In principio va detto con convinzione che noi Sardi siamo favorevoli al superamento del fossile e alla produzione di energie rinnovabili che il DPCM del governo Draghi ha dichiarato opere di interesse strategico nazionale.
Il problema dell’attuale proposta di transizione energetica in Sardegna è che una tale mole di impianti va ben oltre la sola produzione di energia: imporrebbe alla Sardegna intera una vocazione da infrastruttura energetica di cui difficilmente ci potremmo liberare nei decenni a venire.
Da subito la nostra isola è risultata confacente agli appetiti di tanti imprenditori, per buona parte del Nord Italia e d’Europa. Comprensibilmente. La Sardegna, terra periferica, molto estesa rispetto alla densità di popolazione, dotata per natura di vento e di sole, economicamente povera nonostante le sue notevoli potenzialità, è da sempre, proprio per questo suo limite, preda di appetiti colonizzatori. Sappiamo quanto accadde dopo il secondo conflitto mondiale; allora forse non si pensò che cedere migliaia di ettari all’utilizzo militare, ci avrebbe resi la “portaerei” del Mediterraneo per quasi un secolo, nonostante noi sardi, consapevoli dei danni subiti, chiediamo da tempo di esserne liberati.
Oggi osserviamo la proliferazione macroscopica di progetti di impianti fotovoltaici ed eolici che, se approvati, farebbero della nostra isola un territorio in cui le future generazioni si troverebbero a non poter praticare agricoltura, pastorizia, turismo…e a fare i conti con pale e pannelli che, esaurito il periodo di produttività di trent’anni circa, lascerebbero territori improduttivi, inquinati da strutture dismesse e non bonificate, da piattaforme terrestri e marine cementificate, inerti. Lascerebbero anche i Sardi privi delle della loro terra, finita in mano alle multinazionali a decidere il futuro dell’isola.
La scelta di sovraccaricare l’isola di centinaia di progetti, portata avanti dalle multinazionali e da Terna S.p.a. in primis, secondo la legge Draghi, apparentemente risponderebbe all’esigenza globale di affrontare il cambiamento climatico in atto, ma per noi potrebbe significare una catastrofe. Riteniamo, infatti, che questa manovra non porterà alcun beneficio in quanto ai costi delle bollette e se ne gioveranno economicamente, forse, soltanto coloro che venderanno i loro terreni per farne campi energetici, per affrontare la crisi esistente.
Siamo consapevoli dei danni materiali conseguenti ai lavori di installazione, come da lettura dei progetti consultabili sul sito del Ministero e quelli in discussione o già autorizzati dalla Regione Sardegna. Fra i tanti problemi annoveriamo i plinti che sosterranno le pale eoliche, molte di queste alte fino a 200 metri, per installare le quali sarà necessario sventrare decine di metri cubi di terreno, allargare le strade o crearne di nuove per far passare i mezzi pesanti, scavare i campi per il passaggio dei cavidotti.
Ma non è tutto.
Gli impianti agrivoltaici e fotovoltaici presentati al MITE o in sede regionale, ricadenti nei comuni di Carbonia, Portoscuso e Gonnesa, ricadono tutti su area agricola che, allo stato attuale, supera i mille ettari. Altri progetti fotovoltaici, Cirfini, Genere, Carbosulcis e Green and blue Mesu-Seruci, dovrebbero sorgere in area protetta della rete Natura 2000, Zona Speciale (ZPS) di conservazione degli Habitat.
La sottostazione TERNA dovrebbe sorgere a Nuraxi Figus occupando aree agricole di pregio ma anche tutelate dall’UNESCO relativamente ai muri a secco, vincolate dai beni culturali poiché area costiera, ma anche dal ministero dei Beni Culturali per l’alta frequenza di nuraghi, villaggi nuragici, menhir, tombe dei giganti, domus de janas, ma anche di siti del periodo fenicio-punico-romano.
