1 November, 2024
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Il dolore prodotto dalla colica renale è molto intenso. E’ alla pari col dolore da parto, dell’infarto e della pancreatite acuta. L’80% dei sardi avrà almeno un calcolo urinario nel corso della vita. In nessuna parte d’Italia o d’Europa la calcolosi urinaria è così diffusa come da noi. Ne consegue che noi sardi soffriamo di coliche renali più di tutti. Davanti a questa evidenza, bisogna che i nostri ospedali siano preparati a risolvere il dolore da colica. Fino agli anni ‘80 e per buona parte degli anni ‘90, la soluzione più semplice per trattare la colica renale consisteva nell’applicare una borsa d’acqua calda sul fianco. Una soluzione più avanzata era l’iniezione di Baralgina o Buscopan. Successivamente comparvero i FANS, con l’Orudis e il Voltaren. In genere, si aspettava che la colica cessasse spontaneamente. Bisogna sapere che in natura la colica cessa solo in due modi: uno consiste nella espulsione del calcolo; il secondo modo consiste nell’“esclusione funzionale” del rene che, se non trattata per tempo, si conclude con la “morte silenziosa”. Così, a fine colica, il paziente si ritrova con un solo rene superstite  Questa evoluzione era frequente. Bisogna anche sapere che chi produce un calcolo in un rene ha una forte tendenza a produrne anche nell’altro. Se ciò avviene, il problema è grande perché, nel caso in cui il calcolo renale si sposti dal rene e si infili nell’uretere occludendolo, anche quel rene, oltre a dare un dolore estremo, cessa di funzionare. Il poveretto va in blocco renale. Al blocco renale segue l’”uremia” (che è un’intossicazione) e poi seguono “il coma uremico” e la “morte”. Quindi la colica renale non è solo un violento dolore, ma è, soprattutto, una minaccia per la vita.

A fine anni ’70 comparve a Carbonia il primo rene artificiale. Con quello strumento filtrante era possibile salvare quel tipo di paziente con la dialisi, ma la dialisi era per pochi, perché i reni artificiali erano pochissimi e non sempre disponibili. A quei tempi, in Inghilterra, non si metteva in dialisi chi aveva un’età superiore ai 60 anni (era il triage). Lo si mandava a casa a morire d’uremia. Il nostro povero Sistema sanitario di allora era inferiore a quello inglese. Per salvare il malato vi era un metodo estremo: operare il paziente per rimuovere il calcolo dall’uretere e consentire il passaggio delle urine in vescica. Bisogna sapere che allora non esistevano ancora gli ecografi, le TAC e le Risonanze magnetiche. La strumentazione diagnostica era pochissima e la diagnosi di precisione era poco frequente, tardiva e spesso autoptica. Il destino dei calcolotici era pesante. Chi soffriva di calcoli renali era pressoché un invalido ed aveva problemi di lavoro e familiari. Il problema della calcolosi urinaria nel Sulcis Iglesiente era enorme. Avevamo però una grande fortuna. Nel dopoguerra fu primario di Chirurgia il dottor Gaetano Fiorentino che proveniva dall’Istituto di Patologia Chirurgica dell’Università di Cagliari. Egli fu il primo Specialista Urologo di tutta la storia dell’Urologia sarda. Il Primario chirurgo che venne a Carbonia dopo di lui fu il professor Lionello Orrù, anch’egli specialista urologo e professore di Anatomia Umana Normale e di Anatomia Chirurgica dell’Università di Cagliari. La loro presenza fu un grande vantaggio per il Sirai. Operavano molte calcolosi urinarie nelle forme gravi, però non potevano operarle tutte, a causa della numerosità dei casi. La procedura era molto invasiva e traumatizzante. Si metteva il paziente sul tavolo operatorio, su un fianco e “spezzato” (piegato a “V”), poi si praticava un’incisione detta “lombotomica”. Era un taglio che dall’addome saliva fino al fianco sotto, o tra le ultime coste. Si apriva la cute, la parete muscolare, poi si penetrava in profondità spostando l’intestino e si accedeva nel grande spazio retroperitoneale, esponendo l’uretere e il rene. Si incideva l’uretere o il bacinetto renale e si estraeva il calcolo incastrato nella via urinaria. Poi si suturava la ferita, si ponevano tubi di drenaggio e si richiudeva a strati la parete. La procedura era molto invasiva e la ferita, sia all’interno che in superficie, guariva con una sclerosi cicatriziale. Significa che si formava una cicatrice dura, fibrosa, che finiva per seppellire in un sarcofago fibroso sia l’uretere che il bacinetto renale. La cicatrice successivamente rendeva molto difficile eseguire un secondo intervento chirurgico nel caso in cui sfortunatamente si generasse un altro calcolo.

