24 November, 2024
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E’ stata presentata ieri mattina, a Carbonia, la stagione di prosa, musica e danza che si terrà al Teatro Centrale dal 18 gennaio al 4 aprile 2020. 9 appuntamenti organizzati dal CEDAC (Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo della Sardegna) con il patrocinio e il contributo economico del comune di Carbonia.

Il programma completo è stato presentato ieri mattina, nel corso di una conferenza stampa svoltasi nella sala riunioni della Torre Civica, alla presenza degli assessori comunali Sabrina Sabiu, Gian Luca Lai e Loredana La Barbera, e di Valeria Ciabattoni, in rappresentanza del Cedac.

Il primo evento in cartellone è previsto per il 18 gennaio, con la performance musicale “Il Lago dei Cigni” sotto il segno di Pëtr Il’ič Čajkovskij. Si replica il 23 gennaio con “La Cena delle Belve” ed il 1° febbraio con “Quartet”.

L’8 febbraio sarà la volta della storia ispirata dal famoso romanzo di Cesare Pavese, “La luna e i falò”, mentre il 15 febbraio andrà in scena “Riccardo 3”, il dramma di William Shakespeare. Il 14 Marzo spazio a una “Serata romantica” a cura della Compagnia Balletto del Sud, mentre il 19 marzo ad occupare la scena saranno i protagonisti di “Un Tram che si chiama desiderio” di Tennessee Williams.
Di rilievo anche la pièce “Frammenti di tempo” in programma il 4 aprile, un omaggio a Giulio Angioni e Primo Levi, regia di Monica Porcedda.
Il gran finale della rassegna teatrale targata CEDAC sarà il 24 aprile 2020 con “Le Bugie hanno le gambe corte“, regia di Anna Pina Buttiglieri.

La campagna abbonamenti si svolgerà a partire da martedì 7 gennaio, al Teatro Centrale di Carbonia (I biglietti per il “Lago dei cigni” saranno in vendita da mercoledì 15 gennaio).

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Verranno consegnati questa sera, a Sassari (inizio alle 21.00), all’interno del teatro comunale, nel corso dello spettacolo “Insieme con le note del cuore. Musica e solidarietà in ricordo di Matteo”, i prestigiosi “Mediterraneo Fair Play Awards”, il premio, voluto dal Comitato nazionale italiano Fair Play, è destinato a quelle persone che si sono distinte in diversi settori per il loro contributo ai valori del Fair Play. La serata sarà condotta da Sergio Masia e Cinzia Careddu.

Tra i premiati anche il presidente del Comitato regionale della Fip Sardegna Bruno Perra a cui andrà  il “Premio Giovanni Cherchi” – destinato a un dirigente sportivo distintosi particolarmente per il fair play e dedicato al dirigente della Dinamo Banco di Sardegna prematuramente scomparso. Un riconoscimento, cita la motivazione del premio,  per il grande lavoro svolto in questi anni come presidente della Federbasket regionale per lo sviluppo della pallacanestro in Sardegna.

Durante la serata verrà assegnato il  “premio Mauro Piredda”,  ad un giornalista che si è contraddistinto nella sua carriera per correttezza e lealtà. Quest’anno il riconoscimento andrà a Gianni Garrucciu, volto e voce della Rai per tanti anni.

Il “premio Comitato nazionale Fair Play” andrà ad Alessia Orro, la giovanissima campionessa di volley originaria di Narbolia, palleggiatrice della nazionale e vittima di stalking, «per la sua forza e il suo coraggio, per il messaggio positivo che ha trasmesso alle sue coetanee e a tutte le donne».

Infine, il “Premio La Nuova Sardegna” il cui vincitore viene scelto dai lettori attraverso un sondaggio via web  sul sito internet del giornale, dove sono state selezionate dieci storie di fair play che spiegano  bene la filosofia dell’iniziativa. I lettori della Nuova hanno scelto di premiare cinque ragazze sarde – tre di Ozieri, una di Nule e una di Tonara – impegnate in uno stage formativo di volontariato in Tanzania.

La manifestazione, lo scorso anno, ha riscosso un notevole successo, grazie alla partecipazione di numerosi gruppi ben noti nel panorama musicale italiano, e anche grazie allo scopo nobile che l’organizzazione si è prefissata: l’intero incasso è stato devoluto in beneficenza alla Onlus Amici di Gianni Brundu per il loro progetto di cure palliative domiciliari per i malati oncologici.

