11 January, 2025
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«Il Commissario del Sud Sardegna ritiri immediatamente le indicazioni dei rappresentanti dei Comuni da lui espresse in seno al Comitato di Sorveglianza del Just Transition Fund: in maniera del tutto arbitraria, e senza alcuna consultazione preventiva con i 23 sindaci del Sulcis Iglesiente, il vertice della Provincia ha indicato i Comuni di Iglesias, Carbonia e Portoscuso. Un’informazione che abbiamo peraltro appreso in via informale dalla “Segreteria Tecnica Start dell’Agenzia di Coesione”.»

La richiesta perentoria al Commissario della Provincia arriva dai sindaci di 13 Comuni del Sulcis Iglesiente: Sant’Antioco Ignazio Locci, San Giovanni Suergiu Elvira Usai, Perdaxius Gianluigi Loru, Tratalias Emanuele Pes, Giba Andrea Pisanu, Masainas Gian Luca Pittoni, Piscinas Mariano Cogotti, Villaperuccio Marcellino Piras, Santadi Massimo Impera, Nuxis Romeo Ghilleri, Narcao Antonello Cani, Domusnovas Isangela Mascia, Sant’Anna Arresi Maria Teresa Diana.

«Inaccettabile. Quali sono i criteri? A voler essere maliziosi, verrebbe da pensare che il criterio di “indicazione” potrebbe essere l’appartenenza partitica: tutti, infatti, militano sotto la stessa insegnaaggiungono i 13 Sindaci -. Ma tant’è. Ci sembra un metodo talmente anacronistico, che intendiamo escluderlo a priori. Ci saranno sicuramente altre motivazioni che comunque non possono essere accettate, in quanto non è stato scelto un metodo di lavoro e di indicazione, non si è discusso, non sono stati coinvolti i Sindaci.»

«Lo consideriamo uno sfregio a tutto il territorio del Sulcis: pretendiamo di essere rappresentati, senza se e senza maconcludono i 13 Sindaci -. Auspichiamo, dunque, che le indicazioni fornite dalla Provincia vengano rimesse in discussione: occorre rappresentanza del territorio, il coinvolgimento di tutti gli enti locali. Diversamente, sarebbe una partenza con il piede sbagliato.»

“In 41 anni di attività lavorativa in Poste Italiane ho vissuto di persona cambiamenti epocali: da Amministrazione Postale, supportata dallo Stato Italiano e quasi del tutto priva di strumenti informatici, con la carta, la penna e la colla, al giorno d’oggi, che pone Poste Italiane ai vertici dell’economia italiana, all’avanguardia nella tecnologia.”
A raccontare la sua storia è Giorgio Frau, operatore di sportello “veterano” dell’ufficio postale di Carbonia Centro (piazza Rinascita), 66 anni, un diploma da geometra in tasca, sposato, padre di due figli e nonno di 3 nipoti, da oltre 40 anni dipendente di Poste Italiane: “In tutta la mia carriera ho avuto l’onore e il piacere, oltre alla gratificazione che ne deriva, di aver conosciuto 3 generazioni di clienti: dai nonni, in buona parte ex minatori e lavoratori delle aziende elettriche, ai figli, fino ad arrivare ai nipoti, che apprezzano sempre più i nostri prodotti e che saranno, per i prossimi decenni, i clienti del futuro, contribuendo alla crescita e al miglioramento della nostra Azienda”.
Giorgio Frau ricorda con piacere il passato, ma al contempo racconta un’azienda in continua evoluzione, alla base della quale ci sono regole e principi ben definiti: “Il risultato che stiamo ottenendo racconta il dipendente di Poste Italianeè dovuto alla trasparenza e alla semplicità nelle informazioni che l’Azienda propone attraverso i suoi servizi e i suoi prodotti, come ad esempio nel caso di “Poste Energia”, molto apprezzata dai nostri clienti per la sua innovazione e la sua sostenibilità. E’ importante parlare con i clienti, nel tentativo di capire i loro bisogni, con un approccio propositivo. Si affidano a noi e cerchiamo di non deluderli, anche grazie alla presenza costante e attiva del nostro Direttore”.
Dallo sportello, il dipendente di Poste Italiane, vede anche un “mondo” in costante cambiamento, che guarda al futuro: “La nostra clientelaconclude l’operatore di sportelloè molto variegata. Si va dal pensionato alla casalinga, passando per il professionista e lo studente. Le richieste più frequenti, in quest’ultimo periodo, riguardano principalmente i servizi e i prodotti legati alle nuove tecnologie, con particolare riferimento alle carte prepagate, alla telefonia, oltre alle applicazioni e ai nuovi servizi per la famiglia offerti da Poste Italiane”.

