20 July, 2024
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Molti italiani si sentono abbastanza distanti dalla guerra in Ucraina e pare che la “distanza” li renda irraggiungibili tanto da restarne indenni. La verità è che i rapporti tra il nostro lato del Mar Mediterraneo ed il Mar Nero hanno una storia antichissima, millenaria.
Abbiamo la prova certa che la rotta che conduce dal Mar Mediterraneo occidentale al Mar Nero è la rotta navale più antica della storia. Esiste una via d’acqua, nota come la “rotta delle isole” che metteva in comunicazione le coste della penisola iberica alle isole Baleari, alla Corsica, alla Sardegna, alla Sicilia, a Malta, a Creta, a Cipro, all’arcipelago del Mar Egeo, al Mar di Marmara, allo Stretto dei Dardanelli, al Bosforo e, infine, il Mar Nero e alle coste della Crimea e dell’Ucraina. La percorrevano con certezza la navi nuragiche, nel 1600-1200 avanti Cristo, per vendere il bronzo sardo alle città antistanti quei mari lontani. Gli archeologi hanno trovato panetti di bronzo nuragico in fondo al mare delle coste turche lungo il percorso per il Mar Nero. Il bronzo sardo era allora molto appetibile per la produzione di armi. Gli storici sostengono che esiste una sequenza logica tra l’era dei metalli, la produzione di armi, la costituzione di eserciti e l’inizio dell’era delle grandi guerre fra popoli organizzati in confederazioni alleate. Nel 1200 avanti Cristo avvenne la prima Guerra Mondiale della Storia: la Guerra di Troia. Pare che molto bronzo nuragico abbia alimentato la produzione delle armi che vi vennero impiegate.
Quella guerra avvenne per un motivo molto concreto: il controllo della rotta commerciale verso il Mar Nero attraverso i Dardanelli. Si ritiene che l’ostilità che unì i popoli mediterranei contro la città di Troia derivasse dai dazi che essa imponeva alle merci delle navi che dal Mar Egeo al Mar Nero e, viceversa, dovevano passare in quegli stretti.
Il commercio era basato sullo scambio di manufatti prodotti dalle città mediterranee con i cereali coltivati dagli agricoltori della pianura ucraina. Essa ai tempi dei Romani veniva chiamata Pianura Sarmatica.
Con questo nome si indica tutt’oggi il vasto “bassopiano Sarmatico” di cui fanno parte l’Ucraina, la Bielorussia, la Moldavia e le tre Repubbliche Baltiche (Lituania, Lettonia, ed Estonia). E’ una vastissima distesa di fertilissimo terreno pianeggiante, senza montagne, irrigato dai due fiumi tra i più grandi d’Europa, il Dniepr ed il Danubio, che sfociano nel Mar Nero, contornando la penisola di Crimea.
Già allora questa vasta pianura era il più grande produttore di cereali del mondo conosciuto. Lo sbocco commerciale si trovava, e si trova tutt’oggi, negli approdi della Crimea e della costa ucraina sul Mar Nero. Il controllo di quei porti e di quel mare equivaleva al controllo del commercio dei prodotti alimentari più richiesti: i cereali, appunto. Le guerre per il controllo di quelle rotte commerciali dovettero essere numerose visto che l’archeologo Heinrich Schliemann contò ben nove strati sovrapposti di città di Troia.
Con i suoi scavi del 1872 egli dimostrò che la Troia dell’Iliade non era stata distrutta una sola volta ma era stata rasa al suolo con almeno nove guerre distinte e avvenute in tempi diversi; tutte le volte era stata ricostruita nello stesso posto. Questi eventi bellici per il controllo delle rotte per il Mar Nero avvennero oltre mille e duecento anni prima dell’Era Cristiana e dell’Impero Romano. Il poema eterno di Omero conferma quanto importante fosse per tutto il mondo allora conosciuto il controllo di quei commerci.
Dopo 1200 anni dalla vicenda omerica Roma imperiale conquistò i territori corrispondenti alla attuale Romania, alla Bielorussia, all’Ucraina e alla Crimea, e fece di quell’area il granaio dell’Impero.
Successivamente, con la fine dell’Impero Romano d’Occidente nel 476 dopo Cristo, il controllo delle rotte verso il Mar Nero toccò ai Bizantini. Alla dominazione bizantina della pianura Sarmatica, si alternarono le dominazioni dei Goti, dei Mongoli e di altri ancora. Seguirono poi i regni di etnia slava, polacca, lituana.
Intorno all’anno 1000 i Bizantini, per proteggersi dagli invasori, assoldarono guerrieri mercenari provenienti dalle coste del Mar Baltico. Erano uomini alti, biondi, dagli occhi chiari, che chiamavano “Variaghi”. I Variaghi erano il corrispondente dei “vichinghi” che , a Ovest dell’Europa si erano espansi lungo le coste atlantiche e si erano addentrati nel Mediterraneo. Giunti in Sicilia, vi costituirono il regno Normanno.