Quest’anno, in occasione della seconda edizione, l’obbiettivo degli organizzatori sarà quello di raccogliere fondi per finanziare un progetto ideato dalla stessa associazione dal titolo “Volære. In mongolfiera con la bussola”. Il progetto Volære si pone alle porte delle cure palliative e si propone l’accoglienza di tutte quelle persone che ricevono una diagnosi di malattia oncologica.

L’ingresso allo spettacolo di sabato è a offerta, per i biglietti bisogna rivolgersi alla sede dell’Associazione “Insieme con le Note nel Cuore” in viale Porto Torres, 27 a Sassari oppure chiamare il numero 392 5826123.

Bruno Perra.

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L’Istituto di Istruzione Superiore I.T.I. ha infatti inserito la rassegna cinematografica nel quadro delle iniziative previste dal progetto “Alternanza Scuola Lavoro”. Tale progetto, oltre a perseguire l’obiettivo di permettere agli studenti di conoscere da vicino la realtà aziendale nei suoi molteplici aspetti, si propone di arricchire culturalmente e professionalmente il loro percorso formativo in modo da agevolare il loro ingresso nel mercato del lavoro.

La proiezione dei cortometraggi di “Visioni Sarde” consentirà di illustrare il mondo produttivo dietro la macchina da presa e il lavoro complesso e articolato di una troupe cinematografica.

Oltre alle figure chiave del regista e del produttore, la realizzazione di un film necessita infatti di figure professionali altamente specializzate che devono assolvere compiti via via artistici, tecnici e logistici. L’elenco è lungo: dallo sceneggiatore all’operatore di macchina, dal montatore al fonico, dal direttore della fotografia allo scenografo. Fare cinema significa inoltre impiegare costumisti, truccatori, attrezzisti, microfonisti, sarti, responsabili degli effetti speciali e, naturalmente, doppiatori e attori.

Il Cinema offre, insomma, tante possibilità di lavoro e l’iniziativa del 23 gennaio permessa dal dirigente Giacomo Murgia, e voluta dalla professoressa  Maria Antonietta Littera, che coinvolge gli studenti della 3ª B del Liceo Scientifico di Tortolì, fornirà agli interessati una visione d’insieme su questi sbocchi lavorativi, oltre a rappresentare un incontro con il cinema sardo di qualità.

All’appuntamento cinematografico non hanno voluto mancare, quali spettatori d’eccezione, gli adulti dell’Università della terza età per i quali è stata programmata, in altra data, una proiezione speciale presso la Biblioteca comunale “Emilio e Joyce Lussu”.

Questi i titoli che saranno proposti ai giovani studenti: “Dans l’attente” di Chiara Porcheddu, “Eccomi (Flamingos)” di Sergio Falchi, “Il nostro concerto” di Francesco Piras, “La notte di Cesare” di Sergio Scavio, “Sonus” di Andrea Mura, “Spiritosanto – Holy spirit” di Michele Marchi, “The wash – la lavatrice” di Tomaso Mannoni, “Warlords” di Francesco Pirisi, “L’Unica Lezione ” di Peter Marcias.

