17 July, 2024
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«Ieri, a seguito della riapertura delle cucine degli studentati, fino a qualche giorno fa dipinta come prospettiva impossibile dalla direzione dell’Ersu, abbiamo sospeso l’occupazione della mensa di via Trentino dopo tre notti e quattro giorni consecutivi di protesta. Questo non è un punto d’arrivo, ma solo un primo risultato ottenuto grazie alla lotta degli studenti con l’Ersu, colpevole di non essere stato in grado ancora oggi di garantire il diritto allo studio.»
Inizia così il nuovo comunicato stampa diffuso stamane dagli studenti universitari di Cagliari.
«Sebbene i risultati ottenuti siano ancora parziali, è certo che questi passi in avanti siano stati il frutto dell’organizzazione e dell’azione concreta degli studenti, rifiutando le politiche di mediazione dei sindacati studenteschi,  infatti è solo grazie all’occupazione della mensa che il CDA dell’Ersu si è riunito in una seduta straordinaria, deliberando sulla riapertura delle cucine e la garanzia di un menù dignitoso a partire dalla settimana prossima prosegue il comunicato degli studenti universitari di Cagliari -. Continueremo a batterci per la riapertura immediata delle mense, con la garanzia di un pasto caldo dignitoso e la possibilità di consumarlo in mensa, per un indennizzo di 600 euro per quegli studenti a cui è stato detratto l’affitto per i mesi di non utilizzo degli alloggi, per il rimborso totale dei pasti corrispondente a tutto il periodo di chiusura del servizio mensa per tutti i laureandi e per tutti gli studenti che rinunciano o hanno già rinunciato all’alloggio, con la possibilità di scegliere tra cumulo dei pasti e rimborso totale.»
«Non permetteremo che l’ente si adagi sulle poche disposizioni attuate, ma continueremo ad esercitare tutta la pressione necessaria a conquistare quello che ci spettaconcludono gli studenti universitari di Cagliari -. La lotta continua.»

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Le regole sul distanziamento dei tavoli avevano portato ad un’idea di partenza non positiva a chi si occupa di ristorazione ed accoglienza. Nella realtà, la situazione si è rivelata differente e i locali sono spesso pieni, nonostante tutto, tanto che per le prenotazioni è talvolta consigliabile chiamare con largo anticipo.
Ma per chi si occupa di pescaturismo non è altrettanto semplice. Le barche dispongono di spazi ristretti ed i posti a tavola, a causa del distanziamento, non consentono di poter ospitare un numero di persone tale da riuscire a rifarsi nemmeno delle spese d’uscita. Non tutti, quest’estate, riaccenderanno i motori.
«Quest’anno, per quel che mi riguarda, sarà un anno in stand byafferma Mauro Pintus, comandante della “Alessandro P.” -. Io difficilmente farò pescaturismo. Le disposizioni non sono ancora abbastanza chiare. Soprattutto per quanto riguarda la ristorazione a bordo. Penso che sarà difficile tenere le persone distanti. Si dovrebbe magari rinunciare alla metà delle presenze. Quindi, sono più orientato sulla pesca, rispetto alla pescaturismo. Speriamo nell’anno prossimo.»
C’è anche chi, però, quando lo spettro del Covid non era ancora all’orizzonte, ha deciso di investire in una barca nuova. Come Antonello Vadilonga, comandante della “Nuova Antonina”. «Non si sa ancora nulla. Non sappiamo come comportarci. Se dobbiamo rispettare un metro di distanza, tanto vale che la barca rimanga ormeggiata. Abbiamo pochi posti già in partenza. Non abbiamo speranze per questa stagione.»
Di diverso avviso, Alessio Serra, della barca da pesca “I due Fratelli“, che ha deciso comunque di provarci, nonostante le limitazioni legate al Covid condizionino le scelte di tutti. «Di solito partiamo dal 15 giugno. Quest’anno siamo un po’ in ritardo. Comunque, siamo pronti a partire. Metteremo in atto il distanziamento a bordo, anche se sarà un problema tenere tutti a distanza di un metro gli uni dagli altri. Di solito ospitiamo 12 persone, quest’anno non avremo questa opportunità. Cerchiamo comunque di salvare il salvabile e recuperare il terreno perso.»
Il rischio c’è ma la stagione non appare terribile come si prospettava in primavera. Il numero di presenze nelle località di mare è molto inferiore rispetto a quello degli anni scorsi ma si spera in luglio ed agosto. Dopotutto, l’estate è appena agli inizi.
Federica Selis