L’evento “Una tappa insieme lungo il Cammino Minerario di Santa Barbara” che si terrà il 23 aprile 2023 ha registrato un grande successo. Sono circa 300 i partecipanti in attesa di partecipare all’evento organizzato dalla Fondazione Cammino Minerario di Santa Barbara e promosso da Cammini d’Italia.

L’evento si svolgerà lungo la tappa n. 29 del cammino per terminare al villaggio Nuragico di Seruci. La scelta di offrire un’esperienza unica che combina la bellezza naturale e culturale della costa sud-occidentale della Sardegna ha suscitato un grande interesse, dimostrando l’importanza del turismo sostenibile e della scoperta delle bellezze del nostro territorio.

Partendo da Portoscuso, i partecipanti avranno l’opportunità di camminare lungo le spettacolari scogliere vulcaniche, ammirando il paesaggio costiero che arriva fino alle falesie calcaree di Masua. Durante il percorso, visiteremo la Miniera di Seruci, un sito archeologico industriale che consentirà di conoscere meglio la millenaria epopea mineraria della Sardegna, e l’omonimo insediamento nuragico, che farà scoprire l’archeologia classica della regione.

Questa tappa non lunga e di facile percorrenza, permetterà di assaporare la Sardegna più autentica in un’escursione giornaliera adatta a tutti, camminando sulla terra più antica d’Italia.

Ha preso il via, nell’ambito dei progetti utili alla collettività (P.U.C), l’attività di vigilanza nelle scuole ad opera di 14 cittadini beneficiari del reddito di cittadinanza (seconda tranche).
«Un progetto importante che consente ai percettori di questo beneficio economico di aderire a un percorso di accompagnamento al mondo del lavoro e all’inclusione sociale con attività al servizio della nostra comunità, tra cui il supporto alla Polizia locale per il controllo dell’entrata e dell’uscita dalle scuole cittadine da parte dei nostri studenti», ha detto il sindaco Pietro Morittu.
Le linee di indirizzo per l’attuazione dei progetti utili alla collettività (P.U.C.) sono state definite con deliberazione della Giunta comunale n. 11 dell’11 febbraio 2022.
I progetti sono stati condivisi tra il settore dei Servizi sociali, per la parte sociale e della rendicontazione, e la Polizia Locale per quanto concerne la parte operativa e di controllo delle attività.
«Attività che ha detto il comandante della Polizia locale Andrea Usaisi concentrano nella vigilanza all’ingresso e all’uscita a supporto degli studenti delle seguenti scuole primarie: Is Meis; Is Gannaus; Cortoghiana; Istituto Ciusa; Via Roma; Via Santa Caterina; Via Mazzini.»
«Il progetto è importante sia come ausilio per gli studenti frequentanti gli istituti cittadini che per i percettori del secondo turno del reddito di cittadinanza, che possono in tal modo porsi attivamente al servizio della collettività con attività utili a beneficio della nostra comunità», ha aggiunto l’assessore dei Servizi sociali Roberto Gibillini.

La Diocesi di Iglesias e la Parrocchia Cuore Immacolato di Maria, in sintonia con le parole di Papa Francesco, instancabile promotore di iniziative per la Pace, organizzano un incontro pubblico con il dott. Marco Tarquinio, direttore del quotidiano Avvenire sul tema della pace da perseguire con ogni determinazione.

«La Pace dipende molto dalle scelte dei governanti, ma è anche molto importante che i cittadini del mondo, i cittadini del nostro territorio, nel quale delle armi vengono anche prodotte, ridestino convinzioni ferme e fondate che sconfessino la scelta delle armisi legge in una nota del cardinale Arrigo Miglio, Amministratore apostolico della Diocesi di Iglesias; il sacerdote Roberto Sciolla, parroco del Cuore Immacolato di Maria in Iglesias; e il dottor Giampaolo Atzei, Direttore del settimanale Sulcis Iglesiente Oggi -. Vogliamo sollecitare il risveglio delle coscienze, vogliamo che questi argomenti diventino oggetto di interesse e dibattito pubblico.»

