1 September, 2024
Home2020 (Page 254)

[bing_translator]

Dal 14 marzo sono 43.342 i controlli realizzati dal Corpo forestale della Regione Sardegna per vigilare sul rispetto delle regole stabilite per l’emergenza epidemiologica da Covid-2019.

Nella giornata di ieri sono stati effettuati 480 controlli: 79 nell’area di Cagliari, 4 Iglesias, 25 Oristano, 163 Sassari, 56 Tempio, 102 Nuoro, 51 Lanusei. E’ stata sanzionata 1 persona a Nuoro, per un totale (dal 14 marzo) di 825.

[bing_translator]

«Il Governo ha riconosciuto l’autonomia delle Regioni nella gestione della Fase 2 dell’emergenza. Una fase particolarmente complessa sulla quale eserciteremo le nostre scelte di allentare – in sicurezza – le restrizioni in atto e tenendo conto, in particolare, della specificità della nostra Isola anche in relazione alla ridotta circolazione del virus.»

Lo ha detto il presidente della Regione Christian Solinas, al termine della riunione di stasera in videoconferenza col Premier Giuseppe Conte alla quale hanno partecipato i Governatori.

«Dal 18 maggio si potranno quindi aprire sotto la nostra responsabilità gli esercizi al dettaglio in base alle esigenze del territorio e della popolazionesottolinea il presidente della Regione -. Il Governo avanzerà – come nel caso delle aperture di bar e ristoranti – delle proposte che verranno integrate da quelle delle Regioni avendo riguardo delle specifiche caratteristiche del territorioprosegue Christian Solinas –. Nel corso della riunione abbiamo manifestato l’esigenza di un accordo tra lo Stato e le Regioni a Statuto speciale per trovare una soluzione alla riduzione del gettito fiscale – stimata in circa 700 milioni di euro – determinata dall’emergenza.»
«La Regione attualmente copre per conto dello Stato spese per alcuni servizi essenziali, tra i quali quelli legati alla sanità e al trasporto pubblico locale che difficilmente potranno essere coperti a causa del minor gettito dovuto al lockdown», conclude il presidente Christian Solinas.

[bing_translator]

A distanza di oltre due mesi dall’inizio dell’emergenza, c’è ancora poca chiarezza sul corretto utilizzo delle mascherine di protezione individuale dal Coronavirus.

Il 21 marzo scorso abbiamo pubblicato un vademecum sull’utilizzo delle mascherine predisposto da un’Agenzia formativa accreditata della Regione Piemonte, contenente utili informazioni sull’utilizzo delle mascherine, a beneficio di tutto il personale, anche al di fuori dell’attività lavorativa.

Sul corretto utilizzo delle mascherine si è continuato a discutere, perché anche da parte degli addetti ai lavori, sono arrivate spesso informazioni contrastanti.

Oggi, per cercare di fare finalmente definitivamente chiarezza e sciogliere anche gli ultimi dubbi, la Regione Sardegna ha pubblicato le linee guida per il corretto utilizzo delle mascherine di protezione Covid-19.

Il testo integrale.

Da quando è scoppiata la pandemia da Covid-19, le “mascherine” sono diventate un oggetto di interesse di massa, ma la gamma delle “mascherine” disponibili è molto variegata e occorre conoscerla un po’ più a fondo per potersi orientare nell’acquisto.

La distinzione più importante va fatta tra mascherine chirurgiche, che sono dispositivi medici (DM), dispositivi di protezione individuale (DPI) e mascherine filtranti.

