La cicogna ha traslocato a Cagliari – di Antonello Cuccuru
Mentre una start-up olandese, SpaceLife Origins, ipotizza di inviare in orbita terrestre, a 400 km dal nostro pianeta, una donna con gravidanza a termine, per testare la possibilità, per la nostra specie, di riprodursi al di fuori del pianeta, e proseguire anche quando, della Terra, non rimarrà più nulla di abitabile, è importante rimanere con i piedi per terra e cercare di capire perché le donne del Sulcis Iglesiente, per partorire, scelgono altre strutture sanitarie.
Le strutture pubbliche o private accreditate che nella Regione Sardegna effettuano parti sono 13. Il 23,1% rispetta il valore di riferimento fissato a 1.000 parti mentre il 38,5% non rispetta il valore minimo di 500 parti l’anno.
Le 5 strutture che in Sardegna effettuano un maggior numero di parti sono oggi:
1. Policlinico di Monserrato di Cagliari
2. Ospedale SS. Trinità di Cagliari
3. Stabilimento Cliniche di San Pietro – AOU di Sassari
4. Ospedale Giovanni Paolo II di Olbia (SS)
5. Ospedale San Francesco di Nuoro
ll regolamento del ministero della Salute sugli standard quantitativi e qualitativi dell’assistenza ospedaliera fissa i valori massimi relativi ai tagli cesarei primari al 25% (per gli ospedali che eseguono più di 1000 parti annui) e al 15% (per gli ospedali che effettuano meno di 1000 parti annui).
Prima di poter affermare, sic et simpliciter, che le donne del nostro territorio non scelgono la nostra struttura perché non si pratica la parto analgesia, sarebbe utile condurre almeno un’indagine qualitativa più approfondita con i soggetti interessati (le donne che devono partorire e/o le donne che hanno già partorito).
Le donne, in genere, hanno aspettative precise riguardo al momento della nascita del loro bambino: c’è chi ci tiene a partorire nel modo più naturale possibile, chi vuole assolutamente contenere il dolore, chi desidera il neonato con sé 24 ore su 24 e chi chiede di conservare il sangue del cordone ombelicale. Non si può prescindere, poi, dall’andamento della gravidanza: se insorgono patologie a carico della donna o del nascituro durante l’attesa bisogna necessariamente puntare su un centro hub di II livello che disponga di strumentazione adeguata e di una Terapia Intensiva Neonatale. Invece, se la gravidanza è fisiologica, la futura mamma può scegliere di farsi seguire presso i consultori e di partorire negli ospedali spoke di 1° livello – ben collegati ai centri hub di 2° – purché vantino adeguati volumi di attività.
È fondamentale, quindi, informarsi per tempo per capire se la struttura prescelta risponde alle proprie esigenze: se dispone cioè di un servizio di analgesia epidurale gratuita h24 7 giorni su 7, di una vasca per il parto in acqua e di un servizio di rooming-in 24 ore su 24. E ancora: se è un centro di raccolta del sangue del cordone ombelicale o se è presente una Terapia Intensiva Neonatale.
Tutte queste informazioni sono oggi disponibili su www.doveecomemicuro.it, portale che vanta un database di oltre 2.300 strutture: tra ospedali pubblici, strutture ospedaliere territoriali, case di cura accreditate, poliambulatori, centri diagnostici e centri specialistici.
Per confrontare le strutture è sufficiente inserire nel “cerca” la parola desiderata, ad esempio “parto” e selezionare la voce che interessa tra quelle suggerite. In cima alla pagina dei risultati compariranno i centri ordinati per volume di attività, per vicinanza o in base ad altri criteri selezionabili. Il semaforo verde indica il rispetto delle soglie ministeriali mentre la barra di scorrimento mostra il posizionamento delle singole strutture nel panorama nazionale.
La valutazione viene fatta considerando indicatori istituzionali di qualità come volumi di attività (dati validati e diffusi dal PNE – Programma Nazionale Esiti gestito dall’Agenas per conto del Ministero della Salute). È possibile inserire nel “cerca” anche un trattamento (analgesia epidurale gratuita h24 7 giorni su 7, parto in acqua, centro raccolta sangue del cordone ombelicale), o un’area specialistica (Terapia Intensiva Neonatale), quindi restringere il campo alla regione o alla città di appartenenza. Per filtrare ulteriormente i risultati, basta spuntare le caselle della colonnina a sinistra relative, ad esempio, ai Bollini Rosa, il premio assegnato agli ospedali attenti alle esigenze femminili.
Per evitare di farsi prendere dallo sconforto è necessario procedere con un approccio interpretativo del fenomeno, nel suo contesto naturale, con i significati assegnati dalla gente. Una ricerca qualitativa fenomenologica potrebbe consentirci di comprendere i fenomeni e chiarire le percezioni di differenti gruppi, atteggiamenti, preferenze, opinioni.
Uno strumento di facile applicazione è costituito dalla tecnica del focus group. Si tratta di una forma di ricerca qualitativa, in cui un piccolo gruppo, omogeneo e informale di individui si riunisce per discutere un tema specifico sotto la guida di un moderatore.
I partecipanti da reclutare per il focus possono essere diversi: donne che devono ancora partorire, donne che hanno già partorito, operatori sanitari dei consultori, operatori dell’UO di Ginecologia e Ostetricia, ai quali vengono sottoposte una serie di domande sulle motivazioni che influiscono nella scelta del punto nascita.
Attraverso questa tecnica basata sulla libertà di espressione dei membri del gruppo può accadere che emergano aspetti del tema dibattuto non ancora considerati.
L’analisi dei dati emersi potrà portare a possibili modifiche organizzative e/o strutturali, compresa l’eventuale ricollocazione dell’attuale struttura di Ginecologia e Ostetricia in altro Presidio.
Antonello Cuccuru