18 July, 2024
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«Si è tenuto stamane l’atteso incontro in videoconferenza sulla vertenza Sider Alloys. Erano presenti per il ministero dello Sviluppo economico la sottosegretaria Alessandra Todde ed il vice Capo di Gabinetto Giorgio Sorial; gli assessori regionali dell’Industria e del Lavoro; Invitalia, con il dott. Roberto Rizzardo ed il dott. Ernesto Somma; la Sider Alloys con il dott. Giuseppe Mannina, il dott. Gaetano Libia e la dott.ssa Annunziata; CGIL E CISL Nazionali, FIOM, FIM e UILM Nazionali e FIOM, FSM UILM e CUB Territoriali.»

Lo annunciano, in una nota, le segreterie FIOM, FSM, UILM e CUB.

«L’incontro si è incentrato sulle garanzie penali e sulle fideiussioni richieste dall’Enel. Le prime hanno necessità di essere deliberate dai consigli di amministrazione e, di conseguenza, necessitano di alcune settimane di tempo per essere controfirmate. Per quanto riguarda le fideiussioni, c’è la disponibilità a firmarle sin da subito, sia da parte dell’Enel che da parte della Sider Alloys. Le organizzazioni sindacali, a fronte delle conferme dichiarate, hanno chiesto di sottoscrivere un preaccordo e, soprattutto, di conoscere il revamping nel suo dettaglio e nella sua tempistica, una volta controfirmati gli atti. L’azienda, pur con tutte le pressioni ricevute dalle organizzazioni sindacali, dallo stesso Mise e dalla regione, ha ribadito la disponibilità a fare quanto richiesto, una volta sottoscritto il tutto – si legge nella nota -. Nel corso dell’incontro, si è inoltre parlato dei contratti a termine, che se previsti dal nuovo DPCM, saranno rinnovati pur mantenendo la precarietà, vista l’impossibilità dell’azienda a firmare contratti a tempo indeterminato. L’assessore del Lavoro ha dato garanzia affinché mercoledì vengano determinate tutte le mobilità in deroga. Le organizzazioni sindacali hanno ulteriormente richiesto un intervento per limitare le difficoltà dettate dai continui tagli economici alle mobilità in derogaconclude la nota di FIOM, FSM, UILM e CUB -. Siamo in attesa di un verbale del Mise, che attesti la prossima convocazione e su quanto oggi discusso.»

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Giovedì 14 maggio, in occasione della Festività del Santo Patrono, San Ponziano, l’Amministrazione comunale di Carbonia ha ritenuto opportuno – in un periodo di crisi economico-sociale derivante dalla pandemia da Coronavirus – consentire l’apertura facoltativa delle attività commerciali, compreso il Mercato Civico, a discrezione di ciascun singolo operatore.

 

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Cagliari, seconda guerra mondiale: tra i mesi di febbraio e maggio del 1943 una serie di devastanti attacchi aerei delle forze angloamericane restituì una città spettrale, semidistrutta. Domani, 13 maggio, ricorre il settantasettesimo anniversario di uno dei bombardamenti più pesanti che Cagliari subì. E il Cada Die Teatro vuole ricordarlo, quel 13 maggio ’43, con un pezzo del suo progetto sulla memoria di quei giorni di “cielo nero”: un estratto di “Quando scappavamo col cappotto sul pigiama, un documentario prodotto in collaborazione con la sede Rai della Sardegna, con la regia di Pierpaolo Piludu, autore del lavoro, e di Cristina Maccioni, andato più volte in onda anche su Rai Storia. Una “pillola” significativa di dodici minuti che verrà pubblicata e sarà visibile domani, mercoledì 13 maggio, sulla pagina facebook di Cada Die.

