4 September, 2024
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Istituita dal decreto legislativo 3 novembre 2017, n. 229 di Revisione ed integrazione del Codice della nautica da diporto, l’11 aprile ricorre la “giornata del mare e della cultura marinara”, che vede anche la Guardia costiera impegnata nell’obiettivo di promuovere e sviluppare presso gli istituti scolastici di ogni ordine e grado la cultura del mare intesa come risorsa di grande valore culturale, scientifico, ricreativo ed economico, sostenendo la promozione di iniziative volte a diffonderne la conoscenza, nella consapevolezza che la scuola rappresenti il miglior veicolo per educare i giovani anche in tale ambito.

Proteggere il mare e preservare il suo inestimabile patrimonio ambientale, sociale e culturale a beneficio delle nuove generazioni: fedele alla sua missione istituzionale, la Guardia costiera rinnova l’ormai consolidata collaborazione con il ministero dell’Istruzione con un nuovo protocollo d’intesa che il ministro Patrizio Bianchi e il Comandante generale, l’ammiraglio Giovanni Pettorino hanno siglato lo scorso 9 aprile a Roma.

Diverse le iniziative poste in essere a livello territoriale dalla Guardia costiera, oltre al lancio a livello nazionale del concorso scolastico dal titolo “La cittadinanza del mare – 2021”, incentrato sul tema della sostenibilità ambientale e dei cambiamenti climatici, giunto ormai alla terza edizione.

Un’importante novità che coinvolge tutti i cittadini: disponibile da oggi la nuova “funzione-avvistamenti” dell’App #PlasticFreeGC – nata nell’ambito dell’omonimo progetto di comunicazione ed educazione ambientale sul contrasto alla dispersione delle microplastiche in mare, lanciato dal Comando generale della Guardia costiera nel 2019 su diretto mandato dell’allora ministero dell’Ambiente. Con la nuova funzionalità “avvistamenti”, il cittadino avrà l’opportunità di segnalare in diretta, attraverso il proprio smarthphone, la presenza in mare di particolari specie marine.

Tutte le informazioni confluiranno presso la Centrale operativa nazionale del Comando generale, per essere sottoposte a una verifica di carattere scientifico curata dall’Istituto Tethys Onlus – che si adopera per la conservazione dell’ambiente marino e con il quale la Guardia costiera ha sottoscritto uno specifico protocollo operativo – e per poi essere condivise con le Istituzioni e con l’intera comunità scientifica.

Infine, In occasione della giornata del mare verrà presentato ufficialmente anche un rinnovato rapporto di collaborazione tra il Comando generale della Guardia costiera ed il ministero della Cultura, in forza del quale la Guardia costiera collaborerà con l’Istituto centrale per il patrimonio immateriale, in mirate iniziative per la promozione dei valori legati alla conservazione della memoria sulle tradizioni marittime delle realtà costiere per le quali – oggi come in passato – le Capitanerie di porto rappresentano riferimento imprescindibile nella propria funzione di garante della sicurezza degli usi civili del mare. Ciò, con lo scopo di recuperare e consegnare alle future generazioni quel patrimonio immateriale – rappresentato da tradizioni verbali, racconti legati al mondo del mare, ricordi di pescatori e naviganti – che costituisce identità unitaria e patrimonio collettivo.

