Nuovo appello del Comitato riconversione RWM a tutti i soggetti interessati, affinché colgano le priorità per lo sviluppo
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In questa situazione di grave difficoltà e sospensione per i lavoratori della Rwm, il Comitato Riconversione Rwm per la Pace ed il Lavoro sostenibile rinnova l’appello a tutti i soggetti interessati, affinché colgano le priorità per lo sviluppo, adesso che la pandemia ha evidenziato quanto la salute e la vita debbano essere alla base di ogni scelta.
«Ci rivolgiamo, ancora una volta, ai sindacati e ai politici regionali, ai sindaci, alle giunte e ai consigli comunali, ma anche alle autorità religiose delle diverse confessioni e alla società civile, perché guardino con lungimiranza alla situazione che si è creata in seguito al provvedimento del Governo relativo all’esportazione di missili e bombe d’aereo verso Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti e concorrano, ciascuno per ciò che gli compete, a dare una svolta pacifica all’economia del territorio – si legge in una nota -. La decisione del Governo non è un dispetto alla Sardegna, né un provvedimento “ad aziendam”, ma l’effetto dell’applicazione di una legge dello Stato, in linea con il Trattato internazionale sul commercio delle armi, diverse risoluzioni dell’ONU e la PESC (politica estera e di sicurezza comune) dell’UE. Il diritto internazionale non consente che si vendano armi a paesi in guerra o in palese violazione dei diritti umani. Il Governo, seguendo l’indirizzo del Parlamento, ha applicato la legge. Da anni, diversi schieramenti hanno dichiarato la loro contrarietà a quel tipo di esportazione, richiamando la L. 185/90. È il caso delle mozioni di M5S, PD, LEU, FdI, F.I., Lega.»
«Molti parlamentari, compreso il commissario della Lega in Sardegna, hanno firmato la mozione parlamentare del 24/06/2019, che ha generato la sospensione delle licenze verso l’Arabia Saudita a luglio 2019.
Le industrie belliche conoscono le norme internazionali e la legislazione italiana e, infatti, si organizzano, con la flessibilità e la precarietà della manodopera interinale, per assecondare le fluttuazioni della richiesta e i possibili mutamenti delle autorizzazioni governative. Si tratta infatti di lavoratori che possono essere scaricati in qualsiasi momento, ai quali, a scadenza di contratto, non spetta neppure la cassa integrazione.
Parliamo di industrie belliche perché riteniamo fuorviante l’etichetta “industria del settore difesa” applicata alla fabbrica di bombe di Domusnovas Iglesias. Si tratta di un’azienda che nel 2019 ha destinato all’Italia solo l’1% della produzione e all’UE il 3%, mentre la grande fetta della produzione è andata a nazioni più volte giudicate, da osservatori internazionali super partes, aggressive e non rispettose dei diritti umani, impegnate peraltro nel peggiore conflitto dalla seconda guerra mondiale ad oggi, in Yemen (fonte ONU).
Se Parlamento e Governo hanno ritenuto opportuno revocare la licenza di vendita all’Arabia Saudita è perché l’uso che quella nazione ha fatto delle bombe Rwm non è certamente difensivo.
Per appurarlo ci sono voluti giornalisti e politici coraggiosi e tenaci e una società civile attenta e ostinata. Dovevamo aspettare anni per arrivare alla conclusione di oggi? E in che modo possiamo avere garanzie che il lavoro delle nostre mani non concorra più a distruggere altri paesi del mondo, dai quali non dobbiamo certamente necessità di difenderci?
Risolvere la crisi dell’occupazione armiera aumentando il mercato interno delle bombe non ci sembra una buona idea: l’Italia deve proprio munirsi di migliaia di bombe, in un momento in cui la pandemia con i suoi drammi, e con le risorse europee in arrivo, indica decisamente altre direzioni?
Poniamoci nell’ottica del lavoro e non dell’impresa che, a fronte di pochi stipendi sicuri e di altri fluttuanti, realizza profitti enormi, solo in minima parte reinvestiti nel nostro territorio.
Serve davvero allo sviluppo della Sardegna ospitare un’attività che, anche quando rispetta tutti i parametri di sicurezza, è comunque ad alto rischio d’incidente, sia in loco che quando trasporta tonnellate e tonnellate di bombe attraverso le nostre strade e i nostri porti e aeroporti?
Siamo contrari alla guerra, provocata quasi sempre da motivi economici, tra cui la volontà di incrementare la vendita di produzioni belliche; siamo contrari alle vendite di navi e aerei da guerra e chiediamo da tempo che si fermino anche quelle.»
«La pace è fatta di scelte concrete, economiche e politiche e non nasce da sé. Auspichiamo che il nostro territorio e la nostra Isola siano nel mondo un faro di pace e che la nostra gente non debba vivere di guerre – conclude la nota -appello -. Noi facciamo, da sempre, la nostra parte di cittadini attivi, ma le leve del territorio sono in mano alla politica che, in sinergia con i sindacati, avrebbe la possibilità di costruire un avvenire di pace e benessere. Naturalmente tutto questo può avvenire soltanto con scelte coraggiose, libere e lungimiranti, come quella della riconversione ad una produzione pacifica, duratura e sostenibile, di uno stabilimento pensato per produrre, a migliaia di pezzi l’anno, orribili ordigni di morte. Non perdiamo questa occasione! Che si inizi, finalmente, a lavorare tutti e tutte insieme, per dare ai lavoratori e al territorio, una nuova prospettiva di sviluppo!»
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