I DM sono destinati ad uso medico e in quanto tali devono rispondere a precisi requisiti: efficienza di filtrazione batterica, respirabilità, resistenza agli spruzzi, pulizia microbica e biocompatibilità. Secondo la norma, esistono 3 tipi di mascherine chirurgiche, ma le loro differenze sono trascurabili per ciò che riguarda la filtrazione. Queste mascherine sono utili per proteggere i pazienti da eventuali contagi ad opera del personale sanitario e per proteggere chi le indossa (medici e infermieri) da spruzzi di liquidi potenzialmente contaminanti. In sostanza, se indossiamo una mascherina come questa, proteggiamo coloro che ci circondano più di noi stessi. Questo perché le mascherine non sono perfettamente aderenti al volto e quindi sono meno protettive dei DPI. I DM sono dispositivi usa e getta dalla durata limitata che dovrebbero essere cambiati quando iniziano a diventare umidi. Le mascherine chirurgiche devono essere validate dall’Istituto Superiore di Sanità prima di essere messe in commercio.

I DPI, sono semimaschere filtranti antipolvere utilizzate come dispositivi di protezione delle vie respiratorie, e rispondono quindi a requisiti differenti rispetto ai DM, come ad esempio: penetrazione della polvere nel materiale filtrante, compatibilità con la pelle, infiammabilità, resistenza respiratoria ecc. I DPI si dividono in 3 categorie chiamate FFP1, FFP2 e FFP3 a seconda del loro potere filtrante rispetto a 2 aerosol standard: l’uno a base di acqua e sale, l’altro a base di paraffina.

Le FFP1 sono in grado di filtrare fino all’80% degli aerosol, le FFP2 il 94% e le FFP3 il 99%. All’interno dei DPI si trovano le mascherine “monouso” (marcate con NR) oppure quelle “riutilizzabili” (marchiate con R). In quest’ultimo caso è anche indicata con la lettera D la resistenza all’intasamento. Anche se riutilizzabili, questi DPI sono strettamente personali e occorre marcarli adeguatamente, contrassegnando anche i contenitori dove vengono conservati, per evitare di scambiarli con altre persone.

Un maggiore grado di filtrazione tende a causare una maggior difficoltà nel respirare, questo è il motivo per cui le persone che soffrono di malattie croniche respiratorie, cardiache o altre condizioni mediche che rendono difficoltoso il respiro, dovrebbero utilizzare i DPI con molta cautela. A causa della difficoltà respiratoria indotta, questo tipo di mascherine può disporre di una valvola di espirazione. I DPI con valvola quindi proteggono solo chi li indossa e non le persone circostanti, che potrebbero essere contagiate qualora chi porta la mascherine starnutisca o tossisca per questa ragione i DPI con valvola non devono mai essere utilizzati dalla popolazione. Al contrario, i DPI senza valvola, in particolare FFP2 e FFP3, proteggono sia chi li indossa, sia le persone circostanti. Per essere efficaci, i DPI devono essere verificati ad ogni utilizzo con una prova di tenuta che consiste nel coprire la maschera con le mani pulite o con dei guanti nuovi ed eseguire una inspirazione profonda, la maschera deve tendere a collassare sul viso senza perdite d’aria dai bordi.

La normativa che distingue FFP1, FFP 2 e FFP3 è usata solo in Europa. In questo periodo, in cui le mascherine vengono importate da ogni parte del mondo, potrà capitare di imbattersi in mascherine con certificazioni provenienti da altre normative. Non esiste una sovrapposizione perfetta, tuttavia le mascherine FFP2 possono essere considerate equivalenti a N95 (norma statunitense), KN95 (norma cinese); P2 (norma australiana e neozelandese); Korea 1st class (norma coreana) oppure DS (norma giapponese).

3) Le mascherine filtranti

Tutte le maschere facciali , incluse quelle artigianali o autocostruite, che non sono né DM, né DPI, vengono considerate mascherine filtranti. Questi dispositivi sono pensati per il solo scopo precauzionale e possono essere concepite sia come dispositivo monouso, sia per essere utilizzate più volte. In questo periodo, potrebbe capitare di trovare in commercio maschere filtranti senza marcatura “CE”. Durante la pandemia è stato infatti permesso ai produttori di mascherine filtranti di mettere in commercio dispositivi senza marcatura, a patto che questi non arrechino danni o determino rischi aggiuntivi per gli utilizzatori.

