Cartella clinica e consenso informato: gestione e responsabilità
Una giornata di studio sulle responsabilità professionali nella gestione della cartella clinica, organizzata dalla Direzione medica dei Presidi Ospedalieri, si è svolta a Carbonia negli spazi della Grande Miniera di Serbariu, Sala conferenze Sotacarbo, il 30 ottobre 2023.
Alla giornata di studio, moderata dal dirigente medico legale e risk manager Andrea Della Salda, sono intervenuti il dirigente medico della Direzione del Presidio Sirai Cristiana Cardia, il professore ordinario Francesco De Stefano, medico legale dell’Università degli Studi di Genova, il dirigente delle professioni sanitarie Antonello Cuccuru, il dirigente medico legale Maria Maddalena Mele, il Tecnico di Radiologia Medica e Specialista in DIS/MIS-PACS Management, Tecnologie in Diagnostica per Immagini e Telemedicina Alessio Urgenti e la Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza Paola Massidda.
Il tema, di stretta attualità e di largo interesse in una sanità sempre più multimediale, ha coinvolto oltre 100 professionisti, tra dirigenti medici, infermieri, ostetriche e fisioterapisti.
I lavori della I sessione sono stati introdotti dalla Direttrice sanitaria degli Ospedali di Carbonia e Iglesias Giovanna Gregu, che ha evidenziato come la cartella clinica, oltre ad una indubbia valenza medico-nosologica ed epidemiologica, ha poi anche un importante rilievo giuridico, sotto vari profili e non ultimo, negli ultimi anni, ha assunto grande valore amministrativo. La direttrice ha messo in risalto che, per migliorare la disponibilità di informazioni, snellire il lavoro dei sanitari e favorirne i processi decisionali, occorre una riconsiderazione estesa e approfondita dell’intera cartella clinica: lavoro impegnativo che può sortire positivi risultati solo a condizione che vi sia una convinta partecipazione delle molteplici professionalità interessate
Nel primo intervento, il dirigente medico Cristiana Cardia, ripercorrendo un singolare excursus storico della nascita della cartella clinica, ha spiegato che non esiste una normativa unitaria che disciplini i contenuti e chiarisca la modalità di compilazione della cartella clinica: esistono diverse indicazioni in differenti documenti quali DPR, DM, Circolari ministeriali , DPCM, inoltre i Codici deontologici di medici e infermieri sono intervenuti nel disciplinare la questione e anche la Corte di Cassazione si è pronunciata in materia, per definire quale deve essere il contenuto della cartella clinica e quali sono i requisiti di validità e le responsabilità ad essa connesse. Il Ministero della Sanità nel 1992, ha definito la cartella clinica come uno ”Strumento informativo individuale finalizzato a rilevare tutte le informazioni anagrafiche e cliniche significative relative ad un paziente e ad un singolo episodio di ricovero”.
Fatta salva questa definizione, la dirigente ha precisato che la cartella clinica è un insieme di documenti in cui è registrato da medici e infermieri un complesso eterogeneo di informazioni sanitarie, anagrafiche, sociali, ambientali, giuridiche aventi lo scopo di rilevare il percorso diagnostico terapeutico di un paziente al fine di predisporre gli opportuni interventi sanitari e di poter effettuare indagini scientifiche, statistiche, medico legali.
Nell’ambito delle attività della Direzione medica dei due nosocomi del Sirai e CTO, il controllo delle cartelle ha evidenziato diverse criticità: per tale motivo si sta costruendo una scheda di verifica della compilazione della cartella clinica e un manuale operativo che potrà fungere da supporto per migliorare la qualità del documento.
Infatti, la legge 133/2008 capo IV art 79 prevede che: «Al fine di realizzare gli obiettivi di economicità nell’utilizzazione delle risorse e di verifica della qualità dell’assistenza erogata, secondo criteri di appropriatezza, le regioni assicurano, per ciascun soggetto erogatore, un controllo analitico annuo di almeno il 10 per cento delle cartelle cliniche».
I prossimi mesi vedranno la Direzione degli Ospedali di Carbonia e Iglesias impegnata in attività di controlli sanitari per verificare l’utilizzo corretto e migliore delle risorse del SSN al fine di ottenere i risultati migliori in termini di sicurezza, efficacia ai costi più bassi possibili.
