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Sono passati 11 mesi di epidemia; sta iniziando l’anno 2021, eppure la lezione non è stata appresa. Il contagio si è esteso più che mai e la paura di ammalarsi è scemata con l’inizio simbolico delle vaccinazioni. Calma! Noi il vaccino lo vedremo fra sei o sette mesi. Nei mesi in cui saremo scoperti dalla protezione del vaccino il virus farà ancora molti danni. Inoltre, sta per arrivare la “variante inglese” che, come si sta vedendo a Londra, colpisce in fretta e si espande velocemente. Pertanto, guardiamoci attorno: la nostra Sanità del Sulcis Iglesiente è in ginocchio. I reparti più importanti dell’Ospedale di Carbonia non possono più accettare ricoveri a causa di un ampio focolaio di Covid che imperversa fra il personale medico ed infermieristico. La malattia si è estesa a macchia d’olio nelle loro famiglie. Il personale delle strutture territoriali anti-Covid è scarso. Le risposte dei tamponi molecolari tardano ad arrivare. Le famiglie colpite non hanno sempre la possibilità di essere assistite per le più elementari cure della persona. Il problema ci accompagnerà per molti mesi ancora e dobbiamo cercare di trascorrerli nel modo più prudente possibile. Non ci rimane che resistere.
Disfatte collettive sono già avvenute in passato. La lezione della storia ci dice che è più prudente avere un atteggiamento guardingo e non aspettare che arrivi un “Superman” da fumetto a salvarci. Dobbiamo salvarci con le nostre forze, altrimenti si finisce male.
La Prima Guerra Mondiale ci offre una tremenda dimostrazione di cosa sia un disastro nazionale. Prendiamo un esempio dal racconto nel libro di Gabriele Loi “Antiochensi nella leggenda del Piave”.
Il 24 ottobre 1917 iniziò la disfatta di Caporetto. L’attacco austro-tedesco era iniziato con furiosi bombardamenti sulle vette delle montagne dove erano appostate le artiglierie italiane e situati i comandi delle operazioni. Mentre nell’alto dei monti si scatenava l’inferno, a fondo valle avvenivano, in silenzio, cose strane. Sulla destra del fiume Isonzo, cadevano proiettili che non facevano rumore ma liberavano un gas terribile. Era il gas iprite (mustard gas). L’iprite produceva dei vapori di cloro che, entrando nei polmoni e combinandosi col vapore acqueo dell’alito, produceva acido cloridrico, il quale corrodeva i bronchi e gli alveoli. Quei poveri soldati che finivano nella nube di gas, perdevano conoscenza per mancanza d’ossigeno. Subito dopo arrivavano, in silenzio, i tedeschi che, armati di mazze ferrate, fracassavano il cranio ai poveretti.
Altri soldati, sorpresi dalle squadre del tenente Rommel, venivano fatti prigionieri a migliaia. Le truppe italiane, senza ordini e senza un piano per reagire a quello strano attacco, caddero nel panico. Erano rimaste sole e prive della copertura dell’artiglieria da montagna che non intervenne. I fuggiaschi tentarono di raggiungere i ponti del fiume Isonzo ma ebbero un’atroce sorpresa. Il Comando italiano li aveva fatti minare e saltare in aria per impedire ai soldati il rientro al di qua delle linee. Molti giovani soldati in fuga vennero fermati dalla polizia militare e fucilati seduta stante con l’accusa di diserzione. La Brigata Sassari, invece, protesse l’ultimo ponte e facilitò il rientro delle truppe in rotta, poi per ultima, rientrò al di qua dell’Isonzo.
Nel giro di pochi giorni la disfatta fu totale. Furono fatti prigionieri 265.000 soldati italiani e spediti nei campi di concentramento austriaci ed ungheresi. Il comandante in capo, il generale Luigi Cadorna, aveva fatto cadere le colpe della disfatta su di loro, dichiarandoli disertori. Per effetto di ciò, mentre Francia ed Inghilterra inviarono pacchi postali, contenenti viveri e indumenti, ai loro soldati prigionieri degli austro-tedeschi, gli italiani non ricevettero alcun conforto dall’Italia e molti morirono di stenti. Morirono in silenzio, innocenti e sottomessi.