L’incontro si terrà presso la Sala blu del Centro Culturale di Iglesias, via Cattaneo, il giorno mercoledì 19 aprile, alle ore 17,30.

Presenzieranno il Cardinale Arrigo Miglio, il sindaco di Iglesias Mauro Usai e il sacerdote Roberto Sciolla.

 

Ultimo impegno della stagione per la Villacidrese. Domani al Comunale arriva il Budoni per la 38ª giornata del campionato di Eccellenza 2022/23. La squadra di Graziano Mannu, già salva matematicamente, ci tiene a salutare nel migliore dei modi il proprio pubblico anche contro una squadra ancora in lotta per il primo posto in classifica.

Il presidente Matteo Marrocu fa il punto della stagione: «È stato un campionato tosto, se lo devo paragonare alla scorsa Eccellenza è stato un campionato di un livello molto più alto e molto più equilibrato. Lo conferma il fatto che all’ultima giornata è ancora tutto aperto per playout, salvezza diretta e primo posto».

Il bilancio in casa Villacidrese non può che essere positivo. «Aver raggiunto la salvezza con tanti ragazzi di Villacidro è per noi fonte di maggiore orgoglio – prosegue il presidente -. Non era scontato, è stata una rivincita che si sono presi i ragazzi. Per troppo tempo sono state trascurate le loro qualità. Quest’anno abbiamo voluto dargli fiducia e l’hanno ripagata. Posso solo ringraziarli, hanno saputo essere il vero valore aggiunto del nostro campionato. Va dato merito anche ai giocatori più esperti che li hanno aiutati. In primo piano per qualità umane, professionali e calcistiche devo mettere Totò Bruno. Lo consideriamo un villacidrese acquisito, ma Totò è tutto: è un grande giocatore, una guida per i ragazzi e un sostegno per la società. Per quanto riguarda gli stranieri, quando fai questo tipo di scelte, ci sono sempre delle incognite. Siamo stati fortunati nell’aver trovato ragazzi che hanno fatto bene a livello sportivo, si sono integrati bene a Villacidro e sono stati determinanti per la salvezza. Ryduan Palermo ha trovato forse la sua miglior stagione in carriera, si sta giocando il titolo di capocannoniere e ha segnato tanti gol fondamentali per noi.»

Domani l’ultimo atto contro un Budoni in piena lotta per il primo posto, a due punti di distanza dalla capolista Sassari Latte Dolce e con l’unico obiettivo di vincere e sperare. La Villacidrese però ci tiene ad onorare il campionato e salutare nel migliore dei modi il proprio pubblico: «Noi siamo famosi per giocarci le partite fino all’ultima giornata conferma il presidente Matteo Marrocu -. Giochiamo in casa e per noi questo è importante, davanti al nostro pubblico abbiamo costruito la salvezza. In termini di stimoli il Budoni avrà chiaramente qualcosa in più. Si giocano il campionato, anche se non dipende solo da loro e questo è un po’ una sorpresa per la rosa che hanno allestito. Noi faremo la nostra partita come sempre, per rispettare il campionato, i tifosi e le altre società».

Ci sarà poi tempo per pensare alla prossima stagione. «Per noi questa è stata una stagione molto stancante ed impegnativa. È giusto tirare le somme di fine campionato e iniziare a programmare il futuro con la giusta serenità», conclude Matteo Marrocu.

Il calcio d’inizio di Villacidrese-Budoni è in programma domani, alle ore 16.00, al Comunale di Villacidro. L’arbitro designato per la sfida è Francesco Saffiotti di Como con gli assistenti: Francesco Meloni di Cagliari e Andrea Porcu di Oristano.

«Sul caso di Bruno, affetto da picacismo e costretto da 16 anni a vivere legato e mascherato nella struttura Aias di Cortoghiana ho già sentito il presidente della commissione Sanità per concordare un’azione rapida affinché si studino i percorsi i più adeguati possibili per questo paziente che ha bisogno di personale dedicato.»