I Variaghi che si erano installati a Est dell’Europa vennero chiamati anche col nome di “Rus”. Nei secoli successivi all’anno 1000, al tempo delle Repubbliche Marinare italiane, le coste della Crimea sul Mar Nero vennero dominate per secoli da Veneziani e Genovesi. I porti italiani in Crimea e Ucraina servivano per ospitarvi grandi magazzini del grano prodotto nella grande pianura a Nord.
Tutto il Mar Nero, nell’Alto e Basso Medioevo, è stato un grande emporio per i cereali. I clienti dell’emporio erano l’Europa e l’Asia, compresa la Cina.
I porti fra l’attuale Odessa e la Crimea erano lo snodo internazionale per il commercio di prodotti alimentari. Una funzione così appetibile, per millenni, non poteva sfuggire alle mire di tutti i potenti delle varie epoche storiche e le guerre per il loro controllo furono molte. Una di quelle guerre cambiò le sorti del mondo: fu la guerra condotta dai mongoli contro i genovesi per la conquista della città di Caffa.

Caffa era una città portuale della Crimea e faceva parte di un insieme di sette porti appartenenti all’impero marittimo della Repubblica di Genova. Il motivo della guerra tra orientali e occidentali era quello classico: si trattava di una guerra economica.
A causa di una prolungata siccità, la Cina e tutto l’Impero Mongolo, così come l’Europa, avevano i granai vuoti e le popolazioni alla fame. I potenti d’Oriente inviarono l’“Orda d’Oro” a Caffa per impadronirsi dei suoi granai. Al seguito dell’orda mongola arrivarono anche i ratti dalla Cina e dall’India, anch’essi alla ricerca di cibo. I ratti portarono con sé le pulci, e le pulci furono il vettore della Yersinia Pestis, l’agente della Peste Nera.
Dopo due anni d’assedio i mongoli, decimati dalla peste, abbandonarono la città, ma prima vi scagliarono con le catapulte i cadaveri degli appestati.
Così la peste si diffuse fra gli italiani di Crimea. Quando le navi genovesi partirono da Caffa verso Messina, Genova e Marsiglia, portarono i topi, e la peste si diffuse in tutta Europa. In due anni morirono in Europa un terzo degli abitanti. Ne morirono 20 milioni.
Dopo un’epidemia di tale gravità tutto cambiò: i rapporti umani, le credenze, l’immaginazione, i desideri, la letteratura, le leggi, la politica, l’economia, i trasporti, la struttura sociale, il diritto di proprietà, i commerci, e altro ancora. Era cambiato l’animo umano.
La Civiltà mutò ed il Medioevo si avviò verso le rivoluzioni sociali, culturali, economiche, religiose e scientifiche del 1400. 1500, 1600. Da quel mondo intellettualmente trasformato si crearono le premesse delle rivoluzioni industriali e politiche del 1700, 1800. 1900.
Quella guerra in Crimea del 1346 cambiò la rotta delle civiltà di tutto il mondo. I popoli latini mediterranei e, sopratutto, gli Italiani, furono al centro di quelle vicende.
Nonostante i cambiamenti dei governi che dominarono quell’area, la scomparsa dell’Impero Bizantino e la sua sostituzione nel 1455 con l’Impero Turco, e nonostante la nascita di altri dominatori che inglobarono la pianura Sarmatica, come i regni mitteleuropei e nord europei, gli italiani, per motivi commerciali non abbandonarono mai la Crimea e il Mar Nero.
