Terra bruciata intorno alla Sanità pubblica – di Mario Marroccu
Sarà che ho appena sentito di un paziente, operato al cervello, che ha perso la PEG (il tubino per nutrirsi) e gli è stato negata l’assistenza immediata in una struttura ospedaliera. Sarà che tutti abbiamo appena sentito che sono stata chiuse le Rianimazioni del Sirai e del CTO. Sarà che con questa storia del disegno di legge sull’“autonomia differenziata” si ha la sensazione che alcune ricche regioni vogliano rompere i ponti di condivisione della Sanità pubblica e dell’Istruzione con le altre regioni meno forti. Saranno solo suggestioni ma la sensazione che intorno ai nostri Ospedali sia stia facendo terra bruciata è forte.
Tutto iniziò nel 1992 quando il ministro Francesco De Lorenzo fece approvare una legge che avrebbe trasformato gli Ospedali da Aziende sanitarie pubbliche in Aziende sanitarie di Diritto privato. Quella legge allontanò i Sindaci dalla gestione diretta della Sanità dei loro territori per darla in gestione ad apparati di tipo privatistico, con tanto di Manager, finalizzati al freddo controllo del bilancio. Non si tenne conto che la sola cura del Bilancio, confliggeva con il fatto che l’oggetto amministrato non era fatto di soli numeri ma, sopratutto, di “valori umani” contenuti dentro esseri umani.
Questa trasformazione in pura macchina burocratica dello stabilimento ospedale si aggravò ulteriormente rispetto al peggioramento che aveva sofferto tra il 1992 ed il 2020, con l’avvento del Covid, e fece definitivamente terra bruciata tra l’utenza umana bisognosa di cure ed il Sistema sanitario.
Abbiamo visto la disumanizzazione rappresentata dalle file di persone respinte fuori dagli ospedali durante la pandemia. Certamente era necessario frapporre distanziamenti tra utenti ed apparato sanitario per motivi di igiene, ma non abbiamo visto l’umanizzazione del rigore, anzi abbiamo visto l’assenza di un reale isolamento dal contagio, di sbarramenti al virus, e la messa in pericolo degli altri malati inermi e del personale d’assistenza. Secondo certi calcoli pare che il numero di morti/anno in più per malattie non-Covid, come tumori ed infarti, sia stato pari alle morti da Covid. Eppure la valutazione contabile del Sistema sanitario, basato su una complessa macchina fatta di leggi, regolamenti, norme, piani nazionali e regionali ed un’immensa, complessa burocrazia amministrativa, ha dimostrato con formule matematiche che i risultati sono stati soddisfacenti. E’ necessario precisare che la soddisfazione si divide in due varianti; esiste la soddisfazione dell’apparato contabile e quella ben diversa dei cittadini. Mentre la prima è basata su “numeri”, la seconda è basata sulla percezione del rispetto di “valori”.
Questa differenza, insistentemente ignorata, è all’origine dei fallimenti delle numerose riforme nazionali e regionali della Sanità. Oggi sta per giungere una nuova riforma: quella della digitalizzazione della Sanità. Va molto bene ma ha un difetto: non è stato previsto, nel PNRR missione 6, un capitolo per l’assunzione di personale Medico, Infermieristico e Tecnico degli ospedali. Cioè sono state previste macchine e strutture ma non è stata prevista la ricostituzione della componente umana della Sanità che deve utilizzare quelle macchine e quelle strutture.
La Sanità è un grande contenitore formato dalla tecnostruttura degli ospedali e dall’apparato burocratico che, sebbene fatto di persone, risponde a rigide esigenze di leggi e strumenti digitali. Tale contenitore, tuttavia, dovrà contenere persone con il loro carico di valori. I valori non sono misurabili né monetizzabili. Sono un’entità prodotta dal cervello umano: si tratta di ragionamenti, sentimenti, istinti, che vengono integrati insieme per produrre “giudizi” e i giudizi regolano la vita dell’Uomo, il quale agisce di conseguenza, allo scopo di raggiungere la “felicità”. Il sistema digitale tecnocratico non può capire il sistema delle astrazioni valoriali umane come: la paura, la fiducia, l’ansia, la solidarietà, la compassione, il desiderio, la giustizia, l’equità, il rispetto, l’uguaglianza e la democrazia; quest’ultima è la somma dei valori e rappresenta il riconoscimento condiviso dei valori che una comunità deve rispettare. In questo momento, non ci sono intermediari fra il “sistema dei valori” e l’apparato tecnoburocratico che governa la Sanità. Ecco perché i sindaci, che sono l’entità da tutti riconosciuta come intermediaria fra noi e la macchina amministrativa dello Stato, sono oggi gli unici referenti delle comunità destinati a mantenere i valori umani indenni da ogni forma di offesa. L’offesa nel nostro caso consiste nel non rispondere con empatia al sofferente che si rivolge con animo empatico alla struttura sanitaria chiedendo d’essere preso in cura. Se ai valori non si risponde con altri valori nascono la frustrazione ed il conflitto.