I “produttori” di calcoli, purtroppo, non finiscono mai di produrne. Spesso, dopo poco tempo, il paziente tornava in ospedale lamentando un’altra colica causata da un nuovo calcolo. Qui nasceva il problema. Operarlo subito con il rischio di danneggiare definitivamente il rene o aspettare? Se il paziente non aveva complicazioni, anche la seconda volta guariva, però correva il rischio di ripresentarsi dopo pochi mesi con un nuovo calcolo. Operando ripetutamente, alla fine il danno anatomico era tale che il paziente finiva per perdere il rene. Questa evoluzione non era la cosa peggiore. La peggiore sorte capitava a chi aveva una calcolosi infetta. Se non si procedeva rapidamente a rimuovere il calcolo, l’ostruzione evolveva in “idropionefrosi” (pus nel rene ostruito) che poteva condurre a morte il paziente per urosepsi (setticemia). Davanti al pericolo di sepsi mortale, poteva essere necessario asportare immediatamente il rene e l’uretere ormai trasformati in una sacca purulenta.

Sembra una storia da Medicina del Medio Evo, invece erano fatti che avvennero fino al 1990. Nel 1986 un Urologo geniale di Madrid, il dottor Enrique Perez Castro Ellendt, ebbe l’idea di far fabbricare alla ditta Storz tedesca uno strumento che chiamò “ureteroscopio”. L’idea era banale. Fece allungare un cistoscopio pediatrico di piccolo calibro (4 mm = 12 french) costituito da un tubicino d’acciaio contenente all’interno delle lenti, esattamente come un cannocchiale in miniatura. Egli mise a punto una tecnica per entrare con quello strumento nell’uretere passando dal basso, cioè attraverso l’uretra e la vescica fino a raggiungere il calcolo. L’idea geniale che ebbe fu il come farlo. Il problema che doveva risolvere stava nel fatto che l’uretere che sbocca in vescica portandovi le urine dal rene ha un calibro più stretto dei 4 mm della punta di quello strumento. All’uopo, si fece costruire una sottile sonda in plastica semirigida che aveva un palloncino gonfiabile in punta e procedeva in questo modo: introduceva la sottile sonda nell’uretra e, arrivato in vescica, la introduceva nell’uretere terminale; qui gonfiava il palloncino. Il palloncino apriva la strada dilatando l’uretere. Rimosso il palloncino introduceva immediatamente l’ureteroscopio nell’uretere dilatato quindi, sotto un forte getto d’acqua, dilatava anche l’uretere superiore. A questo punto il più era fatto: lo strumento giungeva facilmente a ridosso del calcolo. Ora Perez Castro poteva introdurre in un canale dell’ureteroscopio una sottile sonda ad ultrasuoni e metterla a contatto col calcolo per frantumarlo. Poi con una pinzetta a “bocca di caimano” (così l’aveva battezzata), asportava i frammenti uno per uno fino a liberare tutto il lume ureterale. Il calcolo era rimosso, le urine potevano passare e il rene riprendeva a funzionare. Il paziente era salvo e tornava a casa dopo un paio di giorni con i suoi reni risanati.
Nel caso in cui lo stesso paziente avesse prodotto altri calcoli, si poteva procedere allo stesso modo con l’identico brillante risultato. Questo metodo si poteva ripetere più e più volte.
La ureterolitotrissia endoscopica mise fine alle operazioni lombotomiche e alla morte dei reni. I medici del Sirai nel 1986 si precipitarono subito a Madrid e Perez Castro li addestrò nella tecnica. L’allora Presidente del Sirai, Pietro Cocco, capì al volo l’importanza di quel metodo e ordinò l’acquisto immediato dello strumentario tedesco.