Camillo Benso, conte di Cavour, per gli interessi dei Savoia, si fece facilmente coinvolgere nella guerra di Crimea. Fu un conflitto combattuto dal 1853 al 1856 fra l’Impero Russo da un lato e l’alleanza composta da Impero Ottomano, Francia, Inghilterra e Regno di Sardegna. Il casus belli fu la disputa tra Francia e Russia sul controllo dei “luoghi santi” della cristianità in territorio turco. In realtà, sopratutto la Gran Bretagna temeva l’espansione russa verso il Mediterraneo. Vinse l’alleanza e la Russia fu respinta dalla Crimea e dal Mar Nero.
In quella guerra i sardi combatterono in prima linea e furono essenziali per la vittoria nella battaglia della Cernaia. Il comandante in capo dell’esercito sardo fu il generale Alfonso Lamarmora, fratello di Alberto Lamarmora che allora comandava la flotta navale e spesso risiedeva in Sardegna sia per il governo sia per i suoi studi geologici, antropologici e geografici. I Sardi combatterono a fianco dei Francesi e furono molto ammirati da quel Comando per il modo in cui respinsero l’attacco della cavalleria cosacca.
L’eroismo dei Sardi in Crimea valse a Cavour l’alleanza dei Francesi nelle battaglie della Seconda Guerra d’Indipendenza dell’Italia dall’Impero Austroungarico.
Quella guerra dei sardi in Crimea ebbe come risultato l’estensione del Regno Sardo a tutte le ragioni italiane, eccettuato lo stato Pontificio e il Nord-Est.
Poi il risultato finale dell’unificazione nazionale avvenne con la Terza Guerra d’Indipendenza e si concretizzò il 17 marzo 1861 con la proclamazione del Regno d’Italia e la contestuale cessazione del Regno di Sardegna, con cui Vittorio Emanuele II assunse per sé e per i suoi successori il titolo di re d’Italia.
La presenza degli italiani nelle città portuali dell’Ucraina è documentata dai molti edifici in stile italiano che ne abbelliscono le strade e le piazze. Ne sono un esempio, a Odessa, il Teatro dell’Opera e del Balletto costruito con la classica architettura ottocentesca italiana. Chi ricorda il film muto di Eisenstein, “la corazzata Potemkin” ricorderà la famosa “scalinata” della carrozzina che precipita sotto il fuoco dei soldati russi in assetto antisommossa. Quella scalinata fu costruita da architetti italiani.
L’italianità di Odessa è certificata anche dall’origine della canzone napoletanissima “O sole mio” che venne scritta da Eduardo di Capua, proprio a Odessa, nel 1897.
In un altro contesto tristissimo vi fu un rapporto ravvicinato fra italiani ucraini e russi: fu nel 1941 in occasione della campagna di Russia della Seconda Guerra Mondiale. A Donetsk combatterono i soldati della “Celere”, mentre a Gorlovka combattè il reggimento “Pasubio”. Il fatto d’arme più grave avvenne a Lugansk, durante la controffensiva dell’Armata Rossa. I nostri “Alpini” in ritirata dal Don vennero chiusi in una sacca mortale dai russi e furiosamente sterminati. In quella battaglia morirono molti soldati sardi, e tante tombe del Sulcis espongono foto di “Alpini” mai tornati e classificati “dispersi”. Non si è ancora conosciuto il luogo della loro sepoltura.
Questa sintesi dei rapporti, commerciali e bellici, fra sardi, italiani ed ucraini, è utile per comprendere che fin da un tempo molto antico, siamo stati spesso coinvolti nelle vicende di quei luoghi apparentemente lontani.
Sarebbe bene prenderne atto e guardare negli occhi una realtà a cui non siamo preparati.