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La “Sardinia24oreExperience” è un progetto che ha tra i principali obiettivi la valorizzazione della Sardegna ed i suoi straordinari patrimoni storico, naturalistico e culturale, senza soluzione di continuità tra costa e interno, in un circuito che unisce Sport e Inclusione, Benessere, Cultura e Promozione; in stretta partecipazione degli Amministratori e delle Comunità locali che rivestono, entrambi, un ruolo importante per la riuscita della manifestazione.

Il progetto ha preso avvio tre anni fa, numerosi test hanno permesso di definire la fattibilità del programma, le principali caratteristiche del team e dei tracciati per la realizzazione di “Viaggi esperienziali”, da percorrere in circa 24 ore con diverse modalità.

Tra le diverse e significative 24ore Experience realizzate, la conosciuta Costa delle miniere, nella Sardegna sud occidentale ed il famoso Selvaggio Blu nel Supramonte di Baunei, nella parte centro orientale dell’Isola. Quest’ultimo percorso a piedi  in meno di 30 ore e in totale autonomia dal team formato da Angelo Lobina, alpinista ed escursionista di provata esperienza;  Stefano Gervasoni ed Andrea Cossu, entrambi esperti escursionisti e di Trail running; Matteo Cara, geografo e appassionato del territorio e Lino Cianciotto, fotografo ed escursionista di lungo corso.

La prossima 24ore Experience si svolgerà nel massiccio del Gennargentu con l’attraversamento a piedi delle vette più alte della Sardegna e comprese nei territori amministrati dai Comuni di Villagrande Strisaili, Arzana, Desulo e Fonni.

In questo scenario si camminerà per oltre 50 km in un ambiente ancora in parte selvaggio, incontrando luoghi simbolici che rappresentano importanti e significativi attrattori culturali e ambientali, quali l’area archeologica di Arcu is Forros; l’alveo fluviale del Rio Pirincanis; il sito archeologico e il villaggio di Ruinas; le vette  di Punta La Marmora e lo storico Rifugio, Bruncu Spina e Monte Spada; le sorgenti di Donnortei; il santuario della Madonna del Monte; la basilica della Madonna dei Martiri.

La partenza è prevista sabato 11 luglio dall’area archeologica di Arcu is Forros, in comune di Villagrande, lungo la statale 389,  e l’arrivo nel centro abitato di Fonni la mattina dopo.

A questa Avventura aderiranno differenti persone che contribuiranno in maniera significativa alla riuscita del programma, scelte per le rispettive capacità psicofisiche, storie personali diverse e rilevanti.

Tra questi: Angelo Lobina e Riccardo Consigliere, entrambi alpinisti ed escursionista di provata esperienza;  Stefano Gervasoni, Andrea Cossu e Domenico Corraine, tutti esperti escursionisti e di trail running; Pierpaolo Putzolu, guida ambientale e Lino Cianciotto, fotografo ed escursionista di lungo corso.

Il progetto si caratterizza per il fermo messaggio verso la protezione e valorizzazione del Gennargentu e, in più, per la forte impronta all’inclusione e per l’importante attenzione verso la disAbilità, avendo Lino subito un’amputazione della gamba destra nel 2013 che però non gli ha impedito di continuare e ripartire ancora più motivato, già dopo pochi mesi dal fato.

Un progetto ad oggi mai realizzato in Sardegna nel suo insieme, unico nel suo genere con questi particolari condizioni e finalità.

