Salute e ambiente nella transizione ecologica e smantellamento del sistema sanitario pubblico in Sardegna
Isde-Medici per l’Ambiente e Rete Sarda Difesa Sanità Pubblica, hanno promosso il primo convegno itinerante sul tema Salute e ambiente nella transizione ecologica e smantellamento del sistema sanitario pubblico in Sardegna.
L’interazione tra la conoscenza scientifica di Isde Medici per l’Ambiente, sullo stato di salute di ogni comunità e l’esperienza della Rete Sarda, sulle criticità del Sistema sanitario pubblico, si è rivelata una formula utile per accrescere la consapevolezza anche tra gli amministratori locali sul perché in Sardegna sia più facile ammalarsi e sulle soluzioni possibili per il superamento della crisi sanitaria.
Il convegno itinerante è partito dal Sulcis Iglesiente Guspinese, tra le aree più inquinate d’Italia.
Nel corso del convegno il presidente di Isde Sardegna, Domenica Scanu (medico radiologo) e Claudia Zuncheddu (medico Isde e portavoce della Rete Sarda Difesa Sanità Pubblica), hanno fornito informazioni scientifiche estrapolate dai dati epidemiologici disponibili storicamente per la Sardegna e, in particolare dal lavoro epidemiologico di Isde su “La mortalità in Sardegna nel periodo 2012-2017” che con una analisi dettagliata evidenzia eccessi di mortalità in generale sulla ASSL di Carbonia e nel Distretto di Iglesias: per gli uomini +5,6% e per le donne +7% rispetto alla media regionale.
Per cause l’eccesso di mortalità per malattie del sistema respiratorio è del +67,9% per gli uomini e +32% per le donne rispetto alla media regionale. Nel comune di Iglesias l’eccesso di mortalità è per i maschi +89% rispetto alla media regionale; nel distretto ASSL (7 comuni) è +67,9%; nei 39 comuni del SIN +33,3%. Tutto ciò oltre l’elevata incidenza di mortalità per malattie endocrine, disturbi psichici e malattie infettive.
I dati rilevati dallo studio Epidemiologico di Isde sulla mortalità per cause, hanno suscitato forti preoccupazioni ancor più per l’inaccessibilità alla Prevenzione e alle cure sia per i malati cronici che per gli acuti.
Nel vasto territorio la priorità da affrontare è la Prevenzione nei suoi due binari principali: la necessità di nuove scelte in materia di politiche economiche, tese ad eliminare le cause scatenanti le malattie rilevate e la necessità dei controlli sanitari per consentire le diagnosi precoci e il monitoraggio delle diagnosi accertate.
Ma con lo smantellamento del sistema sanitario pubblico, persino i servizi indispensabili sono inaccessibili. La chiusura del laboratorio di analisi del CTO di Iglesias e la mancata consegna del nuovo laboratorio, seppur ben organizzato e fruibile, condanna i cittadini e fa traballare il grande ospedale. Eppure sono sessanta i tecnici di laboratorio in graduatoria che attendono di essere chiamati.
Con la chiusura dei servizi, si delinea la minaccia di crollo del CTO. L’accesso alle cure è precluso ai malati cronici e agli acuti. La chiusura del Pronto Soccorso di Iglesias, con l’implosione del Servizio di Emergenza Urgenza del Sirai di Carbonia, potrebbe innescare il crollo a catena dei due grandi ospedali del Sulcis Iglesiente.
Nessun Pronto Soccorso può essere chiuso o affidato a medici in affitto, non titolati e superpagati, al contrario dei medici specialisti in Medicina di Emergenza Urgenza che operano con turni disumani e sottopagati. E’ da fermare la fuga degli specialisti con eque retribuzioni e con il riconoscimento dei diritti dei lavoratori a partire dalla dignità. I neolaureati devono essere incoraggiati a iscriversi alle scuole di specializzazione.
Sulla visione distorta di politici e amministratori locali, del PNRR per la Sanità, bisogna riflettere e le comunità devono essere informate. Sono previsti solamente due capitoli di investimento: “Infrastrutture e tecnologia”. Quindi “mattoni e cemento” da destinare alle Case di comunità, su cui medici e sindacati di categoria dissentono. Il PNRR ignora la prima criticità: la carenza di personale sanitario, senza il quale crollano gli ospedali, chiudono i servizi sanitari territoriali, scompare la Medicina di base.
Gli ambiti Fondi europei e le Case di comunità sono già al centro dell’interesse del giornalismo d’inchiesta per gli appetiti della speculazione. Gli ingenti finanziamenti se non bene investiti, rischiano di indebitare le future generazioni tra le macerie della sanità pubblica. Intanto, la politica sarda preannuncia 40 milioni di euro per 13 Ospedali di comunità. Sono 32,7 milioni di fondi Pnrr e 7,5 milioni cofinanziati dalla Regione Sardegna.
Fondi che andrebbero investiti per arginare lo smantellamento del Sistema sanitario pubblico.
A tutt’oggi il percorso normativo degli OdC è poco lineare e non privo di criticità.
L’accaparramento frettoloso dei Fondi del PNRR da destinare a pseudo-ospedali da inserire in una rete di servizi già inflazionata, tra lungodegenza post acuzie, RSA, riabilitazione, etc., rischia una sovrapposizione di servizi dispendiosi e inutili, spacciati per ospedali mentre crollano gli ospedali pubblici organizzati. Intanto, si preannuncia che per i prossimi tre anni non ci saranno investimenti in Sanità pubblica.
Claudia Zuncheddu – Rete Sarda Difesa sanità Pubblica
Domenico Scanu – Presidente Isde Sardegna
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