In questa sintesi della disfatta di Caporetto, vi sono alcuni elementi sui quali riflettere:
1 – La disfatta avvenne più per la mancanza di un piano di difesa che per il valore degli austro-tedeschi,
2 – Molti italiani morirono per mano italiana, a seguito delle accuse di colpa avanzate dal Comandante in capo,
3 – Quella strage immane, autoinflitta, avvenne nel “silenzio” della Nazione spaventata.
Oggi stiamo subendo un’altra disfatta: il disastro sociale, economico e politico da Covid. E’ anche questa una strage “silenziosa”. Nei prossimi giorni supereremo le 80.000 vittime e poi raggiungeremo le 90.000. Oltre ai morti avremo, come nelle guerre, gli “invalidi”. E saranno numerosi.
Il virus attacca le nostre cellule e penetra dentro di esse attraverso la proteina “Spike”, che si attacca ai recettori di parete cellulare noti col nome “Ace-2”. La “Spike” è la chiave; l’Ace-2 è la toppa della serratura della porta d’entrata delle cellule. Il virus entra in silenzio, come se fosse un amico o un familiare ben noto. Poi comincia a riprodursi nel “citoplasma cellulare”. A questo punto, intervengono in difesa le cellule chiamate macrofagi. I “macrofagi” non fanno alcun tentativo di salvare le cellule infettate. Al contrario, le uccidono. Ci ricordano la polizia militare italiana che fucilava i militari che cercavano di mettersi in salvo. Poi, i macrofagi iniziano a produrre l’”interleuchina 6”. Si attivano anche i “linfociti”. Essi producono altre “interleuchine” che intossicano le cellule infette, in una disordinata reazione globale di difesa (difesa aspecifica delle citochine) provocando la sofferenza e anche la morte di cellule malate e sane in tutti gli organi e tessuti. Il loro attacco provoca danni infiammatori e degenerativi delle arterie (arterite di Tokaiasu), delle vene (lebiti e flebotrombosi), del rene (nefriti), del fegato (epatiti), del cuore (miocarditi), del cervello (encefaliti), dei nervi (euriti), dei polmoni (polmoniti), della pelle (dermatiti). La morte cellulare massiva provoca necrosi tessutali che avranno conseguenze invalidanti come: scompenso respiratorio, scompenso cardiaco, insufficienza renale, insufficienza epatica, danni cerebrali (disturbi neurologici complessi con amnesia, deficit sensitivi, e anche danni psichici e della personalità). Un danno neurologico tremendo che può manifestarsi è la “sindrome di Guillon-Barrè”. E’ simile alla SLA. Se non viene diagnosticata e curata in tempo, provoca la morte per insufficienza respiratoria. Queste patologie possono dar luogo a invalidità permanente. Gli invalidi da Covid saranno di un numero oggi imprecisabile.
Nonostante l’arrivo del vaccino, non abbiamo idea di quanto tempo ancora il virus continuerà a circolare e fare vittime. Inoltre, nonostante il clamore dell’inizio delle vaccinazioni, il virus si sta ancora diffondendo a ritmo sostenuto. C’è da temere che la gente ritenga che la battaglia sia finita, perché è giunto il vaccino e si abbandoni al disarmo dell’attenzione e della voglia di lottare.
Nelle disfatte il “silenzio” e la rassegnazione, sono gli elementi dominanti. Anche nel Sulcis Iglesiente il numero degli infettati si è moltiplicato in tutte le città, grandi e piccole. Secondo quanto leggiamo nei quotidiani, vi sono dei problemi nell’ospedale di Iglesias e in quello di Carbonia: molti professionisti della sanità sono stati infettati ed essi, inconsapevoli ed incolpevoli, sono stati messaggeri del virus all’interno delle loro famiglie.
In passato, questo giornale suggerì di mettere le “briglie” al virus, con uno screening di massa tramite tampone molecolare. A questo stimolo rispose solo la Fondazione di Sardegna che donò all’ATS una somma destinata all’acquisto di un “processatore di tamponi”. Dopo una lunga attesa l’ATS decise di accettare il dono e oggi è stata diffusa la notizia, dalla stampa del 29-12-2020, che quel processatore non è mai entrato realmente in funzione per problemi con i reagenti. Di fatto, il momento dello screening (estate) passò ed il virus, dalle discoteche, traboccò sulla popolazione di tutta la Sardegna. A questo punto, si poteva ancora tentare di “imbrigliare” il virus con il “tracciamento”. Però il personale dedicato, tra Carbonia e Iglesias, si contava sulle dita di una mano. La conseguenza è oggi evidente.