Un progetto che è stato accolto subito con entusiasmo dai Comuni interessati per tutti i messaggi e le prospettive che rappresenta: il primo è sicuramente quello di una montagna senza confini che attraverso un evento di questo tipo pone le basi per una promozione e una valorizzazione a livello territoriale. Attraverso eventi di questo tipo si vuole dimostrare che la montagna non solo può essere visitata tutto l’anno ma attraverso una rete di servizi efficienti può essere vissuta in tutta sicurezza da chiunque grazie a agli innumerevoli attrattori che questi territori offrono: dall’ambiente e la natura, all’enogastronomia, la cultura e l’archeologia. La speranza è che eventi di questo tipo diventino un’opportunità per unire i territori e, soprattutto per offrire occasione di crescita e sviluppo.

Programma

Venerdì 10 luglio 2020
ore 18.00 – Villagrande Strisaili – Incontro con i Sindaci e le Comunità – Conferenza stampa.

Sabato 11 luglio 2020
ore 8.00 – Area archeologica Arcu is Forros;

incontro con i Sindaci e le Comunità: interviste e riprese foto video.

ore 9.30 – Partenza

ore 14.00 – Pirincanis – Comune di Arzana

ore 20.00 – Area archeologica di Ruinas – Comune di Arzana

ore 24.00 – Punta la Marmora – Incontro con i Sindaci  e le Comunità.

Domenica 12 luglio 2020

ore 02.00 – Rifugio la Marmora – Comune di Desulo

ore 4.00 – Bruncu Spina

ore 8.00 – Su Ninnieri / Donnortei – Comune di Fonni

ore 12.00 – Arrivo a Fonni nella Basilica della Madonna dei Martiri

Incontro con i Sindaci e le Comunità: interviste e riprese foto video
ore 13.00 / 15.00 – Degustazione di prodotti enogastronomici locali.

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Un nuovo contagio, nelle ultime 24 ore in Sardegna, nella provincia di Sassari, su 309 tamponi eseguiti. Sono 1.370, complessivamente, i casi accertati dall’inizio dell’emergenza.
In totale nell’Isola sono stati eseguiti 87.553 tamponi. I pazienti ricoverati in ospedale sono in tutto 4, nessuno in terapia intensiva, mentre 8 sono le persone in isolamento domiciliare. Il dato progressivo dei casi positivi comprende 1.214 pazienti guariti (+1 rispetto al precedente aggiornamento), più altri 11 guariti clinicamente. Non si registrano nuove vittime, 133 in totale.
Sul territorio, dei 1.370 casi positivi complessivamente accertati, 253 sono stati rilevati nella Città Metropolitana di Cagliari, 101 nel Sud Sardegna, 61 a Oristano, 78 a Nuoro, 877 (+1) a Sassari.

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Eccomi qui a casa mentre mi esercito… A una certa età, bisogna scoprire se la memoria ti funziona ancora…
Allora ricordiamo…
Quando lavoravo ancora in Asl…circa 9 anni fa…ebbene cosa ti ricordi?
Mi ricordo…mi ricordo…ecco…che ogni anno la dirigenza ci obbligava a fare corsi obbligatori di prevenzione ai possibili incidenti che potevano verificarsi nei luoghi di lavoro…
Questioni elettriche o prevenzione incendi o uscite di sicurezza…Uscite di sicurezza!
Ecco che allora mi sorge la domanda: «I dirigenti attuali li fanno ancora questi corsi? Oppure la direzione sanitaria è esentata dai corsi?»
Ora non ditemi che siccome sono anziano il pensiero mi torna sempre lì…la catena…
Io chiedo…lo chiedo alla direzione sanitaria e siccome è facile che qui non mi legga…
E visto che i dirigenti del dipartimento sono un po’ anchilosati per domandarlo loro…
E visto che di stampa nel nostro territorio poco ne abbiamo, altrimenti l’avrebbero chiesto loro…
Insomma facciamola breve…
Perché secondo lei, direzione sanitaria, lì in quel posto, c’è un cancellone così grande?
L’hanno messo così tanto per dire…facciamo un cancello più grande che ci faccia spendere qualche soldo in più?
No! Quel cancello segna una via di fuga…
Quel cancello è messo apposta perché laddove succedesse un incidente all’interno del cortile dell’ex casa famiglia, un’ambulanza potesse entrare ed accompagnare al pronto soccorso…
Quel cancello permette l’ingresso a mezzi pesanti utili a trasportare materiale che potrebbe servire in determinate situazioni…
Ma quando mai abbiamo visto bloccare un’uscita di emergenza?
Quando mai abbiamo visto bloccare vie di fuga!!!
In realtà lo abbiamo visto nei telegiornali, quando mostravano incidenti e la via di fuga era bloccata e la magistratura acquisiva gli atti…ecco allora l’abbiamo visto!
E lei direzione sanitaria, non ha visto questo?
Ai miei tempi, le direzioni sanitarie andavano a ispezionare i luoghi…oppure avevano collaboratori che segnalassero…
Va bene…avrebbe dovuto segnalarlo la direzione dipartimento salute mentale…
Ma la catena invece doveva impedire altri pericoli…pericoli ben più gravi…
Quello che in quel posto ci potessimo entrare noi…

