La paura sociale del contagio e la proposta di Mario Draghi – di Mario Marroccu
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Per capire lo straordinario fenomeno sociale indotto dal Covid-19, che lascerà traccia nei libri di storia, dobbiamo ridefinire con chiarezza quali differenze sostanziali esistono tra la malattia individuale e la malattia contagiosa collettiva.
Se dovessimo esaminare con superficialità i numeri dei decessi quotidiani non ci preoccuperemmo. Tutti i giorni muoiono di ictus ed infarti, in Italia, una media di 630 persone, mentre per tumore ne muoiono 485. Attualmente abbiamo una media di soli 10 decessi quotidiani per Coronavirus. Questo dato sembrerebbe confortante. In realtà, da un punto di vista della convivenza sociale, non è così.
Le “malattie individuali” come tumori, diabete, ictus, traumi stradali, ecc., non suscitano paura per la propria incolumità perché ognuno di noi può entrare in contatto con questi malati senza subirne alcun danno.
Le “malattie contagiose” invece sono “diffusive” e “collettive”. Cioè passano da una persona all’altra per il contatto o la semplice vicinanza. Ogni portatore di Coronavirus contagia, in media, 6 persone. Queste a loro volta contagiano 36 persone. Queste 36 ne contageranno 1.296. Nel caso del Coronavirus il numero dei contagiati cresce in modo esponenziale ogni 7 giorni. Abbiamo visto cosa è avvenuto dopo il primo caso di Codogno: dopo due settimane i casi in Lombardia erano già diverse migliaia. Di questi contagiati ne vennero ricoverati il 20% e ne morirono la metà.
Mentre l’80% dei contagiati ebbe pochi sintomi. In 40 giorni avemmo quasi 20.000 morti in una piccola area d’Italia compresa fra Milano, Bergamo e Brescia. Morti che si aggiungevano agli altri morti per diverse cause. Vi fu un numero di salme aggiuntive tanto enorme che non si trovarono spazi nei cimiteri e nei forni crematori, tanto che molte salme vennero imbarcate per lo “smaltimento” nei forni crematori della Sardegna. Appena l’Epidemia è esplosa in America abbiamo visto lo stesso triste fenomeno, di ammassamento di cadaveri, a NewYork.
Questo è avvenuto perché il Covid è una malattia contagiosa per cui non esiste una cura specifica.
Quando si tratta di una malattia contagiosa per cui esistono le cure e i vaccini, l’allarme è basso.
Quando , invece, si tratta di malattia contagiosa per cui non esistono né cure specifiche né vaccino, l’allarme è alto.
E’ un errore enorme paragonare questo tipo di malattia a quelle comuni.
Per capirne la portata sociale e economica si può paragonare soltanto al “Fall-out” della pioggia radioattiva dopo una esplosione nucleare o agli effetti di uno “tsunami”. Tutti eventi in cui la collettività intera è senza difesa.
Le malattie comuni vanno trattate nell’ambito degli strumenti messi già a disposizione dal Sistema Sanitario. Le malattie epidemiche prive di cure specifiche vanno trattate in un altro apparato sanitario parallelo costituito ad hoc.
Una esperienza di diversificazione strutturale l’avemmo già al tempo della TBC. In quel caso si riuscì a debellarla costituendo un sistema di ospedali e presidi specifici (Tubercolosari, Preventori antitubercolari, Dispensari antiTBC, Ospedali Marini, Colonie montane e marine). Si sviluppò una specialità: la Tisiologia. Essa comprendeva: Medici pneumologi, Radiologi, Pediatri, e chirurghi specificamente preparati.
Oggi non esiste ancora un apparato ospedaliero e territoriale specificamente dedicato al Covid-19.
Il problema di strutturarne uno si porrà nella malaugurata ipotesi il vaccino non fosse efficace.
Fenomenologia sociale del contagio.
Il “contagio” fa esplodere la “ Paura del prossimo“.
Chi è il “Prossimo?”.
E’ chiunque: l’amico, il vicino di casa, il collega di lavoro, il compagno di classe, il parente, l’impiegato dell’ufficio pubblico, etc..
Il termine collettivo per identificare questo insieme è: “Società civile”.
La Società Civile è quell’insieme umano che utilizza il “Contatto sociale” per attuare lo scopo per cui ci si incontra: “Lo scambio sociale”.
Lo “scambio sociale” o “commercio umano” si sviluppa su tutti i campi della convivenza come:
– La “Cultura”: scuola, cinema, arte, sport, religione, politica, etc.
– I “Servizi”: il Sistema sanitario, banche, poste, pubblica amministrazione, difesa, giustizia, etc.
– Le “Attività produttive”: professioni, mestieri, agricoltura, industria, etc.
– Il “Commercio”.