In natura non vi sono regole morali. Al contrario, vige la regola del più forte. La storia naturale delle epidemie e delle catastrofi è la storia di una “prova di forza” continua tra il più forte ed il più debole e, davanti al bisogno di sopravvivere, la lotta viene condotta senza esclusione di colpi. Ecco alcuni esempi.
La “Peste nera” del 1347/1348 si diffuse dopo alcuni anni di freddo globale che gli storici chiamarono “Piccola glaciazione”. Gli unici, tra Europa ed Asia, che riuscirono a produrre cereali per gli uomini e gli animali, furono i contadini dell’Ucraina. Il loro mercato si trovava nei porti della Crimea, sul Mar Nero.
Per questo i commercianti italiani si rivolsero agli armatori genovesi che avevano i granai nei loro magazzini a Caffa, in Crimea. Per arrivarci, le navi italiane dovevano attraversare il Mar Egeo, lo Stretto dei Dardanelli ed il Mar di Marmara. Quindi, superata Istanbul accedevano al Mar Nero. Da qui puntavano la rotta a Nord, verso la Crimea. Si tratta dello stesso percorso seguito dai soldati sardi che combatterono la Guerra di Crimea del 1854-56. La Russia aveva occupato la Crimea (esattamente come oggi) ed il Regno di Sardegna fece parte dell’alleanza che andò a liberarla. I Sardi si trovarono nel pieno di un’epidemia di colera e ne morirono 3.000. In quella occasione vennero assistiti dalla signora Florence Nightingale che, dopo quell’esperienza, fondò l’ordine mondiale delle Infermiere. Anche nel 1347 i marinai genovesi si trovarono implicati in una guerra tra Mongoli e Ucraini e anche allora gli italiani si trovarono nel bel mezzo di un’epidemia. Era avvenuto che i Mongoli, abituali incursori nelle campagne cinesi, quell’anno le avevano trovate deserte e con i granai vuoti. I contadini cinesi erano morti a causa di un’epidemia di Peste provocata dalle pulci del ratto nero (rattus alessandrinus). In mancanza di preda “l’Orda d’Oro” dei guerrieri mongoli si diresse ad Ovest verso i granai di Caffa per impadronirsene. Si misero al loro seguito anche i ratti, con le loro pulci infette, mossi anch’essi dalla fame. I mongoli assediarono la città di Caffa ma vi fu una strenua resistenza. Allora il capo mongolo, Gani Bek, pronipote di Gengis Khan, ebbe l’idea di lanciare oltre le mura, con catapulte, i corpi di soldati mongoli morti di Peste. Così la peste entrò nella città ed il morbo mortifero si diffuse. Alcune navi genovesi riuscirono a scappare col loro carico di grano e, con sé, portarono anche i ratti della peste. Mentre gli equipaggi morivano, le navi entravano nel porto di Messina. Fu la prima città europea ad essere appestata. Da Messina partirono altre navi, col loro carico di merci e di Peste, verso Napoli, Genova, Venezia, Cagliari, Alghero, e diffusero la peste in tutta Italia. L’Italia fu la porta d’ingresso dell’epidemia in Europa.
Esattamente come oggi col Coronavirus, il percorso del contagio fu: Cina, Italia, Europa. E’ dimostrato che la diffusione della Peste Nera fu facilitata dall’estrema debolezza del sistema immunitario delle popolazioni stremate dalla carestia. La carestia, a sua volta, derivava dal lungo periodo di freddo della “piccola glaciazione”. In quel “braccio di ferro” tra uomini e microbi vinsero i microbi.
La pandemia di “Spagnola” del 1919 esplose alla fine della Prima Guerra Mondiale. Le Nazioni erano indebolite dalla scarsità alimentare provocata dalla mancanza di uomini nelle campagne perché impegnati nello sforzo bellico.
Anche le epidemie di Vaiolo e di Febbre Petecchiale esplodevano a ridosso di guerre e di carestie. La Campagna di Russia di Napoleone del 1812 si trasformò in una disfatta a causa di un’epidemia di Tifo Petecchiale da Rikettsia Prowazeki. La Rikettsiosi era endemica negli eserciti ed esplodeva incontrollata per l’associazione tra carenze igieniche e carenze alimentari. Sappiamo che già due anni prima del 1812 era iniziata una grave carestia in Sardegna (“Su famini de s’annu doxi”). Nel vicino Nord Africa la situazione alimentare era ancora più grave perché alla carestia si era sovrapposta anche una invasione di cavallette che divoravano i pochi raccolti. I Bey di Tripoli, Tunisi e Algeri, che già abitualmente equilibravano il bilancio annuale dei loro Stati con i proventi delle scorribande, in quell’anno ripresero con più frequenza a rapinare le coste sarde. Nel 1812 le incursioni barbaresche si aggravarono, soprattutto, sulle coste del Sulcis. In quell’anno la famiglia reale viveva a Cagliari, dove aveva trovato riparo dagli eserciti napoleonici. Fu allora che avvenne l’assalto al “Forte del Ponte” di Sant’Antioco, la cattura di schiavi ed il furto di derrate alimentari. Di quell’episodio esiste un grandioso affresco nel Palazzo Viceregio di Cagliari.
Persistendo la carestia in Nord Africa, i corsari tunisini attuarono una nuova incursione su Sant’Antioco il 16 ottobre 1815. Furono fatti schiavi 130 antiochensi e uccisa parte della popolazione. Nei mesi successivi esplose una epidemia di vaiolo che si portò via tutti i bambini nati nei cinque anni prima un centinaio. Fu un fatto grave ma era stata ben più grave l’incursione su Carloforte del 1798 che era costata quasi 1.000 sequestrati destinati ad essere venduti al mercato degli schiavi di Algeri, Tripoli e Derna.
Le popolazioni cercavano consolazione nella religione pregando: «Alla crisi economica, dalla epidemia, e dalla guerra liberaci o Signore» («A famine, a peste, a bello libera nos Domine»).

