I nostri Ospedali sono in stato di solitudine. Molti cittadini del Sulcis Iglesiente stanno perdendo il diritto a godere dei “Livelli Essenziali di Assistenza”.
Leggendo i titoli di apertura dei giornali di queste settimane si ha la sensazione che la storia, non solo quella sanitaria contemporanea, vada proprio male. Oltre alla vicenda della Salute pubblica ci angoscia la questione della guerra, dell’approvvigionamento di gas e benzina, del grano, e della corsa dell’inflazione. In realtà la Storia non è impazzita, è solo un “Sistema Complesso”, apparentemente caotico.
Il professor Giorgio Parisi ha meritato il Nobel della Fisica, dimostrando che anche il “caos” ha un suo ordine prevedibile nella ripetizione delle sue imprevedibilità. Noi ci siamo dentro.
Se osserviamo, nella storia dell’ultimo secolo, come si sono sviluppati i servizi sanitari locali del Sulcis Iglesiente ci accorgiamo che tra guerre, spopolamenti, epidemie, inflazioni, sconvolgimenti politici, la nostra storia sanitaria ha un suo percorso logico. Storicamente il Sulcis Iglesiente non ha mai avuto una sua Sanità ospedaliera. Questa è stata un miracolo sociale nato nel ventesimo secolo, e oggi è insensato pensare di perderla. Sappiamo che nell’anno 1904 esisteva un ospedaletto a Buggerru, voluto dalle Società minerarie francesi, per curare gli operai sardi vittime di incidenti in galleria. Allora esisteva anche un ospedale un po’ più attrezzato ad Iglesias. Carbonia non esisteva ancora. L’unico ospedale degno di questo nome si trovava a Cagliari: il San Giovanni di Dio. Era lontanissimo, e le strade per arrivarci erano adatte ai carri trainati da animali. I treni comparvero dopo. Erano anni in cui l’assistenza sanitaria si limitava a legare i “matti”, a isolare i lebbrosi, ad amputare gli arti, a raddrizzare le ossa ai fratturati, e basta. Non esisteva la chirurgia ginecologica, e la chirurgia ostetrica si limitava al cesareo a ”mamma morta”. Le donne del Sulcis che avevano un parto difficile dovevano morire in casa, col bambino dentro, consolate dall’affetto dei parenti. La comparsa degli ospedali di Iglesias e di Carbonia fu un improvviso miracolo della storia.
Quegli ospedali non sorsero per noi. Sorsero per una combinazione di interessi. Furono il risultato di una trattativa della Storia: Sulcis vs/ Stato italiano. Il Sulcis voleva lavoro e servizi, e lo Stato voleva il sottosuolo del Sulcis. Il cuore dello Stato cominciò a battere per il Sulcis quando si scoprì che qui c’era il carbone. Eravamo entrati nell’era dei combustibili fossili. Vi eravamo entrati già nel 1800, però l’importanza del carbone arrivò ai vertici della classifica quando, nel corso della Prima Guerra Mondiale, si capì che l’avrebbe vinta chi aveva più benzina per i mezzi corazzati. Nel 1918, in piena offensiva tedesca, la società petrolifera americana Standard Oil interruppe le sue consegne di carburante alle parti in conflitto. La Germania per un po’ ebbe la meglio perché dall’anno 1913 aveva iniziato a produrre benzina sintetica estratta dal carbone. Poi le cose si invertirono quando gli americani intervennero portando la loro benzina estratta dal petrolio. Questo fatto costrinse i futuri protagonisti della Seconda Guerra Mondiale ad ideare possibili alternative alla benzina estratta dal petrolio. Era chiaro che da allora in poi tutti gli scontri bellici sarebbero stati decisi, soprattutto, dalla disponibilità di fonti di combustibili fossili e quindi dall’approvvigionamento di benzina e gasolio.
Nell’intervallo fra le due guerre le nazioni che detenevano il commercio del petrolio erano gli Stati Uniti, l’Inghilterra, la Francia e la Russia. La Germania, l’Italia ed il Giappone non possedevano risorse proprie di petrolio e dovevano acquistarlo proprio dai potenziali avversari. La Germania continuò ad approvvigionarsene dagli Stati Uniti fino al 1940, mentre il Giappone continuò a comprarlo dagli Stati Uniti fino alla battaglia di Pearl Harbor nel 1941. La fornitura di petrolio poteva essere interrotta in qualsiasi momento dai paesi produttori. L’Italia aveva vissuto quell’esperienza nel 1936, con le “inique sanzioni”. Le sanzioni all’Italia, volute da Francia ed Inghilterra, consistettero proprio nell’interruzione di fornitura di combustibili fossili.
L’Italia era colpevole per aver avviato la O.M.S. (Operazione Militare Speciale) contro l’Etiopia, membro della Società delle Nazioni. Per questo motivo già un anno prima, in previsione dell’annessione dell’Etiopia, e della sanzione energetica, Benito Mussolini visitò la miniera di Bacu Abis. Da quella visita nacque il progetto di produrre carburanti per la Nazione dal carbone del Sulcis. L’interesse per il nostro carbone derivava dal fatto che in Germania già si produceva benzina sintetica dal carbone dalla Ruhr. Anzi, si faceva di più. Nel 1913 il dottor Bergius aveva messo a punto un metodo di raffinazione del carbone ottenendone benzina sintetica, gasolio, olio per motori e catrame.