I lavori sono proseguiti con l’intervento del dirigente delle professioni sanitarie della ASL Sulcis Iglesiente, Antonello Cuccuru, che ha presentato un’analisi retrospettiva delle cartelle infermieristiche non compilate adottate dalle 15 UU.OO. Nel lavoro, sono state sottoposte a valutazione 15 cartelle infermieristiche non compilate, raccolte dall’Ufficio di Staff delle Professioni Sanitarie, relative alle Unità Operative dei 2 Ospedali della ASL Sulcis Iglesiente.
L’audit retrospettivo sulla qualità delle cartelle adottate ha messo in evidenza diverse criticità. In particolare, è stato sottolineato che spesso non si raccolgono dati essenziali, che quelli che si raccolgono non vengono sempre utilizzati e che le informazioni importanti, quelle vere che servono per programmare l’assistenza e conoscere il paziente, continuano ad essere trasmesse a voce e far parte di quella memoria labile e soggettiva, che si esaurisce nello spazio di un turno.
Il dirigente infermieristico, ha quindi specificato che, se la cartella deve diventare uno strumento di documentazione che dimostra anche ciò che è stato fatto, non solo a fini amministrativi ma per aumentare la conoscenza sul paziente, va tenuto presente che spesso le informazioni importanti non si ricavano dalla somma degli interventi o dagli esami eseguiti, ma soprattutto dalle parole del paziente, dalle intuizioni, dalle reazioni, dalle impressioni espresse dagli infermieri e dai medici.
Per il dirigente infermieristico, uno di problemi principali dell’infermieristica è sicuramente la mancanza di un modello teorico di riferimento universale. Malgrado questo però, esistono delle informazioni che devono essere raccolte al fine di poter rilevare i bisogni assistenziali della persona. La diversità nei modelli infermieristici non impedisce la standardizzazione di un unico modello per l’accertamento infermieristico.
Alla luce di tale analisi, è stato proposto un nuovo modello di cartella infermieristica basato sul modello concettuale della teorica del nursing Marjory Gordon e l’adozione di una tassonomia condivisa di diagnosi infermieristiche.
Nel terzo intervento, il tecnico di radiologia Alessio Urgenti ha presentato uno possibile spaccato dove l’innovazione tecnologica che ha interessato la società moderna, negli ultimi vent’anni, ha apportato un enorme modificazione degli stili di vita, del modo di comunicare, del modo di studiare e recepire ma anche, soprattutto, nel modo di curarsi. In sanità, infatti, il passaggio dall’analogico al digitale ha messo stabilmente in moto il legame sinergico fra tecnologie e sistemi organizzativi, caratterizzati da un imprescindibile legame di interdipendenza funzionale nei processi di cura.
Secondo l’esperto di tecnologia sanitaria, la macchina della digitalizzazione all’interno della sanità ha prodotto finora risultati davvero ragguardevoli ma, data la natura della sfida, la strada è ancora molto lunga e presenta ancora, da certi punti di vista, diversi aspetti deficitari.
Nell’introdurre la cartella clinica elettronica (CCE), il tecnico ha precisato che se fino a qualche anno fa, la CCE sembrava partire solo ed esclusivamente dalle strutture ospedaliere e ai reparti, oggi si sta arrivando ad nuovo modo di integrare tutti dati di un processo di cura che riguarda i pazienti.
I vantaggi della CCE sono oramai noti, tuttavia, permangono molti freni alla sua adozione standardizzata e alcune funzionalità faticano a diffondersi. Se da una parte diagnostica per immagini e vari dati del paziente relativi a ricoveri e consulenze sono oramai la regola, dall’altra gli aspetti più legati alla dematerializzazione, si pongono come freno alla propulsione di questo prezioso strumento. Gli investimenti tecnologici, sempre in aumento, devono fare i conti, infatti, con l’immensa quantità di cartaceo presente che rappresenta ancora oggi il vincolo normativo maggiore che si contrappone al decollo della CCE.
