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Gli stagni di Sa Punta ‘e S’Aliga, a Sant’Antioco, si colorano di rosa. Nelle scorse settimane, infatti, nell’isola, sono tornati i fenicotteri. E sono migliaia. Un colpo d’occhio fantastico per gli appassionati di birdwatching ma non solo.
Non molti sanno che questi splendidi animali sono monitorati da istituti di ricerca italiani, francesi, spagnoli, greci e turchi, ovvero tutti i paesi del Mediterraneo in cui il fenicottero rosa compie le sue migrazioni ed i suoi spostamenti. Attraverso questi istituti, a cui fa riferimento una rete di studiosi ma anche di appassionati, gli uccelli vengono costantemente monitorati nei loro passaggi e nelle loro abitudini, inanellati e tutelati. Grazie a questi studi si è stati in grado di conoscere le abitudini di questi meravigliosi animali, il loro luogo di nascita, le mete delle migrazioni, il periodo di nidificazione, il
momento ed il luogo della loro morte. E non sono mancate le sorprese, come quando si è scoperto un esemplare di ben 78 anni d’età, ritenuto, al momento, il fenicottero più longevo.
Il controllo avviene attraverso un anello, che viene posizionato nella zampa dell’uccello poco dopo la nascita. Quest’anello, di cui l’animale viene dotato, ancora pullo, nel luogo in cui viene avvistato per la prima volta – in genere intorno al mese di vita -, contiene un codice numerico o alfabetico, che cambia a seconda della nazione natale e, ovviamente, dell’animale a cui appartiene. Una volta che l’uccello sarà dotato dell’anello identificativo, che può essere di plastica o di metallo, potrà essere monitorato nei suoi spostamenti, attraverso delle immagini fotografiche. Una volta fotografata la sigla segnata sull’anello, i dati relativi all’animale vengono riportati sulla sua scheda personale, aggiungendo un nuovo tassello alla sua vita.
Anche la Sardegna, meta prediletta dal fenicottero rosa europeo, vanta i suoi studiosi appassionati e fotografi. Come Salvatore Selis, che, a Sant’Antioco, si occupa da 18 anni, ovvero dal 2002, di controllare, monitorare ed inviare i dati, relativi agli esemplari che vivono o che raggiungono gli stagni dell’isola. Lo studio è internazionale, si chiama “Progetto Fenicottero”, ed è curato dai centri di ricerca di diverse nazioni, come il CSIC spagnolo – acronimo del Consiglio Superiore delle Investigazioni Scientifiche -, ed il Tour du Valat, che, in Francia, è un centro di ricerche per la conservazione delle zone umide mediterranee. In Italia se ne occupa l’ISPRA, ovvero l’Istituto Superiore Protezione e Ricerca Ambientale.
Abbiamo incontrato Salvatore Selis per una chiacchierata, che ci ha avvicinato al mondo di questi affascinanti uccelli. Cominciamo col parlare degli esemplari presenti negli stagni della laguna sulcitana, che catturano l’attenzione dei tanti curiosi, che li osservano mentre transitano lungo l’istmo.
«A Sant’Antioco non abbiamo fenicotteri stanziali. Gli unici stanziali sono quelli che si trovano nel primo stagno delle Saline, che sono però animali malati, feriti o che hanno avuto problemi alle ali e non possono più volare. Vengono portati lì anche dalla Guardia Forestale, che, dopo averli curati, li rimette all’interno dello stagno.»
Quindi non c’è una nursery. Gli uccelli non nascono nell’isola?
«No, a Sant’Antioco il fenicottero non nidifica. Sono presenti solo i migratori.»
In che periodo arrivano?
«Solitamente in aprile. Si dividono tra gli stagni delle saline e quelli di Sa Punta ‘e S’Aliga, a Paringianu.»
In genere, si conosce la provenienza dei fenicotteri che arrivano in Sardegna?
«Non provengono da una nazione precisa. Pensiamo, ad esempio, alle zone di nidificazione: in Sardegna nidificano a Molentargius e alle saline Conti Vecchi di Cagliari. Le altre nazioni di nidificazione sono la Francia, allo Stagno du Fangassier, la Spagna, la Turchia e la Grecia. Non fanno altro che compiere un giro circolare tra le diverse nazioni, a seconda dei periodi.»
Quindi il nostro fenicottero non viene dall’Africa?
«No. Si tratta di un fenicottero puramente europeo: il cosiddetto fenicottero rosa, che è di dimensioni importanti. Come grandezza è il secondo uccello al mondo, dopo lo struzzo. Esistono cinque famiglie di fenicotteri e quello che migra nei nostri stagni è il più grande tra tutti. Le altre famiglie presentano anche colorazioni diverse. Il fenicottero africano, ovvero il fenicottero minore, migra solo all’interno dell’Africa.»
A che età un fenicottero compie la sua prima migrazione?
«Il primo spostamento avviene intorno ai due o tre mesi. In quel momento fa la sua prima migrazione insieme ai genitori. Una volta compiuto il primo volo inizia la fase indipendente della sua vita.»
Come si dispone lo stormo in volo?
«Forma uno schieramento e gli uccelli si alternano alla guida.»
Per quanto riguarda, invece, la composizione dello stormo: i fenicotteri si muovono in gruppi familiari?
«No, sono uccelli singoli che, in qualche modo, incontrano altri loro simili e vi si uniscono. In un unico gruppo ci sono uccelli di provenienze tutte diverse. Una volta che si uniscono formano anche le nuove coppie.»