Il presidente del Consiglio regionale Michele Pais, profondamente turbato dalla vicenda di questo paziente, ha assicurato l’appoggio suo personale e di tutto il Consiglio alla Garante regionale delle persone private della libertà personale Irene Testa che nei giorni scorsi ha visitato l’uomo e ha raccontato le condizioni in cui è costretto a vivere.
«Senza entrare nel merito della terapia e dell’assistenza ritengo sia umanamente insostenibile che chiunque possa vivere legato e mascherato. E’ una questione prima di tutto di dignità della persona conclude Michele Pais -. Il Consiglio regionale interverrà con ogni mezzo per garantire a Bruno, e in generale a chi soffre, un’assistenza mirata e che non leda i diritti umani.»

Ho atteso un giorno prima di mettere nero su bianco quanto visto nella struttura AIAS di Cortoghiana. Un giorno per riprendermi dallo scenario agghiacciante e raccapricciante che mi sono trovata davanti. Non mi sto riferendo alla struttura ma ad un caso specifico di un ospite al suo interno, per la verità già sollevato da alcuni anni, in primis dalla presidente dell’Unasam (Unione Nazionale delle Associazioni per la Salute Mentale), Gisella Trincas, ma anche oggetto di esposti alla Procura, di lettere all’allora ministro della Salute Roberto Speranza e di interrogazioni in Consiglio Regionale della Sardegna. E’ di Bruno che parlo, affetto da picacismo: una patologia che lo porta a ingerire qualsiasi cosa gli capiti davanti. Bruno da oltre 16 anni viene tenuto tutto il giorno legato per le mani con un casco in testa. Apparentemente non perché pericoloso verso gli altri, ma verso di sé. Io non sono un medico e non spetta a me dare ricette, magari dal sapore semplicistico perché guidate dall’onda emotiva: sono la garante delle persone private della libertà personale e proprio di persone, di singoli casi ho il dovere di occuparmi. Non mi rassegno, non posso accettare che una persona malata venga sottoposta a un trattamento che appare più vicino al concetto di tortura che a quello di cura. Non è però tempo dell’indignazione ma della concreta e rapida azione di tutti gli attori istituzionali che possano dare un contributo a cambiare questa situazione. Questa è una sorta di appello: dobbiamo farlo per Bruno e per tutti gli altri Bruno.

Irene Testa

Garante regionale delle persone private della libertà personale

Crediamo che curare sia un atto finalizzato a far cessare una malattia, ma questo è solo un aspetto tecnico. Il significato vitale è più ampio. La cura in realtà è un “prendersi cura”, cioè un interessarsi al benessere di se stessi, della comunità e dell’ambito in cui si vive. Questo è quanto si comprende leggendo l’opera antropologica di Paola Atzeni “Corpi gesti stili”. Per corpi intende i corpi fisici che si prendono cura del sé. Per gesti e stili intende le attività svolte da quei corpi che vivono, desiderano, programmano, valutano e poi si prendono cura di tutto quanto li circonda. L’opera è una ricerca del significato ontologico della “cura”; significato che può essere sintetizzato nell’affermazione: curo, quindi sono. è un’affermazione simile al “dubito e quindi sono” di Sant’Agostino, o al “penso e quindi sono” di Cartesio.

Corpi gesti stili” è una ricerca scientifica del 1986 ed esamina un mondo “ marginale” vissuto da quattro donne delle periferie rurali del Sulcis. Non parla mai del mondo industriale, parallelo e “privilegiato”, che le ha escluse, però ne fa sentire la presenza incombente.

Nel mondo privilegiato esiste una società ricca, organizzata e altera che, chiusa in un ambito impenetrabile e respingente, ha sottomesso, abbandonato e poi espulso da sé quelle donne del mondo rurale. Il mondo rurale, a sua volta esiste inferiorizzato, senza protezioni fuori dai confini del mondo tecnologico che, al contrario, è racchiuso in un guscio di sicurezze.

I casi delle donne studiate riguardano una prima donna che sa macinare il grano con un’antica macina mossa da un asino; sa cernere la crusca dalla semola e dalla farina fine, e ne fa scambio con i prodotti di altre donne assicurando una riserva alimentare alla comunità. La seconda donna sa impastare e panificare in un forno a legna e rifornisce settimanalmente la piccola comunità; la terza donna sa potare le palme nane per farne scope per l’igiene delle abitazioni, e le vende e scambia in un vasto territorio. Il quarto gruppo di donne si occupa della raccolta dello olive per la fornitura di olio alla comunità.