Antonio Cesare Gerini

Allegate, alcune fotografie risalenti al periodo in cui la “Casa famiglia” operava a pieno regime con eccellenti risultati

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Tre giorni fa, all’Ospedale Sirai di Carbonia, il dottor Salvatore Ierna ha compiuto l’”Impresa”: ha riaperto un’arteria coronarica ostruita da una specie di “getto di calcestruzzo” fatto di aggregati cristallini di carbonato di calcio. Per curare una condizione del genere, non esiste una soluzione ideale. Certamente il paziente potrebbe essere operato introducendo un”by-pass”. Il “by-pass” è un trattino di vena che viene interposto collateralmente alle coronarie distrutte dal calcare e suturato all’arteria malata, sopra e sotto l’ostruzione. Il problema è che suturare un segmento di vena sana ad un’arteria malata come questa, è quasi impossibile.

In certi casi si può staccare chirurgicamente il “tappo di calcare” dalla parete arteriosa ma ciò che rimarrebbe dell’arteria sarebbe un velo di “tonaca avventizia” che potrebbe rompersi o trombizzare subito dopo l’intervento, con morte certa del paziente. Come fare per rimuovere il “tappo di calcare” dall’arteria senza operazione a “torace aperto”? E’ un problema gigantesco. Immaginate di avere un’incrostazione calcarea in un tubo d’acqua. L’acqua scenderà dal rubinetto goccia a goccia, poi alla fine non ne uscirà più. Se questo avviene a casa, si chiama un idraulico che sostituirà il tubo calcificato con uno nuovo. Altri cercheranno di disostruirlo, ma il risultato sarà deludente, perché il tubo si ostruirà di nuovo.

Ora il dottor Ierna ha disostruito l’arteria e l’ha protetta in modo tale che non si richiuda, superando diverse difficoltà.

Primo: il paziente era un soggetto “fragile”. Chi soffre di quella patologia alle coronarie, ne soffre anche in altre sedi vitali, come le arterie carotidi che nutrono il cervello, le arterie renali, l’arteria aorta, le arterie che irrorano le gambe.

Secondo: il dottor Ierna ha agito quasi alla cieca. Cioè, non aveva sotto gli occhi l’arteria coronaria chiusa, e neppure la poteva toccare per indirizzare il filo guida. Aveva una “visione virtuale”. Cioè vedeva l’intervento che stava eseguendo nelle immagini ricostruite in un monitor radiologico.

Terzo: il paziente non era collegato ad un apparecchio di rianimazione come avviene in cardiochirurgia, dove si opera a torace aperto.

La vita del paziente dipendeva dalla precisione dell’operatore, dalla velocità di esecuzione, dalla sua conoscenza dell’anatomia e dalla sapienza tecnica ottenuta con molto studio ed esercizio. Cioè con sofferenza personale, individuale ed indivisibile. L’intervento è stato sviluppato nella sua mente, in uno stato di assoluta solitudine.

Quarto: il chirurgo emodinamista ha necessità assoluta di un’assistenza illuminata, fedele, consapevole, pronta ed infaticabile di almeno due tecnici ultra-esperti ed insostituibili. Sono figure introvabili. I nuovi dovranno maturare anni di esperienza.