Mario Marroccu

Ieri, nel giorno in cui si commemorano le 335 vittime della furia nazista alle Fosse Ardeatine, il comune di Portoscuso ha ricordato il Brigadiere dei carabinieri Gerardo Sergi, nato a Portoscuso nel 1917, ucciso a Roma il 24 marzo 1944.

Gerardo Sergi aveva preso parte alla seconda guerra mondiale, impegnato nella campagna di Grecia. Rientrato in Italia era stato assegnato, a Roma, alla Compagnia Comando dell’VIII Battaglione Carabinieri. Dopo l’8 settembre 1943 era riuscito a sottrarsi alla cattura da parte dei tedeschi e si era impegnato nel Fronte della resistenza militare, attivo nella Capitale. Caduto nelle mani dei nazifascisti fu sottoposto a tortura, ma non si piegò. Fu fucilato alle Fosse Ardeatine.

Venne insignito della Medaglia d’Oro al Valor Militare “alla memoria” con la seguente motivazione: «Sottufficiale dei Carabinieri, appartenente al fronte della resistenza, si prodigava senza sosta nella dura lotta clandestina contro l’oppressore tedesco trasfondendo nei suoi compagni di lotta il suo elevato amor di Patria ed il suo coraggio. Incurante dei rischi cui si esponeva, portava a compimento valorosamente le numerose azioni di guerra affidategli. Arrestato dalla polizia nazi-fascista, sopportava stoicamente, durante la detenzione, le barbare torture ed affrontava serenamente la fucilazione, pago di aver compiuto il suo dovere verso la Patria oppressa, con l’olocausto della vita».

 

Sulla Gazzetta Ufficiale del 22 marzo è stato pubblicato il concorso pubblico, da parte del Ministero dell’Interno, per la copertura di 1000 allievi vice ispettori della Polizia di Stato. I requisiti da possedere per poter partecipare al concorso sono: diploma di istruzione secondaria superiore, cittadinanza italiana, godimento dei diritti civili e politici, idoneità fisica, psichica e attitudinale al servizio di polizia, buone qualità di condotta; non devono essere stati destituiti, dispensati o dichiarati decaduti dall’impiego in una pubblica amministrazione, etc. Le fasi di svolgimento del concorso sono le seguenti: prova preselettiva, che consisterà in un questionario, articolato in domande con risposta a scelta multipla, vertenti sulle seguenti materie: diritto penale, diritto processuale penale, diritto costituzionale, diritto amministrativo e diritto civile. Le altre prove riguardano: l’accertamento dell’efficienza fisica, che consisterà nello svolgimento di diversi esercizi ginnici, gli accertamenti psico-fisici, l’accertamento attitudinale, lo svolgimento di una prova scritta, che consisterà nella stesura di un elaborato vertente su elementi di diritto penale e infine un colloquio, il quale verterà, oltre che sulle materie della prova scritta, anche sulle seguenti materie: nozioni di diritto amministrativo e diritto civile; accertamento della conoscenza della lingua inglese, che consisterà nella traduzione di un testo e in una conversazione e l’accertamento della conoscenza dei sistemi informatici. Nella domanda di partecipazione i candidati devono dichiarare: cognome e nome, luogo e data di nascita, codice fiscale, residenza o domicilio, possesso della cittadinanza italiana, possesso del diploma, di essere iscritti nelle liste elettorali, di non essere stati condannati per delitti non colposi, di non essere stati destituiti, dispensati o dichiarati decaduti dall’impiego presso una pubblica amministrazione, etc.

La domanda per la partecipazione al concorso deve essere presentata entro il 21 aprile 2022. Per scaricare il bando completo…

L’articolo completo è consultabile nel sito http://diariolavoro.com/polizia_1.html .

