Il Punto Nascite dell’ospedale CTO di Iglesias, l’unico del Sulcis Iglesiente, rischia seriamente la chiusura. I numeri dei parti annuali, soprattutto quelli registrati nei primi 6 mesi di quest’anno, lasciano poco spazio alle interpretazioni. Perché se è vero, come previsto dalle normative nazionali, che per ottenere una deroga (dal Ministero della Salute) per il mantenimento in funzione dell’importante servizio bisogna raggiungere quantomeno la fatidica soglia di 500 parti annuali, né l’anno scorso con 350 parti e né quest’anno si è riusciti e si riuscirà a centrare l’obiettivo. Da gennaio ad avantieri – 8 giugno, ossia nei primi 6 mesi del corrente anno, infatti, sono stati solo 133 i parti effettuati al Punto Nascite dell’ospedale di Iglesias; nel 2020, nel medesimo lasso di tempo (dal 1 gennaio all’8 giugno), si sono invece registrati 142 parti. Numeri insufficienti che mettono a serio rischio il proseguo del servizio che già a inizio anno aveva ottenuto dal Ministero una deroga per il proprio funzionamento ma che adesso, se si confermasse questo trend, potrebbe essere messa seriamente in discussione.
Un’ipotesi assolutamente deleteria, da scongiurare in qualsiasi modo. Tanto più in un territorio che da decenni patisce un progressivo depotenziamento dei propri servizi sanitari a causa di politiche non sempre attente ai bisogni reali dei cittadini, nonché ai fenomeni di depauperamento economico, sociale e demografico, oramai diffusi in ogni centro urbano. Non è un mistero, infatti, che dal 2011 al 2020, come ultimo anno preso come riferimento dall’Istituto di Statistica Nazionale per il censimento della popolazione residente, si sono registrati nelle comunità del Sulcis Iglesiente 8.170 abitanti in meno. Un progressivo calo dei residenti dovuto al saldo tra i deceduti e nuovi nati, e dunque dall’amplificarsi della denatalità e dall’emigrazione di tanti giovani verso altri lidi alla ricerca di nuove opportunità di realizzazione professionale.
Dati e contesto economico-sociale che incidono ovviamente anche sul progressivo calo nel numero dei parti. Allo stesso modo della mobilità passiva da parte delle partorienti verso altre strutture regionali. Sempre più donne, infatti, negli ultimi anni hanno scelto di non partorire nel Sulcis Iglesiente e di andare altrove. In parte perché dubbiose (dopo anni di pubblicità negativa, contrapposizione e delegittimazione pubblica dei servizi sanitari territoriali) sull’effettiva capacità della struttura di Iglesias di assicurare tutti i principali standard di sicurezza per se stesse e la salute dei propri figli, e in altra misura perché desiderose di avvalersi di importanti servizi, ad esempio, come quello del parto analgesico oggi assente all’ospedale CTO di Iglesias.
Un fenomeno, quello dell’insicurezza delle partorienti e della mancanza di adeguati servizi qualitativi, e dunque della mobilità passiva, che si è accentuato nel tempo a causa della mancata attuazione della precedente riforma sanitaria che aveva promesso di implementare e rafforzare i meccanismi della medicina territoriale e, soprattutto, di genere. Permettendo la nascita di servizi virtuosi decentrati per la presa in carico da parte di professionisti sanitari delle donne per tutto il percorso della gravidanza, direttamente nelle proprie comunità, e contestualmente il rafforzamento del Punto nascite con l’implementazione oltre che di importanti servizi come il parto analgesico, anche di tutti quegli strumenti (servizi, macchinari tecnologici, e reparti) indispensabili per garantire la totale sicurezza delle madri e dei propri figli, prima e dopo la nascita.
Per lunghi anni le promesse sono rimaste disattese e nel contempo è cresciuta la diffidenza. Soprattutto in quegli ambiti territoriali più periferici rispetto alla città di Iglesias, nei quali a suo tempo, nell’anno 2015, il trasferimento del reparto dall’ospedale Sirai al CTO non era stato accolto di buon grado.
Mettendo da parte il passato e qualsivoglia responsabilità pregressa, ora bisogna però reagire e trovare delle soluzioni: sia nel brevissimo termine per scongiurare ogni tentazione di chiusura, sia in prospettiva per costruire le migliori condizioni di accoglienza nelle strutture del territorio e invertire la tendenza alla mobilità passiva (che peraltro insiste su numerose altre fattispecie di prestazioni sanitarie). E in generale, in futuro, con politiche a più ampio respiro, magari sfruttando le enormi potenzialità del “piano nazionale di ripresa e resilienza” anche per invertire i fenomeni della denatalità e dello spopolamento.
Rivolgo, dunque, un appello a tutte le forze politiche e sindacali del territorio e della Regione a fare fronte comune su questa battaglia, per sollecitare il ministero della Salute a rinnovare la deroga al Punto nascite del CTO anche per gli anni a venire, in considerazione anche del particolare periodo di pandemia che viviamo e che, ovviamente, non può essere considerato ordinario e dunque affrontabile con le valutazioni e gli strumenti tradizionali.
Mi appello anche ai lavoratori del sistema sanitario territoriale, dagli operatori in campo fino a coloro che hanno responsabilità dirigenziali, affinché profondano sforzi ancora maggiori, rispetto a quelli già profusi, per preservare le strutture ospedaliere e garantire un’offerta sanitaria all’altezza delle aspettative dei pazienti e in generale dei cittadini del territorio. Poiché solo operando tutti nella stessa direzione si potrà preservare quello che è un bene di tutti e senza il quale lo stesso futuro del territorio verrà messo in grave discussione.
Contestualmente però è indispensabile che in questo lasso di tempo si dia concretamente e seriamente gambe alla ricostituzione dei servizi legati alla medicina territoriale. L’attuazione della nuova riforma, ancorché presenti diversi punti di criticità e non chiarisca tutti i dubbi, è un’importante occasione per invertire la tendenza e costruire nel territorio del Sulcis Iglesiente un’offerta sanitaria organica, diffusa e adeguata alle reali esigenze dei pazienti, a partire dal Punto Nascite. Ma non solo a esso ovviamente…
Francesca Ticca
Segretaria generale UIL Sardegna