Quando esplode il “Sospetto collettivo” sul prossimo e la “paura dell’altro”, l’individuo si ritira nel proprio privato e si autoesclude, cioè si “isola”. L’isolamento può essere “volontario” o “obbligato”, come nel caso del lockdown che abbiamo sperimentato.
L’”isolamento” comporta la perdita di 4 Libertà Costituzionali, cioè:
– La libertà di movimento nel territorio, e di scambio commerciale.
– La “libertà di cure”: blocco del Sistema Sanitario per le patologie comuni.
– L’ “Istruzione”: chiusura delle scuole.
– La “Giustizia”: chiusura dei tribunali.
L’impedimento all’esercizio di questi diritti costituzionali comporta la “Sospensione del commercio umano.
A questo arresto degli scambi di beni materiali ed immateriali consegue:
– L’arresto degli scambi commerciali.
– Il crollo delle Borse.
– La perdita di fiducia nella moneta.
– L’impoverimento della Nazione.
– La crisi politica.
– La perdita di rappresentanza dei partiti e la caduta dei governi.
Questi sono scenari possibili nel caso non vengano opposti provvedimenti che stronchino la spirale del degrado.
La “paura dell’altro” è all’origine della disgregazione dell’impianto economico di una società.
C’è voluto Mario Draghi per sintetizzare in una frase questo complesso fenomeno psicologico ed i provvedimenti da prendere per scongiurarlo. Cioè:
“Test di massa per rilanciare l’economia”.
Solo così ognuno di noi saprà se il suo vicino è contagioso o no, e potrà riprendere a produrre ricchezza senza il freno della paura.
Secondo gli Scienziati citati in un recente articolo del Sole 24 ore servono 30 milioni di tamponi per fare uno screening agli Italiani. Cioè deve essere sottoposto a tampone oltre la metà della popolazione d’Italia. Ne consegue che devono essere subito esaminati con tampone almeno 70.000 abitanti del Sulcis Iglesiente.
Davanti a questi autorevoli messaggi il Sulcis Iglesiente non riesce ancora a rendere immediatamente disponibile per tutti un laboratorio specificamente dedicato. Ne sono prova questi fatti:
– Il forte ritardo nell’acquisto del processatore di RNA virale,
– Il forte ritardo nello accreditamento dello strumento donato a Carbonia Iglesias dalla Fondazione di Sardegna,
– Le enormi difficoltà che incontrano i Medici di Base per ottenere i referti dei tamponi eseguiti su pazienti sintomatici.
E’ urgente la disponibilità di un laboratorio perché stanno per arrivare momenti critici, e cioè:
– Fra due settimane in Italia riapriranno le scuole. Vi saranno inevitabili assembramenti. Si muoverà quotidianamente una massa dei 12 milioni di individui. Fra questi vi saranno i “diffusori silenziosi”, come abbiamo sperimentato al Billionnaire di Porto Cervo e nelle discoteche nostrane.
– Stanno per arrivare i 3 mesi portatori di Virus: Ottobre, Novembre, Dicembre, con i loro Rinovirus, Adenovirus, Enterovirus e Virus Influenzali. Ogni tosse e febbricola creeranno il sospetto sul vicino di banco, e la paura del contagio da Coronavirus.
I banchi monoposto, i doppi turni, ed il contingentamento delle classi non saranno sufficienti a dare sicurezza. Ogni ragazzino febbricitante verrà sottoposto a: isolamento in un camera apposita dell’Istituto, visita medica e, forse, tampone rinofaringeo. Poi si dovranno attendere 24-48 ore, o più, per la risposta. Nel frattempo tutti staranno all’erta e disposti all’autoisolamento fiduciario.
Se verrà accertato più di un caso , l’Istituto potrà essere chiuso in quarantena.
Ogni ragazzo sospetto indurrà la caccia a tutti i “contatti” dei 14 giorni precedenti. Per il tracciamento dovranno essere eseguiti dai 100 ai 150 tamponi (prof. Andrea Crisanti). In alternativa il Governo sta valutando lo screening di tutti gli allievi dell’Istituto con i tamponi per “test rapidi”. Nel caso un ragazzo positivo venisse isolato, lo sarà anche la famiglia.
A queste condizioni è evidente quanta ragione abbia avuto Mario Draghi quando ha dichiarato, in un consesso economico: «E’ necessario eseguire i test di massa per rilanciare l’Economia». Ne beneficerebbe anche la Scuola.
E’ auspicabile che i buoni Politici sollecitino lo sviluppo dello screening con tampone e rimuovano gli oscuri ostacoli per cui oggi è ancora difficile ottenere l’esame.
A conclusione si deve convenire che il “ritardo” di Carbonia Iglesias nella attivazione del suo processatore di RNA virale, è il massimo avversario a cui si trova di fronte il nostro territorio.
Si concorda con Carlo Bonomi, presidente di Confindustria: «…questo ritardo è incomprensibile…».
Mario Marroccu
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