Un ulteriore aspetto di notevole importanza, in evidenza come anti-propulsore del progetto CCE, è la resistenza dell’ “utente”. Il personale, infatti, abituato a gestire la cartella clinica tradizionale, lontano da concetti di paperless, è ancora molto restio all’uso del software. La resistenza al cambiamento, dunque, può tradursi in ostacolo e rappresentare un problema e un limite organizzativo soprattutto quando l’uso della CCE viene considerato come attività secondaria all’assistenza del paziente. La strada da percorrere è quella di un progetto di CCE bottom up che deve necessariamente contare su un gruppo multidisciplinare, coinvolto in tavoli di lavoro progettuali, lontano da dinamiche impositive e fondato su di un più largo principio di collaborazione in favore di progettualità condivise trasversalmente
La prima sessione si è conclusa con l’appassionato intervento del professor Francesco De Stefano, che ha polarizzato l’attenzione sulla cartella clinica come “Atto pubblico di fede privilegiata”. (Art. 2699 e seg. c.c.), ricordando ai presenti che quanto riportato in essa fa fede fino a querela di falso. Per questa ragione, ha aggiunto il docente universitario, i fatti devono esservi annotati contestualmente al loro verificarsi. Ne deriva che tutte le modifiche, le aggiunte, le alterazioni e le cancellazioni integrano falsità in atto pubblico punibili in quanto tali né rileva l’intento che muove l’agente atteso che le fattispecie delineate in materia dal vigente codice sono connotate dal dolo generico e non specifico.
La seconda parte della relazione è stato dedicata alla conservazione della cartella riprendendo i contenuti della Circolare Ministeriale n. 61 del 19/12/1986, che asserisce:
“Le cartelle cliniche, unitamente ai referti vanno conservate illimitatamente poiché rappresentano un atto ufficiale indispensabile a garantire certezza del diritto, oltre a costituire preziosa fonte documentale per le ricerche di carattere storico sanitario”. Le radiografie e altra documentazione diagnostica vanno conservate per 20 anni. La cartella clinica ed i documenti ad essa connessi ed annessi può essere conservata su supporto informatico secondo quanto prescritto nel D Lgs 82/05, con le modalità ivi indicate.
Per quanto concerne i reati connessi alla compilazione della cartella, il docente universitario ha ricordato l’art Art. 476 c.p. – Falsità materiale commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici: Il reato si realizza quando il compilatore è persona diversa da quella a cui competeva (cartella contraffatta) o quando contiene modifiche successive alla sua stesura definitiva (cartella alterata) e l’art. 374 bis – False dichiarazioni o attestazioni in atti destinati all’autorità giudiziaria.
In questo caso, si applica la pena della reclusione da due a sei anni se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale, da un incaricato di pubblico servizio o da un esercente la professione sanitaria.
La sessione pomeridiana, moderata dal medico legale Maria Maddalena Mele, è stata aperta con l’intervento della Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT) Paola Massidda.
Nel suo intervento, la Responsabile PCT ha voluto mettere in risalto l’importanza e la necessità di una corretta compilazione della Cartella Clinica, che rileva non solo come strumento fondamentale di lavoro per gli operatori sanitari ma come un fondamentale strumento di tutela. Proseguendo nella relazione, ha ricordato l’importanza di una cartella clinica correttamente compilata come migliore difesa, in caso di contenzioso, contro la persistente tendenza a ricorrere alla omissione “difensiva” di tutto ciò che può far emergere a posteriori una prassi tecnicamente censurabile.
Con l’analisi delle fattispecie di reati di falso in atto pubblico, dell’inversione dell’onere della prova a svantaggio del medico in caso di cartella clinica lacunosa, si è cercato di dimostrare come la correttezza, completezza e chiarezza nella compilazione della cartella clinica riveste grande importanza e diviene di conseguenza il perno su cui ruotano la formulazione e il giudizio di responsabilità medica.
In merito alla completezza della cartella clinica è stato sottolineato come la procedura sanitaria senza il consenso del paziente è in sé illecita e quindi produttiva di un’autonoma voce di danno non patrimoniale, che prescinde dall’accertamento delle modalità di esecuzione, dalla necessità clinica dell’esecuzione dell’esame e dal nesso di causalità fra lo stesso e il danno alla salute.
Infine, è stato evidenziato come la custodia e l’archiviazione della cartella clinica rappresentino momenti fondamentali per una corretta gestione della stessa, stante la stretta implicazione che queste fasi presentano con la tutela dei dati sensibili.
L’ultimo intervento, non certo per importanza, è stato quello del dirigente medico legale Maria Maddalena Mele con un’interessante relazione su alcuni casi clinici e i contenuti lacunosi delle cartelle che hanno stimolato l’intervento in platea di diversi dirigenti medici e professionisti sanitari.
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