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Ci sono esperienze, nella vita di ognuno di noi, che segnano un’intera esistenza. Una di queste, per me, è stata la presentazione del libro “L’animo degli offesi”, di Giuseppe Mura, che ho avuto l’onore di pubblicare, avvenuta il 26 gennaio 2014 al Museo della Liberazione, in via Tasso, a Roma. Quando accadde quel giorno, può essere racchiuso nella fotografia allegata, nella quale, uno di fianco all’altro, ci sono tre reduci dei campi di concentramento di Auschwitz e Mauthausen, Vera Michelin Salomon, Pietro Terracina e Modesto Melis, che raccontarono ai presenti le loro drammatiche esperienze di deportati. Un’esperienza unica ed irripetibile, perché Vera, Pietro e Modesto, ci hanno lasciato per sempre.
Il primo a lasciarci è stato Modesto Melis. Nato a Gairo l’11 aprile 1920, si è spento a Carbonia, la sua città d’adozione, il 9 gennaio 2017. Aveva quasi 97 anni.
Vera Michelin Salomon, nata a Carema (Torino) il 4 novembre 1923, si è spenta a Lucca, poco più di due mesi fa, il 27 ottobre 2019, Aveva quasi 96 anni.
Pietro Terracina, nato a Roma il 12 novembre 1928, ha cessato di vivere nella sua città, meno di un mese fa, l’8 dicembre 2019. Aveva appena compiuto 91 anni.
Per ricordare Modesto Melis, Vera Michelin Salomon e Pietro Terracina, pubblichiamo l’articolo scritto da Nadia Pische nel n° 267 de “La Provincia del Sulcis Iglesiente”, l’11 febbraio 2014, al rientro dalla trasferta di tre giorni a Roma, che ha vissuto le altre due tappe all’Istituto Comprensivo di Marina di Cerveteri e al Liceo artistico “E. Rossi” della Capitale.
Dal 26 al 28 gennaio è stato il protagonista degli incontri del progetto/percorso “La memoria degli offesi e degli stermini dimenticati”
La “tre giorni” di Modesto Melis nella Capitale
I suoi ricordi hanno varcato il mar Tirreno per arrivare all’Istituto Comprensivo di Marina di Cerveteri e al Liceo artistico “E. Rossi” di Roma.
La tre giorni di “zio Modesto”, così ormai chiamato dai suoi più affezionati “seguaci”, ha inizio il 26 gennaio, a Roma. Il Museo storico della Liberazione, ha ospitato la prima tappa del progetto/percorso “La memoria degli offesi e degli stermini dimenticati”, promosso dal comune di Cerveteri, in collaborazione con l’Istituto comprensivo di Marina di Cerveteri ed il Liceo artistico E. Rossi di Via del Frantoio a Roma, già Istituto statale d’arte Roma 2.
Un viaggio attraverso la memoria non poteva che iniziare in un edificio ricco di storia e di storie, un vero e proprio “baule di atroci ricordi”. Lo stabile, che prima dell’occupazione di Roma ospitava gli uffici culturali dell’ambasciata tedesca, divenne la sede del comando del Sichereitdienst (SD servizio di sicurezza) e della Sichereitdienst polizei (SIPO, polizia di sicurezza) sotto il comando del tenente colonnello Herbert Kappler. Lì arrivavano i deportati, anche senza motivo, interrogati, detenuti e torturati e da lì si poteva uscire con varie destinazioni: il carcere di Regina Coeli, il Tribunale di guerra, la deportazione oppure, come accadde a molti, le Fosse Ardeatine. Circa 2.000 persone passarono attraverso quelle stanze, lasciando aleggiare per sempre, tra quelle mura, le loro tristi vicende. Dopo la liberazione, l’edificio fu occupato da sfollati, finché negli anni ‘50, la proprietaria donò allo Stato quattro appartamenti, a patto che lì nascesse il Museo storico della Liberazione.
La storia di “zio Modesto” raccontata tra queste pareti impregnate di soprusi, prende forma per rendere omaggio a chi, purtroppo, non è sopravvissuto, a chi è caduto, senza tornare, tra le mani di uomini convinti di appartenere ad una razza superiore. Quella di Modesto Melis è la storia di un uomo qualunque che si trova nel posto sbagliato, al momento sbagliato, un racconto caratterizzato da umiliazioni e fame, da privazioni e ingiustizie, da verità nascoste, scottanti, per tanto tempo taciute… verità raccontate e per tante persone inventate. “L’animo degli offesi” è una testimonianza ricca di documenti e foto che hanno reso il tutto tristemente credibile. Alla presentazione, presso il Museo sito in via Tasso, del libro “L’animo degli offesi”, scritto da Giuseppe Mura ed edito da Giampaolo Cirronis, sono stati ospiti Pietro Terracina e Vera Michelen Salomon. Coordinati dal presidente del Museo, Antonio Parisella, i tre testimoni di “memorie scottanti” hanno rievocato alcuni tra i momenti più difficili della loro terribile esperienza di vita.
Modesto Melis, un giovane di 24 anni che all’alba del 5 maggio 1945, dopo che la corrente elettrica cessa di passare attraverso i fili di corrente che circondano il campo di concentramento di Mauthausen, è un uomo libero, non è più il numero 82.441, ma è di nuovo Modesto, ed è proprio in quel momento che rinasce per la seconda volta, quando ormai la sua famiglia lo crede morto. Ora “zio Modesto” gira per la Sardegna dove vive ed ultimamente varca anche il mare, come è accaduto in questa occasione a Roma, per raccontare nelle scuole e nei centri di cultura, nei teatri e nelle biblioteche, “i suoi pezzi di vita a Mauthausen”.
Pietro Terracina, è un ebreo sopravvissuto al campo di concentramento di Auschwitz, dove fu deportato proprio per le sue origini con i componenti della sua famiglia, ben otto persone, che lì persero la vita tra barbarie e stenti e da cui venne liberato il 27 gennaio 1945. Attualmente vive a Roma, è un dirigente d’azienda in pensione ed anche lui come Modesto Melis, si reca presso le scuole, i teatri e le biblioteche, per narrare le sue esperienze vissute.
Lui stesso racconta: «Ad Auschwitz il prigioniero non aveva nome, gli internati non erano persone ma pezzi. Ai prigionieri veniva tolta la dignità. Dei sopravvissuti pochissimi sono riusciti a tornare persone degne di essere chiamate tali. C’era un grande silenzio ad Auschwitz, arrivò il momento della liberazione e nessuno gioì, eravamo minati nella salute e completamente mutilati nella personalità.»
Vera Michelin Salomon è una giovane ragazza di poco più di 18 anni, quando intorno alle 13.00 del 14 febbraio 1944, rientrando a casa della sua amica Enrica Filippini Lera, dove era ospite per motivi di lavoro, in quanto la sua famiglia risiedeva a Milano e lei svolgeva la professione di segretaria presso una scuola professionale a Roma, trovò due uomini delle SS; poco dopo, rientrò anche la sua amica Enrica, “i due” concessero loro di mangiare con il resto della famiglia, in quanto avendo notato la tavola apparecchiata per otto persone, delle quali solo cinque presenti, sicuramente nutrivano la speranza che arrivassero gli altri tre, che invece furono avvertiti della visita e si dileguarono nel nulla. Alla fine del pranzo, arrivarono anche altri due uomini delle SS e i cinque furono portati in via Tasso, nel carcere oggi Museo, da dove è partita la “tre giorni” di Modesto. Erano accusati di propaganda clandestina e Vera aveva anche l’aggravante del possesso di una pistola, che, pur non essendo sua ma conoscendone l’esistenza, ingenuamente aveva estratto da un sacco di farina in cui era nascosta, per buttarla giù dal balcone, dove fu invece immediatamente trovata. L’arresto fu un vero e proprio “fulmine a ciel sereno”, ma il volantino che facevano circolare non lasciava dubbi, il messaggio era forte e chiaro… si proclamava uno sciopero presso le scuole superiori e l’università, i ragazzi diciottenni venivano invitati a nascondersi