Oltre 30mila realtà sarde vendono beni e servizi anche on line e a domicilio: dal lockdown, la crescita è stata del 19,8%
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In Sardegna ci sono circa 30mila micro e piccole imprese (con meno di 10 dipendenti) pari al 29,7% del totale (circa 100mila), che si servono di almeno un canale alternativo di vendita rispetto alla vendita tradizionale “in presenza”, sino a pochi giorni fa impedita e in futuro fortemente limitata a causa della pandemia. I canali alternativi includono le vendite a domicilio e l’e-commerce (oltre a modalità come le vendite televisive, l’utilizzo di intermediari, ecc.).
Sono questi i dati dell’analisi dell’Ufficio Studi di Confartigianato Sardegna, sull’“Intensificazione del canale digitale nella crisi Covid-19”.
«Già prima dell’emergenza vendere online era un passo e un investimento consigliato – afferma Antonio Matzutzi, presidente di Confartigianato Imprese Sardegna – ora è ormai certo che, il post Covid19, porterà con sé un cambio delle nostre abitudini di consumo. Con il commercio elettronico si vanno a intercettare nuove fette di mercato, si promuove l’artigianato e si fidelizzano i consumatori offrendo nuove esperienze.»
La crisi Covid-19 ha intensificato l’utilizzo di nuovi canali, accelerando in modo forse non sorprendente, ma certamente molto significativo, il trend di crescita altrimenti stabili ma molto lenti: sono salite di circa il 19,8% le imprese che fanno e-commerce, raddoppiando il tasso di crescita di trend e quasi 4 imprese su 10 fanno consegne a domicilio (che includono le imprese che utilizzano piattaforme di delivery online based, dunque riconducibili ancora una volta all’e-commerce, nonché la vendita attraverso i sistemi di messaggistica e i social).
Interessanti anche i dati sugli utilizzatori: il 63,8% degli internauti sardi, nell’ultimo anno ha fatto acquisti on line, percentuale che pone la Sardegna al secondo posto in Italia dopo i Valdostani con il 66% e al pari dei Trentini.
Secondo i dati stimati dall’Ufficio Studi della Confartigianato Imprese Sardegna, con la riapertura di tutte le attività, il trend di crescita delle soluzioni e-commerce è destinato a crescere ulteriormente. La reattività alla situazione di emergenza, infatti, porterà alla fine del prossimo anno, ulteriori 5mila MPI sarde ad utilizzare il commercio elettronico. A questo numero, assai significativo di per sé e come segnale di un trend di digitalizzazione massiva, si aggiungono le soluzioni per la gestione digitale dei servizi obbligata dalle restrizioni del distanziamento sociale.
Si pensa qui innanzitutto alle soluzioni di gestione digitale dell’agenda delle prenotazioni per ristoranti, parrucchieri e centri estetici, obbligati nella Fase 2 a contingentare al massimo le presenze di clienti.
L’emergenza, in definitiva, ha messo in luce come l’e-commerce possa essere un’importante soluzione alle oggettive difficoltà di molti imprenditori, anche del settore del “business to business”, come per esempio la produzione di macchinari e all’abbigliamento conto terzi, dal momento che possono trovare, grazie ad alcuni marketplace verticali, delle valide alternative alle fiere.
«Non è mai troppo tardi per attivarsi e sfruttare questa opportunità di business che è davvero a misura di qualsiasi azienda e si rivolge anche ai mercati europei e mondiali. A patto di affidarsi a persone preparate. L’impennata nell’utilizzo dei servizi digitali – conclude il presidente Antonio Matzutzi – però ha messo a dura prova le infrastrutture di connessione digitale e sollevato ancora una volta il tema del digital divide: la quota di imprese italiane che utilizzano banda ultralarga è di oltre dodici punti percentuali inferiore al 49,9% della media dell’Unione europea.»
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