Le mascherine filtranti possono anche essere prodotte con tecniche materiali fai-da-te a patto di usare materiali puliti e ricordando sempre di lavarsi le mani prima di prepararle.

Un metodo per costruire mascherine usando la carta assorbente da cucina è stato recentemente messo a punto da una task force di università e ospedali della regione cinese di Hong Kong, sulla base di una validazione tecnico scientifica.

Il video è reperibile su youtube a questo indirizzo:

https://www.youtube.com/watch?time_continue=2&v=JY-29VBkGmw&feature=emb_logo

Un secondo esempio molto pratico ed efficiente per ottenere mascherine a partire da magliette o bandane in cotone è stato recentemente suggerito dal Dr. Jerome Adam capo esecutivo dello “United States Public Health Service Commissioned Corps”.

Il video è reperibile su youtube a questo indirizzo:

https://www.youtube.com/watch?v=PI1GxNjAjlw

ATTENZIONE: Queste linee guida si aggiungono e non sostituiscono le regole di distanziamento sociale che sono il metodo più valido per garantire una protezione dal contagio.

1) Fermo restando le norme di distanziamento sociale e il divieto di assembramento, ogni qualvolta ci si rechi in luoghi pubblici è consigliato l’utilizzo di mascherine filtranti che coprano naso e bocca. Nella scelta delle mascherine, se possibile, è meglio preferire quelle rigide che non collassano sulla bocca (a coppa o a becco), tuttavia, è stato dimostrato che anche una mascherina di emergenza realizzata in cotone può avere un potere filtrante di circa il 70%, rispetto ad una mascherina chirurgica che filtra il 96% di ciò che è nebulizzato nell’aria. Questa capacità di filtro riduce la possibilità di emettere nell’aria piccole goccioline di saliva o muco parlando, tossendo oppure starnutendo e quindi riduce anche la possibilità di infettarsi.

2) È molto importante indossare correttamente le mascherine. È stato dimostrato che l’efficacia delle mascherine (chirurgiche) dipende moltissimo da come vengono indossate. Le mascherine filtranti solitamente non garantiscono la tenuta dei DPI e di conseguenza è molto importante indossarle correttamente, in modo che coprano il più possibile naso e bocca.

Un consiglio utile per bloccare la mascherina sul volto ed evitare di doverla sistemare durante il giorno è quello di fissarla al naso con un pezzo di nastro adesivo di carta o di cerotto ipoallergenico come mostrato nel disegno.

3) È importante togliere correttamente le mascherina dal viso. Questa procedura deve essere fatta a partire dai laccioli o dagli gli elastici che la fissano alla nuca ed evitando il più possibile di toccare la parte che è stata posta davanti al naso e alla bocca. È consigliato lavarsi le mani prima e dopo essersi tolti la mascherina per evitare di contaminare il volto con le mani durante la procedura e per non rischiare di avere le mani contaminate dopo aver liberato il volto.

4) Occorre trattare le mascherine usate come se fossero contaminate. Evitare di mettere/togliere la mascherina molte volte durante la giornata e non portare la mascherina al collo o sulla fronte. Una volta usate, le mascherine dovrebbero essere gettate in sacchetti chiusi o conservate in buste pulite di materiale traspirante, ad esempio la carta, fino alla loro disinfezione.

Il Covid-19 è un virus che si elimina facilmente da materiali e superfici. È quindi buona norma sanificare le mascherine filtranti in stoffa o tessuto (che non è né DPI, né DM) immergendole in alcol etilico ( 0.4 litri di alcol denaturato al 90% e acqua del rubinetto fino ad un totale di mezzo litro) o varechina (circa un cucchiaio da minestra di candeggina al 5%, circa 10 mL, e acqua di rubinetto fino ad arrivare a mezzo litro) per 5-10 minuti prima di lavarle in lavatrice. Se le mascherine filtranti dispongono di foglietti illustrativi indicanti i metodi di lavaggio: attenersi alle modalità indicate.