piuttosto che a presentarsi al distretto militare… Un vero e proprio affronto! I cinque rimasero in carcere sino ai primi di aprile, quando ci fu il processo che vide l’assoluzione dei ragazzi, anche se poi uno di loro, Paolo Petrucci fu ucciso alle Fosse Ardeatine, e la condanna delle ragazze a tre anni da scontarsi in Germania. Insieme ad Enrica e Vera c’era anche Ines Versari, un’emiliana arrestata al posto della figlia partigiana. La vita in carcere era dura, essendo un penitenziario femminile le sorveglianti erano donne, non erano cattive ma pretendevano rigore e disciplina, non si poteva cantare e la lettura veniva concessa solo la domenica, purtroppo però i testi erano in tedesco. Non potevano scrivere, solo una lettera appena arrivate e dopo sei mesi una al mese, poche righe sia in uscita sia in entrata, controllate accuratamente affinché non trapelassero verità scottanti. Le tre amiche venivano obbligate al lavoro in cella e cucivano ghette per i militari bevendo un caffè a colazione, una brodaglia di rape a pranzo, a cui a volte seguiva un pezzo di salsiccia, mentre della cena non conoscevano l’esistenza. Erano donne che provenivano da diversi paesi: altre sette italiane oltre loro, molte francesi ma anche greche.
«Con l’arrivo degli americani… la liberazione… le stesse sorveglianti spalancarono le porte – racconta Vera – il giubilo fu incontenibile, in un attimo eravamo fuori dalla cella, negli anditi e poi all’esterno… subito ci diedero qualcosa da mangiare, ci riunimmo tutte noi prigioniere politiche per parlare e poi fu subito festa… finalmente potevamo cantare! Dopo qualche giorno arrivammo nell’androne di una caserma, ma i militari ci dissero che non c’era posto per noi, anzi ci sbeffeggiarono, le donne secondo loro dovevano stare a casa e non fare politica… Da lì in un posto di raccolta francese, da dove fummo rintracciate e potemmo finalmente salire sulla jeep dell’esercito inglese, eravamo dei partigiani che desideravano solo tornare a casa… arrivammo a Milano nella notte del 2 giugno» Oggi Vera si reca anche lei come Modesto Melis e Pietro Terracina in luoghi di cultura, per trasmettere ai giovani e non solo, le nefandezze di cui sono stati vittime e di cui non dimenticheranno mai i segni, per sempre impressi nei loro ricordi.
La seconda tappa di questo viaggio nella memoria prosegue a Marina di Cerveteri dove, come racconta lo stesso autore del libro, Giuseppe Mura… «ci ha accolto una pioggia battente, preludio di quella ben più abbondante che si sarebbe poi riversata su Roma qualche giorno appresso; deliziosa cittadina quella di Cerveteri, benché al momento avvolta in una nube di gocce d’acqua. Era appunto la mattina del 27 gennaio, anniversario emblematico della liberazione del lager di Auschwitz-Birkenau da parte delle avanguardie dell’armata rossa avanzante verso il cuore del Reich. Ad accoglierci, nella suggestiva scenografia offerta da un’ampia sala consiliare, ricavata nel magazzino di un antico granaio, recentemente restaurato ed oggi adibito ad edificio comunale, con tanto di torre/silo e con l’ampia scala a chiocciola, sulla quale si arrampicavano un tempo i somari, gravati del peso delle gerle di grano, il giovane sindaco Alessio Pascucci con l’assessore alle Politiche scolastiche Giuseppe Zito, insieme a qualche centinaio di bambini e ragazzi delle scuole secondarie di primo grado e primarie, accompagnati da genitori, insegnanti e dalla loro dirigente scolastica Maria Vittoria Serru, promotrice ed organizzatrice, insieme a Marisa Melis e Marisa Deledda, di queste tre giornate di presentazione e commemorazione delle stragi perpetrate dal nazifascismo, negli anni compresi tra il 1940 e il 1945.»
Come sempre accade nelle scuole in cui Modesto si trova a narrare la sua terribile esperienza, il racconto è stato ascoltato in attonito silenzio, trasformatosi poi in una cascata di domande da parte dei presenti, adulti e ragazzi, che hanno trovato nelle sue parole, sempre misurate e spesso mitigate da un velo di ironia, risposte ai quesiti ed alle perplessità dei presenti. Al termine dell’incontro, una rappresentanza di bambini ha donato all’ex deportato alcuni lavori da loro stessi preparati, con disegni e riflessioni sull’argomento, concludendo così con un sorriso di speranza «una giornata voluta per ricordare, soprattutto ai ragazzi che si accingono ad affrontare la vita, di quali orrori siano capaci gli esseri umani.»
L’ultima tappa della “tre giorni” si è svolta presso il Liceo artistico E. Rossi di Via del Frantoio a Roma, già Istituto statale d’arte Roma 2 dove, col patrocinio del comune di Roma. la dirigente scolastica Maria Grazia Dardanelli ha promosso a pieni voti il progetto, dando il compito di coordinatore dell’evento al professore Bruno Ulian. La mattina del 28 gennaio si è presentata baciata dal sole, “zio Modesto e il suo staff”, hanno raggiunto il giardino della scuola, dove hanno conosciuto la dirigente ed il coordinatore, da lì hanno poi raggiunto il luogo dell’incontro: una splendida struttura prefabbricata con tanto di soppalchi balconati. Ovunque intorno, sulle pareti, negli angoli, appese al soffitto e posate su basi, risplendevano le creazioni degli “studenti artisti”, si respirava una ventata di “vita creativa”, quasi una speranza per un futuro all’insegna di risoluzioni diverse dettate appunto dalla creatività.
Dal tavolo è stato molto piacevole ascoltare le riflessioni della dirigente, del coordinatore, della relatrice Marisa Melis e dell’ambito e piacevolissimo ospite Modesto Melis. Quasi superfluo raccontare l’attenzione con cui i ragazzi e le ragazze della quarta e quinta classe hanno seguito l’intera performance della mattinata: dapprima le esposizioni, poi i racconti, quindi le letture di qualche brano saliente del libro da parte di due studentesse dell’Istituto, un video straziante, girato in occasione della liberazione del campo e, infine, le domande. Una valanga di domande, curiosità e riflessioni che gli studenti hanno rivolto a “zio Modesto”, mostrandogli tantissimo rispetto, ammirazione ed affetto… perché è quasi impossibile non affezionarsi immediatamente a questo curioso ed incredibile “nonnetto novantaquattrenne”, che dall’alto del suo metro e cinquantotto centimetri ha mostrato ed ancora mostra, attraverso i suoi strazianti racconti, sempre velati da una punta d’ironia, quasi per mascherare le atrocità viste e subite in prima persona, la malvagità da parte di troppi uomini, un intero popolo, che ha privato della dignità e della stessa vita uomini, donne e bambini che avrebbero avuto una vita felice e prospera, se solo non fossero finiti in quei tremendi luoghi, “pozzi” di angherie, discriminazioni, persecuzioni e, per molti, vere e proprie tombe.
Una “tre giorni”, quella di “zio Modesto”, che è servita, in qualche modo, a far volare in alto una testimonianza che merita di essere “urlata” ma che con Modesto Melis è stata sussurrata per posarsi più delicatamente nei cuori di tutte le persone che lo incontrano, lo conoscono, che parlano con lui e che dalla luce che emanano i suoi occhi… ed il suo sorriso, traggono uno stato di benessere e rassicurazione… pace… la stessa che ci piace augurare a tutti gli innocenti morti per mani crudeli e ricordati da eventi come questi che hanno un unico obiettivo: RICORDARE PER NON DIMENTICARE…
Grazie “zio Modesto”! Ora non ci resta che sperare in una prossima tappa in Sardegna…
Nadia Pische

