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Il presidente del Parco Geominerario Storico Ambientale della Sardegna, Tarcisio Agus, ha inviato una riflessione sull’esclusione dalla Rete dei Geoparks Unesco, ai membri dell’UNESCO Global Geoparks Council.
Di seguito, il testo integrale.
«Gent.mi, dopo l’informale comunicazione dell’uscita dalla rete dei Geoparks Unesco del Parco Geominerario Storico e Ambientale della Sardegna, dataci nella cornice del 15° European Geoparks Conference, presso il Natural Park di Sierra Norte de Sevilla ed il diluvio mediatico di critiche e disappunto ricevuti in Sardegna, sentiamo il dovere di chiedervi una ulteriore riflessione nel merito, visto l’accidentato percorso per il riconoscimento ed il mantenimento nella rete del Parco Geominerario Storico ed Ambientale della Sardegna.
Preso atto che le ispettrici Mr Marie Luise Frey e Mr Cathrien Posthumus hanno esercitato a pieno il loro dovere, riconoscendone la correttezza ispettiva ed il severo giudizio; crediamo che lo sforzo della rivalidazione del luglio scorso, nelle condizioni date, non poteva che portare all’anticipazione di Siviglia, con l’esclusione del Parco dalla Rete per mancanza dei requisiti minimi. Allora chiediamo: perché non considerare il Parco Geominerario Storico ed Ambientale della Sardegna, articolato su otto aree omogenee, come l’equivalente in Italia del Geoparco delle Azzorre in Portogallo o delle isole Oki in Giappone?
Ci spiace, perché dopo il cartellino verde del 2013, che dava per superato il limite delle otto aree, in virtù anche del fatto che la sua formazione unitaria e gestionale è sancita da una legge dello Stato Italiano, nonché da Voi successivamente accolta e sottoscritta con la firma della “Carta di Cagliari”.
Ci si rende conto che il regolamento dei Geoparks persegue l’elemento fisico territoriale unitario, pur sapendo, come detto, che il Parco Geominerario della Sardegna, ha precedenti riconoscimenti e realtà similari nel mondo.
Non sappiamo ancora se nell’immediato sia possibile riproporre una candidatura sull’intera isola, perché così come si evince dalle principali raccomandazioni del report ed in particolare: “Creare una forte rete attiva alla quale partecipino allo stato attuale tutti i comuni, il governo regionale della Sardegna, le Università, le organizzazioni turistiche ed altre organizzazioni importanti per lo sviluppo del Geoparco”, si ha necessità di un tempo congruo per una azione sinergica che consenta a tutti i soggetti su menzionati di elaborare, programmare e strutturare la rete per poter raggiungere l’importante obiettivo. Questa fondamentale azione, comunque, comporterebbe una interruzione dei rapporti con la rete dei Geoparks Unesco e quelle raccomandazioni possibili andrebbero in standby.
Oppure come più volte da voi sollecitati, abbandonare l’idea di una “Sardinia Unesco GlobalGeoparks”, per una scelta più contenuta di una delle otto aree, determinando però di fatto la rottura dell’unitarietà culturale, storica e tecnologica che lega le otto aree in un caleidoscopio naturalistico ed umano che da tempo, pur con le sue difficoltà, viene gestito con un concetto olistico caro alla rete dei Geoparks.
Vorrei in questa circostanza, ricordare l’unica sezione ispettiva, quella del 2013, che colse la piena adesione ai dettami dei Geoparks, pur in ambiti separati, ma unitari culturalmente, storicamente ed amministrativamente, in quanto, se il cartellino verde non fu dato per mero errore, oppure, come si dice all’italiana, su pressioni politiche, ma in piena consapevolezza, perché l’ispezione avvenne entro alcune delle otto aree, con la valutazione che ben conoscete: «Il Parco Geominerario Storico Ambientale della Sardegna ed un geoparco efficace e perfettamente funzionante e che nessuna delle problematiche riscontrate in merito al precedente cartellino giallo del 2011 non destano più preoccupazione».
Non ci stupisce che in quella circostanza le nostre “Azzorre”, abbiano stracciato il ferreo regolamento dell’unitarietà fisico-territoriale e rappresentato pienamente il senso d’appartenenza delle comunità e la loro identificazione con l’area parco.
Ma non solo, le otto aree, oltre che contenere i così detti geositi minerari, custodiscono e tutelano geositi naturali che in stretta connessione con le comunità locali rappresentano e si integrano con la cultura millenaria delle loro genti.
Basterebbe partecipare alle tante iniziative che le associazioni, create da ex minatori in ogni area del Parco, per capire il senso di appartenenza. L’ultima in ordine di tempo nella piccola frazione di San Benedetto ad Iglesias, dove risiedono 600 abitanti, erano presenti un terzo della popolazione, per il 6° Convegno annuale: “San Benedetto, la miniera, la comunità”.
