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Da mesi piovono critiche pesantissime sulla gestione del Parco Geominerario Storico Ambientale della Sardegna. L’ultimo, in ordine di tempo, è arrivato addosso al presidente Tarcisio Agus da parte di Daniele Reginali, presidente del Consiglio comunale di Iglesias, che nella veste segretario provinciale del Partito democratico qualche giorno fa , ha bocciato senza appello la gestione attuale del Parco Geominerario. Oggi, puntuale, è arrivata la replica, tanto dura quanto amara, da parte del presidente del Parco Geominerario, Tarcisio Agus.
Di seguito, il testo integrale della replica.
Gent.mo Segretario Reginali, ho appreso dalla stampa del suo comunicato e sono sorpreso dal fatto che un Segretario Provinciale non abbia avvertito il minimo bisogno di sentire la controparte, ma attenersi solamente a ciò che il Sindaco di Iglesias le ha riferito e in parte dagli articoli di stampa. Molti – ultimamente – e strumentalmente agiscono come lei, senza approfondimenti, per cui sento il bisogno di risponderle e così informare anche l’opinione pubblica sulle attività del Parco. Premetto che le difficoltà del Parco sono innumerevoli, ma di questo non se ne cura nessuno, non mi lamento e tanto meno il Consiglio Direttivo, chiamato a dare al Parco quell’assetto istituzionale che merita nel panorama Nazionale dei Parchi, dopo quindici anni di commissariamenti. Nel merito alla sua nota, credo che anche lei come tanti non conosca a fondo il Parco e i suoi limiti, al di là di chi lo governa. Si evince anche dal secondo capoverso dove “denunzia la mancanza di collaborazione che ha rappresentato uno dei principali fallimenti dell’attuale management”. A quale collaborazione si riferisce? Ai Comuni? che non dispongono, come il Parco, di alcuna proprietà per poter pensare assieme «di dare attuazione ad un processo che avrebbe garantito un futuro delle aree minerarie, nell’ottica di una loro riconversione culturale e turistica»? O alla Regione Sardegna? Che solo ora, con quest’Amministrazione, si è potuto avviare un possibile dialogo. Alla ripresa delle attività post Covid-19, ci stiamo concentrando sull’accessibilità all’utilizzo dei fondi europei, sino ad ora, in vent’anni di esistenza del Parco, non si è mai pensato di utilizzarli. Con il coinvolgimento dei Comuni e Regione, il giorno 3 settembre prossimo è previsto l’incontro con i Comuni per predisporre e sottoscrivere i percorsi di sviluppo possibile. Così com’è successo per i fondi di Sviluppo per il Sud, dove il Parco – riunendo i Comuni per la raccolta di proposte – ha presentato con una loro decina, (Iglesias ha preferito operare in solitudine) il progetto TourRemine, un progetto pilota in collaborazione con l’Università di Cagliari per il recupero, la bonifica e l’infrastrutturazione sostenibile delle Aree del Parco per un nuovo sviluppo socio economico. L’investimento previsto è oltre 67 milioni di euro. Siamo in attesa, speriamo, di una positiva risposta. Ancora, i «Comuni sono riusciti a garantire l’apertura dei siti come Porto Flavia a Iglesias e galleria Henry a Buggerru». Forse non sa che i due siti, oltre a villa Marina e Grotta Santa Barbara, erano gestiti dal Parco sulla base della Delibera Regionale n. 34/10 del 209/2014 e dall’accordo quadro approvato con la Delibera n.23 del 28.04.2015, fra il Parco Geominerario, il Comune di Iglesias, Regione Sardegna e Igea S.p.a., per i siti nel comune di Iglesias. Altrettanta convenzione con il comune di Buggerru e ratificate ultimamente dal Parco, con la Delibera n. 14 del 27 marzo 2017. Le convenzioni e la gestione da parte del Parco, che non comportavano oneri per i comuni se non quelli della pulizia dei siti, erano quindi in atto sino all’avvento dell’amministrazione Usai, che ha ritenuto non mantenerle, convincendo anche Buggerru, per una gestione in proprio, con la pretesa poi che il Parco pagasse le guide da lui assunte o contribuisse alle spese per la gestione di un sito non più nella disponibilità del Parco. Ben sapendo che un Ente Pubblico, non può trasferire proprie risorse per sostenere servizi di un altro Ente o nell’ipotesi peggiore pagare disavanzi di servizi che necessariamente devono essere chiusi, minimo, in pareggio.