Anche oggi le paure delle popolazioni sono le stesse: la crisi economica, la pandemia, i conflitti fra Stati.
La pandemia attuale da Coronavirus avviene in un pianeta afflitto da centinaia di guerre locali e da una competizione commerciale fra i potenti ai limiti della guerra finanziaria come mai si era vista. In modo simile alle pandemie del passato anche oggi assistiamo al crescere di una crisi economica globale. Anche nel nostro piccolo mondo locale assistiamo ai problemi del commercio, dell’iniziativa privata e del lavoro in generale.
Come affermano gli osservatori economici, la crisi finirà solo quando cesserà la crisi sanitaria. E la crisi sanitaria finirà quando verrà posto riparo alla deficienza di Servizio sanitario in cui ci troviamo.
Ieri il direttore generale del CENSIS, il dottor Massimiliano Valeri, ed il presidente dell’Agenzia Nazionale per i Servizi sanitari regionali (AGENAS) dottor Enrico Cosciani, hanno pubblicato un documento, destinato al Governo, in cui si dice testualmente: «La pandemia ha squarciato il velo sulle fragilità strutturali in Sanità. La pandemia ha travolto le nostre vite, con un forte impatto sociale e economico. Ma, di fatto, rappresenta un potente ed improvviso fattore di accelerazione dei processi».