Il documentario, nella sua forma integrale (della durata di un’ora), contiene molti racconti di donne e uomini che hanno vissuto i bombardamenti su Cagliari del 1943 e visto la città quasi rasa al suolo. La ricerca condotta da diverso tempo da Pierpaolo Piludu, in collaborazione con la cattedra di Antropologia Culturale dell’Università di Cagliari e l’Istituto Superiore Regionale Etnografico di Nuoro, ha portato alla creazione di un prezioso videoarchivio con oltre 130 testimonianze, fino allo scorso anno ospitato, e fruibile, negli spazi della Torretta nel Centro Culturale La Vetreria.

Una versione molto ridotta di “Quando scappavamo col cappotto sul pigiama”, quella che domani verrà messa on line a disposizione del pubblico, ma esemplificativa del lavoro svolto: “Sono contenuti frammenti delle tante testimonianze raccolte, di piciocheddas e piciocheddus, che erano, appunto, ragazzini nei giorni in cui Cagliari si sbriciolava sotto le bombe”spiega Pierpaolo Piludu. Le musiche originali sono di Dr.Drer & Crc Posse (Michele Atzori, Mauro Mou, Giorgia Loi, Giovanni Siccardi/Giobia, Riccardo Dessì/Frichi, Alex P.), le illustrazioni in stop motion di Sabrina Anna Piras, il montaggio audio video di Marco Gallus, l’editing audio di Giampietro Guttuso.

La realizzazione di “Quando scappavamo col cappotto sul pigiama” rientra nella più ampia ricerca condotta da anni da Cada Die Teatro, e da Pierpaolo Piludu in particolare, sulla memoria e sulle memorie legate alla seconda guerra mondiale a Cagliari. Un progetto articolato che ha portato, come detto, alla costruzione di un corposo videoarchivio e alla nascita di spettacoli come “La guerra dentro casa”, che ogni anno, nei giorni degli anniversari dei bombardamenti, viene messo in scena – l’ultima volta nello scorso febbraio, prima della sospensione delle attività teatrali dal vivo per l’emergenza Covid 19 – dagli allievi “over” della scuola di Arti Sceniche di Cada Die, e “Cielo nero”, ultima tappa di questo percorso di studio e analisi partito quindici anni fa.

 

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Il comune di Carbonia informa i soggetti interessati che è possibile presentare domanda per accedere alla Borsa di Studio nazionale a favore degli studenti delle scuole secondarie di secondo grado, statali e paritarie, per l’anno scolastico 2019-2020.

Per poter accedere alla borsa di studio è necessario:

  • essere iscritti per l’anno scolastico 2019-2020 in una scuola secondaria di secondo grado del sistema nazionale di istruzione (scuole statali e paritarie);
  • appartenere a famiglie il cui Indicatore della Situazione Economica Equivalente (I.S.E.E.) rientri nella soglia di 14.650,00 euro;
  • compilare il modulo-domanda e allegare la seguente documentazione:
    fotocopia dell’attestazione dell’ISEE in corso di validità rilasciata ai sensi della normativa prevista dal DPCM n. 159/2013;
  • fotocopia del documento di riconoscimento del richiedente in corso di validità.
  • presentare la domanda all’Ufficio Pubblica Istruzione del Comune entro il giorno 15 giugno 2020.

La domanda può essere presentata dal genitore, dal rappresentante legale dello studente o dallo stesso studente se maggiorenne.

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«Il prezioso contributo fornito dagli infermieri della Difesa nel contrasto al Coronavirus è ampiamente riconosciuto dalle Istituzioni e dai cittadini. Impegnati fin dal primo giorno dell’emergenza sanitaria a supporto dei colleghi del Servizio Sanitario Nazionale, i nostri infermieri stanno svolgendo un ruolo fondamentale anche negli ospedali da campo, nelle Residenze Sanitarie Assistenziali e in particolar modo presso il Policlinico Militare del Celio, diventato recentemente il Covid – Hospital del Centro Sud Italia.»