Nel merito della pesantissima esclusione dall’Unesco, anche lei ha scritto senza conoscere o volendo disconoscere le risposte date a suo tempo dal Parco nel merito. Per meglio comprendere cerco di riassumere, purtroppo in sintesi, perché il tema è complesso e non semplicistico, come lo si vuol far apparire. Il Parco nel settembre 2013 ottiene, dopo un precedente cartellino giallo, la riammissione nella rete mondiale dei Geoparchi con l’impegno del superamento delle otto aree. Per questo l’allora Commissario Pillola stilò con il Direttore Dott. Usalla, un progetto che avrebbe interessato l’intera isola, nel superamento della suddivisione del Parco in otto aree non più in linea con il criterio della Rete che esige un’unica unità territoriale. L’elaborato puntualmente depositato all’Unesco nel febbraio 2014 riporta come titolo: Progetto sulle valenze Ambientali e Storico Culturali: Censimento, catalogazione, valorizzazione e fruizione. A supporto del progetto, nel 2016 la Regione Sardegna, nella revisione del Decreto Istitutivo assegna al Parco la valorizzazione degli oltre 440 geositi dell’isola. Nei quattro anni successivi dal 2013 al 2017, gli impegni assunti con l’Unesco dovevano esser attuati, basti andare a leggersi la lettera inviata al Parco in data 4 dicembre 2013 a firma dei coordinatori Prof. Niholas Zouros e Dr. Kristin Rangnes, che così esordiva: «Quindi accettabile per l’EGN CC, come requisiti possibili per la soluzione, è un nuovo accordo tra il Parco e l’Autorità Regionale della Sardegna che darà al Parco della Sardegna l’autorizzazione ad avere la supervisione dei siti del patrimonio geologico in tutta la Sardegna e la responsabilità per la protezione e promozione del patrimonio geologico». Purtroppo, il progetto che avrebbe dovuto garantire gli impegni assunti, con i 500 lavoratori ex Ati-Ifras, non fu mai approvato, pur a fronte dell’Accordo di programma quadro definitivo tra R.A.S., Parco Geominerario, Ati-Ifras S.p.a., con la deliberazione n.3 del 9.01.2014. Così un altro passaggio della lettera, sempre dei coordinatori Zouros e Kristin, che giustificava il rientro nella rete. Il Parco Geominerario della Sardegna è ben finanziato con un budget annuale di 1,5 milioni di euro e ci sarà una strategia di sviluppo di 112 milioni di euro per la Sardegna nei prossimi quattro anni. Alla visita ispettiva del 15-18 luglio 2017, di tutto l’impegno assunto non risultò nessuna traccia, tanto meno del progetto del Commissario Pillola, che ci permise il rientro in rete. La risposta alla visita ispettiva avvenuta a Luglio 2017, il sottoscritto era appena arrivato al Parco, pervenne nel febbraio 2018, con la suddetta motivazione: «Esiste ancora confusione tra le otto “aree principali”, nonostante sia stato sottoposto a un’estensione significativa quattro anni fa allo scopo di includere l’intera isola. Sono stati compiuti progressi insufficienti per includere l’intera area come UGGp (UNESCO Global Geoparc) con il limite aggiornato non visibile nemmeno su mappe e pubblicazioni». Quindi, nuovo cartellino giallo. Ci restava un anno di tempo per tentare, con le nostre sole forze, di fare ciò che in quattro anni non si riusciti a porre in atto. Per dimostrare che ci stavamo impegnando su tutta l’isola, proponemmo un percorso di visite che andava dalla Maddalena al Molentargius di Cagliari, ma la risposta delle rivalidatrici fu netta: «Data la situazione in cui sono stati compiuti progressi insufficienti sulle raccomandazioni dell’ultima valutazione e sul fatto che non esiste un territorio unificato con un’identità comune, nessun approccio strategico sull’unificazione o la creazione di un’identità comune e un’organizzazione assolutamente non adeguatamente equipaggiata per quanto riguarda le risorse umane, entrambi i rivalidatori non vedono alcuna possibilità di consigliare al Consiglio UGGp l’assegnazione di