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Il comune di Sant’Antioco si è aggiudicato un finanziamento regionale di 200 mila euro da destinare al restauro e al consolidamento della Torre Campanile (torretta dell’orologio) di Piazza De Gasperi, struttura attigua alla Basilica di Sant’Antioco Martire. Una somma che consente di mettere un altro tassello al grande progetto di rinascita e riqualificazione del Centro Storico, culla della cultura antiochense, tra Basilica, Catacombe, Palazzo del Capitolo, Necropoli di Sulky, Su Forti e l’Acropoli. Un programma ampio e articolato che vede l’impegno dell’Amministrazione Comunale profuso su più fronti: da una parte, i lavori di restauro della Basilica, spazio sacro delle reliquie del Patrono della Sardegna, Antioco Martire, che procedono spediti insieme a quelli della Necropoli (settore Nord) proiettati vero la riapertura al pubblico di uno dei siti archeologici più importanti del Mediterraneo; dall’altra, il progetto di riqualificazione di “prac’e cresia” e la “cancellazione” definitiva della voragine che da oltre vent’anni la squalifica, avviato verso la gara d’appalto per la realizzazione delle opere (a fine 2019 è stata approvata la progettazione definitiva), mentre il restauro dei prospetti esterni del Palazzo del Capitolo, edificio confinante con la Basilica, è stato già concluso, ridando bellezza a uno dei monumenti storici della città.