L’organizzazione sociale in queste comunità di donne è basata su criteri di rispetto, di tutela del prossimo e di democrazia da fare invidia ai filosofi greci del quinto secolo avanti Cristo ad Atene.

Seguendo l’iter dello studio osservazionale, protratto per circa 40 anni, si scopre che le donne del mondo rurale, nel tempo, hanno maturato un duraturo sistema di sopravvivenza superiore a quello del mondo industrializzato, creando un’organizzazione sociale tale da metterle autonomamente al sicuro dai rischi di vita per penuria alimentare, sanitaria e di difesa dalle violenze. I casi studiati dimostrano come quelle donne si siano messe al sicuro prendendosi cura ognuna di sé, della propria famiglia, e delle altre donne della comunità, attraverso l’esercizio della solidarietà.

Questo ambiente antropologico è collocato storicamente negli anni ‘80 del 1900 e, come si vedrà, ha avuto la capacità di saper sopravvivere integro dalla sua origine fino ad oggi.

Gli anni d’inizio dello studio erano quelli in cui nel Sulcis era già avvenuta la transizione dall’economia agricola a quella industriale. I maschi negli anni ‘60-’70 erano stati selezionati per il passaggio dal mondo rurale all’industria mentre le donne degli abitati rurali erano state progressivamente marginalizzate dalla società tecnologica che si stava instaurando, ed erano state costrette a sopravvivere riprendendo metodi produttivi ancestrali basati sulla cura della terra.

Mentre nel mondo “privilegiato” si creava una gerarchia comunitaria basata sullo scambio di danaro e in fabbrica si instaurava una gerarchia del lavoro basata sulla logica della ingegneria sociale, nel mondo “marginalizzato” rurale si creava una convivenza basata sullo scambio di valori. Si trattava di valori non monetizzabili come la capacità e l’abilità nel produrre sicurezza alimentare per sé e per gli altri, lo scambio democratico di privilegi basato sull’alternanza nelle posizioni gerarchiche, il riconoscimento del merito e lo scambio di rispetto e di cura, generatori di felicità. Si erano instaurati due mondi, uno privilegiato e l’altro marginalizzato, con due sistemi etici divaricanti fra essi.

Il contenuto del libro è ben rappresentato nella figura di copertina. Si tratta di un affresco in cui donne, disposte in riga, hanno il busto piegato in avanti e flesso sulle gambe diritte, nell’atteggiamento di chi sta svolgendo un lavoro in basso.

E’ un’immagine ancestrale, già vista molte volte. Rappresenta le raccoglitrici di olive in Sardegna, ma può rappresentare anche le mondine delle risaie, le raccoglitrici del cotone e del tabacco, le cernitrici delle miniere, le raccoglitrici di arselle in laguna, le vendemmiatrici, le potatrici di palme nane per ottenerne scope. Sono tutte immagini di donne al lavoro per portare nutrimento alla famiglia. Quell’affresco ricorda anche la postura delle donne degli asili infantili che assistono i bambini, le donne in divisa da infermiera inchinate sugli ammalati negli ospedali, le assistenti delle RSA chine sui pazienti non autosufficienti. Sono immagini di cura di corpi umani.

Questa immagine di donne chine al lavoro nella cura della terra e degli altri è probabilmente l’immagine più antica della storia dell’Uomo. Nel Mesolitico, al tempo in cui i cacciatori-raccoglitori migravano dal continente africano a quello asiatico ed europeo, ad un certo punto, mentre gli uomini si allontanavano per la caccia, le donne si fermarono per dedicarsi alla cura dei figli e alla produzione di alimenti coltivando cereali e allevando animali addomesticati. Furono le prime immagini di donne chine verso terra per raccogliere o coltivare qualcosa che assicurasse la famiglia dal pericolo di morte per penuria di alimenti. Lì nacquero i primi aggregati di abitazioni rurali e lì si formarono i primi villaggi. Lo fecero per prendersi cura di quei corpi che i loro corpi avevano generato, e lo fecero con gesti e stili che hanno attraversato il tempo fino a noi. Gesti e stili sempre uguali: chine, flesse ad accudire la famiglia e la comunità delle altre donne in un interscambio di cure.