Ora esiste un focolaio che sarà durissimo da spegnere. Si sperava che venisse aperto il “Covid Hospital” del Santa Barbara di Iglesias ma ciò non è avvenuto per mancanza di fondi regionali. Tuttavia, sono stati trovati i fondi per l’apertura del “Covid Hospital” al Binaghi. Pare sia in preparazione un altro “Covid Hospital” all’Ospedale Marino di Cagliari.
Il Santissima Trinità, il massimo centro Covid per tutta la Provincia, ha tutti i posti occupati ed è difficile accogliere per tempo anche i malati Covid di Carbonia e Iglesias.
La mancata apertura del Covid Hospital al Santa Barbara ha reso necessario mantenere i sospetti infetti, e gli infetti accertati, negli ospedali generali di Carbonia e Iglesias. Tempo fa la stampa rese noto che era stato deciso di creare una “zona grigia” all’Ospedale di Carbonia, allo scopo di evitare la commistione tra infetti dal virus e malati d’altro genere negli stessi locali. Purtroppo, la “zona grigia” appena organizzata al Sirai venne chiusa dopo pochi giorni. La conseguenza è stata la inevitabile prossimità tra malati Covid e non-Covid.
Il focolaio Covid dell’Ospedale Sirai, con un effetto a cascata, ha provocato l’impossibilità di ricoverare nuovi pazienti nei reparti di Medicina e di Chirurgia. Considerato che le vittime del dilagare del virus si trovano anche tra il personale sanitario dell’Anestesia, della Radiologia e del Pronto Soccorso, ne consegue che di fatto l’ospedale intero non è più disponibile. In più, si legge negli organi di informazione, che la Dialisi di Carbonia, già falcidiata dai pensionamenti e dalle mancate assunzioni per il ricambio, sta per essere fortemente indebolita con la chiusura del turno di dialisi notturna. E’ incredibile. Si sta procedendo a depotenziare ulteriormente un reparto che era classificabile tra i migliori in tutto il territorio nazionale. Altri innocenti stanno per pagare colpe che non hanno.
In sintesi: oggi Il Sulcis Iglesiente non ha più un’assistenza ospedaliera come è previsto che esista.
Il giorno 29 dicembre, abbiamo tutti appreso dalla stampa che finalmente il nuovo commissario della ASSL di Carbonia Iglesias ha ordinato l’acquisto di nuovi apparecchi ultraveloci per processare i tamponi di screening del Coronavirus. Sono esattamente quelli che andavano acquistati con la donazione della Fondazione di Sardegna erogata a maggio 2020, durante la prima ondata.
Ormai è andata così. Immagino che la sorpresa di questa pandemia inaspettata, dovuta ad un virus sconosciuto, abbia giocato un ruolo importante. Tuttavia sorgono molte domande:
– Perché fin dall’inizio della pandemia il Sulcis Iglesiente non venne inserito nella lista delle ASSL destinatarie di un processatore molecolare, mentre si procedeva agli acquisti per tutte le restanti ASSL della Sardegna?
– Perché con i soldi donati venne acquistato un processatore inusabile?
– Perché non venne aperto il “Covid Hospital” al Santa Barbara di Iglesias?
– Perché venne chiusa la “zona grigia” al Sirai e si lasciarono i pazienti Covid positivi in ambienti non idonei e non isolabili dai circuiti indenni da Covid?
Prendiamo atto che questo è avvenuto e che oggi il virus circola più di prima.
Caporetto insegna molte cose. Per esempio, insegna che quei poveri soldati innocenti, che cercavano di salvarsi da un fronte distrutto, si videro accusati dai loro Comandanti d’essere causa della disfatta e puniti a perdere la vita. Morirono perché la loro difesa rimase in silenzio e perché la verità la decide il più forte. Ma poi venne il generale Armando Diaz e le sorti della Guerra si invertirono.
Speriamo che l’acquisto di questi nuovi processatori ultrarapidi, sia il segno dell’inizio della riscossa.
Basta con il silenzio e “Fortza Paris”.
Mario Marroccu