Si tratta quindi di animali socievoli, che entrano facilmente all’interno di gruppi già formati.
«Sì, decisamente.»
Non tutti i fenicotteri sono muniti dell’anello identificativo. Di quelli presenti a Sant’Antioco, in questo momento, solo una cinquantina di esemplari sono monitorati.
«L’anello è la carta d’identità del fenicottero – prosegue Salvatore Selis -. Viene messo quando il pullo comincia a camminare. Un gruppo di persone incanala i piccoli in un recinto e li inanella. In Sardegna succede a Molentargius. Solitamente vengono inanellati circa 500 uccelli, sui 5mila che nascono.»
Come avviene l’identificazione degli esemplari?
«Si fotografa l’anello, che contiene un codice. Sulla base di questo codice, che è diverso a seconda delle nazioni, se non delle singole località, si tracciano gli spostamenti. In realtà gli anelli sono due: uno in acciaio, con l’indicazione della nazione di appartenenza, e uno in plastica. Possono riportare una sigla numerica o alfabetica o anche alfanumerica. Dipende sempre dall’anno di inanellamento e dal paese in cui viene registrato. Così come cambia anche il colore della plastica, che in alcune nazioni è gialla mentre in altre rosa.»
Il monitoraggio degli animali, a differenza di quello che si potrebbe pensare, non è cosa recente: i primi dati raccolti risalgono al 1979. Qual è l’età media di un fenicottero?
«50 o 60 anni – risponde Salvatore Selis -. Qualche tempo fa ne fotografai uno di 48 anni. C’è stato un fenicottero, in cattività, che ha raggiunto quasi gli 80 anni di vita.»
Sono uccelli monogami?
«In genere sì, anche se si separano per poi riunirsi ogni anno per la nidificazione.»
Da cosa deriva il colore intenso del loro piumaggio?
«Deriva dall’Artemia Salina, il piccolo crostaceo, simile a un gamberetto, che cresce all’interno delle saline e di cui si nutrono. Nel secondo stagno di Sant’Antioco, quello di Sa Punta ‘e S’Aliga, questo crostaceo non è presente. Si tratta di stagni d’acqua salmastra, se non addirittura dolce, ed i fenicotteri presenti lì si nutrono di alghe.»
In che momento della vita comincia a cambiare il piumaggio, passando dal grigio al rosa?
«La prima muta del colore inizia a vedersi intorno all’anno di vita. Pian piano le piume assumono sempre più la colorazione rosa. Le zampe e il becco diventano sempre più rossi man mano che l’animale cresce. Più è intenso e omogeneo il rosa più significa che il fenicottero è anziano. Se invece ha ancora parte del piumaggio grigia o nera significa che è un fenicottero giovane, di uno o due anni di vita.»
Come si distinguono i maschi dalle femmine?
«I maschi sono più alti e più grossi. Hanno il collo più lungo. Le femmine restano più piccole.»
Nella scheda relativa ad ogni individuo, accanto al codice dell’anello, viene riportato se il fenicottero si trova in parata nuziale. Qual è il periodo del corteggiamento, per questi meravigliosi uccelli?
«La parata nuziale la fanno tutti gli anni. Iniziano intorno a gennaio o febbraio. In genere, a farla sono i maschi, però può succedere che partecipino anche le femmine.»
Un problema annoso che, purtroppo, causa la morte di molti fenicotteri durante la discesa verso gli stagni delle saline, e che interessa, soprattutto, le aree di Sant’Antioco, sono i cavi dell’alta tensione. Gli uccelli, infatti, mentre si dispongono per la calata, incappano spesso in queste, che, per loro, rappresentano delle vere e proprie trappole mortali.
«Sbattono sui cavi e quando non muoiono direttamente, restando appesi, finiscono magari per spezzarsi un’ala. Infatti, gli esemplari che si trovano agli stagni delle saline sono perlopiù animali che si sono feriti, sono stati catturati per essere curati e sono stati rimessi nello stagno. A volte però succede che l’ala debba essere tagliata e che il fenicottero rimanga con il moncherino. A quel punto, non può più volare e diventa stanziale. Dopo un certo numero di anni, però, questo gli causa sempre più difficoltà nel nutrirsi e muore. A quel punto interviene il falco di palude, che si nutre di fenicotteri e di altri uccelli.»
Non sempre si riesce a salvarli: alcuni individui, infatti, resistono alla cattura, scappando in mezzo ai fanghi dello stagno, e segnando così il proprio destino: era accaduto, qualche tempo fa, ad un piccolo,
monitorato da Salvatore.
«Si era spostato nel lato della laguna. L’avevo seguito per qualche giorno ma è morto. In altri due o tre casi, invece, sono riuscito a catturarli e portarli alla Forestale. Altre volte ho chiamato direttamente loro per venire a prenderli. In due di questi casi non sono comunque sopravvissuti.»
Una volta che l’animale muore, la sua scheda viene aggiornata con il triste avvenimento.
Terminiamo l’incontro con Salvatore Selis ringraziandolo per la sua disponibilità nel farci conoscere degli aspetti, anche inediti, su questo meraviglioso fenicottero che, ormai da decenni, ci rende l’onore di popolare i nostri stagni.
Le immagini dei fenicotteri, a corredo dell’articolo, sono pubblicate su gentile concessione di Salvatore Selis.
Federica Selis