Lo rende noto il sottosegretario alla Difesa con delega alla sanità militare, Giulio Calvisi, in occasione della Giornata internazionale dedicata agli infermieri.
«In questa giornata speciale rivolgo agli infermieri il mio sentimento di gratitudine per la straordinaria e incessante opera svolta in particolar modo a favore dei cittadini colpiti dal Covid-19, una situazione difficile che supereremo grazie anche alla professionalità del nostro personale sanitario. Un’emergenza che vede il Comando Operativo di Vertice Interforze (COI) in prima linea nella pianificazione e gestione di tutte le attività di supporto alla Sanità nazionale, così come i voli sanitari di emergenza e in bio-contenimento, i trasporti di materiale sanitario ed il supporto alle Forze dell’Ordine in attività di Pubblica Sicurezza», conclude Giulio Calvisi.

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Ci sono cose che gli abitanti del Sulcis Iglesiente devono sapere. Gli ospedali esistono da pochissimo tempo. Prima degli anni ’30 del 1900 non esistevano. Basta pensare che fino al 1905 la gente moriva di appendicite, perché non poteva essere operata. Così pure moriva di ernia strozzata, di ulcera perforata o per la caduta da un carro. Ma, soprattutto, morivano atrocemente le “poverette” che, giunte al termine di gravidanza, non riuscivano a far uscire dal loro grembo il bambino, perché il canale osseo del parto era stretto, e lì il bambino si incastrava. Iniziavano dolori tremendi ed il bambino moriva; poi iniziava la “setticemia” ed al terzo giorno moriva anche la madre. Ciò avveniva, perché non c’era un luogo dove fare il “parto cesareo”. L’unico ospedale in Provincia era il San Giovanni di Dio di Cagliari e, per raggiungerlo col carro a buoi, il percorso era un lungo sterrato, fangoso d’inverno.

A Cagliari iniziarono a fare l’intervento di “cesareo” dopo il 1910. Comunque, operavano le ernie, le amputazioni, gli ascessi, e i traumi dello scheletro. Se la Sanità era così disastrosa a Cagliari, si può immaginare quanto lo fosse nella sua lontana periferia.
Sulla presenza o meno dell’ospedale attrezzato, si giocava la selezione naturale della popolazione del Sulcis Iglesiente. Poi avvenne il miracolo: fra le due Grandi Guerre Mondiali questo territorio acquisì importanza, sia per il bacino metallifero dell’Iglesiente, sia per quello carbonifero del Sulcis.
L’area compresa tra Gonnesa, Perdaxius, Sirai e i monti di Santa Giuliana, divenne la fonte di energia per la Nazione; divenne il “Golfo Persico” dell’Italia: c’era il carbone fossile.
L’enorme riserva energetica da “carbone Sulcis” divenne il petrolio e la benzina per gli aerei, le navi, i treni, le industrie ed il riscaldamento domestico dell’Italia.
Questo incredibile colpo di fortuna, cambiò il destino del Sulcis Iglesiente. Fu necessario attirare operai e poi prendersene cura perché “cavare” minerale nel sottosuolo è molto pericoloso ed il minatore è incredibilmente prezioso. Per il minatore e la sua famiglia, vennero fabbricati i migliori ospedali d’Italia. Di tale servizio assistenziale, avrebbe poi usufruito tutta la popolazione.
La conquista degli ospedali avvenne 90 anni fa. La popolazione è cresciuta attorno ad essi in modo abnorme, e si è sviluppato un tessuto economico solido che ha aumentato le ricchezza media. Poi le cose sono cambiate con la sospensione dell’attività estrattiva e a chi governava i destini del tempo, sembrò logico “smobilitare” il Sistema Sanitario del Sulcis, e centralizzare l’ospedalità a Cagliari. I bisogni immediati della gente finirono nell’ombra, e uscirono dai programmi contabili. La “smobilitazione” sanitaria ha progredito in modo lento ed inesorabile senza ostacoli.

