La fine degli Ospedali Provinciali non è stata ordinata dallo Stato. E’ iniziata nel 2001 quando, con la modifica del Titolo V della Costituzione, lo Stato cedette i suoi diritti di supremazia legislativa sanitaria alle Regioni. Da allora prese piede un programma di impoverimento progressivo della Sanità provinciale per concentrarla nei due poli sanitari di Cagliari e Sassari.
Lo strumento utilizzato fu uno slogan burocratico che suona così: “Hub and Spoke”.
Questo slogan seguiva ad altri slogan non meno insidiosi come “efficienza ed efficacia” che vuol dire “ottenere gli stessi risultati spendendo di meno” e “valorizzazione e razionalizzazione” che vogliono dire “sfruttare il più possibile gli organici e le strutture sanitarie senza aumentare le spese”.
I termini contenuti nello slogan “Hub and spoke” hanno questi significati: “Hub” è il nome inglese che si dà al mozzo della ruota del carro, cioè il centro della ruota. Gli “Spoke” sono i raggi della ruota del carro. Cosa significa? Significa che così come i raggi scaricano tutte le loro forze sul mozzo della ruota così pure lo stesso meccanismo di travaso di energie deve avvenire nella Sanità. In sostanza significa “centralizzazione”, cioè “trasferimento” degli impegni di spesa dalla periferia al centro. Il “centro” sono le due città di Cagliari e Sassari. I raggi sono gli Ospedali Provinciali.
Questa idea non è né del tutto nuova né del tutto sbagliata. Infatti, quando nel 1968 venne varata la Legge n° 128, si convenne che gli Ospedali dovessero essere differenziati in: “Zonali”, “Provinciali” e “Regionali”. Gli Ospedali “Regionali” si trovavano a Cagliari e Sassari, ed erano, rispettivamente, il San Giovanni di Dio ed il S.S. Annunziata. In tutti gli Ospedali. Provinciali e Regionali, si curavano, alla pari, le malattie internistiche dell’adulto e del bambino, le malattie chirurgiche, sia quelle pediatriche che dell’adulto; si dava assistenza ostetrica e ginecologica di ottimo livello; si curavano i traumi e si eseguivano interventi ortopedici. Ciò che differenziava gli Ospedali Regionali era che, oltre ai servizi dati anche negli ospedali provinciali, si ricoveravano le malattie poco frequenti e complesse, che erano oggetto di studio dei Centri Universitari come: la Neurochirurgia, la Chirurgia toracica, la Psichiatria (i Manicomi), la Anatomia Patologica, le cura delle Malattie tropicali, quelle delle malattie rare come la Lebbra e la Dermosifilopatica. Negli Ospedali Provinciali, alla pari con quelli Regionali, si curavano le malattie gravi ma molto diffuse come la Tubercolosi polmonare e ossea (il CTO di Iglesias, il Marino di Cagliari ed il Marino di Alghero).
In sostanza la suddivisione non era in base alla “tipologia comune”, ma alla “rarità” e all’area di “ricerca universitaria”.
A Carbonia, fino agli anni ‘60, si eseguivano anche interventi di Neurochirurgia del cranio, mentre ad Iglesias si eseguivano interventi di neurochirurgia della colonna vertebrale e tutte le nuove tecniche di riparazione delle malformazioni ossee, competendo con la migliore chirurgia Ortopedica dell’Istituto Rizzoli di Bologna. Inoltre si curavano le malattie respiratorie da miniera (silicosi e pneumoconiosi rare).
Con questo si vuole dire che le cure delle malattie venivano fornite in egual misura ai cittadini nei propri territori di appartenenza.
Questo spiega la differenza tra Ospedali di interesse Regionale e quelli Provinciali così come la si intendeva fino all’inizio del 2000. Nei primi anni 2000 , per identificare il livello di importanza degli Ospedali, si operò una sostituzione di linguaggio: comparve per la prima volta l’espressione che indicava Ospedali “Hub” e Ospedali “Spoke”. Cioè “Ospedali destinati a ricevere pazienti dalla periferia” e “Ospedali di periferia che dovevano trasferire i propri pazienti agli Ospedali dei Centri Capoluogo”. Così la bilancia democratica della Sanità cominciò a pendere verso Cagliari e Sassari.