Non tentare di sanificare i DM o i DPI: una pulizia sbagliata può comprometterne infatti le capacità filtranti. Per impieghi in ambito lavorativo riferirsi pertanto ai competenti organi di prevenzione, e comunque seguire scrupolosamente le indicazioni fornite dai produttori.

5) Alcuni studi scientifici hanno mostrato come il virus si possa trasmettere per via oculare attraverso piccole goccioline, chiamate droplet, che escono dalla bocca o dal naso della persona infetta. Se si lavora in ambienti a forte contatto con il pubblico è consigliato utilizzare occhiali protettivi, oppure da vista o anche da sole. Schermi protettivi in plexiglass installati su sportelli o banconi per la rivendita sono da considerare ottimi sistemi di protezione sia per i clienti, che per i lavoratori. Anche gli occhiali (sia la montatura, che le lenti) possono facilmente essere lavati con acqua e sapone neutro per mantenerli puliti e sanificati con una salvietta imbevuta di alcool etilico.

6) Attenzione al cattivo uso dei guanti! Recentemente molti supermercati obbligano i clienti a utilizzare guanti usa e getta per poter fare la spesa, senza il rischio di contaminare i prodotti esposti. Questa procedura può conferire una erronea percezione di sicurezza e può tradursi in una contaminazione involontaria del viso. È molto importante ricordare che le mani, con o senza guanti, possono essere un vettore del virus. I guanti, così come le mani nude, vanno lavati con acqua e sapone oppure igienizzati con gel idroalcolico prima di toccare il viso.

Anche se si utilizzano dei guanti puliti, è sempre consigliato sovrapporre i guanti monouso, di solito messi a disposizione nei supermercati durante l’acquisto e la manipolazione di prodotti freschi, ortofrutticoli e da forno.

7) Usare auricolari per il cellulare. Moltissime volte al giorno le nostre mani toccano lo schermo del cellulare che, se usato senza auricolari, viene portato all’orecchio e può diventare quindi veicolo di infezione. L’impiego di auricolari, evita che telefoni e smartphone vengano appoggiati al volto.

Documento a cura del Comitato tecnico scientifico per l’emergenza Covid-19 della Regione Sardegna:

– Prof. Piero Cappuccinelli

– Prof. Francesco Cucca

– Prof. Stefano Vella

in collaborazione con:

– Prof. Luca Malfatti

– Prof. Giacomo Cao

e il Dipartimento di Ingegneria meccanica chimica dei materiali dell’Università di Cagliari

[bing_translator]

«Anche a Cortoghiana aderiamo convintamente all’associazione “Carbonia Avanti” e condividiamo la preoccupazione per lo stato di abbandono della nostra frazione.»

Ad annunciarlo è Marco Loi, ex consigliere comunale per due consiliature.

«Ormai da anni segnaliamo una serie di criticità presenti a Cortoghiana, per cui chiediamo incessantemente un intervento da parte dell’Amministrazione comunale di Carbonia. Purtroppo, alle parole non sono seguiti gli interventi sperati, nonostante la nutrita presenza di consiglieri comunali di Cortoghiana nelle file della maggioranza – aggiunge Marco Loi -. Nonostante questo, le risorse messe a disposizione della frazione di Cortoghiana sono state praticamente inesistenti ed il risultato è sotto gli occhi di tutta la popolazione.»

«Tanti sono gli interventi che sarebbero importanti per il decoro urbano della nostra frazione, non ultimi quelli utili per ripristinare al meglio lo stato del nostro cimiteroconclude Marco Loi -. Tutti impegni che, fino a questo momento, sono stati disattesi e per i quali i cittadini di Cortoghiana chiedono un intervento urgente e risolutivo da parte della Giunta guidata dalla sindaca Paola Massidda.»