Gli “ospedali zonali” di Iglesias e Carbonia, di cui erano Presidenti i rispettivi Sindaci, fino ad allora appartenevano al patrimonio immobiliare della due città. Nel 1978, con la legge 833, la proprietà immobiliare ospedaliera veniva ceduta dai Comuni alla ASL 16 e 17. Non vi fu una rivolta contro questo esproprio, perché di fatto i Sindaci restavano Presidenti della ASL ed il Consiglio di amministrazione era composto dai delegati dei Sindaci di tutti i Comuni (17 per Carbonia e 13 per Iglesias). Fino a quel punto della storia, nessuno poteva danneggiare il patrimonio ospedaliero del territorio. Anzi, addirittura all’ospedale Fratelli Crobu vennero istituiti i due reparti specialistici di Chirurgia Pediatrica e Otorinolaringoiatria. Poi i Presidenti vennero sostituiti dai Commissari straordinari, nominati dall’assessorato regionale della Sanità. Questa fu la prima crepa nel nostro diritto a controllare gli ospedali. Di fatto, il vero proprietario diventava la Regione, nonostante il Consiglio di Amministrazione fosse rappresentato dai delegati dei Comuni.
Negli anni ’90, avvenne il fatto più duro per noi: vennero aboliti i Comitati di gestione (costituiti da rappresentanti dei Comuni) ed i Commissari straordinari e, al loro posto, vennero insediati i Direttori generali, con pieni poteri di tipo monocratico, nominati dall’assessore regionale della Sanità. Così i Sindaci vennero espulsi dalla gestione della Sanità ospedaliera e territoriale. Restava ancora un sottile filo che consentiva ai Comuni di controllare la gestione degli ospedali: la Conferenza dei sindaci del territorio di Carbonia e quella di Iglesias per la verifica del bilancio consuntivo.
Questi Consigli esistono tutt’oggi ma, nei fatti, non hanno alcun potere di interdizione. Possono solo essere spettatori dell’azione amministrativa del Direttore generale il quale, di fatto, ha la piena proprietà degli immobili e dei loro contenuti (personale, strumenti, arredi). Attraverso questo iter è avvenuto l’esproprio delle strutture ospedaliere del territorio.
I Sindaci hanno un potere che si limita all’espressione di un “parere non vincolante”, cioè  nessuno.
A questo punto, i “teorici della centralizzazione” della Sanità ospedaliera, a Cagliari e Sassari, hanno tolto le redini della gestione dell’assistenza ospedaliera ai cittadini e hanno iniziato la smobilitazione degli ospedali.
– A Carbonia: chiusura della Pediatria e dell’Ostetricia; mancata apertura degli Infettivi. Sospensione delle nomine dei Primari.
– A Iglesias: chiusura definitiva del Crobu, del santa Barbara, e costituzione di un ospedaletto da “weeck surgery” al CTO.
Si sostiene che sia un effetto dei programmi di risparmio del governo Monti del 2011, ma non è vero. Tutto iniziò negli anni ’90, quando arrivarono i “pensatori bocconiani” del continente che teorizzarono, e fecero applicare, programmi regionali da “decrescita felice”. Cioè la riduzione degli “organici” e l’annullamento delle intelligenze mediche degli ospedali, ottenuto con la riduzione di autonomia e capacità di iniziativa dei Primari. Il “silenzio dei medici” ha iniziato a dominare da allora. I medici non hanno parlato più; sono stati trasformati in esecutori senz’anima, soggetti obbedienti ed ammutoliti dal metodo del “bastone e la carota”, che può essere esercitato rallentandone o annullandone la carriera. L’umiliazione dei cosiddetti “dirigenti” medici, iniziò quando si stabilì che l’incarico primariale, che in passato era definitivo, divenisse quinquennale, rinnovabile a discrezione della dirigenza amministrativa. A questo punto, chi vuole sopravvivere nel sistema, deve osservare il mutismo.
Ne abbiamo avuto un macroscopico esempio durante l’epidemia. Silenzio assoluto degli ospedalieri.
Parallelamente al deterioramento del corpo dei medici pubblici è avvenuto, soprattutto in continente, il gigantesco sviluppo dell’ospedalità privata.
Forse non è questa la causa delle “zone rosse” in quelle regioni ricchissime, però è certo che in quelle regioni abbiamo assistito alla protesta sotterranea dei medici pubblici, ospedalieri e del territorio, che da molti anni si sentono depotenziati rispetto alla Sanità privata. Intendiamoci, la Sanità privata ha una sua funzione molto utile, tuttavia contro l’epidemia quel tipo di sanità non è adeguato. E’ necessaria una Sanità pubblica come in Germania.