Perché la burocrazia Sanitaria iniziò ad utilizzare l’inglese visto che esisteva una valida espressione italiana per indicare centro e periferia? Perché con questa nuova formula si voleva dire una cosa nuova, ben diversa. Non si voleva dire più che gli Ospedali Provinciali dovevano trasferire a Cagliari solo casi di Neurochirurgia e di Cardiochirurgia, ma iniziò a voler dire che anche tutti gli altri Servizi Sanitari per patologie comuni (addominali, traumatiche , tumorali, ostetrico-ginecologiche, etc.) dovevano essere trasferiti presso gli Ospedali di Cagliari e Sassari. Ne nacque il progressivo svuotamento degli Ospedali Provinciali perché l’espressione “Hub and spoke”, nelle mani degli interpreti degli uffici programmatori, aveva assunto il significato estremo di “travaso totale della Sanità” a Cagliari e Sassari, destinate a diventare, con maggiori finanziamenti, “città ospedaliere”.
Non solo Carbonia ed Iglesias ma anche altri grandi Ospedali provinciali, come quelli di Oristano e Nuoro, finirono nello ingranaggio dello “Hub and Spoke” e iniziò il loro degrado a vantaggio delle città capoluogo. Il tempo dirà se si è trattato di un meccanismo antidemocratico di “abuso di posizione dominante”.
Per effetto di quel depauperamento sanitario territoriale, nei mesi di Febbraio, Marzo, Aprile e Maggio avemmo in Italia la più alta mortalità da Covid19 del mondo e un lunghissimo Lockdown di 68 giorni (dal 10 Marzo al 18 Maggio 2020). Per questo evento sanitario storico così grave l’Europa deliberò di destinare all’Italia un finanziamento umanitario storico (in parte sussidio e in parte prestito) per riavviare la ripresa economica e ricostituire la Sanità Ospedaliera e territoriale pubblica. E’ stato un richiamo dell’Europa a riparare gli errori che generarono la disfatta sanitaria.
Oggi stanno comparendo nuove disposizioni regionali che attribuiscono ai Sindaci e ai Presidenti di Provincia più chiare e decise funzioni di controllo sul Sistema Sanitario territoriale. Uno di questi è l’articolo 11 della legge regionale 24/2021 in cui si attribuisce alla “Conferenza provinciale Sanitaria”, composta dai Sindaci, la possibilità di accedere alla verifica della attuazione del “Programma Sanitario Regionale” con la possibilità di formulare osservazioni sulla pianificazione, e anche di chiedere la decadenza dei Direttori Generali in caso di inadempienze.
La legge suddetta distingue le competenze delle ASL in due settori: quello Ospedaliero e quello territoriale. Il territorio si articola in Distretti Sanitari.Nel Sulcis Iglesiente i Distretti sono tre: quello di Iglesias, quello di Carbonia e quello delle Isole. Il “Comitato di Distretto” è formato dai Sindaci. Essi devono controllare l’efficacia dell’azione amministrativa del Direttore di Distretto e devono intervenire per le eventuali correzioni di rotta.
In sostanza, dopo l’espulsione dei Sindaci dalle ASL, avvenuta negli anni ‘90, oggi i Sindaci sono nuovamente destinati ad occupare un posto nella cabina di regia della Sanità territoriale.
Quali obiettivi immediati possono porsi i Sindaci?
– Possono concordare con la Regione quale debba essere l’interpretazione autentica dell’espressione “Hub and Spoke” cercando di riottenere per gli Ospedali Provinciali (oggi con DEA di I livello) le funzioni storiche, chiarendo che agli Ospedali regionali sono riservate soltanto le attività complesse, rare, costose, delle seguenti specialità:
– Cardiochirurgia,
– Neurochirurgia,
– Trapianti d’Organo,
– Centro grandi Ustionati e chirurgia plastica,
– Chirurgia maxillofaciale,
– Tumori infantili e leucemie,
– Radioterapia.
Ricordiamo che anche Cagliari e Sassari sono sedi, oltre che di due ospedali regionali, anche di Ospedali provinciali. Gli Ospedali di Carbonia, Nuoro, Olbia, Oristano, San Gavino, Lanusei devono essere dotati di posti letto, di personale, di strumenti e di finanziamenti come gli Ospedali provinciali di Cagliari e Sassari. E tra questi non ci può essere travaso di pazienti e servizi perché tutti devono essere esattamente alla pari in qualità professionale e strumenti.
Secondo la revisione del DM 70 del 2021 si deve prevedere di sviluppare e trasformare le aree di degenza in aree di livelli di intensità di cure più alti. I reparti devono essere destinati ad un alto standard di qualità.