Un pezzo della storia sociale e operaia di Carloforte compie un secolo di vita, spaccato della storia dell’intera isola e del Paese. Gli inizi del ‘900 sono un periodo caratterizzato da un forte sviluppo industriale, dall’introduzione di tante innovazioni tecniche e tecnologiche da cui derivano agi e un benessere non conosciuto fino ad allora (energia elettrica arriva agli inizi del 900), il contraltare è l’aumento della concentrazione e dello sfruttamento di tanti operai/masse operaie.

Dopo la seconda rivoluzione industriale, dunque, sono forti in Europa le spinte delle idee socialiste che arrivano in Italia, in Sardegna e a Carloforte, nascono le rivendicazioni, le lotte e le organizzazioni sindacali stabili.

La storia economica e sociale del Sulcis è legata alle miniere e, inevitabilmente, anche quella della sua isola nell’isola, Carloforte era il luogo di primo stoccaggio dei minerali estratti dai pozzi che vi venivano trasportati da una flottiglia di 200 imbarcazioni a vela e remi con equipaggio di zappatori e battellieri.

Da questo nucleo di lavoratori marittimi e caricatori nasce nel 1907 la lega dei battellieri, promossa dal medico piemontese Giuseppe Cavallera, da cui il teatro prende il nome, un protagonista di questi eventi sullo scenario nazionale, che fu oltre che sindaco di Carloforte nel 1907 anche parlamentare del Regno e senatore della Repubblica dopo la seconda guerra mondiale.

Dal nucleo della Lega dei battellieri il 26 marzo 1922 venne costituita la Cooperativa Casa del Popolo che divenne proprietaria anche del Teatro, era talmente radicata nella comunità da arrivare ad avere 1800 soci pari a quasi un quarto dell’intera popolazione. Figlia della organizzazione sindacale socialista ne rappresentava le idee e le istanze e per questo oggetto delle attenzioni del regime fascista che nel 1926 requisì lo stabile per affidarlo all’Associazione Generale degli Operai, tornò nella disponibilità della cooperativa solo negli anni 60’ dopo lungo contenzioso con lo stato italiano.

Da quel momento il Teatro intitolato a Cavallera riprese a svolgere il ruolo di aggregatore sociale, promotore di iniziative culturali e ad ospitare nella propria sede organizzazioni e associazioni che hanno rappresentato istanze sociali, l’ambientalismo, il progressismo politico e l’espressione artistica. È anche il luogo delle feste di fine d’anno delle scuole, della pentolaccia carnevalesca e del veglione di capodanno e da ultimo l’hub vaccinale dell’isola.

Dopo un secolo insomma la Cooperativa Casa del Popolo ed il suo Teatro Cavallera continuano ad essere un protagonista della vita dell’isola,

Cesare Napoli, l’attuale Presidente, descrive così la loro struttura: «Il Cine Teatro Cavallera è un immobile di particolare interesse storico e artistico perché rappresenta una qualificata testimonianza storica di un edificio costruito (1920-1922) come sede di leghe e cooperative per lavoratori (pescatori, contadini, battellieri)». Così veniva dichiarato dal ministero dei beni culturali nel 1998. In occasione del centenario dell’atto costitutivo della cooperativa, grazie anche al contributo di Fondazione Sardegna, Lega Coop, Portovesme srl, comune di Carloforte, sono previste una serie di manifestazioni celebrative dell’avvenimento.

Il Coordinamento Territoriale di Cagliari Sulcis guidato dal presidente Alessandro Moro ha coinvolto per la celebrazione del 26 marzo la coop. Teatro di Sardegna che curerà la messa in scena della rielaborazione da parte di Elisa Pistis di “mistero buffo” di Dario Fo.