Nella stesura del libro l’autrice non nomina mai la città tecnologica e l’enorme sviluppo industriale del Sulcis di 40 anni fa, tuttavia si percepisce che, col passare dei decenni, in quel mondo sono sopravvenute le crisi: quelle crisi che avvengono «quando il vecchio è morto e il nuovo non riesce a nascere».

Dopo la crisi dell’economia agricola del Sulcis, conseguente al richiamo degli uomini dalla terra all’industria, si passò in pochi anni ad una nuova crisi delle attività produttive; stavolta toccò agli operai delle industrie.

Le industrie vennero delocalizzate in altre aree dell’Europa, dell’Asia e dell’Africa e il Sulcis de-ruralizzato si trovò in breve tempo anche de-industrializzato. Quell’ambito sociale, che era stato privilegiato dallo sviluppo industriale, venne a sua volta “marginalizzato”. Ripresero le emigrazioni degli operai e dei tecnici più giovani. Rimasero i vecchi e i pensionati.

Gli effetti si fecero sentire anche sul Sistema Sanitario Ospedaliero.

Negli anni ‘90 la spesa sanitaria degli Ospedali venne dichiarata insostenibile. Allora ci vennero inviati economisti di stampo bocconiano che ci insegnarono i metodi per ottenere “efficienza ed efficacia” facendoci credere che si potessero ottenere gli stessi risultati di cura riducendo, però, il personale e il finanziamento della sanità.

A causa della riduzione del personale e del mancato aggiornamento degli strumenti, avvenne il calo delle operazioni chirurgiche e dei ricoveri in medicina interna. Comparve per la prima volta la parola “doppioni”, usata per indicare i reparti ospedalieri simili fra Carbonia e Iglesias. Con la motivazione degli “inutili doppioni” si procedette alla soppressione di alcuni reparti a Carbonia e alla chiusura di interi ospedali ad Iglesias; per di più non si tenne conto che nella curva demografica stava avvenendo uno scompenso provocato dalla forte crescita delle età avanzate e, nonostante il forte aumento di tumori e di malattie vascolari, si chiusero posti letto di chirurgia e di Medicina. Fu un’euforia autodistruttiva e gli Ospedali, che sono il fulcro del sistema di cura, entrarono in crisi.

Circa quattro decenni dopo, con l’indagine antropologica di “Corpi gesti stili” siamo ad un’ulteriore svolta storica: siamo definitivamente entrati nella de-globalizzazione degli scambi commerciali e nella globalizzazione della minaccia nucleare. Questo nuovo stato di cose ci trova impreparati e non abbiamo idea di come evolverà la condizione dell’economia in questo angolo di Sardegna.

La citata opera antropologica, che fu portata a termine nel 2019, ci offre, nella terza parte del libro, riflessioni che oggi possono rappresentare un indirizzo per affrontare l’ incerto futuro economico che incombe. A tal fine, l’autrice chiama in causa tre donne scienziate, esperte di organizzazione sociale in condizioni critiche, femministe, filosofe e antropologhe: Carol Gilligan, Judith Butler e Maria Puig de la Bellacasa.

Confrontando le sue ricerche con quelle delle tre scienziate giunge alle stesse conclusioni suggerendo il recupero dei valori del mondo rurale basati sulla “cura della famiglia, del prossimo e dell’ambiente”.

Le quattro scienziate concludono in sintonia che si deve ricostruire una società umana e politica basata sulla “cura vicendevole”, la “buona cura” e la “cura orientata”, cioè deve trattarsi di un rapporto di cura interscambiabile ed esteso all’Ambiente. La Gilligan suggerisce la costituzione di un sistema di cura autoprodotto, autosufficiente e indipendente. Sostiene che l’autonomia della cura è fondamentale per assicurarsi la libertà e la sicurezza; inoltre introduce un principio innovativo con cui avverte che si deve avere la certezza che nessuno possa utilizzare il bisogno di “cura” al fine di instaurare un rapporto di dipendenza a danno di chi usufruisce di quella “cura”. Per non cadere nella soggezione di nessuno essa afferma che le comunità devono esercitare un serrato controllo sull’apparato che elargisce la “cura” e afferma: «Non mettetevi nelle condizioni di dover accettare delle cure che non siano sotto il vostro controllo, pena la dipendenza, la carenza di cure, la mancanza totale di cure o anche l’abbandono».