una carta verde». Così siamo usciti dalla rete dei Geoparchi Unesco. Nel merito della Laveria la Marmora, stiamo agendo in sinergia con la soprintendenza per stabilire le linee guida per il recupero di tutto il compendio e che interesserà anche la laveria Carroccio, prima laveria che ha dato origine alla La Marmora. Così come abbiamo deliberato per l’acquisto della collezione Manunta e siamo in attesa che il comune di Iglesias ci ponga a disposizione la seconda sala, presso l’Istituto Asproni, dotata dei sistemi di sicurezza approvati dal Ministero dei beni culturali, già finanziata dal Parco, per procedere all’acquisizione e alla realizzazione del museo mineralogico della Sardegna. Nel merito invece del disimpegno su Miniere Rosas – CICC di Carbonia e Ausi, il Parco non intende affatto disimpegnarsi, purtroppo le ragioni del Parco sono state strumentalizzate, ancora oggi vien difficile comprendere, come già accennato, che il Parco non può sostenere le associazioni se non nel rispetto del dettato MEF (Ministero di Economia e Finanza), che ci finanzia e ci richiama al rispetto della seguente disposizione: «La costituzione o il mantenimento di associazioni con gli stessi enti locali che sono parte del Consorzio del Parco deve essere motivata in maniera chiara e circostanziata. In assenza di una adeguata ed esplicita programmazione, l’attribuzione di vantaggi derivante da tali accordi integra un’elusione degli obblighi derivanti dall’art.12 della l. n. 241 del 1990». Semplicemente stiamo proponendo un approccio diverso, in linea con i dettami Mef, che renda il Parco più partecipe alle attività e considerare Miniere Rosas e tutti i siti più importanti oggi operativi, parte fondamentale della costituenda Rete del Parco. Così com’è già avvenuto, senza problemi, con il CICC di Carbonia. Mentre con l’Ausi, sulla base di rapporti chiari e trasparenti contribuiremo sulla base di progetti attinenti alla mission del Parco. La differenza con le precedenti erogazioni e che non si potranno più sostenere le Associazioni e forme di contribuzioni ai Comuni senza un programma chiaro e condiviso, così come non potranno più essere erogati contributi a fondo perduto, senza una puntuale rendicontazione. Infine sulla collegialità con i Comuni, credo di poter affermare che con molta fatica sta riprendendo il dialogo fra i Comuni del Parco. Questo perché – personalmente in questi due anni – il sottoscritto è andato a trovarli e, alla domanda: perché non partecipa alle riunioni delle comunità? La risposta era più o meno sempre la stessa: «Il mio comune non ha mai ricevuto un euro dal Parco perché tutto si ferma nell’area di Iglesias, perché dovremmo esserne parte?» Ci vuole un lavoro certosino e di recupero fiduciario, cosa che stiamo facendo anche con l’imminente coinvolgimento per riuscire ad attingere risorse con progetti europei. Comunque il Parco tiene in debito conto gli indirizzi della Comunità del Parco ed ha già avviato gli accordi con i comuni per la realizzazione della rete del Parco, di cui tanto si è parlato ma ancora nessuno l’ha realizzata. Le difficoltà non mancano perché non è facile convincere qualche sindaco sull’unitarietà del Parco, per esempio, che dovrà esporre obbligatoriamente l’effige del Parco e il personale usare una unica divisa in ogni sito fruibile. Così stiamo procedendo per l’utilizzo del così detto tesoretto di 12 milioni di euro, di cui oltre la metà è impegnato sul comune di Iglesias e il resto, sulla base delle domande pervenute dai Comuni verrà impegnato il più presto possibile. Con tale operazione si azzera l’avanzo di Amministrazione non certo prodotto dall’attuale management. Nella speranza di aver almeno chiarito alcuni punti anche a lei oscuri e con l’auspicio che voglia acquisire elementi utili e farsi un’idea, magari anche direttamente dall’Ente Parco, prima di qualunque dichiarazione.