In quella occasione si scoprì che il Direttore generale della Storz Italia, con sede a Torino, l’ingegner Boggio Marzet, non sapeva nulla degli strumenti che gli stavamo ordinando. Segno che eravamo i primi in Italia ad acquisirli. Ne fu entusiasta e partì per la Germania per farsi consegnare personalmente dalla Storz tedesca tutto lo strumentario. Quindi lo portò in Sardegna alla ditta Sanifarm di Cagliari, fornitrice del Sirai.
Il primo intervento al Sirai venne eseguito su una paziente di 60 anni in “anuria” (blocco totale di ambedue i reni). Aveva più calcoli ostruenti in ambedue gli ureteri I francesi chiamano quel quadro “impierremente urétéral” cioè “impietramento ureterale”. Espressione che definisce esattamente il quadro endoscopico che venne trovato. La paziente venne liberata da tutti i calcoli e fu dimessa dopo due giorni, viva e in ottima salute. Fu il primo intervento eseguito in Sardegna e, probabilmente, in Italia. Le riprese televisive della procedura vennero diffuse.
In un Congresso urologico, in era pre-Covid, venne affermato da un relatore: «I colleghi di Carbonia sono quelli che hanno disvelato a tutti noi urologi sardi la tecnica per entrare nell’uretere con l’ureteroscopio e asportare i calcoli».
Oggi questa tecnica è utilizzata in tutto il mondo.
La storia della ureterolitotrissia a Carbonia è continuata fino a pochi giorni fa.
Incredibilmente, fra poco tempo, proprio il Sirai di Carbonia, che fu l’iniziatore, non potrà più offrire quella tecnica terapeutica della colica renale a causa della mancanza di medici specialisti.
La situazione del reparto di Urologia a Carbonia è gravissima. Oggi ci sono solo due specialisti urologi che affrontano le urgenze urologiche che provengono dai 119.000 abitanti del Sulcis Iglesiente. Di fatto la nostra Urologia non potrà più lavorare come prima e forse ha finito di esistere.
Bisogna che il 23 sindaci del Sulcis Iglesiente reagiscano anche a costo di piazzare 23 tende all’ingresso dell’Ospedale Sirai e manifestino il loro dissenso, come venne fatto un paio d’anni fa per salvare il CTO di Iglesias.

Mario Marroccu

Preziosi pareggi esterni per Carbonia e Iglesias, Villacidrese ancora battuta a Ossi, nella nona giornata del campionato di Eccellenza regionale.

Il Carbonia di Maurizio Ollargiu ha pareggiato 1 a 1 sul difficile campo del Villasimius, secondo in classifica. I goal sono arrivati nel primo tempo. Ha sbloccato il risultato un ex, Suku Kassama Sariang, al 31′, ed il Carbonia ha impiegato solo 11 minuti per riequilibrare il risultato, con un goal del suo calciatore più rappresentativo, il capitano Andrea Porcheddu (ha ricevuto la fascia nelle ultime tre partite da Gabriele Dore, fermo per un infortunio). Nel secondo tempo il risultato non è cambiato, anche dopo che il Villasimius è rimasto in 10 uomini, al quarto d’ora. Il Villasimius resta secondo in classifica, a quota 17 punti, ora in solitudine, alle spalle dalla capolista Ilvamaddalena, impostasi 1 a 0 sul Li Punti con un goal di Facundo Maitini ed ora distante 5 lunghezze; il Carbonia con il primo punto conquistato in trasferta, dopo tre sconfitte e quattro vittorie in casa, sale al sesto posto a quota 13, dove ha agganciato il Li Punti che ha disputato una partita in più.

