Il tempo di relazione è tempo di cura anche in Asl 7 Sulcis Iglesiente – di Graziano Lebiu
Gentile Direttore,
sulle Case di Comunità apprendiamo dal suo giornale del giudizio tranchant della Presidente di Rete Sarda Difesa della Sanità Pubblica:
«Lo smantellamento in corso degli ospedali pubblici, Case di Comunità e Ospedali di comunità, gestiti da infermieri, operatori socio-sanitari e amministrativi, quindi, “strutture non di cura”, non possono essere considerati strutture intermedie ma potrebbero essere il capolinea del sistema sanitario pubblico».
Dissentiamo dalla modalità comunicativa che tende pubblicamente più a delegittimare professioni sanitarie e l’infermieristica in particolare, (e non solo oggi, ndr), piuttosto che rafforzare e valorizzare il proprio ruolo e/o la funzione del team multidisciplinare.
Sono almeno tre le dichiarazioni che riteniamo quanto meno fuorvianti rese da Rete Sarda Difesa della Sanità Pubblica:
1) che le Case di Comunità non siano strutture di cura
2) che gli operatori socio sanitari gestiscano le Case di Comunità
3) che le Case di Comunità siano il capolinea del sistema sanitario pubblico
La “Casa di Comunità” è il luogo dove diversi professionisti integrano le loro competenze per offrire a tutti i cittadini assistiti servizi efficienti e contrastare le disuguaglianze nella salute collettiva.
Nella Casa della Salute lavora un team multidisciplinare, formato da medici di medicina generale e pediatri di libera scelta, infermieri, altri professionisti sanitari, personale sociale e di supporto e amministrativo che garantiscono la presa in carico globale della persona, la continuità assistenziale ospedale-territorio e l’integrazione tra assistenza sanitaria e sociale.
Al netto delle criticità, delle difficoltà oggettive e delle risorse umane e professionali sanitarie disponibili che nemmeno l’Ordine Professioni Infermieristiche Carbonia Iglesias sottovaluta, anche nel Sulcis Iglesiente le Case della Salute rappresentano la sede di accesso ed erogazione dei servizi sanitari, sociosanitari e socio-assistenziali rivolti alla popolazione dell’ambito territoriale di riferimento.
Come possono quindi essere considerate “strutture non di cura” le Case di Comunità quando assicurano un punto unico di accesso ai cittadini, garantiscono la continuità assistenziale, organizzano e coordinano le risposte da dare al cittadino, rafforzano l’integrazione con l’ospedale, soprattutto in relazione alle dimissioni, implementano la presa in carico di pazienti affetti da una o più patologie croniche, sviluppano programmi di prevenzione, promuovono e valorizzano la partecipazione dei cittadini?
Come può essere considerato “capolinea del servizio sanitario pubblico” la Casa della Salute e il team che vi opera e che lo rappresenta quando accoglie i cittadini, valuta i bisogni, orienta ai servizi, gestisce in coordinamento le patologie croniche, pianifica e gestisce l’assistenza domiciliare integrata, educazione alla salute, favorisce stili di vita sani, assicura continuità assistenziale, supporta i care givers, avvicina sempre di più ospedale e territorio e garantire una presa in carico sempre più completa ed efficace?
Noi infermiere ed infermieri, coordinatori infermieristici, dirigenti delle professioni sanitarie in ASL 7 Sulcis Iglesiente e per tutti i 130mila abitanti che prende in carico ci assumiamo la responsabilità della definizione di percorsi assistenziali specifici soprattutto nell’assistenza primaria, con un ruolo centrale di governo e case management per situazioni di criticità clinica o soggetti fragili, a svolgere un’importante attività nei programmi di prevenzione e di educazione sanitaria destinati alla popolazione, con particolare riferimento alla gestione delle patologie cronico-degenerative.
Tanto ritenevo di portare a conoscenza dei suoi lettori per correttezza e completezza d’informazione.
Graziano Lebiu
Presidente OPI Carbonia Iglesias
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