«Il nostro impegno verso la riqualificazione del centro storico troppo a lungo dimenticato è massimo – commenta il sindaco Ignazio Locci – il finanziamento che ci è stato accordato ci consente di favorire un intervento risolutivo sulla torre campanile, la quale necessita di opere urgenti per problemi di natura strutturale che mettono a rischio la sicurezza dei cittadini. Problemi che, in virtù della relazione tecnica degli Uffici comunali datata 15/06/2018, mi hanno indotto a emanare un’ordinanza di inagibilità del locale deposito della Piazza Parrocchia e del campanile. Mettiamo così mano a tutti gli edifici presenti nella piazza De Gasperi, dalla Basilica alla “voragine”, passando per il Palazzo del Capitolo e, infine, per la torretta dell’orologio. Ma non solo: va osservato che parallelamente si sta intervenendo nei siti archeologici che sorgono nei pressi della piazza, al fine di aprire al pubblico alcune delle nostre perle. In primis, la Necropoli Punica, sulla quale attualmente è in corso un ampio progetto di consolidamento che garantirà la fruibilità del sito e quindi importanti ricadute turistiche. Senza dimenticare l’Acropoli, situata accanto al Forte “Su Pisu”, che verrà sistemata al meglio dal cantiere del Cammino minerario di Santa Barbara per poi essere mostrata ai visitatori. Tutto questo grande lavoro perché il centro storico va inteso e vissuto come una grande area archeologica e culturale capace realmente di attrarre visitatori. A ciò si aggiunge il recentissimo inserimento di Sant’Antioco e del patrono della Sardegna tra i Cammini religiosi della Fede. Un grande successo che si fa guardare al futuro con ottimismo.»