 

[bing_translator]

Da oggi i cittadini hanno un nuovo modo per comunicare con il Policlinico Duilio Casula ed il San Giovanni di Dio: l’Azienda ospedaliero universitaria (Aou) di Cagliari ha attivato il servizio di Whatsapp. Per farlo è sufficiente inviare un messaggio al numero 338 719 4434 oppure cliccare qui https://wa.me/393387194434?text=Salve!%20Ho%20bisogno%20di%20un%E2%80%99informazione e si potrà immediatamente iniziare a chattare con i due ospedali dell’Aou.

Whatsapp è solo l’ultimo arrivato della grande famiglia dell’Azienda ospedaliero universitaria di Cagliari, che si conferma tra le aziende sanitarie più social d’Italia con la pagina Facebook con oltre 18.300 fan, Instagram con quasi 5.600 followers, TwitterYoutube con AouCagliari TV  e Telegram.

Un’attività di comunicazione molto intensa, quella dell’Azienda ospedaliero universitaria di Cagliari, al servizio dei cittadini. Sin dall’inizio dell’emergenza Coronavirus l’Aou si è distinta nella comunicazione istituzionale, realizzando un sito apposito con tutte le news e i dati dalla Sardegna, dall’Italia e dal mondo sul Covid-19 e ovviamente con una grande attività social.

«Il rapporto con i pazienti – spiega il direttore generale dell’Aou di Cagliari, Giorgio Sorrentino per noi è molto importante. Dare informazioni precise e velocemente facilita la comunicazione, creando un rapporto vero tra istituzioni, ospedali, aziende sanitarie e cittadini. La comunicazione è importantissima sempre ma è decisiva in un periodo di emergenza come questo: dare informazioni in tempo reale ai cittadini crea rapporto e fiducia tra pazienti, ospedali e istituzioni. Non solo: la nostra comunicazione non è solo informazione ma dialogo continuo con i cittadini che ci possono fare proposte, segnalare esigenze. Un rapporto vero, insomma. E in questo, oggi più che mai, la tecnologia ci dà una grande mano.»

[bing_translator]

Anche Bacu Abis chiede la Casa dell’acqua. Il presidente del Comitato di quartiere, Gianfranco Fantinel, ha rivolto un appello al sindaco Paola Massidda, al vicesindaco Gian Luca Lai e all’amministratore unico della Somica Giuseppe Baghino, nella quale rimarca che non avendo l’Amministrazione comunale destinato una casa dell’acqua per Bacu Abis, ha creato un forte malumore nella comunità, che chiede di avere «un servizio importante che noi condividiamo e sosteniamo».

Le prime due case dell’acqua sono state inaugurate il 27 aprile scorso al mercato civico di Carbonia e in via Bresciano a Cortoghiana.

«A tal proposito aggiunge Gianfranco Fantinelchiediamo una risposta immediata e concreta. In caso contrario vi sottoponiamo la seguente proposta: un’azienda di Carbonia intende destinare gratuitamente una casa dell’acqua a Bacu Abis. Intanto, ringraziamo per la disponibilità.
È necessario un ragionamento per creare le condizioni logistiche, organizzative e gestionali per la realizzazione di un così importante servizio di cui voi sicuramente ne coglierete tutta la valenza.»
«Vi chiediamo gentilmenteconclude Gianfranco Fantinel – di valutare tempi e modi per creare tutte le condizioni per dare una risposta concreta alla comunità di Bacu Abis, aprendo subito un confronto. In attesa di un vostro riscontro.»