Raccontare come si fa è facile. Eseguirlo è assolutamente difficile.

Descrizione sintetica: il dottor Salvatore Ierna dapprima ha eseguito una coronarografia; cioè ha iniettato nelle arterie del cuore un mezzo di contrasto radio-opaco e ha visto, nel monitor, il disegno delle arterie. Una volta studiata la mappa di quelle arterie malate, vi ha infilato un “filo guida” sottilissimo, partendo da un’arteria delle braccia. Il filo guida è penetrato nella coronaria e si è arrestato nel punto di ostruzione.  A questo punto, sulla guida del filo e delle immagini radiologiche, è stata inserita una sonda speciale fino all’ostacolo ed è stata appoggiata sul “tappo calcareo”. Quindi è stato azionato il pedale che mette in funzione la fonte di ultrasuoni. Gli ultrasuoni emessi dalla punta della sonda hanno scaricato tutta la loro potenza sulla placca calcarea, rompendola.

Perché si rompe la placca? Perché ha una struttura cristallina come quella dei vetri. Le onde di ultrasuoni penetrano nella placca e si trasformano in energia che fa esplodere il cristallo di calcare. Durante la procedura si eseguono lavaggi per allontanare i microframmenti calcifici, e poi si prosegue nella perforazione, per creare un tunnel nella “roccia”. Una volta trovata la fine dell’ostruzione il filo guida passa, in territorio libero dell’arteria. L’intervento si conclude con la sistemazione dello stent, e il sangue riprende a nutrire le carni del cuore. La vita del paziente riprende a scorrere.

Grandiosa esecuzione, portata a termine per la prima volta in Sardegna.

Naturalmente queste capacità interventistiche non sono spuntate così, come un fungo, dal nulla, ma hanno avuto una gestazione di molti anni di preparazione, studio e viaggi di istruzione.

La nostra felicità è enorme.

Tutte le storie hanno un’origine più o meno lontana nel tempo. La storia delle Shockweaves (onde d’urto) per rompere le calcificazioni formatesi in posti sbagliati nel corpo umano, merita d’essere raccontata. Noi, a Carbonia, ne abbiamo un’antica esperienza, anche quella con la caratteristica del primato su tutti in Sardegna.

Le pietre che incrostano le coronarie hanno una struttura cristallina formata prevalentemente da carbonato di calcio. Lo conosciamo tutti molto bene: le scogliere bianche che vanno da Maladroxia a Coacuaddus sono di carbonato di calcio. E’ molto diffuso in natura. Nella patologia umana, lo troviamo nelle placche ateromasiche calcifiche e nei calcoli renali. In ambedue i casi, per distruggere le concrezioni, si usano  le onde d’urto ad ultrasuoni.

L’impiego di queste onde nacque dalla ricerca aerospaziale tedesca.

Negli anni ’70, gli Americani si erano resi conto che la parte più pericolosa di un viaggio spaziale non era la “partenza” da Capo Canaveral, ma il ritorno dallo Spazio, nel momento in cui la navetta entrava nell’atmosfera. Passando improvvisamente dal vuoto assoluto dello spazio all’atmosfera terrestre, era come se la navetta andasse a sbattere contro un muro e, sfregando su quel muro di “gas”, si generava un attrito eccessivo che sprigionava calore ad altissima temperatura. La temperatura era tanto elevata da fondere lo scudo termico metallico e uccidere l’equipaggio. Si capì che era necessario ricoprire lo scudo termico della navicella con un materiale coibente. Si pensò di incollarci sopra piastrelle di ceramica speciale. L’idea era corretta ma… avrebbero le piastrelle di ceramica resistito all’impatto? Era necessario scoprirlo e riprodurre in laboratorio quell’impatto. Gli Americani avevano come consulente lo scienziato Wernher Von Braun. Costui era stato il progettista, per la Germania nazista, dei primi missili balistici della storia: i V2. Esattamente quei missili che avevano martoriato Londra. La fabbrica che li produceva apparteneva alla famiglia Dornier. Era la famosa fabbrica degli aerei da guerra per la Luftwaffe, che produceva i caccia Messerschmitt ed i bombardieri Junker-Dornier. Alla fine della guerra, la fabbrica venne convertita in un  centro di ricerca aerospaziale e gli scienziati tedeschi, su richiesta degli Americani, misero a punto un sistema di produzione di “onde d’urto” (Shockweaves) per testare le piastrelle da incollare alla navicella spaziale. Le “onde d’urto” venivano generate con un sistema di elettrodi che produceva microesplosioni subacquee. Le “onde d’urto” che venivano emanate dalle esplosioni potevano essere indirizzate verso un bersaglio attraverso un apparato di puntamento costituito da specchi concavi. Al centro della parabola vi era il “fuoco” su cui si concentrava la somma della potenza di tutte le onde. Messe le piastrelle nel fuoco della parabola si potè testare la loro resistenza all’impatto.