Cenni sul campanile.

La torre fu ultimata nel 1900: nella cella campanaria furono installate due campane e un orologio De Biasi. Sant’Antioco iniziò così il ventesimo secolo con la torre comunale munita di un orologio che scandiva le ore col suono delle campane. Smise di funzionare intorno agli anni 60 del secolo scorso. Le campane rimasero ancora in esercizio fino alla morte dell’ultimo campanaro avvenuta alla fine degli anni ottanta del secolo scorso.

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Dura presa di posizione di Articolo Uno contro le scelte della Giunta Solinas in materia di istruzione.
«L’istruzione è un pericolo? Per la Giunta regionale della Sardegna pare proprio di sì. Se si vuole colpire lo sviluppo di un popolo si parte dal togliere loro le risorse per conoscere e istruirsi – si legge in una nota di Articolo Uno –. Pare che questo la Giunta Solinas lo abbia capito molto bene dato che in pochi mesi è riuscita con assoluta indifferenza a toccare uno dei più grandi risultati ottenuti dalla scorsa Giunta, per cui Articolo 1 aveva messo il massimo impegno. Il tanto difficile ma raggiunto risultato di dare a tutti gli idonei la borsa di studio universitaria è solo un ricordo. Dall’insediamento della nuova giunta l’odiosissima categoria “Beneficiario non Idoneo” è tornata in auge grazie ai tagli voluti dalla maggioranza. Se questo non bastasse, la nuova maggioranza ha ben pensato di tagliare di tagliare i trasferimenti ai Comuni per far fronte ai costi del trasporto scolastico degli alunni della scuola dell’infanzia e di primo grado, lasciando i comuni da soli a condurre la battaglia contro la dispersione scolastica.»
«Quanto sta facendo l’attuale Giunta – dichiara il consigliere regionale Eugenio Lai – è vergognoso. Si sta pericolosamente giocando con il diritto allo studio delle nuove generazioni, infischiandosene dello sviluppo sociale e culturale ed economico di un’intera Isola. Vedere andare in fumo i grandi risultati raggiunti – aggiunge l’ex assessore regionale all’istruzione Giuseppe Dessena – è inaccettabile. Gli anni scorsi, mattone dopo mattone, eravamo riusciti a trasformare il settore istruzione sardo in un modello che altri regioni invidiavano. Oggi, in maniera scellerata, la nuova maggioranza ha deciso di far arretrare la Sardegna.»
«Articolo Uno – conclude il segretario regionale Luca Pizzuto – si batterà contro questo scempio e contro questo progetto, scientificamente voluto, di abbassare il livello di istruzione e conoscenza dei nostri giovani. Si vuole privare la nostra comunità del più grande strumento contro l’oppressione ed i soprusi. Non lo permetteremo.»

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Il presidente della Regione, Christian Solinas, ha incontrato questa mattina monsignor Giuseppe Baturi, che domani 5 gennaio sarà ordinato arcivescovo di Cagliari nella basilica di Nostra Signora di Bonaria.

«Con la Chiesa sarda – ha detto il presidente Solinas, salutando e ringraziando l’arcivescovo uscente, monsignor Arrigo Miglio – abbiamo subito avviato e rinsaldato un dialogo produttivo in uno spirito di costante collaborazione. L’attenzione della Giunta per un concreto sostegno alle diocesi di tutta l’Isola è massima, come dimostrato dal recente stanziamento di importanti risorse destinate a creare nuovi oratori, presidi di formazione e cultura nel territorio e centro di crescita e di sviluppo per le nostre nuove generazioni. A monsignor Giuseppe Baturi vanno i migliori auguri, miei e di tutta la Giunta, per un sereno e proficuo lavoro.»

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«Gli animali al circo non si divertono.»

Così recita lo striscione affisso questa notte dai militanti de La Foresta Che Avanza, gruppo ecologista ed animalista di CasaPound Italia, per protestare contro la presenza del Circo di Mosca di Paolo Orfei.

«Come già fatto in passato, vogliamo sensibilizzare i cittadini sul problema dello sfruttamento degli animali – afferma il movimento – i quali vengono sottoposti ad un addestramento violento, maltrattamenti quali l’uso di strumenti di contenzione, lunghi digiuni e frequenti percosse con pungoli, costretti a dimorare in gabbie e spazi angusti dove rimangono chiusi per lunghissimi periodi di tempo durante gli spostamenti della carovana circense di città in città.»

«Capita spesso inoltre, che gli stessi animali si ribellino a questa situazione e scappino – continua la nota – anche qui in Sardegna dove questa estate il “caimano Jack” scomparve dal circo Martin che l’agosto scorso fece tappa ad Orosei. È fondamentale capire che questi animali vengono strappati dal loro habitat naturale per il puro divertimento dell’uomo, e alcuni di loro sono rari o in pericolo proprio come la Tigre Bianca che il circo Mosca ostenta nelle proprie locandine comparse per tutta la città di Cagliari.»