Questa Pandemia, col disastro economico e politico globale che ha scatenato in appena due mesi, e con tutto il male che ci farà ancora, apre gli occhi a tutti sulla necessità di rafforzare immediatamente i nostri Ospedali. Da loro emergerà la salvezza della Nazione.

Tutto oggi dimostra che la “centralizzazione” a Cagliari e Sassari è un grave errore, che viene fatto accettare con la motivazione che l’unica “centrale di costo” scatenerebbe la virtù del Risparmio.
V’è molto da dubitarne. Quando eravamo una Nazione più povera, 30 anni fa, avevamo servizi sanitari migliori, immediati e sempre a fianco del paziente. Sfido chiunque a confrontare le “liste d’attesa” di 30 anni fa con quelle di oggi. Si confrontino anche gli esosi ticket odierni rispetto a quelli appena simbolici di allora; senza parlare dei tempi d’attesa spaventosamente lunghi nei Pronto Soccorso, e i tempi spaventosamente brevi dei ricoveri, dovuti alla contrazione dei posti letto. Ricordo che i posti letto ed i ricoveri vennero ridotti a fronte della promessa di attivazione di “Case della Salute” nel territorio. Non si sono viste e i pazienti gravano pesantemente sulle famiglie.

E’ urgente invertire la rotta, ed è urgente restituire ai rappresentanti del popolo, il potere del legittimo controllo sull’azione amministrativa negli Ospedali e nel Territorio, restituendo contestualmente le proprietà immobiliari ai Sindaci delle città.
Prima di iniziare la lunga guerra contro il virus, è necessario chiarire la catena di comando.

Mario Marroccu

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Settimana di riaperture per i settori dell’abbigliamento, calzature, gioiellerie, profumerie, studi di tatuaggi e servizi alla persona. Ma le linee seguite dai sindaci dei tre centri principali del Sulcis, sono molto diverse. Mentre Carbonia dà il via alle riaperture di tutti i settori, il sindaco di Sant’Antioco, Ignazio Locci, va più cauto e decide di riaprire i negozi ma non i servizi alla persona, come parrucchieri ed estetisti. Ancora più dura la linea seguita dal sindaco di Iglesias, Mauro Usai, che decide di rimandare la data di apertura degli esercizi commerciali e dei servizi alla persona al 18 maggio, data in cui si attendono protocolli e linee guida più chiare.
«Abbiamo deciso di dar seguito all’ordinanza del presidente Christian Solinas, raccomandando agli esercenti di rispettare alla lettera tutte le prescrizioni da seguire – dichiara Paola Massidda, sindaco di Carbonia. Il nostro Comune ha avuto una situazione fortunatissima, dovuta al fatto che i nostri cittadini si sono comportati bene. Confidiamo che anche in questa “Fase 2” di riaperture continueranno a seguire le regole. Il nostro è un territorio in cui la disoccupazione è alta e rischiamo di non veder risollevare le serrande di quei commercianti che, in questi due mesi, hanno sofferto la crisi, dovuta alle prescrizioni del Covid. Prima che sia troppo tardi, è opportuno ripartire.»

Per concludere, il sindaco Paola Massidda fa un augurio ai commercianti della sua cittadina: «Siamo con loro con tutto il cuore, insieme a loro. Perché è con loro che può ripartire la città. Non devono sentirsi soli. Noi ci siamo».