Uno scienziato dell’Università di Monaco, il professor Chaussy, pensò che in quel modo si sarebbe potuto “sparare” energia contro i calcoli renali. Ne parlò con la famiglia Dornier proprietaria della fabbrica aerospaziale e ottenne la costruzione di un generatore di Shockweaves per uso umano. La macchina venne chiamata “Dornier 1”. Nel 1984 una delle prime pazienti italiane del professor Chaussy fu una signora di Carbonia che era nata con un rene solo e in più aveva un calcolo. Nel 1986 il professor Chaussy presentò la sua casistica a Madrid, nella casa di cura “La Luz”. In quella occasione venne presentata anche una nuova macchina, delle Storz tedesca, generatrice di onde d’urto  ad ultrasuoni, destinata a rompere i calcoli dentro l’uretere. Gli interventi dimostrativi furono eseguiti con successo dal proprietario della clinica, il professor Perez Castro Ellendt.

I primi allievi italiani presenti a quelle lezioni di addestramento furono il professor Francesco Rocco (Università di Milano), il dottor Michele Gallucci (poi direttore dell’Istituto tumori Regina Elena di Roma), ed un chirurgo di Carbonia.

Al ritorno da Madrid ne venne fatta un’accurata relazione al presidente del Sirai, Pietro Cocco. Era presente il ragionier Efisio Melis. La decisione di Pietro Cocco fu, come sempre, di poche parole: «Ragioniere, acquisti quella macchina da shockweaves per i calcolotici del nostro Ospedale».

Fu il primo apparecchio per “onde d’urto” venduto in Italia. Dal 1987 in poi vennero trattate a Carbonia centinaia di calcolosi dell’uretere senza operazione. Il nostro Ospedale fu anche in quel caso il primo e l’unico in Sardegna a fornire questa tecnica avveniristica. A Cagliari, si iniziò ad utilizzare questa tecnica dopo una nostra presentazione pubblica del metodo avvenuta nella sala congressi del Banco di Sardegna, nel 1991. Realizzammo dei videotutorial che spiegavano i segreti di Perez Castro per entrare nell’uretere, e presto in molti appresero la tecnica.

Di recente, questa tecnica è stata migliorata ed adattata alla rottura delle incrostazioni calcifiche dentro le arterie coronarie, e viene impiegata in pochi posti al mondo.

Ho voluto ricordare il fatto di 33 anni fa, per attirare l’attenzione sulle potenzialità che ha avuto sempre il Sirai nella crescita tecnologica. Da qui sono nati grandi professionisti che poi hanno arricchito di professionalità gli ospedali cagliaritani. Ricordiamo l’anestesista Paolo Pettinao che introdusse il Brotzu nell’era dei trapianti; il dottor Paolo Schiffini, che dopo l’esperienza maturata a Carbonia, si trasferì al Brotzu e fondò  l’angiografia interventistica; il dottor Antonio Macciò, che oggi rappresenta il massimo polo sardo di attrazione scientifica nella chirurgia oncologica laparoscopica al Businco e le cui ricerche condotte proprio nel laboratorio di Carbonia, vengono pubblicate dalle massime riviste di oncologia ginecologica americane ed inglesi.

Adesso il Sirai offre la novità assoluta delle shockweaves per disostruire le coronarie difficili.