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E’ confermato anche quest’anno l’appuntamento con “La Befana in Miniera”, manifestazione per i bambini che si svolgerà nel pomeriggio del 6 gennaio all’interno della Lampisteria del Museo del Carbone. A partire dalle 15.00 i bambini si divertiranno con l’animazione musicale, i truccabimbi e i personaggi Disney fino all’arrivo della Befana, che porterà un grande sacco pieno di dolci per i bimbi. La manifestazione è organizzata dal Museo del Carbone con la partecipazione attiva dell’associazione Pro Loco di Carbonia e l’animazione di Angel Eventi.

L’ingresso alla manifestazione è gratuito e include la mostra In miniera tra i Presepi, inaugurata lo scorso 8 Dicembre. I presepi e gli alberelli di Natale (novità di questa IX edizione), realizzati da scuole, associazioni, appassionati e artigiani, si possono votare fino al 4 gennaio. Durante la manifestazione “La Befana in Miniera” saranno premiati gli autori delle opere più votate. Ricordiamo che la mostra è visitabile negli orari di apertura del Museo: tutti i giorni 10.00-17.00, 24 e 31 dicembre 10.00-13.00 (chiuso i lunedì non festivi, il 25 dicembre ed il 1 gennaio).

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Dopo il successo editoriale del volume “Il tempo dei Nuraghi” pubblicato lo scorso anno, è ora in libreria “Il Tempo dei Fenici. Incontri in Sardegna dall’VIII al III secolo a. C.“, secondo titolo della collana di archeologia edito dalla Ilisso. Ancora un’opera monumentale per la quale la casa editrice nuorese ha coinvolto 37 autori, specialisti in vari ambiti, che hanno redatto 78 testi in oltre 440 pagine con un grandioso apparato iconografico di 576 immagini a colori e vivaci tavole illustrate in grado di guidare il lettore in un affascinante viaggio.

Un’avventura editoriale straordinaria, diretta anche per questa nuova edizione dall’antropologa e archeologa cagliaritana Tatiana Cossu, col coordinamento scientifico dei docenti Carla Del Vais, Michele Guirguis, Alfonso Stiglitz ed il coordinamento editoriale firmato dalla storica Anna Pau.

Un volume da sfogliare pagina per pagina, per meglio comprendere e assorbire l’apporto multidisciplinare delle diverse scienze d’indagine affrontate, da quelle botaniche e zoologiche, a quelle più specifiche come la bioarcheologia o la paleopatologia, discipline che grazie a rigidi protocolli di ricerca sui metodi di raccolta dei frammenti ossei consentono oggi un quadro più chiaro delle numerose sepolture. Tanti nuclei tematici che come le tessere di un mosaico restituiscono un affresco affascinante e complesso di un’epoca che ha visto i Sardi protagonisti nell’ampio scenario del Mediterraneo.

La storia e la cultura del popolo che inventò l’alfabeto sono state studiate grazie a una metodologia narrativa originale, in grado di elaborarne i molteplici ambiti: le merci e le rotte, la politica e la religiosità, le attività agricole e artigianali, la casa e la vita domestica, il trattamento dei defunti e le tombe infantili. E ancora: le divinità, l’alimentazione, la musica e la danza, la scrittura, i gioielli e gli amuleti, i templi, le tombe e la ricerca antiquaria nelle principali necropoli di Sardegna (Monte Sirai, Tharros, Othoca, Tuvixeddu, Villamar).

Il risultato, oggi presente in tutte le librerie – compreso il book-shop del nuovo Spazio Ilisso di via Brofferio a Nuoro – è un volume esaustivo, dall’apparato iconografico sorprendente, reso possibile oltre che dal contributo del Banco di Sardegna anche grazie alla collaborazione di quanti ogni giorno si occupano della tutela e della valorizzazione del nostro patrimonio storico: il Polo Museale di Cagliari, i Musei e le Soprintendenze archeologiche della Sardegna, i Musei Reali di Torino, il Museo del Vicino Oriente, Egitto e Mediterraneo di Roma, il Museo del Louvre di Parigi, il British Museum di Londra, i piccoli Comuni, l’Università di Cagliari e quella di Sassari, una rete preziosa di enti e istituzioni al lavoro per restituire l’affascinante civiltà dei sardi.