 10 in terapia intensiva, mentre 379 sono le persone in isolamento domiciliare. Il dato progressivo dei casi positivi comprende 667 pazienti guariti (+19 rispetto al dato precedente), più altri 88 guariti clinicamente. Il dato sui decessi è aggiornato a 125. Il maggior numero di vittime indicato nel report odierno è dovuto a un riallineamento dei dati tra la piattaforma dell’Istituto superiore di sanità (dove questo dato era già stato conteggiato) ed il dato della Protezione civile nazionale. Non si tratta, quindi, di decessi avvenuti nelle ultime 24 ore (4 marzo il più lontano, 2 maggio il più recente).
Sul territorio, dei 1.345 casi positivi complessivamente accertati, 246 sono stati registrati nella Città Metropolitana di Cagliari, 97 nel Sud Sardegna, 58 a Oristano, 78 a Nuoro, 866 a Sassari.

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«Il riconoscimento internazionale assegnato alla Sardegna per la qualità delle sue spiagge e dei suoi servizi, colloca la nostra Isola tra le mete più ambite dai turisti italiani e stranieri anche nell’estate 2020.»

Lo ha detto il presidente della Regione, Christian Solinas, commentando il riconoscimento alle 14 località premiate con la Bandiera Blu, che certificano la Sardegna tra le regioni con il maggior numero di vessilli grazie «alle sue spiagge da sogno e alla bellezza delle sue coste, oltre ai servizi di accoglienza e alla qualità del nostro mare. Il nostro impegnoha proseguito il presidente – è quello di garantire la riapertura delle attività che ruotano al comparto turistico in totale sicurezza per prepararci alla imminente stagione estiva, nonostante le enormi difficoltà dovute all’emergenza».

La Sardegna conferma nel 2020 le sue quattordici bandiere blu assegnate dalla  Fee, Foundation for Environmental Education, per le acque più pulite e il rispetto dell’ambiente: otto nel sassarese e in Gallura (Badesi, Trinità d’Agultu-Vignola, Santa Teresa, La Maddalena, Palau, Castelsardo, Sorso e Porto Ferro); una ad Oristano (Torre Grande); una nel Nuorese (Tortolì-Barisardo); quattro nel Sud Sardegna (Mare Pintau, il Poetto di Quartu, Porto Tramatzu, la spiaggia di Maladroxia a Sant’Antioco). E per gli approdi la nuova entrata è Cala Gavetta, alla Maddalena.

«Abbiamo paesaggi che il mondo ci invidiaha sottolineato l’assessore regionale del Turismo, Gianni Chessa -. Il turismo è uno dei punti forti della nostra isola e deve essere salvaguardato in tutti modi. Stiamo lavorando per salvare questa stagione estiva, applicando linee guida adatte al nostro territorio che possano permettere a tutti di lavorare e di godere del nostro mare. Lo dobbiamo ai nostri operatori che hanno bisogno di ripartire in attesa dei tanti turisti che speriamo possano al più presto tornare a trovarci. La nostra regione sarà pronta ad accoglierli in totale sicurezza, a partire proprio dalle sue prestigiose bandiere blu.»

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Il comune di Siliqua affronta una grave emergenza abitativa. È dal 2017, infatti, che alcuni nuclei familiari sono in attesa dell’assegnazione di un alloggio popolare da parte di AREA, l’Azienda Regionale per l’Edilizia Abitativa.
«Si parla di famiglie che vorrebbero essere inserite in una graduatoria per l’assegnazione di alloggio popolare spiega Francesca Atzori, sindaco di Siliqua –. Attualmente, abbiamo in disponibilità poche abitazioni e abbiamo una graduatoria vigente che esiste dal 2011, quindi dovremo cercare di portare a esaurimento tale graduatoria e poter bandire un nuovo bando per assegnare i nuovi alloggi.»
Ma a mancare sono proprio le case. «C’è una grave carenzaprosegue il sindacoe, proprio per questo, l’amministrazione, da subito, ha avviato un tavolo tecnico con l’Agenzia Regionale AREA, che si è dimostrata molto disponibile, portando avanti diverse ristrutturazioni. Questo ha fatto sì che sia stato possibile assegnare già diversi alloggi da due anni a questa parte.»
Proprio per venire incontro sia alle esigenze di AREA che dei cittadini, l’Amministrazione comunale ha accolto la richiesta dell’Agenzia, concedendo un lotto di terreno di 144 mq, in zona PEP, per la costruzione di 8 nuovi alloggi di edilizia popolare. Questa soluzione porterebbe una boccata di ossigeno alle nuove richieste che stanno pervenendo.
«Ultimamente sono pervenute alcune richieste ancora più urgenti sottolinea Francesca Atzorie quindi l’amministrazione ha fatto richiesta alla direzione generale dell’assessorato ai lavori pubblici, al fine di poter assegnare, in regime di riserva, degli alloggi, seguendo i dettami dell’art. 14 della legge regionale n.13 del 6 aprile 1989, che permette di assegnare, in casi di estrema urgenza, tali alloggi abitativi.»
Tra le famiglie con estrema necessità di una casa c’è quella di Sara Mameli, 35 anni e 3 figli, che da tre anni aspetta l’assegnazione di un’abitazione, in regime di emergenza. «Attualmente, vivo in una casa che è stata venduta all’asta nel 2017 spiega Sara Mameli -. Il proprietario mi ha lasciato 3 anni di tempo per trovare un altro alloggio. Ho, quindi, come termine ultimo, il mese di dicembre 2020 ma non so dove andare.»