Questo giornale da molti mesi sta attirando l’attenzione sul miserevole stato in cui versa oggi il nostro Ospedale, e non smette mai di esporre all’opinione pubblica il disastro organizzativo a cui è stato sottoposto l’organico della Cardiologia e, soprattutto, quello dell’Emodinamica del dottor Ierna. La procedura che ha eseguito va classificata fra le imprese di medicina interventistica più difficili che si conoscano e, per la sua enormità, contrasta con la povertà di personale di cui dispone.

Vista l’insensibilità e l’insipidità della nostra attuale e passata dirigenza politica regionale in sanità pubblica, dobbiamo suscitare l’interesse di tutti, per porre fine al degrado organizzativo a cui si sta sottoponendo la struttura ospedaliera del Sirai.

Dopo quanto premesso, appare ragionevole chiedere un congruo finanziamento per l’immediato reintegro dei Medici di Cardiologia e l’istituzione di una scuola di Emodinamica da affidare alla magistrale direzione del dottor Salvatore Ierna. Abbiamo bisogno che produca allievi. E’ evidente che ci vogliono finanziamenti per gratificare il sacrificio di quegli operatori. Deve cessare, comunque, avendo a disposizione una struttura specialistica così avanzata, l’assurda chiusura del Servizio di Emodinamica per 16 ore su 24, e la totale chiusura dalle 16.00 del venerdì alle 8.00 del lunedì successivo. Questo disastro, di stampo contabile, deve essere fermato.

Contemporaneamente, è assolutamente necessario ricostituire subito gli organici di Ortopedia, Radiologia, Gastroenterologia e, soprattutto, di Anestesia e Rianimazione.

Purtroppo, da anni ci stanno svuotando di competenze specialistiche a causa di due teorie che hanno fallito nella gestione degli Ospedali: una è la teoria del “Hub And Spoke”, cioè del centro della ruota e dei suoi raggi. Con questa si teorizza che chi sta alla periferia (raggi) debba trasferire le sue funzioni al centro (Hub). In questo modo, sono stati depressi gli ospedali territoriali e gonfiati quelli del capoluogo. L’altra teoria è il “governo per processi”, con cui si teorizza la gestione degli ospedali, mantenendo le attuali strutture ma modificando e codificando i processi con cui si usano. In questo modo, è stata tolta ai Primari la capacità di iniziativa. Esattamente quella iniziativa che ha avuto il dottor Salvatore Ierna, facendo una cosa assolutamente imprevista dai burocrati.

Ad un certo punto, verrà il momento in cui si accorgeranno che la partita la giocano e la vincono i campioni scesi  in campo e non i padroni del campo.

E adesso, invito tutti a tenere gli occhi aperti. Controlliamo se metteranno il dottor Salvatore Ierna nelle condizioni di lavorare oppure se alla fine riusciranno a farlo scappare.

Mario Marroccu

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Sono Adriano Scanu, 53 anni, agente di commercio di Guspini e Michele Ennas, 39 anni, ingegnere ambientale e consigliere regionale di Iglesias, i nuovi referenti della Lega Salvini Premier Sardegna, rispettivamente per la provincia del Sud Sardegna e per il Sulcis Iglesiente.

«Auguro buon lavoro ad Adriano e Micheleha dichiarato il coordinatore regionale, Eugenio Zoffili -, che assumono il compito di guidare la Lega in territori stupendi e ricchi di storia, di tradizioni e di bellezze naturali. Territori che la giunta regionale sta valorizzando, e nei quali la Lega sta crescendo. Territori, come il Sulcis, che vedono però la loro economia e la loro gente minacciata dai continui sbarchi di immigrati clandestini, che creano grossi problemi da ogni punto di vista, da quello della sicurezza a quello sanitario, senza dimenticare quello ambientale come ho potuto verificare di persona anche ieri a Porto Pino.»