«Ci siamo scoperti vulnerabili dopo anni di contenimento della spesa pubblica che hanno provocato la riduzione dei posti letto e la chiusura di piccoli Ospedali.»
Se analizzassimo la regressione del Sistema Sanitario del Sulcis Iglesiente, attuato ad arte negli ultimi 20 anni ricorderemmo che negli anni ’90 l’Ospedale di Carbonia aveva una dotazione di 384 posti letto, ed era stato appena costruito un padiglione separato destinato ad ospitare il reparto specialistico per le Malattie Infettive. Era Commissario il dottor Tullio Pistis e presidente il geometra Antonello Vargiu. Il padiglione, destinato ai pazienti affetti da AIDS, non venne mai utilizzato ed il Centro Infettivi non sorse mai. Iglesias aveva un ottimo Ospedale Traumatologico Ortopedico attrezzato per fornire un servizio di alto livello secondo la scuola del Rizzoli di Bologna. Vi era inoltre un Ospedale per le patologie generali, il Santa Barbara, che soddisfaceva la popolazione. Ad Iglesias vi era inoltre un grande complesso, l’Ospedale Fratelli Crobu, destinato alla malattia infettiva più diffusa nel secolo scorso: la Tubercolosi.
Nel 1983, quell’Ospedale, venne convertito per ospitare un reparto di Chirurgia pediatrica, un reparto di Pediatria ed uno di Otorinolaringoiatria. All’inizio ebbe successo, poi col calo demografico venne progressivamente ridimensionato fino alla sua completa chiusura. Oggi è nell’abbandono.
Negli anni ’90 il numero degli operatori sanitari dipendenti del Sistema sanitario del Sulcis Iglesiente si attestava sulle 2.000 unità. Oggi, tra Carbonia ed Iglesias, il numero di dipendenti è ridotto ad appena un migliaio.
Dove sono finiti i mille dipendenti che mancano ai nostri Ospedali?
Si capisce immediatamente dove sono andati a finire quei posti di lavoro se si osserva la crescita tumultuosa dei presidi ospedalieri e universitari di Cagliari. Contemporaneamente al depauperamento del nostro personale abbiamo assistito alla chiusura di interi ospedali ad Iglesias ed alla soppressione di reparti e Servizi al Sirai di Carbonia. Carbonia, che aveva in passato 384 posti letto, oggi ne vanta poco più di 100.
Così come le incursioni corsare dei secoli scorsi nelle nostre coste avvennero per motivi economici, anche nell’ultimo ventennio le crisi economiche nazionali sono state contenute depredando i nostri ospedali di personale, strumenti scientifici, interi reparti e fondi destinati “pro rata” al nostro territorio per dirottarli verso altri centri già ricchi e saturi di servizi sanitari.
Il direttore del CENSIS ed il direttore di AGENAS osservano anche, nel loro documento, che la distruzione della rete degli Ospedali provinciali ha condotto alla:
– riduzione e soppressione di visite specialistiche, accertamenti diagnostici;
– riduzione dei ricoveri di medicina interna;
– screening per la prevenzione dei tumori.
Inoltre affermano testualmente: «Anche se non ci fosse stata la pandemia, la transizione demografica ci avrebbe obbligati a rivedere l’offerta sanitaria a causa dell’invecchiamento della popolazione. Investire in Sanità è un moltiplicatore di processi di sviluppo e creazione di occupazione. Servono 58mila medici e 72mila infermieri per la Sanità del futuro.»
Ora bisogna stare molto attenti.
Con i soldi del “Recovery plan” inserito nel “Next Generation EU”, si potrà procedere a quelle assunzioni.
I nostri politici locali dovranno sorvegliare chi stilerà il programma di spesa.
Se non staremo attenti potrà avvenire un ulteriore peggioramento a nostro danno.

Nei nostri Ospedali provinciali abbiamo bisogno di quei 58mila medici e 72mila infermieri. Ci servono per ricostituire i reparti specialistici che ci sono stati sottratti a favore delle città. La teoria degli “Hub and spoke”, cioè della “centralizzazione” è stata il grimaldello con cui sono state divelte le basi della nostra Sanità. Ci hanno sottratto i fondi, il personale, i servizi specialistici, per trapiantarli nella città capoluogo.
Con la sottrazione di quei Servizi ci hanno sottratto almeno 1.000 posti di lavoro, che equivalgono a mille stipendi al mese sottratti alla nostra rete commerciale. La scomparsa di quegli stipendi va di pari passo con la scomparsa di clienti dai negozi per l’edilizia, dai negozi di abbigliamento, dai ristoranti, etc.
La scomparsa di quei mille operatori sanitari va di pari passo con la scarsità di offerta sanitaria nel nostro territorio, con l’allungamento delle liste d’attesa per essere operati e per ottenere le visite specialistiche, le TAC, le Ecografie, le Risonanze magnetiche e l’efficienza dei Pronto soccorso. In un articolo comparso giorni fa in un quotidiano regionale ci è stato riferito che la Regione ha speso per analisi cliniche strumentali nel 2020 una somma pari a 15,6 euro per abitante a Cagliari mentre ha speso 2 euro per abitante nel Sulcis. Questo dato la dice lunga sulla disparità di distribuzione di danaro per la sanità tra Cagliari e Carbonia Iglesias.
La stessa scarsità di personale a cui ci hanno ridotti è all’origine della riduzione dei posti letto nei nostri reparti ospedalieri, che a sua volta ha portato alla fusione di reparti specialistici in piccole Unità Operative, rese obbligatoriamente piccole dalla povertà di medici e infermieri. Il personale, che si trova carente di numero, mal motivato, e sovraccaricato della responsabilità di un bene prezioso come la salute degli altri ha bisogno di un forte supporto politico e popolare.
Come giustamente sostengono il presidente del CENSIS e quello dell’AGENAS, la riassunzione di quelle 1.000 persone che ci mancano dagli Uffici, tra gli Infermieri e tra i Medici, equivarrà ad un investimento economico. Assumere urgentemente nuovo personale è la via giusta per dare più Sanità a tutti e, investito in assunzioni nella nuova generazione, porterà nuovi posti di lavoro, nuove coppie, nuovi figli, e nuovi clienti per negozi e artigiani. Cioè: benessere.
In fondo questo è il fine di chi ha inventato il fondo del Next Generation EU. Dobbiamo volere che la suddivisione dei fondi provenienti dalla Comunità Europea venga fatta con una redistribuzione equa tra le province della Sardegna. Dobbiamo impedire un nuovo catastrofico accentramento di Sanità nel capoluogo. E’ necessario che i politici locali veglino su quei fondi per salvarci dal prossimo disastro: la povertà.