Anche l’Iglesias di Giampaolo Murru ha conquistato oggi il primo punto in trasferta, un risultato atteso e molto importante, ottenuto contro la Ferrini, una delle squadre più in forma in questo avvio di stagione. E ancora più importante, perché conquistato in rimonta nel secondo con un calcio di rigore trasformato da Mauricio Bringas, dopo aver chiuso il primo tempo sotto di un goal, realizzato da Alessio Figos, ex in rossoblù all’inizio della scorsa stagione. Con questo punto l’Iglesias sale a quota 6 punti, resta terz’ultima ma con il morale più alto alla vigilia dell’importantissima partita interna con l’Ossese.

Un’altra giornata no per la Villacidrese di Graziano Mannu, battuta a Ossi con il punteggio di 3 a 1.  I biancocelesti hanno avuto un avvio choc, subendo due goal nei primi minuti (di Federico Tanda e Michele Chelo), hanno cercato di reagire, riuscendo a dimezzare lo svantaggio con un goal di Giacomo Lussu, ma nel finale hanno finito con il subire il terzo goal, quello della definitiva resa, realizzato da Mattia Gueli. La classifica, con un solo punto raccolto in nove partite, è sempre più critica, ora a ben 10 punti dalla quota salvezza. Il campionato è ancora lungo, ma il ritardo inizia a preoccupare.

Sugli altri campi, sono terminate in parità Bosa-Tempio 0 a 0 e Calangianus-Bari Sardo 1 a 1, mentre Tharros e San Teodoro hanno espugnato con l’identico larghissimo punteggio di 4 a 1 i difficili campi del Ghilarza e del Taloro Gavoi.

Domenica prossima il Carbonia ospiterà la capolista Ilvamaddalena, l’Iglesias giocherà al Monteponi con l’Ossese. La Villacidrese osserverà il turno di riposo.

Trasferte impegnative, questo pomeriggio (fischio d’inizio ore 15.00), per Carbonia, Iglesias e Villacidrese, nella nona giornata del campionato di Eccellenza regionale di calcio.

Il Carbonia di Maurizio Ollargiu, a Villasimius, va a caccia dei primi punti lontano dal Comunale “Carlo Zoboli”, dove finora ha fatto bottino pieno, con 12 punti in 4 partite giocate (dirige Samuele Giudice di Sassari, assistenti di linea Nicolò Pili di Cagliari e Giovanni Meloni di Carbonia). L’avversario, una delle matricole, ha fin qui fatto molto bene, con 16 punti che alla media di 2 punti a partita, la pongono alle spalle della capolista Ilvamaddalena, insieme al Ghilarza, ma il Carbonia l’affronta sempre timore, anche perché nelle precedenti trasferte, pur perdendo, è uscito sempre dal campo a testa alta. Nel Villasimius giocano due ex: Andrea Mastino e Cohen Kirby.

L’Iglesias gioca sul campo della Ferrini, unica squadra imbattuta oltre alla capolista Ilvamaddalena, nelle prime 7 partite giocate (dirige Mattia Capotosto di Oristano, assistenti di linea Alessandro Cola di Ozieri e Mario Puggioni di Sassari). La squadra di Sebastiano Pinna non è nuova a partenze sprint nel primo scorcio di stagione, ma quest’anno si presenta più competitiva rispetto agli ultimi due campionati. I rossoblù stanno crescendo sul piano del gioco ma i risultati non hanno finora premiato i ragazzi di Giampaolo Murru per quanto prodotto in campo e sicuramente un risultato positivo odierno potrebbe costituire la svolta.

E’ una Villacidrese è in grande difficoltà quella che gioca sul campo dell’Ossese di Mario Fadda (dirige Giuseppe Cozzolino di Oristano, assistenti di linea Andrea Orrù e Andrea Cubeddu di Sassari). L’avvio di stagione, con 1 solo pareggio e ben 7 sconfitte nelle prime 8 partite giocate, è stato più complicato del previsto ma Graziano Mannu continua a nutrire fiducia nel gruppo e con qualche innesto nella rosa, conta di riprendere presto, magari già da oggi, la corsa verso la salvezza.