Dagli anni ‘90, con la fine della legge 833/78, esiste l’errore di considerare l’ospedale come un’officina che ripara malati. Ma c’è differenza. Le macchine guaste possono essere sistemate in attesa nel parcheggio al di fuori dell’officina, in una lista d’attesa senz’anima, ma ciò non vale per l’uomo. Il malato non ha bisogno solo d’essere curato; ha bisogno che altri esseri umani se ne “prendano cura”. La materia di cui è costituito il “prendersi cura dell’altro” è formata dal “tempo di dedizione”, dall’“empatia” e dalla “comunicazione”. Proprio questo è il punto: la macchina amministrativa di diritto privato e la macchina tecnologica supportata dall’intelligenza artificiale, ma con deficit di umanità, obbedisce ad algoritmi regolati dalla matematica e non entra in “comunicazione” con il sistema dei valori umani. Stiamo vedendo come siano ignorati.
L’incontro tra chi “si prende cura” e colui che viene “preso in cura” è un fenomeno estremamente complesso ed ha lo scopo di generare “soddisfazione”. La soddisfazione verrà a sua volta elaborata dai centri cerebrali della “ricompensa”, attraverso molecole chimiche dedicate. Questo sistema complesso della “ricompensa” è stato elaborato in milioni di anni, attraverso mutazioni genetiche molecolari, tutt’oggi in corso, che sono capaci di cambiarci ad ogni secondo che passa.
E’ un argomento estremamente difficile che riguarda il quesito del perché esistiamo e come comunichiamo, e che oggi è oggetto di studio delle Neuroscienze. Un quesito che 2.500 anni fa indusse i primi filosofi ad identificare l’esistenza di tre fattori della natura umana che non possono esistere in nessuna macchina, cioè: il Pathos, il Logos, l’Ethos (il sentimento, la conoscenza, e l’etica). Su questi elementi il primo medico, Ippocrate, formulò il suo giuramento.
Dopo filosofi e medici dei primi secoli intervenne il Cristianesimo, che assimilò i corpi dei malati al corpo martoriato di Cristo e sul concetto di “compassione” dette inizio alla fondazione degli ospedali in tutto il mondo occidentale. Millecinquecento anni dopo, gli scienziati Galileo, Cartesio e Leibniz posero le basi del calcolo matematico infinitesimale e furono i progenitori dell’odierna tecnologia digitale.
Uno di questi, Cartesio, oltre al calcolo matematico condusse studi sul significato ontologico del “prendersi cura di se stessi e dell’altro” sviluppando concetti messi a punto da Sant’Agostino. Nei secoli successivi, fino ad oggi, i filosofi-antropologi hanno elaborato il concetto che l’“essere” ed il “prendersi cura” sono fra loro indissolubili, e l’esistenza dell’“essere” è sintetizzato nella formula: «Io esisto perché mi prendo cura». Questo è l’essenza del significato dell’esistere degli ospedali pubblici e della stessa comunità umana.
E’ stato recentemente pubblicato un libro su questo tema straordinario scritto dalla scienziata antropologa Paola Atzeni. Il problema è talmente complesso che si comprende come non possa essere risolto da banali tecnici dell’ingegneria sociale. Platone, che fu il primo a scriverlo su “La Repubblica”, concluse che il governo delle cose umane dovesse essere affidato ai filosofi (escludendo i burocrati).
Questa digressione serve a dimostrare ciò che stiamo vedendo, e cioè che l’uomo malato non è amministrabile con la sola contabilità burocratica potenziata dall’apporto della migliore tecnologia dell’intelligenza artificiale, necessita dell’intervento della parte umana del sistema politico sanitario, con tutti i suoi valori.
E’ necessario prenderne coscienza e tornare allo spirito della legge di riforma sanitaria 833/78 che conteneva tre principi ampiamente inapplicati: Universalità, Uguaglianza, Equità. Tutti valori umani non trasferibili alla tecnocrazia.
Bisogna farlo prima che si faccia terra bruciata intorno agli ospedali di Carbonia e di Iglesias. Soprattutto, bisogna farlo prima che un’inopportuna legge in gestazione sull’“autonomia differenziata” tagli i ponti fra noi e la Nazione.
Bisogna che la Politica, stimolata dall’opinione pubblica, e tramite i sindaci capaci, riprenda in mano la gestione della Sanità ed impedisca che il mercato della salute senza Stato prenda il sopravvento.
Mario Marroccu
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