Gli Ospedali provinciali con DEA di primo livello possono essere dotati dei seguenti servizi:
– Medicina Interna
– Cardiologia e Emodinamica h 24
– Neurologia
– Pneumologia
– Angiologia
– Nefrologia e Dialisi
– Ostetricia e Ginecologia
– Pediatria Generale
– Psichiatria
– Chirurgia Generale (addominale, toracica, laparoscopica robotica, vascolare)
– Urologia
– (ORL e Oculistica)
– Ortopedia e Traumatologia
– Rianimazione e terapia intensiva
– Endoscopia Digestiva h 24
– Oncologia medica
– Unità Operativa complessa per Infettivi
– Hospice
– Dipartimento per Immagini (TAC, PET, RMN)
– DEA di I livello
– Laboratorio Analisi con Unità operativa semplice di Virologia e di Biologia Molecolare
– Anatomia Patologica
– Centro Trasfusionale
– Fisioterapia e riabilitazione
– Reparto di Semintensiva critica
– Reparto infettivi
– Servizio di riabiltiazione anti Covid (nuovi 15 posti letto)
– 0,14 posti letto d Terapia intensiva/1.000 abitanti (nuovi 20 posti letto).
– Medicina Nucleare
– Servizio di malattie endocrine e del ricambio
– Il numero dei posti letto e la dotazione del personale Medico, Tecnico, Infermieristico, Amministrativo, deve essere adeguato secondo le disposizioni di legge vigenti a livello nazionale per procedere al recupero della mobilità sanitaria passiva indotta dalla precedente “centralizzazione sanitaria”.
Anche questa è una disposizione del DM 70.
Gli obiettivi sono raggiungibili con:
– il rispetto dei LEA ( Livelli Essenziali di Assistenza)
– il recupero dei reparti specialistici (Unità Operative Complesse e Semplici)
– l’osservanza dei DM 70 (dal 2015 al 2021), della Legge Balduzzi 189/ 2012, e della legge 24/2020.
L’attuazione delle suddette Leggi dello Stato sarebbe un buon esercizio di democrazia. Se si va a leggere la struttura sia dei LEA che delle Leggi appena nominate si osserva una caratteristica costante che restituisce a tutti gli Ospedali una parità di trattamento:
– La “Neutralità” .
Tale valore democratico, affidato agli algoritmi tecnologici delle burocrazie regionali, è stato variamente interpretato.
Non diversamente avviene con la dinamica tra l’interesse di un gruppo contrapposto a quello di un altro gruppo, soprattutto, se minoritario. Ne può derivare una distorsione della democrazia applicata. Questo fenomeno distorsivo tra il momento di generazione di una legge ed il momento della sua applicazione lo abbiamo vissuto tutti proprio nella Sanità. La progressiva espulsione dei Sindaci dai Consigli di Amministrazione delle ASL, iniziata negli anni’90, e continuata negli anni 2000, abolì l’organismo di controllo che doveva esercitare il diritto di critica sui tanti provvedimenti di controriforma, motivati da esigenze contabili. Ne derivò la centralizzazione progressiva della Sanità nei capoluoghi, l’impoverimento della Sanità territoriale e l’annientamento di interi Ospedali (leggi Iglesias) o di reparti specialistici (leggi Carbonia).
Nel 2010 scomparvero 70.000 posti letto per acuti dagli Ospedali italiani. Avvenne in modo “soft”, con una pressione burocratica costante, senza ostacoli.
L’effetto di quella povertà strutturale indotta, fu drammatico nei primi mesi di Pandemia. Il Governo, con i DPCM del 7-8-11-16 Marzo 2020 dovette porvi riparo assumendo con urgenza 5mila Medici e 15mila Infermieri. La disfatta sanitaria obbligò al richiamo dei Medici messi in quiescenza e alla messa in campo, in prima linea, dei Medici-ragazzini. Nè più né meno di quanto si fece nel 1918 per porre riparo alla disfatta di Caporetto col richiamo dei “riservisti” e dei ragazzini del ‘99, come racconta nel suo libro il nostro storico Gabriele Loi.
E’ strano. Nessuno ha fatto un pubblico esame di coscienza.
Adesso stiamo vedendo entrare in campo i nostri Politici. L’articolo 11 della Legge regionale 24/2020 li mette in condizioni di esercitare le loro attribuzioni di controllori sugli atti burocratici riguardanti il nostro Sistema Sanitario del Sulcis Iglesiente, e di richiamare gli Organismi Amministrativi sovraordinati della Regione ai doveri democratici di una equa distribuzione del Servizio Sanitario.
Quest’anno abbiamo novità importanti: la ARES, i nuovi Direttori Generali e la presa di coscienza dei Sindaci sulle loro attribuzioni nel controllo della Sanità.
Mario Marroccu