Sugli altri campi, spiccano le partite casalinghe di Ilvamaddalena e Ghilarza, impegnate rispettivamente contro Li Punti e Tharros. Completano il programma della nona giornata, le partite Bosa-Tempio, Calangianus-Bari Sardo e Taloro-Sant’Elena. Riposa il San Teodoro Porto Rotondo.

 

 

Sono in programma questo pomeriggio, 5 delle 8 partite della settima giornata del girone A del campionato di Promozione regionale. La capolista Kosmoto Monastir ospita l’Atletico Cagliari e tenta l’allungo, tenuto conto che la vicecapolista Castiadas giocherà domenica 5 novembre sul campo del Tortolì. Il Lanusei ospita il Calcio Pirri, il Selargius ospita il Terralba Francesco Bellu. Il Villamassargia cerca il rilancio con il Cus Cagliari, dopo tre sconfitte consecutive. Sugli altri campi si giocano Gialeto-Idolo e Gonnosfanadiga-Orrolese. Le restanti due partite della settima giornata si giocano domenica 5 novembre, Verde Isola-Arborea e Arbus-Guspini.

Nella foto di copertina, Marcello Angheleddu, allenatore della capolista Kosmoto Monastir.

Si è tenuta sabato 28 ottobre, a Sant’Antioco, la Gran Fondo Isola di Sant’Antioco, ottava e ultima prova della Sardinia Cup. La gara, riservata alle mountain bike, su un percorso di 51 km, con la partecipazione di 177 atleti, oltre a circa 40 cicloturisti, in coda alla manifestazione agonistica, ha visto imporsi Nicola Saba, portacolori della U.S. Guspini, che ha impiegato poco più di 2 ore e 5′. La prima delle donne, Claudietta Masia della Ciclobottega Factory Team, è arrivata 46°, superando diversi colleghi. La gara è stata organizzata dalla ASD I due Leoni, con il patrocinio dell’Amministrazione comunale.

In qualità di madrina è intervenuta l’ex bicampionessa olimpica Paola Pezzo, con lei l’ex campione di motociclismo Marco Melandri. «Ero già stata in Sardegnadice Paola Pezzoma in genere visito altre zone dell’Isola. Alle volte mi chiedono e accompagno dei cicloturisti e faccio da guida su percorsi che conosco. Con la Nazionale venivamo in ritiro ad Arzachena e partecipavamo alla 3 giorni di fondo (nel 1999 arrivai al primo posto) ed era sempre un’esperienza molto bella. Questo percorso mi affascina molto. Si ha una visibilità incredibile, il paesaggio è molto bello e credo sia una zona praticabile anche per il cicloturismo, per cui diventa possibile godere del mare e dei panorami. Spero che gli organizzatori continuino e che riescano a farla crescere e ad attirare più gente.»

«Da quando ho lasciato l’attività agonisticaaggiunge Paola Pezzo ovviamente non faccio più gare, casomai, do la disponibilità come madrina e mi fa molto piacere. Ho un’associazione e mi occupo della crescita sportiva di 150 bambini, li alleno alla mountain bike, poi insegno a scuola in un Liceo in cui si pratica la mountain bike. Anche con i miei figli io e Paolo (Rosola, ex corridore professionista e DS di una squadra professionistica, n.d.c.), abbiamo lasciato i ragazzi liberi di scegliere. Uno ha iniziato con il calcio, poi non gli è piaciuta l’atmosfera e si è innamorato della mountain bike; l’altro aveva iniziato con la bicicletta, poi è passato ad altri sport e ora vorrebbe intraprendere la carriera professionale su strada, ha 23 anni e a noi va bene. Siamo genitori
attenti ma ci piace lasciarli liberi di scegliere la loro strada. La Sardegna mi piace molto, i suoi territori ed il suo mare e ad ottobre fa ancora abbastanza caldo.»

Parliamo anche con Marco Melandri, ex campione del motomondiale e della SuperBike, presente pèer la seconda volta alla manifestazione di Sant’Antioco.