Nell’Alta Slesia erano sorte raffinerie che avevano lo scopo di rendere la Germania indipendente dal petrolio americano e russo. Nel 1939 l’azienda tedesca IG Farben era già arrivata al massimo della produzione di carburante sintetico. Tuttavia, allo scopo di aumentare la disponibilità di carburante per la guerra i nazisti avevano predisposto un piano per occupare i pozzi petroliferi di Baku in Azerbaijan. Un metodo simile per l’ottenimento dell’autonomia energetica venne adottato dal Giappone. Qui si distillò benzina dal carbone e si predispose un piano per l’occupazione dei pozzi petroliferi in Manciuria. L’Italia aveva il più vasto bacino carbonifero nel Sulcis ed allestì a Sant’Antioco, in località Ponti, gli impianti per una raffineria di benzina a partire dal carbone. Il direttore generale del progetto fu l’ingegner Guido Segre.
Il Sulcis divenne la nuova frontiera per l’Italia. Guido Segre progettò la miniera di Serbariu, l’ampliamento del porto di Sant’Antioco, un vasta rete ferroviaria, la raffineria della A.Ca.I.* a Ponti, una rete stradale efficiente, la centrale elettrica di Santa Caterina, la città di Carbonia con tutti i Servizi adeguati ad una nuova città industriale. Tra essi spiccò l’Ospedale Sirai. Il Sulcis, che per secoli era stato lontano dagli interessi dei Governi, improvvisamente divenne il luogo fisico più vicino al cuore dello Stato. Il potere politico volle una città modernissima ed una Sanità eccellente. Il merito di questo forte interesse stava nel progetto di fare del Sulcis la fonte di energia per una Nazione che entrava in guerra.
Data l’enorme importanza strategica dell’approvvigionamento energetico, il porto Ponti, lo stabilimento dell’A.Ca.I., e la centrale di Santa Caterina divennero ripetutamente bersaglio dei bombardieri della RAF, alla pari delle città tedesche di Bleckammer e di Oderstal, in alta Slesia, anche esse sedi di raffinerie di benzina sintetica.
Nel 1943, dopo l’Armistizio, l’amministrazione militare americana e inglese decisero la chiusura dello stabilimento della benzina sintetica a Ponti. Ciò fu deciso per un motivo puramente commerciale. Il consumo della benzina italiana doveva dipendere dall’esclusivo mercato anglo-americano. Con la fine dell’economia mineraria del Sulcis, iniziò il decadimento del sistema sanitario locale. Per un paio di decenni questo venne attenuato dalla nuova industrializzazione di Portovesme e dalla legge di riforma sanitaria n. 833 del 1978. Caduto anche il polo industriale, cadde l’interesse per il Sulcis Iglesiente.
La Storia non è mai uguale a se stessa, tuttavia esistono dinamiche socio-economiche che, seppur apparentemente caotiche, possono essere utilizzate come esempio, col rischio di sbagliare, per interpretare il presente ed il futuro possibile. Ecco alcune similitudini storiche da cui vale la pena attingere informazioni per tentare di capire cosa sta avvenendo.
Dopo la fine dell’Impero Romano d’Occidente iniziò il decadimento politico e iniziò la povertà secolare dell’Italia. Durante la dominazione bizantina in Sardegna nacquero i Giudicati altomedioevali. Il Medio-Evo portò lo spopolamento dei territori, la nascita di piccoli potentati locali, e l’accentramento della scarsa popolazione nei borghi intorno ai castelli. Ciò avveniva perché il popolo aveva necessità sia della giustizia che della sicurezza sociale, dei commerci e di alcuni servizi basilari.
Quanto sta avvenendo oggi non è una replica della Storia passata, tuttavia esistono gli elementi che stanno alla base dello spopolamento dei territori e del loro impoverimento: sono i fattori politico-sociali che esercitano una spinta verso l’accentramento dei Servizi nelle città capoluogo. Principalmente vengono accentrati i Servizi della Sanità, dell’Istruzione, della Giustizia, dei Trasporti, e dei posti di lavoro nella Pubblica Amministrazione.
La storia ci insegna che i territori per contare debbono essere necessari nella dinamica economica ed incidere negli equilibri della geopolitica.
Oggi stiamo tornando al centro dell’attenzione e forse potremmo contare. Siamo nelle condizioni di contrattare i Servizi ed altri vantaggi in cambio di energia. E’ già successo. Oggi tutti vogliono – in particolare da noi del Sulcis Iglesiente -: energia eolica (campi di torri per pale eoliche off-shore nei nostri mari), energia solare (campi di impianti fotovoltaici a terra), percorsi per condotte di gas, disponibilità di spazi nei mari della nostra fascia costiera per rigassificatori galleggianti e porti per navi da rigassificazione a bordo banchina), impianti per la produzione di idrogeno verde ottenuto da elettrolisi con energie rinnovabili, elettrodotti di energia rinnovabile per altre regioni e, forse, benzina sintetica a bassissima emissione di CO2 e olii per motori.
Nonostante l’opposizione che sta crescendo in Sardegna contro tali progetti nati al di fuori della Regione, è ragionevole supporre che, comunque non usciremo indenni da tutte le richieste e qualcosa dovrà essere ceduto.
A questo punto, tanto varrebbe avviare una trattativa per subire il minor danno possibile ed ottenere il maggior vantaggio possibile.
Forse potremmo ancora invertire la rotta dell’accentramento dei Servizi nei capoluoghi, e riportarli indietro nel Sulcis Iglesiente. Nel frattempo è necessario proteggere la Sanità che abbiamo.
Mario Marroccu
* Le notizie sullo stabilimento A.Ca.I., per la produzione di benzina sintetica a Ponti, sono tratte dal libro “Sant’Antioco nel ventennio sardo fascista”, di Gabriele Loi.