«Le barche con le quali arrivano i migranti vengono abbandonate sulla spiaggia, quando non addirittura bruciate in mare con l’utilizzo di taniche di benzina, andando così a creare danni alla pesca e al turismo. Danni che si aggiungono a quelli enormi causati da decisioni sbagliate e prive di senso, come quella di respingere i turisti in arrivo. Adriano e Michele avranno un compito importante, ma saranno supportati dalla gente, che ieri è venuta in massa a firmare ai nostri gazebo in tutta la Sardegna per dire no all’invasione, no alle cartelle di Equitalia, no al ripristino dei vitaliziconclude Eugenio Zoffili -. Noi stiamo tra la gente e difendiamo sempre i sardi, senza dubbi e senza tentennamenti.»

Antonio Caria

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Il consigliere regionale Michele Ennas e il deputato e coordinatore regionale della Lega Sardegna, nonché presidente del comitato parlamentare di controllo sull’attuazione dell’accordo di Schengen, di vigilanza sull’attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione, Eugenio Zoffili, hanno scelto la località di Porto Pino, teatro di numerosi sbarchi di migranti, per incontrare militanti e sostenitori.

«I continui sbarchi di migranti, accresciutisi nell’ultimo periodo complice anche la bella stagione, stanno arrecando un pesante danno d’immagine al nostro territorioha detto Michele Ennas, con alle spalle gli scafi dei barchini abbandonati lungo il  canale che sfocia sul mare -. L’ultimo sbarco è, addirittura, avvenuto alla presenza di tantissimi bagnanti che si sono ritrovati ad assistere sgomenti alla scena. Una situazione paradossale, aggravata dall’assurdo e inconcepibile silenzio da parte del governo nazionale, reso ancora più incomprensibile in virtù anche dell’emergenza sanitaria, tuttora in corso, e delle positività al Covid riscontrate in alcune di queste persone che si trovano ora in quarantena.»

«Ringrazio il nostro coordinatore Eugenio Zoffili per la sua costante attenzione ed auspico che la continua denuncia che dalla Regione portiamo avanticonclude Michele Ennasserva a ridestare dal perenne torpore il governo di Roma.»

 

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Il lavoratore ha diritto alle ferie. Il diritto alle ferie, infatti, consente al lavoratore di soddisfare le sue esigenze psicofisiche dandogli la possibilità di partecipare attivamente alla vita sociale, familiare…

La durata delle ferie è fissata in quattro settimane, ma i contratti collettivi possono estendere o ridurre questo periodo.

Le ferie del lavoratore maturano ogni mese in genere uno o due giorni per mese.

Può accadere che il lavoratore nel corso della sua attività lavorativa maturi troppi giorni di ferie ed essendo certo di non goderle ne vorrebbe ottenere il pagamento in busta paga.

A questo punto è d’obbligo chiedersi: è possibile ottenere il rimborso delle ferie non godute?

Chi scrive ritiene, prima di rispondere all’interrogativo, precisare al lettore quanto segue:

  1. Il lavoratore ha diritto al riposo giornaliero: 11 ore di riposo consecutivo ogni 24 ore. Il riposo giornaliero deve essere fruito in modo consecutivo ad eccezione per quelle attività caratterizzate da periodo di lavoro frazionati durante la giornata;
  2. Se il lavoro giornaliero eccede il limite di 6 ore il lavoratore deve beneficiare di un intervallo per pausa le cui modalità e la cui durata sono stabilite dai contratti collettivi di lavoro.

Rispondiamo ora all’interrogativo. 

La risposta è positiva.

L’art. 10, comma 2 del D.lgs. 66 del 08.04.2003 stabilisce che «il periodo minimo di quattro settimane non può essere sostituito dalla relativa indennità per ferie non godute, salvo il caso di risoluzione del rapporto di lavoro».

Dalla norma si desume che il lavoratore ha diritto all’indennità per ferie non godute solo in caso di risoluzione del rapporto di lavoro.

Si raccomanda, in ogni caso, di fare sempre riferimento al contratto collettivo del settore dell’attività lavorativa per cui operate perché potrebbe stabilire diversamente ed essendo norma speciale rispetto a quella generale prevale sulla prima o addirittura non prevedere nulla ed in questa ipotesi trova applicazione l’art. 10, comma 2 del summenzionato decreto legislativo.

Avv. Luisa Camboni