«Per me venire qui è una vacanzadice Marco Melandri mi è venuto naturale passare alla bicicletta grazie a Pippo Marani, è diventata non dico una malattia ma una passione importante. La mountain bike e la ebike sono mezzi con i quali ci si diverte molto. È il mio secondo anno a Sant’Antioco, la bici è una scusa per visitare posti nuovi. l’ospitalità davvero generosa e si mangia bene, direi che in tutta Italia è possibile mangiare bene e godere di tante specialità locali, abbiamo una grande varietà di cibi. Questa è un’isola piccola, molto bella e la bici elettrica consente di visitare luoghi particolari. La bici è una scusa per visitare posti nuovi. Della Sardegna mi affascina tutto, intanto il clima. Vado ancora in moto, e mi piace tutto lo sport. Ai sardi raccomanderei di girare la loro isola in bici, ci sono tanti posti davvero invitanti. Io corro ancora in moto ma senza fare gare. Il percorso di ieri più adatto alla bici elettrica, oggi gara bella ma dura e molto bella ma per il panorama molto adatto alla bici elettrica.»

Conclude Luca Ajò, organizzatore della gara.

«Sono contento della collaborazione dell’Amministrazione comunale, dei Barracelli della Protezione civile e dell’Associazione Nazionale Carabinieri, oltre ad 50 altri volontari, per seguire questo tipo di gare è necessario trovare grande collaborazione nella comunità locale, vorrei che questa diventasse una manifestazione permanente. Gli atleti usano le nostre case e gli alberghi per l’accoglienza e mangiano nei nostri locali, sarebbe bello realizzare il progetto di Isola per la Bici, tracciando i percorsi, mettendo la cartellonistica e dando dei riferimenti, il nostro è un territorio che si presta magnificamente a questo tipo di utilizzo.»

Carlo Floris

Paola Pezzo

Marco Melandri

San Giovanni Suergiu ha un’altra ultracentenaria. A oltrepassare il secolo stavolta è Giovanna Collu, originaria di Is Urigus che ieri, 31 ottobre, circondata dall’affetto della sua numerosa famiglia, ha spento le 101 candeline.

Tzia Giuannica, carattere di ferro temprato dal lavoro in campagna, ha ricevuto anche la visita e gli auguri del sindaco Elvira Usai che, a nome dell’Amministrazione comunale, ha donato un omaggio floreale.
«Una preziosa eredità per il nostro paese ha detto il primo cittadinoche ha la fortuna di conoscerli e di apprendere il loro stile di vita e la loro saggezza.»

 

In tutti i Comuni è tutto pronto per le cerimonie di commemorazione dei defunti e dei caduti di tutte le guerre, previste rispettivamente per le giornate di giovedì 2 e sabato 4 novembre, data quest’ultima in cui si celebra anche la Festa dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate.
Di seguito pubblichiamo il programma delle cerimonie previste a Carbonia.
Giovedì 2 novembre – Cerimonia di commemorazione dei defunti
Ore 10.00: deposizione corona d’alloro presso il cimitero di Carbonia
Ore 10.30: deposizione corona d’alloro presso il cimitero monumentale di Serbariu;
Ore 10.45: deposizione corona d’alloro presso il cimitero di Cortoghiana.
Sabato 4 novembre – Festa dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate
Ore 10.00: ritrovo presso piazza Roma, corteo verso piazza Rinascita, deposizione di una corona d’alloro al monumento dei caduti di tutte le guerre;
Ore 10.45: deposizione di una corona d’alloro ai piedi della lapide ai caduti presso la chiesetta di Serbariu;
Ore 11.45: deposizione di una corona d’alloro presso il monumento ai caduti di piazza Chiesa a Bacu Abis.

Nei giorni 2, 3 e 4 novembre, sarà possibile visitare il cimitero monumentale di Serbariu, accompagnati dagli studenti dell’Istituto IPIA Emanuele Loi di Carbonia. Le visite guidate si svolgeranno giovedì, venerdì e sabato, dalle 11.30 alle 12.30, possibilmente prenotandole al numero 3494128532.