Già nel 2017 Sara Mameli aveva inoltrato domanda sia alla Regione che ad AREA, ma da quest’ultima ancora nessuna risposta, sebbene la domanda sia stata accolta dalla Regione. C’è, quindi, il serio rischio di arrivare a gennaio senza un tetto sulla testa. «Tutto questo nonostante le promesse di AREAaggiunge Sara Mameli -, che mi ha comunicato che, appena le fosse pervenuta la richiesta di emergenza, avrebbe iniziato immediatamente i lavori di ristrutturazione.» Ma, da quel momento, nessuno si è più fatto sentire.
A questo punto cosa richiede l’Amministrazione comunale di Siliqua ad AREA?
«Ci farebbe piacere che AREA riprendesse a portare avanti i lavori che ha attualmente fermi, per quanto riguarda la ristrutturazione delle abitazioni che sono già disponibili per le utenze – risponde il sindaco Francesca Atzori e poi vorremmo che tenesse fede alle sue promesse di costruire dei nuovi alloggi nel comune di Siliqua.»

Federica Selis

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Conferma dell’iter individuato con legge dal Consiglio regionale, concorso pubblico e costituzione di un’apposita società in house. Sono queste le proposte emerse nella seduta della Commissione “Attività produttive” chiamata a occuparsi dell’annosa vertenza degli ex dipendenti Aras.

La vicenda riguarda 252 lavoratori per i quali il Consiglio, nel 2018, aveva votato all’unanimità una legge che prevedeva il passaggio di tutte le unità alle dipendenze di Laore. Su questa decisione pendono quattro ricorsi al Tar presentati da alcuni lavoratori dell’Agenzia agricola regionale (per il mancato riconoscimento del diritto alle progressioni di carriera) e da due ex dipendenti di Aras esclusi dalle selezioni. Il Tribunale amministrativo si pronuncerà nel merito il prossimo 10 giugno. I giudici, questo è il rischio paventato da diversi esponenti politici di maggioranza e opposizione, potrebbe sollevare una questione di legittimità costituzionale che metterebbe a serio rischio le procedure di stabilizzazione degli ex dipendenti Aras.

Per questo il presidente della Quinta Commissione, Piero Maieli, ha convocato d’urgenza in audizione l’assessore al personale Valeria Satta che ha illustrato all’organismo consiliare l’esito del confronto avuto nei giorni scorsi con i sindacati e con i vertici di Laore: «Al momento l’unica soluzione giuridica praticabile è quella della modifica dell’art.2 della legge n.47 del 2018 con la quale il Consiglio aveva votato il passaggio dei dipendenti Aras a Laoreha detto l’assessore prevedendo un concorso pubblico per titoli ed esami e non per soli titoli con una quota del 20% dei posti da riservare al personale interno. Questo farebbe decadere i ricorsi presentati dai dipendenti di Laore e, allo stesso tempo, eviterebbe il rischio di un rilievo di illegittimità costituzionale da parte dei giudici».

Una soluzione che non convince però l’opposizione. Per il vicepresidente della Commissione Gianfranco Satta (Progressisti) «la strada del concorso pubblico aprirebbe le porte anche a partecipanti di altre regioni. Meglio cercare una mediazione politica tra le parti in causa, mettendo in sicurezza gli ex lavoratori Aras senza ledere le legittime aspirazioni di carriera dei dipendenti dell’Agenzia Laore. Una soluzione alternativa potrebbe essere quella della costituzione di una società in house».

Più drastica la strada indicata da Eugenio Lai (Leu): «Non è detto che il Tar sollevi la questione di legittimità costituzionaleha detto Eugenio Laila Giunta deve assumersi la responsabilità politica di sostenere la scelta fatta all’unanimità dal Consiglio regionale. Si proceda quindi all’assunzione del personale Aras in Laore. Se ci sarà un pronunciamento contrario del Tar, il Consiglio troverà una soluzione».

Maggioranza ed opposizione, comunque, sono d’accordo sulla necessità di dare certezze al futuro lavorativo degli ex dipendenti Aras. «La vertenza va avanti da oltre 10 anni – ha detto il presidente della Commissione Piero Maieli (Psd’Az)è nostro intendimento trovare una strada condivisa che dia certezze a lavoratori che, da diversi lustri, garantiscono un servizio fondamentale agli allevatori di tutta la Sardegna».

Alla luce delle diverse proposte emerse durante la seduta odierna, l’assessore valeria Satta si è presa alcuni giorni di tempo per approfondire meglio alcuni aspetti sui quali riferirà la prossima settimana in Commissione.