Mario Marroccu

Foto del Premier Mario Draghi licenza CC-BY-NC-SA 3.0 IT

E’ ampiamente positivo il bilancio dei due giorni di vaccinazioni anti Covid-19 nella palestra di via Mascagni, a San Giovanni Suergiu, ma ora servono rapidamente nuove forniture per dare risposta alla grandissima richiesta.

«Si è conclusa la due giorni di vaccinazioni presso la palestra comunale di San Giovanni Suergiu ha commentato questa sera la sindaca Elvira Usai. Sono state inoculate 870 dosi di Pfizer agli ultraottantenni e agli ultra65enni con patologie. Un risultato meraviglioso grazie all’organizzazione e al certosino lavoro di tutti gli operatori sanitari dell’Ats. Ringrazio tutti coloro che hanno contribuito con il loro lavoro o il loro volontariato alla riuscita della campagna vaccinale. Grazie a medici, infermieri, assistenti, anestesisti, protezione civile, polizia municipale, amministrativi per l’encomiabile lavoro svolto. Grazie a chi ha avuto fiducia in noi. Abbiamo visto la felicità negli occhi di tutti perché vaccinarsi è una conquista, un traguardo, è la speranza del ritorno alla vita normale.»

«Da domani anche San Giovanni Suergiu sarebbe diventato centro di vaccinazioni permanente. Invece, così come il collega Ignazio Locci, siamo costernati nell’apprendere che per carenza di approvvigionamento dei vaccini, gli hub resteranno chiusi e le prenotazioni sospeseha concluso Elvira Usai -. Confidiamo in una risoluzione rapida della questione: la popolazione non può attendere ulteriormente, visti anche la nuova ondata dei contagi e l’avvio della zona rossa che falcidierà ancor di più tutta la nostra economia.»

Sono 425 i nuovi casi di positività al Covid-19 accertati nelle ultime 24 ore in Sardegna, su 5.804 test eseguiti (7,32%), 2 i decessi. Salgono a 48.740 i casi di positività dall’inizio dell’emergenza. In totale sono stati eseguiti 1.063.256 tamponi.
Si registrano 2 nuovi decessi (1.261 in tutto). Sono 323 i pazienti attualmente ricoverati in ospedale in reparti non intensivi (+2), 55 (+5) i pazienti in terapia intensiva. Le persone in isolamento domiciliare sono 16.416. I guariti sono complessivamente 30.673 (+78), mentre le persone dichiarate guarite clinicamente nell’Isola sono attualmente 12.
Sul territorio, dei 48.740 casi positivi complessivamente accertati, 12.431 (+147) sono stati rilevati nella Città Metropolitana di Cagliari, 7.454 (+39) nel Sud Sardegna, 4.190 (+43) a Oristano, 9.649 (+87) a Nuoro, 15.016 (+109) a Sassari.