I cavidotti degli impianti eolici e fotovoltaici giungeranno alla nuova sottostazione RTN TERNA che dovrebbe sorgere a Nuraxi Figus; alcuni attraverseranno la frazione ma anche il centro urbano di Cortoghiana e di Flumentepido; scorreranno in campi agricoli e per decine di chilometri lungo strade statali, comunali e provinciali. Il cavidotto proveniente dal progetto “Green and Blue Mesu Seruci scorrerà in area archeologica di fianco al Pozzo Sacro di epoca prenuragica, a Nuraxi Figus, area archeologica ancora inesplorata e a forte rischio di danno.
I numerosi progetti, se autorizzati, interferiranno con il traffico stradale durante gli scavi sul lato strada, idem accadrà per il transito dei tir atti a trasportare gli impianti eolici.
I progetti eolici da noi individuati sono 5:
– Undici pale eoliche si collocano ai confini con Domusnovas per scorrere in direzione di Iglesias e il cavidotto dell’impianto raggiungerà la frazione di Nuraxi Figus, nel comune di Gonnesa;
– Sette pale eoliche verranno installate tra Carbonia e Bacu Abis; il cavidotto raggiungerà Nuraxi Figus attraversando la pineta e l’area archeologica di Corona Maria, a Cortoghiana;
– Quattro già autorizzate, sorgeranno presso la Carbosulcis, a Nuraxi Figus.
La sottostazione Terna è stata progettata in area agricola. Qui verranno espropriati i terreni agricoli di proprietari che si rifiutano di vendere nonostante le pressioni. Essa dista 100 metri dalla frazione e vi sono presenti beni naturali di centinaia di anni, piante di fico, lentisco, ecc. Le recinzioni alberate (su serru) che hanno centinaia di anni, fanno parte non solo della storia identitaria agricola del paese e sono inserite in un’oasi di grande interesse naturalistico, rischiano di sparire. Non è oggi calcolabile l’impatto sugli equilibri marini delle pale a mare e la compromissione di vedute paesaggistiche come quella del Pan di Zucchero. Nel tratto marino che da Masua va all’isola del Toro sono stati presentati, infatti, ben 270 progetti per pale eoliche. A questo preoccupante quadro si aggiunge il danno sociale che determinerà un ulteriore spopolamento della nostra terra; i giovani, infatti, vedranno limitate le possibilità di imprendere attività, tanto auspicate nel presente, nel settore turistico, agri pastorale, artigianale. Ci preoccupano inoltre il ricatto dei lauti compensi offerti ai proprietari terrieri che venderanno le loro terre e l’esproprio che toccherà invece, per pochi soldi, ai piccoli agricoltori che vendere non vogliono.
Come Comitato, chiediamo con fermezza alle amministrazioni locali e regionali che i cittadini siano coinvolti, ascoltati e informati sui progetti e difesi su queste scelte che cadono dall’alto. La Regione non pare impegnata a difendere i diritti dei sardi e promette moratorie che però non vengono firmate.
Constatiamo che fino ad ora molti sindaci hanno taciuto negligentemente e soltanto pochi, vedi il virtuoso esempio del sindaco di Villanovaforru, hanno difeso le ragioni della base, altri hanno aderito a qualche progetto senza interpellare e informare chi li ha votati a rappresentarli.
Noi cittadini dobbiamo agire prima che sia troppo tardi.
Non permettiamo che i nostri figli piangano sul cimitero di strutture dismesse e non bonificate come quelle minerarie e industriali.
Non permettiamo che la Sardegna venga colonizzata e trasformata in un centro di smistamento di fonti energetiche volte all’arricchimento di speculatori senza scrupoli.
La riunione del Comitato di Difesa del territorio Sulcis Iglesiente, aspetta la conferma della disponibilità della sede del Centro Culturale di Iglesias, per incontrare autorità dei vari comuni, a partire dai sindaci, e tutti i cittadini, il giorno 13 dicembre, alle ore 17.00.
Comitato di Difesa del territorio Sulcis Iglesiente