[bing_translator]

A 100 anni dall’Eccidio dei minatori, uccisi l’11 maggio del 1920 nel corso delle manifestazioni per chiedere condizioni di vita e di lavoro migliori, la città di Iglesias ricorda le 7 vittime, gli iglesienti Raffaele Serrau di 23 anni, Pietro Castangia di 18, Emmanuele Cocco di 37 anni ed Attilio Orrù di 40, Efisio Madeddu di Villaputzu, di 40 anni, Salvatore Melas di Bonacardo, di 50 e Vittorio Collu di Sarroch di 18 anni, uccisi dalla forza pubblica mentre si dirigevano in corteo verso il Municipio, cercando di parlare con il Sindaco Angelo Corsi, che si era proposto come interlocutore per le rivendicazioni dei lavoratori in sciopero.

Nel corso della mattina, il sindaco Mauro Usai ed il presidente del Consiglio comunale Daniele Reginali, accompagnati dai primi cittadini di Gonnesa Hansel Cristian Cabiddu, Fluminimaggiore Marco Corrias e Buggerru Laura Cappelli, e dai rappresentanti delle sigle sindacali, hanno deposto una corona d’alloro in ricordo della vittime sulla lapide posta sul luogo dell’Eccidio, in via Satta, e sul monumento ai minatori caduti nel cimitero civico.

Una commemorazione che quest’anno, a causa dell’emergenza sanitaria in corso, ha dovuto rispettare un rigido protocollo, che ha reso necessario rinviare la tradizionale rappresentazione dell’Eccidio affidata agli studenti dell’Istituto Comprensivo Eleonora d’Arborea, che ogni anno, sotto la guida dei docenti, mettevano in scena i fatti di quel giorno negli stessi luoghi, avvenimenti ricostruiti grazie ad un importante lavoro di ricerca e di analisi storica.
A causa delle norme di prevenzione Covid-19, quest’anno la commemorazione è avvenuta senza l’abituale corteo che accompagnava i rappresentanti delle Istituzioni fino al cimitero civico.

Il sindaco di Iglesias, Mauro Usai, ha ricordato l’importanza delle lotte che hanno portato i minatori di Iglesias a fare la storia del movimento operaio nazionale, «una parentesi tragica che ha però portato ad acquisire diritti imprescindibili per tutti i lavoratori, anche se ancora oggi, in alcune parti del mondo questi diritti vengono tuttora calpestati».
Come nel caso dei piccoli minatori del Congo, dove le milizie locali controllano le miniere da cui si estrae il Coltan, minerale utilizzato per la costruzione dei componenti per gli smartphone e costringono alla schiavitù tantissimi bambini, obbligati a lavorare in condizioni disumane ed oggetto di violenze quotidiane.
Un paradosso ricordato dai partecipanti, concordi nel sottolineare come ancora oggi tanti lavoratori siano costretti a lottare per chiedere diritti e dignità sul luogo di lavoro.

L’auspicio del sindaco di Iglesias è stato quello di poter al più presto rendere il dovuto omaggio ai minatori caduti cento anni fa, perché come ha sottolineato, «l’impegno per un futuro più equo nasce dalla memoria, dal tenere vivo il ricordo del sacrificio di tanti lavoratori, come quelli che hanno perso la vita l’11 maggio del 1920, perché solamente riappropriandoci della nostra storia possiamo creare i presupposti per un futuro migliore».

[bing_translator]

Ripartiti i fondi per le Università con una dotazione complessiva di 26 milioni e 350mila euro per l’esercizio finanziario 2020. «Si tratta sottolinea il presidente della Regione, Christian Solinas -, degli interventi previsti dal Fondo Globale di sostegno al sistema universitario, per i livelli di didattica e di alta formazione offerti alla popolazione studentesca. Contributi a favore delle Università di Cagliari e di Sassari per gli oneri sostenuti per il personale universitario impiegato nelle attività didattiche. Un impegno importante da parte della Giunta regionale ha aggiunto il presidente della Regioneal fine di garantire e assicurare l’avvio dei corsi di formazione e qualificazione professionale di figure di educatore professionale socio-pedagogico e per il conseguimento delle specializzazioni per le attività di sostegno, in particolare quelle relative al personale universitario impiegato nelle attività didattiche.»