Nel Parco, con i geositi minerari, le comunità locali danno “vita” a molti degli ulteriori geositi naturali presenti, di cui ne conoscono l’evoluzione geologica e li animano nelle svariate forme ancestrali.
Tanto per fare qualche esempio, presso la miniera di Montevecchio, si erge l’importante geosito delMonte Arquentu, da “Erculentu”, un profilo umano dedicato ad Ercole e visibile da km di distanza.
Già le genti semitiche lo frequentavano, con l’ascensione verso la sua sommità, nell’ipotetico incontro tra terra e cielo, ed ancora oggi, per le genti dell’area del Guspinese-Arburese, quello strano geosito dal profilo umano, rappresenta una icona di grande suggestione e fascino che si tramanda da padre in figlio.
Di questi esempi le nostre otto aree sono disseminate, a rappresentare, una continuità territoriale unitaria che nessun limite geografico può spezzare.
Così pure dicasi per i 141 geositi minerari, entro le “Azzorre” sarde, ove uomini, donne e bambini, hanno con la loro fatica concorso all’estrazione di quei preziosi minerali, tra formazioni scistose-metamorfiche, siluriane, porfidi, graniti, formazioni calcaree eoceniche, etc., in un’unità esperenziale che crediamo vada oltre il mero confine territoriale.
Uomini e donne che hanno contribuito, con il loro lavoro ed intelletto, ad alleviare la fatica umana con nuova tecnologia, vedi la realizzazione di macchine come l’autopala, ancora oggi diffusa nelle miniere del mondo, che strappò l’uomo dal mero uso delle braccia e del corpo nelle faticose attività in sovra e sottosuolo.
Ma non solo, l’unitarietà del Parco è rappresentata anche dalle tragedie e dalle grandi conquiste sociali che videro migliaia di uomini e donne in tutto il territorio del Parco ottenere importanti progressi sociali che si riverbereranno in Italia e nel mondo, come le otto ore lavorative, ancora in auge, o la coscienza collettiva nel lavoro che supera il corporativismo e già nel 1903, si spuntano pari dignità lavorative e salariali, tra gli operai assunti dalle società minerarie e lavoratori assoldati da società esterne che avevano lavori in appalto nella stessa miniera.
I geositi minerari stanno in stretto rapporto con le genti che gli abitano e che da anni ne tramandano gli aspetti geologici e tipologici, perché gli hanno “toccati con mano”, mentre le comunità stanno in un rapporto stretto tra ambiente e territorio in ogni area del parco, senza soluzione di continuità.
Quest’ultimo aspetto lo si stava dimostrando anche con i primi passi mossi dal GeoFood, che tendeva a sostenere, con i primi prodotti provenienti dalle aree interne dell’isola, la residenzialità, nell’ottica di poter concorrere ad arrestare lo spopolamento interno e dare un valore aggiunto alle piccole imprese famigliari, detentrici di sapori e saperi antichi radicati nel tempo.
Potremmo a lungo sviluppare diverse caratteristiche del Parco Geominerario Storico ed Ambientale della Sardegna per trovarci, pur “divisi”, la stessa flora, la stessa fauna, gli stessi paesaggi che caratterizzano il suolo di Sardegna e la stessa storia, in una unitarietà territoriale che di fatto annulla la fredda divisione di una geografia fisica rappresentata solo sulla carta.
Noi crediamo che il Parco Geominerario Storico e Ambientale della Sardegna, come il Geoparco delle Azzorre o il Geoparco delle isole Oki, nel mar di Giappone, possa continuare a dare valore alla rete dei Geoparks Unesco, con la differenza che i due parchi immersi nel profondo blu dei propri mari, non potranno estendere le buone pratiche ai territori vicini, mentre le nostre “isole” potranno contaminare, così come si è cercato di fare in quest’ultima rivalidazione, i territori circostanti, sino al coinvolgimento dell’intera isola di Sardegna, nelle more dell’auspicata rete per la candidatura dell’intera isola a “Sardinia Unesco Global Glopark”.
Pertanto, Vi invitiamo a ripensare quanto anticipatoci a Siviglia, riportando il Parco nell’ambito della Rete Unesco Global Geoparks, con un nuovo cartellino verde, per meglio tutelare, valorizzare, promuovere e risanare un territorio ferito dallo sfruttamento di importanti geositi, per affrontare con consapevolezza e senza interruzioni con la Rete, un nuovo sviluppo sociale ed economico che i Global Geoparks Unesco auspicano nei propri territori, tanto più dovrebbe essere, in quelli feriti e meritevoli di un autentico riscatto, ambientale, sociale ed economico.
Il nostro impegno sin da ora, è quello di tenere in debito conto le importanti raccomandazioni delle ispettrici e pur con le nostre possibilità strutturali e umane, sulle quali si sta cercando di intervenire, vorremmo poter continuare nel cammino del mantenimento della Sardegna nella rete dei Geoparks, sulla base delle aree in esso costituite, dentro il perimetro naturale dell’isola di Sardegna.