Il presidente regionale di Legacoop Claudio Atzori sottolinea come «quelli raggiunti dalla coop Casa del Popolo di Carloforte sono traguardi esemplari per tutta la cooperazione Sarda, l’aggregazione di un ampio nucleo di lavoratori attorno a valori e bisogni sociali hanno costituito un modello cooperativo che ha prodotto benefici non solo per i propri soci ma per tutta la comunità in cui è nata, e addirittura per un intero secolo. Ancora oggi è uno dei più alti esempi di mutualità esterna».

Jose Moica, vice presidente nazionale del Settore Cultura e Turismo di Legacoop, evidenzia «i comparti che rappresentiamo sono stati tra i più colpiti da questo biennio di pandemia. Il turismo, i musei e le aree archeologiche hanno registrato cali di fatturato fino al 50% ma lo spettacolo dal vivo ed il teatro sono stati quasi azzerati. Oggi sull’intero territorio nazionale stiamo ricominciando a programmare spettacoli e stagioni ed useremo l’esempio della Cooperativa Casa del Popolo per essere sempre più da stimolo culturale per l’intero Paese».

I cinque consiglieri comunali di minoranza del comune di San Giovanni Suergiu, prima firmataria Eloise Carboni, hanno presentato un’interrogazione urgente al sindaco Elvira Usai, con la quale chiedono se l’Amministrazione comunale, alla luce di quanto previsto nell’avviso pubblico del 2 dicembre 2021 relativo al piano per asili nido e scuole infanzia, concernente la realizzazione di asili nido e servizi integrativi comprese le sezioni primavera, prorogato per l’inoltro delle candidature con termine fissato alle ore 15.00 del giorno 31.03.2022, abbia avviato l’istruttoria per l’adesione e la presentazione della propria candidatura.

«Questo – aggiungono i consiglieri Eloise Carboni, Antonio Fanni, Erika Floris, Mario Cocco ed Eliano Locciin considerazione della straordinaria opportunità offerta a tutta la comunità di San Giovanni Suergiu che consentirebbe di realizzare, con cospicui vantaggi economici e risparmio di risorse comunali, i servizi per l’infanzia che tutt’ora sono inesistenti nella nostra comunità come l’asilo nido.»

Per continuare a celebrare il mese della donna, il Museo Archeologico Villa Sulcis propone per domenica 27 marzo, alle ore 11.00, una visita tematica dedicata alle divinità femminili dal titolo “La divinità è donna?”

La Dea Madre di Cannas di Sotto, la Dea Astarte ritrovata all’interno del Tempio di Monte Sirai, gli amuleti raffiguranti Iside e le statuine in terracotta della Dea Demetra, provenienti dal tempietto di Bagoi a Narcao: le quattro divinità esposte nel Museo, sulle quali si concentrerà la visita tematica, saranno lo spunto per approfondire i loro culti, per conoscere quali caratteristiche li accomunano e come le concezioni religiose sono cambiate nel corso dei millenni. Nuove informazioni fornite dagli studi più recenti daranno, inoltre, la possibilità di confrontarsi su queste tematiche e provare a rispondere insieme alla domanda “la divinità è donna?”.

L’iniziativa è a cura del Consorzio Sistema Culturale Sardegna, gestore del circuito museale, in collaborazione con il comune di Carbonia.

La visita, della durata di circa mezz’ora, è dedicata ad un pubblico adulto. Il costo del biglietto è 5 euro (biglietto ridotto). Conservando il biglietto dell’evento sarà, inoltre, possibile visitare il Museo Archeologico entro il mese di aprile.

«A nome mio personale e della giunta, esprimo la massima vicinanza e solidarietà al presidente regionale di Coldiretti Battista Cualbu, vittima di un gravissimo gesto intimidatorio. I momenti di difficoltà come quelli che stiamo attraversando si superano solo se stiamo uniti, attraverso il dialogo, e non mediante atti odiosi e vili come questo, utili solo ad alimentare tensioni e divisioni nella comunità. La violenza non è, e non sarà mai, la risposta per risolvere i problemi.»
Lo ha dichiarato il sindaco di Nuoro, Andrea Soddu, che ha espresso la solidarietà al presidente di Coldiretti Sardegna, Battista Cualbu, vittima di un atto intimidatorio.
Antonio Caria

Sono 1.873 i nuovi casi positivi al Covid-19 accertati in Sardegna su 12.220 tamponi eseguiti, 351 diagnosticati da molecolare, 1.522 da antigenico.