Il 65% dello stanziamento, pari a 17 milioni e 127 mila euro, a favore dell’Università degli Studi di Cagliari e il 35%, pari a 9 milioni e 222 euro, a favore dell’Università degli Studi di Sassari. L’assessore Andrea Biancareddu ha inoltre confermato che il MIUR ha mantenuto lo stesso contingente di posti, autorizzati per ciascun Ateneo con decreto ministeriale per l’anno accademico 2019/2020 lo stesso contingente: 240 posti all’Università degli Studi di Cagliari e 150 posti all’Università degli Studi di Sassari.

[bing_translator]

Sono 3 i nuovi casi positivi al Covid-19 riscontrati nelle ultime 24 ore in Sardegna, su 595 tamponi eseguiti. Salgono così a 1.343 i casi di positività dall’inizio dell’emergenza. È quanto rilevato dall’Unità di crisi regionale nell’ultimo aggiornamento. In totale nell’Isola sono stati eseguiti 34.641 tamponi. I pazienti ricoverati in ospedale sono in tutto 94, di cui 10 in terapia intensiva, mentre 417 sono le persone in isolamento domiciliare. Gli attualmente positivi sono 511. I dimessi/guariti sono 712. Rispetto all’ultimo non si registrano decessi (120 il totale).
Sul territorio, dei 1.343 casi positivi complessivamente accertati, 245 sono stati registrati nella Città Metropolitana di Cagliari (+1 rispetto all’ultimo aggiornamento), 97 (+2) nel Sud Sardegna, 57 a Oristano, 78 a Nuoro, 866 a Sassari.

[bing_translator]

«Per non far saltare il sistema sociale sardo, se fosse possibile scegliere tutte le opzioni, occorre fare in fretta e bene, ma se si deve scegliere solo una opzione, direi che ora occorre privilegiare la velocità. Servono risorse a fondo perduto per affrontare l’emergenza nell’immediato ma serve anche pianificare un rafforzamento delle politiche attive sul lavoro, un programma di formazione sui nuovi lavori e un intervento di affiancamento e supporto al contrasto delle nuove povertà, con il pieno coinvolgimento del terzo settore.»

Così sintetizza la ricetta delle ACLI, il presidente regionale Franco Marras, commentando i dati diffusi da questa mattina dallo IARES (aclisardegna.it) sui potenziali effetti sulla povertà in Sardegna.

«Non partiamo da dati da noi rilevati per valutare i gravissimi effetti della situazione ma da quelli autorevoli del CERVED, dello SVIMEZ e dell’ASPAL. Già solo nel mese di marzo ASPAL contava 24.000 posti di lavoro in meno rispetto all’anno precedente e di questi meno di 5.000 appartengono al settore turistico. Secondo lo Svimez sono 200.000 i lavoratori che hanno subito il lockdown in Sardegna, di cui un terzo lavoratori autonomi, artigiani, commercianti e professionisti e due terzi lavoratori dipendenti. A questi vanno aggiunti 50.000 lavoratori non tutelati, in prevalenza stagionali, per un totale di 250.000 persone che hanno sospeso il lavoro o non lo hanno avviato tra aprile e maggio», ha proseguito il presidente Franco Marras.

«La domanda che ci siamo fatti è quanti di questi rischiano di non riprendere il lavoro e perciò di ingrossare le file dei poveri, assoluti o relativi. Secondo due scenari elaborati dal CERVED la Sardegna perderà circa il 9% della produzione nella migliore delle ipotesi ed il 22,5% nella peggiore. Se si proietta questo scenario sull’occupazione ipotizzando tra il 10% e il 20% di persone che perdono il lavoro o non vengono assunte il dato che emerge è imponente. Se perdessero il lavoro il 10% di questi andremo a circa 25.000 disoccupati ma i dati ASPAL dicono che ci siamo già; se andiamo al 20% come percentuale di perdita del lavoro, tra lavoratori autonomi, lavoratori non tutelati e lavoratori dipendenti di aziende private che non sono ripartite andremo a 50.000 disoccupati e, con le loro famiglie a oltre 120.000 persone che entrerebbero nella fascia della povertà, ingrossando le fila dei 167.000 poveri assoluti già presenti in Sardegna.»