Sembra una premonizione di quello che sta avvenendo oggi a danno dell’apparato sanitario del Sulcis Iglesiente che a causa della dipendenza da altri è entrato in sofferenza.

Questa lezione dovrebbe costituire la base antropologico-filosofica da cui non possono prescindere i nostri sindaci, nel momento in cui si confrontano con i poteri regionali, perché i poteri sovraordinati sono difficilmente controllabili e, soprattutto, potrebbero essere “interessati ad accrescere se stessi” come afferma Judith Butler citando Nietzsche.

Dopo quasi 40 anni dall’inizio dello studio, e dopo i rivolgimenti politico-economici del pianeta, la nostra studiosa ha verificato che la società tecnocratica, a sua volta emarginata dalla globalizzazione e dalla fine delle industrie, per la propria sussistenza ha nuovamente necessità della terra per l’agricoltura, per l’allevamento, per fini di autoconsumo, e anche per fini turistici.

L’autrice, seguendo le osservazioni della filosofa-antropologa Maria Puig de la Bellacasa, che sostiene la “Permacultura” (equilibrio permanente fra Uomo e Ambiente) invita a porre attenzione sulla “Biopolitica”, e sui “Biopoteri” (quei poteri che condizioneranno la vita sulla Terra oggi che il pianeta, con suoi quasi 9 miliardi di abitanti, ha un forte bisogno di terra utile).

Per sopravvivere in questo contesto umano e planetario ella suggerisce una politica di sviluppo culturale ed economico indirizzato verso la cura di quei luoghi che prima chiamavamo “abitati rurali sparsi” che nello studio sono gestiti da donne. Essi oggi potrebbero essere una via necessaria per la futura “cura” di noi stessi e per sfuggire alla penuria di alimenti e di sicurezza che dovremmo attenderci.

Mario Marroccu

Un unico percorso diagnostico terapeutico assistenziale per tutte le persone affette da Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) in Sardegna, in grado di definire gli indirizzi per la corretta presa in carico integrata del paziente e il governo della continuità assistenziale su tutto il territorio regionale. È quanto contenuto nel nuovo PDTA per la Sclerosi Laterale Amiotrofica, approvato con delibera dalla Giunta Solinas su proposta dell’assessore della Sanità, Carlo Doria.

Attualmente sono circa 300 le persone affette da SLA nell’Isola, secondo le stime.

«Gli studi epidemiologici nella popolazione sardadichiara l’assessore Carlo Doria in riferimento a questa patologia neurodegenerativa registrano dati più elevati rispetto alla media nazionale, sia per l’incidenza (sul nostro territorio le persone colpite da SLA ogni anno sono tra 2,5 e 3,6 ogni 100mila abitanti, contro il dato nazionale di 2,16 ogni 100 mila abitanti), sia per prevalenza (18 su 100mila abitanti contro un dato nazionale tra 6 e 8 su 100mila abitanti). Parliamo di una malattia che presenta notevoli complessità, non solo per l’elevato impegno di assistenza multiprofessionale richiesto da parte del servizio sanitario regionale, ma anche per l’impatto psicologico sulla persona malata e sulla sua famiglia.»

«Il PDTAsottolinea l’assessore Carlo Doria, relativamente al documento di quarantasei pagine approvato dalla Giunta rappresenta un risultato importante a conclusione di un approfondito e accurato lavoro portato avanti dalla Commissione regionale per la SLA, con la partecipazione delle associazioni dei pazienti, capace di fornire indicazioni concrete per garantire la presa in carico della persona in tutte le fasi di vita ed evoluzione della malattia e di definire modalità operative d’assistenza e collaborazione con i team delle cure primarie.»

«L’obiettivo del PDTA è quello di garantire un modello assistenziale omogeneo sul territorio regionale, per assicurare la migliore presa in carico possibile delle persone all’interno del nostro sistema sanitario conclude l’assessore Carlo Doria -. Con la Direzione generale dell’Assessorato e il supporto della Commissione regionale garantiremo l’applicazione del PDTA da parte delle aziende sanitarie e svolgeremo attività di monitoraggio per valutarne l’adozione omogenea su tutto il territorio.»