Tanta speranza traspare dalle parole di Maddalena Cascìu, titolare, assieme al marito Franco, di una gioielleria di Carbonia: «Siamo felici di essere tornati nel nostro negozio, al nostro lavoro. Un lavoro a cui siamo affezionati perché lo svolgiamo dal 1981. Io spero che si riprenda la vita di prima. Sappiamo che c’è crisi ma almeno che si ricominci a vivere». Saltando le cerimonie religiose, si è persa una grossa fetta di mercato. «Non ci sono matrimoni, non ci sono battesimi, non ci sono più ricorrenzeprosegue Maddalena Casciu -. È saltato tutto.»

Tra i settori merceologici che risollevano le serrande, c’è quello di Alessia Mirai, titolare di un negozio di calzature a Sant’Antioco.
«La nuova apertura è stata emozionante, nonostante la grande paura confida Alessia Mirai -. Ritrovare in negozio i nostri clienti, che ci sostenevano tramite social, è stato davvero entusiasmante. Mi ha dato una carica che non pensavo di riuscire a trovare.» Però c’è anche la paura per quanto riguarda l’aspetto della salute. Prosegue Alessia Mirai: «C’è stato da capire come potersi comportare. Comunque, abbiamo sanificato tutto il locale e, inoltre, abbiamo acquistato anche delle salviette disinfettanti da fornire ad ogni cliente».
Com’è stato il rapporto con la clientela? «C’è stato un grandissimo rispetto da parte di tutte le mamme, che sono arrivate in negozio munite di tutte le precauzioni necessarie e hanno rispettato rigorosamente le distanze di sicurezza. I bambini son stati meravigliosi, perché son stati educati dai genitori a casa e quindi sapevano già come comportarsi. È stato bello vedere questo grande lavoro da parte delle famiglie.»

In conclusione, per quanto riguarda la tipologia di vendita, Alessia Mirai aggiunge: «Per chi ancora non se la sentisse di venire in negozio ci siamo organizzati per la consegna a domicilio».

Federica Selis

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Solo 1 nuovo caso di positività al Covid-19 è stato riscontrato nelle ultime 24 ore in Sardegna su 835 tamponi eseguiti. Il totale è salito a 1.344 dall’inizio dell’emergenza. L’unico incremento nella Città Metropolitana di Cagliari. È quanto rilevato dall’Unità di crisi regionale nell’ultimo aggiornamento. In totale nell’Isola sono stati eseguiti 35.476 test. I pazienti ricoverati in ospedale sono in tutto 88, di cui 11 in terapia intensiva, mentre 418 sono le persone in isolamento domiciliare. Gli attualmente positivi sono 506. Il dato progressivo dei casi positivi comprende 626 pazienti guariti (+12 rispetto al dato precedente), più altri 92 guariti clinicamente. Non si registrano nuovi decessi (complessivamente 120).
Sul territorio, dei 1.344 casi positivi complessivamente accertati, 246 sono stati registrati nella Città Metropolitana di Cagliari (+1 rispetto all’ultimo aggiornamento), 97 nel Sud Sardegna, 57 a Oristano, 78 a Nuoro, 866 a Sassari.

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I consiglieri regionali del Partito Democratico hanno inviato oggi una lettera al presidente della Regione Christian Solinas per sollecitare la riapertura delle attività ippiche in Sardegna.
Dopo aver rammentato che l’indotto del settore ippico in Sardegna da sostentamento ad oltre 5mila famiglie, i consiglieri del PD hanno messo in evidenza come l’attività ippica, per il suo svolgimento, risponda appieno ai requisiti per la ripresa contenuti nel DPCM della cosiddetta “Fase 2”.
Per questo motivo, non esistendo ulteriori motivi ostativi, i consiglieri hanno formulato la richiesta che il settore dell’ippica, che in Sardegna conta moltissimi estimatori, possa riavviare la propria attività sin dal 18 maggio prossimo.
Non si tratta, infatti, solo di dare ossigeno ad una attività ormai al collasso, ma anche di difendere un settore che fa parte dei tratti identitari del popolo sardo e per il quale i sardi sono conosciuti ed apprezzati a livello nazionale, vedi Palio di Siena, ed internazionale.