A Iglesias sono 19 gli attualmente positivi al Covid-19, 5 dei quali sono ospedalizzati, 103 le persone in quarantena. E’ l’ultimo aggiornamento relativo ai casi di infezioni da Covid-19 tra le persone domiciliate nel comune di Iglesias, reso noto poco fa dal sindaco, Mauro Usai.
«l numero delle persone positive è rimasto sostanzialmente invariato nelle ultime settimane ha spiegato il sindaco, Mauro Usaima il numero delle quarantene è notevolmente aumentato, con gran parte delle persone in isolamento in attesa del risultato dei tamponi. Da prima di Pasqua sono sottoposte a isolamento due classi delle scuole elementari di Serra Perdosa ed una dell’infanzia, ed attualmente dopo i tamponi degli alunni e delle insegnanti, non sono stati rilevati ulteriori casi positivi, in attesa del nuovo giro di tamponi. Non appena l’ATS aggiornerà il Comune sul numero di casi positivi, provvederemo a fornire ulteriori comunicazioni.»
«Chiedo, nel frattempo, di attenersi alle comunicazioni ufficiali, ma soprattutto di affidarsi ai dirigenti scolastici ed ai loro referenti Covid, con in quali, prontamente, da più di un anno a questa parte, monitoriamo i casi e interveniamo con il tracciamento dei contatti e l’isolamento delle classi interessate, un rapporto costante che ci permette di arginare possibili focolai e, nel frattempo, di salvaguardare la continuità didattica ha concluso Mauro Usai. Chiediamo, ancora una volta, il rispetto delle norme ma soprattutto calma e sangue freddo.»

E’ allarme Coronavirus a Carloforte. Pochi muniti fa il sindaco, Salvatore Puggioni, ha annunciato che negli ultimi giorni sono stati accertati 26 nuovi positivi al Covid-19, tra i quali ci sono 13 bambini di età compresa tra i 5 ed i 6 anni. Gli attualmente positivi, a Carloforte, sono saliti a 32. Salvatore Puggioni ha aggiunto che sono 89 le persone in quarantena.

«Questi numeri, purtroppo ha aggiunto Salvatore Puggioni -, mai così alti, mi hanno costretto a prorogare la chiusura delle scuole fino al 16 aprile. Anche le scuole medie passano alla didattica a distanza. Devo constatare che anche questa volta il focolaio deriva da comportamenti non corretti, ne sono certo, ho appurato il caso e sono molto amareggiato di questo. Continuiamo a sottovalutare la pericolosità del virus, spesso ignoriamo le regole e poi ci lamentiamo delle conseguenze che altro non sono che il frutto dei nostri comportamenti. Non si possono sottovalutare i sintomi e non possiamo pensare di poter continuare a fare la vita di sempre. La pediatra ha suggerito di fare delle quarantene fiduciarie, una scelta sensata. Non si deve uscire se si ha il sospetto di essere venuti in contatto con un positivo. Ieri sera, alle 20.30, in piazza, c’erano 20 bambini che giocavano a pallone ha rimarcato con grande delusione Salvatore Puggioni -. Non è accettabile! I ragazzi vanno tenuti a casa, diversamente non ne usciamo.»

«Il focolaio non è circoscritto. Mercoledì scorso a Carloforte sono stati effettuati 150 tamponi molecolari, dai quali sono scaturiti i 26 nuovi positivi, e ieri ne sono stati effettuati altri 30, dei quali nelle prossime ore verranno resi noti gli esiti, dai qualiha sottolineato Salvatore Puggionipotrebbero scaturire nuove positività. Altri 100-120 tamponi, in accordo con l’ATS, verranno eseguiti lunedì.»

Oggi al Teatro Cavallera, è in programma la seconda giornata di vaccinazioni. Ieri sono stati esauriti tutti quelli a disposizione. Complessivamente, a fine giornata, saranno 720 ma a breve potrebbero arrivare altri tamponi, grazie ad un accordo raggiunto con il ministero della Salute per le Isole minori.