I pazienti ricoverati nei reparti di terapia intensiva sono 19 (+3).

I pazienti ricoverati in area medica sono 313 (-6).

Sono 29.578 le persone in isolamento domiciliare (+169).

Si registrano 6 decessi: una donna di 92 anni ed un uomo di 87, residenti nella Città Metropolitana di Cagliari; tre donne di 72, 87 e 94 anni, residenti nella provincia del Sud Sardegna ed una donna di 97 anni, residente nella provincia di Sassari.

Domani, sabato 26 marzo (orario 9.00-13.00) e giovedì 31 marzo 2022 (orario 15.00-18.00) saranno gli ultimi giorni di attività vaccinale dell’hub sito nella Miniera di Serbariu a Carbonia.

Dal primo aprile, per chi non avesse ancora completato il ciclo, sarà necessario recarsi all’hub di Iglesias, nella palestra di via Enrico Toti, che sarà attivo nei mesi di aprile e maggio tutte le domeniche (eccetto quella di Pasqua) dalle ore 9.00 alle ore 13.00 e dalle ore 14.00 alle ore 17.00 e di sabato 16 e 30 aprile, osservando i medesimi orari di apertura della domenica.

Secondo i numeri forniti dal Distretto sanitario, dopo oltre un anno di intensa attività, quasi il 90% della popolazione ha completato il ciclo di vaccinazione primario e oltre il 70% dei vaccinati ha effettuato anche la terza dose. La Asl Sulcis ha valutato, pertanto, di chiudere fino a nuova data l’hub di Carbonia, al fine di consentire un progressivo ritorno degli operatori alle attività assistenziali delle Unità operative di appartenenza.

All’hub di Iglesias saranno disponibili tutti i vaccini autorizzati dall’EMA per gli eventuali richiami o dosi booster.

Martedì 29 marzo 2022, come richiesto dall’Amministrazione comunale per conto della ditta IN.CO. Srl appaltatrice dei “lavori di lottizzazione Is Concaleddus” nel comune di Portoscuso, è stato programmato l’intervento di collegamento della nuova condotta appena realizzata con la rete idrica esistente in via delle Regioni.

Per consentire l’esecuzione dei lavori si rende pertanto necessario interrompere l’erogazione idrica alle utenze ubicate nella zona medio-alta del centro abitato e più dettagliatamente nelle vie Dante, delle Regioni, Italia, Sardegna, Toscana, Emilia, Lombardia, Valle d’Aosta, Piemonte, Umbria, delle Mimose, degli Olmi, delle Ginestre, Deledda, Adriatico, Trieste, Corsica, Nettuno, Mediterraneo, Vasari, Bramante, Michelangelo, Donatello, Cellini, Brunelleschi, Mascagni, da Vinci, Puccini, Rossi, Donizetti, Verdi, Bellini, Angioy, Matteotti, Fermi, Galilei, Volta, Satta, Pascoli, Manzoni, Leopardi, Foscolo, Carducci, Marconi, Ungaretti, Lussu, Monti, Baracca, Oberdan, Gramsci, Garibaldi, Fratelli Bandiera, Risorgimento, Conciliazione, Cavour, la Caletta e Torre nella fascia oraria compresa tra le 8.00 e le 15.00.

L’erogazione sarà ripristinata prima dell’orario prestabilito qualora i lavori dovessero essere terminati in anticipo. Al termine dell’intervento le squadre di Abbanoa saranno mobilitate per eseguire le manovre di riavvio dell’erogazione. Qualsiasi anomalia potrà essere segnalata al servizio di segnalazione guasti di Abbanoa tramite il numero verde 800.022.040 attivo 24 ore su 24.