Nella seduta del 5 marzo 2021, il Consiglio Direttivo del Parco Geominerario Storico e Ambientale della Sardegna ha deliberato il patrocinio al progetto “Sardegna paesaggio culturale del Patrimonio Universale UNESCO”, unendosi ai patrocini già espressi dalla Regione Sardegna e dai Comuni dell’isola, per sostenere, d’intesa con il Comitato “La Sardegna verso UNESCO“, l’istanza per l’iscrizione nella tentative list del bene “I Monumenti nuragici della Sardegna”.
Nel vasto territorio del Parco Geominerario, con i suoi circa 3800 kmq, i monumenti nuragici sono diffusi in ogni angolo, a testimoniare la capillare distribuzione culturale di questo periodo storico, meglio noto come “Civiltà Nuragica”. Un intenso ed articolato periodo che si protrae per ben 1.500 anni, dal 1800 a.C, al 238 a.C, inizio della dominazione romana.
Questo arco di tempo è parte importante della storia affidata al Parco Geominerario Storico e Ambientale della Sardegna, chiamato oggi alla tutela e valorizzazione dei geositi e dei siti minerari della Sardegna.
In un gran numero di geositi l’uomo, sin dal Paleolitico (Età della pietra), ha lasciato tracce del suo passaggio sfruttando le cavità naturali e servendosi dei componenti geologici come i manufatti litici ritrovati nell’Anglona e databili tra i 450.000 ed i 120.000 a.C. Mentre, diciamo, più recenti e maggiormente noti sono i manufatti litici dell’ossidiana del Neolitico Antico, riconducibili al VI-V millennio a.C.
L’obiettivo è certamente candidare i monumenti nuragici della Sardegna, ma questi hanno una storia che li precede e che sostiene con forza questo momento storico dell’isola. Tutti noi riconosciamo nella Civiltà Nuragica una cultura maturata in simbiosi con il territorio e che dal territorio trae le ragioni della sua esistenza e del suo progresso, oggi rappresentato, in maniera figurata, dai nuraghi.
Questo simbolo di un popolo fiero e solidale rappresenta, come ci ricorda il prof. Giovanni Lilliu: «…Un grande sforzo umano economico e sociale e l’esito di una situazione storico – politica di non poca efficienza…».
Certo è che questo nostro simbolo, poi ampliatosi con i diversi nuraghi complessi, adotta la tecnica costruttiva circolare dei grandiosi ipogei, con corridoi e pseudo cupola, diffusa nel mondo per l’edificazione, in sotterraneo, dei monumenti funerari, meglio nota come Thòlos. L’esempio più rappresentativo lo ritroviamo nel Tesoro di Atreo o Tomba di Agamennone, a Micene (Grecia), databile al 1250-1300 a.C.
Questa interessante tecnica, costituita da cerchi concentrici di blocchi lapidei, nell’isola si caratterizza non per l’edificazione di edifici sepolcrali, ma assume una nuova inedita ed unica rappresentazione nel mediterraneo e nel mondo. Tutti i nuraghi (circa 7000), con le loro Thòlos, sono in elevato e fuori terra, a connotazione simbolica del popolo che le erige, e per molti studiosi rappresentano le demarcazioni territoriali delle comunità isolane che vivono in ambiti cantonali ed in simbiosi tra loro.
Le uniche Thòlos sotterranee con corridoio della Cultura Nuragica, sono i pozzi sacri, ma anche questi non nascono come edifici sepolcrali ma, in linea con la nostra attuale cultura, potremmo chiamarli templi nuragici. I templi a pozzo o pozzi sacri sono i luoghi di culto legati in particolare alle acque purificatrici e lustrali, nonché luoghi di pellegrinaggio e di incontro delle comunità.
L’elemento che caratterizza questa nostra Civiltà è anche il diffuso megalitismo che non troviamo solo nei nuraghi e pozzi sacri, ma a queste due testimonianze vanno aggiunte le Tombe dei Giganti e fortificazioni nuragiche.
La tomba dei giganti è l’edificio sepolcrale per eccellenza, composto da un corridoio e dall’esedra, struttura a forma di semi luna, che racchiude al suo centro la porta di ingresso, in molti casi rappresentato da una stele modanata. Anche questo monumento megalitico è totalmente aereo e rappresentano sepolture collettive, nello spirito solidale delle comunità territoriali. La combinazione corridoio ed esedra, molti studiosi la interpretano come congiunzione tra la Dea Madre ed il Dio Toro, nella rinascita dei defunti, in quanto già elementi generativi della vita.
Le fortezze nuragiche sono elementi megalitici dotati di alte mura con agli apici le torri nuragiche, probabilmente luoghi di produzione, in particolare per alcuni elementi ritrovati di matrici di fusione.
Una delle più significative è la fortezza di “Saurecci” in territorio di Guspini, pur non scavata, ha restituito un frammento di matrice in steatite di una bipenne. Il complesso da sempre suscitò l’interesse del prof. Lilliu che avrebbe voluto indagarlo, anche per la sua vicinanza alle miniere di Montevecchio.
Proprio in questo periodo si ritiene vi sia stato il grande sviluppo metallurgico e minerario che ha portato poi alle estrazioni dell’Ottocento.
A testimoniarlo è la grande produzione bronzea sinora ritrovata e composta dalla straordinaria molteplicità dei bronzetti, a rappresentare la vita delle comunità con i numerosi animali, ma anche la forza e l’evoluzione della Civiltà Nuragica e del suo popolo, con i guerrieri e le navicelle, a conferma dell’ormai sempre più riconosciuto Popolo del Mare, che l’illustre studioso prof. Giovanni Ugas ci rivela nella sua poderosa opera: Shardana e Sardegna – I Popoli del Mare, gli alleati del Nordafrica e la fine dei Grandi Regni (XV-XII secolo a.C.).
Tarcisio Agus