Non ci sarà Marco Mariotti, domenica pomeriggio, sulla panchina del Carbonia, nel match casalingo con il Cassino, in programma al campo Is Collus di Santadi, per l’ottava giornata di ritorno del girone G del campionato di serie D. Il tecnico biancoblù, infatti, sconterà la prima delle due giornate di squalifica che gli sono state inflitte dal giudice sportivo, dopo l’espulsione rimediata nel turno pre pasquale a Nola. La partita avrà inizio alle 14.00, su richiesta della società laziale (dirige Filippo Okret di Gradisca d’Isonzo, assistenti di linea Marco Di Bartolomeo di Campobasso e Matteo Gentile di Isernia). Al suo posto ci sarà l’allenatore in seconda Gianni Maricca, che ha sostituito Marco Mariotti già in occasione della precedente squalifica, ad Artena e nel vittorioso match casalingo con il Monterosi (quella di Santadi resta finora l’unica sconfitta subita dalla squadra laziale di David D’Antoni in 23 partite disputate).

A Cassino, nella gara del girone d’andata, il Carbonia si impose nettamente, con un punteggio “roboante”: 4 a 0. I goal vennero messi a segno da Cristian Stivaletta, autore di una doppietta, Roberto Cappai ed Emmanuel Momo Odianose. Il Cassino giocò in 9 uomini per larga parte della partita, per le espulsioni di Kevin Miranda ed Imperio Carcione, maturate rispettivamente al 20′ ed al 34′ del primo tempo, la prima sul punteggio di 0 a 1, la seconda sullo 0 a 2. Nel finale, anche il Carbonia perse un uomo, Nicola Serra, che si fece espellere ingenuamente a risultato ampiamente acquisito, a soli 6′ dal 90′.

Il risultato della gara d’andata non deve illudere il Carbonia, perché il Cassino non è un avversario agevole. In classifica occupa l’11ª posizione con 24 punti, ma deve recuperare ben 4 partite. Una quinta l’ha recuperata mercoledì scorso, in casa con il Team Nuova Florida (la squadra con la quale deve recuperare l’unica partita fin qui non disputata il Carbonia), pareggiando 1 a 1, riuscendo a recuperare il goal subito nel finale del primo tempo, al 35′ del secondo tempo con Imperio Carcione. Nel turno prepasquale, invece, il Cassino ha perso in casa il derby con la Vis Artena, 2 a 0. Il Carbonia arriva all’appuntamento di domani reduce dall’amara sconfitta subita in rimonta a Nola, dove al termine del primo tempo conduceva 2 a 1 con goal di Roberto Cappai e Daniele Cannas ed ha finito col perdere 3 a 2.

 

 

 

Seconda giornata di vaccinazioni, oggi, a San Giovanni Suergiu, presso il Centro allestito nella palestra comunale di via Mascagni. Le categorie da vaccinare anche oggi sono gli ultra 80enni e gli ultra 65enni con patologie. Sono previste altre 420 vaccinazioni dopo le prime 420 effettuate nella giornata di ieri, alla presenza del sindaco Elvira Usai e del dottor Giuseppe Ottaviani, responsabile della campagna di vaccinazione della ASSL di Carbonia.

Ricordiamo che martedì 6 e giovedì 8 aprile, nello stesso centro vaccinale di San Giovanni Suergiu, sono stati vaccinati gli insegnanti.

A Sant’Antioco si è concluso il tracciamento relativo ai casi di Covid legati alla scuola.
«Sono confortanti gli esiti dei circa 300 tamponi effettuatiha detto il sindaco, Ignazio Locci -. Sono 30, infatti, gli attualmente positivi (cala di due unità il totale grazie alla “negativizzazione” di due cittadini slegati da quest’ultimo gruppo e a nessun nuovo positivo). Le prospettive per il rientro a scuola in presenzaha concluso Ignazio Loccisono buone.»

«La Sardegna da zona bianca probabilmente sarà nuovamente zona rossa. In questi giorni si registra un’impennata dei contagi e una vaccinazione che va a rilento. Crediamo che, alla luce di una situazione veramente drammatica, sia il caso dare un’inversione di tendenza e un’accelerata al sistema di vaccinazione.»

Lo ha detto stamane Emanuele Cani, segretario regionale del Partito democratico.

«La situazione è preoccupante ed è necessario che chi ha una responsabilità di Governo si comporti in maniera adeguata ha concluso Emanuele Cani -. Basta con proclami e vetrine, servono azioni concrete, vaccinazioni e vaccini.»