Per le ACLI, come si legge nella sintesi del rapporto IARES, si tratta di fare presto per salvare i tessuti sociali ed economici, servono «risorse a fondo perduto che devono essere messe a disposizione attraverso meccanismi fiduciari, sul modello del prestito d’onore, o dei mini prestiti resi disponibili dal “CuraItalia” potenziandoli, in cui sia la stessa comunità locale a sviluppare il controllo sociale, o comunque la comunità regionale. Tempi lunghi e burocrazia rendono inutili gli interventi perché erogati in ritardo e inefficaci».

Vanno messe al centro le comunità locali per un controllo sociale e non la Regione per un controllo burocratico che costerebbe più del valore delle erogazioni.

Si perderanno molti posti di lavoro ma ne nasceranno altri per i lavoratori che hanno competenze e capacità lavorative ma devono adeguarle ai nuovi lavori e servizi, per questo occorre «pianificare un rafforzamento delle politiche attive del lavoro e un programma di formazione per i nuovi lavori»

Infine, per contrastare la povertà, come ci hanno insegnato REIS, REI e Reddito di cittadinanza, non basta l’aiuto economico, serve non lasciare sole le persone, creare una rete di salvataggio e tutela dalle difficoltà accentuate dalla paura della crisi, occorre mettere al centro l’apporto che il terzo settore può dare nel territorio.

Come si legge nel rapporto «occorre prendere lezione dal passato e non lasciare incancrenire la crisi, serve il sostegno a chi è più fragile e non sarà sufficiente quello economico se non saranno le comunità locali e territoriali, le reti sociali a farlo. In un quadro disgregato come quello con il quale siamo arrivati occorrerà il forte coinvolgimento delle reti associative, di tutto il terzo settore, che in queste crisi viene liquidato dopo la fase in cui serve per fare volontariato, guidare ambulanze, portare i farmaci e la spesa o fornire mascherine. Se le comunità si disgregano non sono le istituzioni da sole, o le limitate risorse economiche a consentirlo, ma la capacità di costruire progetti che assistano le persone e le loro famiglie a ai quali partecipino tutti gli attori del territorio, istituzioni, famiglie, imprese e terzo settore».

Tavola IX: Stima soggetti e famiglie a rischio povertà dopo COVID 19 (stima IARES)

 

Sardegna

 

Totale

% lavoratori a rischio disoccupazione Stima lavoratori a rischio Totale soggetti nelle famiglie
C Lavoratori non tutelati 50.000 10 5.000 11.150
D Lavoratori autonomi in lockdown 70.525 10 7.053 15.727
E Lavoratori dipendenti in lockdown 123.191 10 12.319 27.472
Totale (C+D+E) 243.716 24.372 54.349
C Lavoratori non tutelati 50.000 20 10.000 22.300
D Lavoratori autonomi in lockdown 70.525 20 14.105 31.454
E Lavoratori dipendenti in lockdown 123.191 20 24.638 54.943
Totale (C+D+E) 243.716 48.743 108.697

Le povertà sono tante e differenti, perché come si vede da chi cade in povertà, tra un lavoratore che fa impresa, un lavoratore dipendente, uno scolarizzato e uno meno, un lavoratore tutelato e uno non tutelato sono diverse le risorse da cui ripartire.

Un appello finale dal terzo settore alle istituzioni, dunque, da parte di Franco Marras: «Non chiamateci solo alla fine, quando il danno è stato fatto, costruiamo insieme la rete di protezione per questi 120.000 nuovi poveri».