Nei giornbi dal 29 ottobre al 4 novembre, tutti i cimiteri di Carbonia resteranno aperti dalle 7.30 alle 17.00

Il comune di Carbonia dice no ai tagli previsti dal nuovo piano di dimensionamento scolastico. Lo fa con una nota inviata dal sindaco Pietro Morittu e dall’assessore della Pubblica istruzione Antonietta Melas, al presidente del Consiglio dei ministri Giorgia Meloni, al ministro della Pubblica Istruzione e Merito Giuseppe Valditara, al presidente della Regione Sardegna Christian Solinas, all’assessore della Pubblica istruzione, beni culturali, informazione, spettacolo e sport Andrea Biancareddu, all’Amministratore straordinario della provincia del Sud Sardegna Mario Mossa, al direttore generale dell’assessorato della Pubblica istruzione Giorgio Onorato Cicalò e per conoscenza, al prefetto di Cagliari Giuseppe De Matteis.

«In merito al dibattito in corso circa il dimensionamento scolastico che investirà tutto il sistema scuola nazionale, e in particolar modo quello della Regione Sardegna e più specificatamente quello della provincia del Sud Sardegna, ci preme rappresentare la situazione di estrema difficoltà socioeconomica che sta vivendo la comunità della città di Carboniasi legge nella nota -. Il dato numerico riferito alle diverse autonomie scolastiche presenti nella città, che è definito quale comune montano, presenta di fatto un’unica sofferenza relativa all’Istituto Comprensivo Don Milani con 280 alunni, per il quale si ritiene utile una fusione con accorpamento dello stesso ad un altro istituto comprensivo limitrofo presente nella città. Per quanto riguarda le restanti istituzioni scolastiche, sia quelle relative alla scuola dell’obbligo ma anche relativamente agli istituti superiori, si ritiene che una eventuale disgregazione di istituti non sia in linea con un recupero dell’elevata dispersione scolastica che insiste in un territorio afflitto da un inesorabile processo di deindustrializzazione che ha determinato un significativo impoverimento sia economico che sociale della nostra comunità.»

«I molteplici disagi per tante famiglie, alle prese con un fine mese difficile da raggiungere e non sempre sufficiente ad assicurare il necessario per vivere in modo dignitoso, generano una complessità di problematiche legate ad una disoccupazione galoppante, al progressivo aumento dei cosiddetti giovani “NEET”, alla precarietà e al malessere sociale in un contesto aggravato dalla riduzione dei servizi di base tra i quali il servizio sanitarioaggiungono Pietro Morittu e Antonietta Melas -. In questo scenario, qualsiasi ulteriore sottrazione di servizi essenziali, qual è quello scolastico, rappresenta un attacco al diritto allo studio costituzionalmente garantito. Riteniamo che la governance di un Istituto scolastico, garantita dalla presenza dell’autonomia scolastica, faccia la differenza nella direzione e gestione di una organizzazione complessa come quella della comunità scolastica. L’ipotesi adombrata di un eventuale “spezzettamento” dell’IIS Beccaria, autonomia scolastica ubicata nel centro cittadino, risulterebbe piuttosto incomprensibile alla luce di presupposti che invece sono perfettamente coerenti con la normativa nazionale e con le linee guida emanate dalla Regione Sardegna.»

«Ci opponiamo, pertanto, a qualsiasi ipotesi di disgregazione dell’istituzione scolastica dell’IIS Beccaria che, con 482 alunni in un comune montano come Carbonia, rappresenta un polo tecnico professionale con diversi progetti in corso di realizzazione, il cui patrimonio di risorse umane rappresenta il risultato di uno sforzo notevole che nel tempo ha portato ad una offerta formativa che risponde pienamente ai bisogni formativi di un ampio bacino di utenzarimarcano Pietro Morittu e Antonietta Melas -. Altre istituzioni scolastiche presenti nel territorio della ex provincia del Sulcis Iglesiente hanno numeri che sono di pochissimo al di sopra del limite numerico minimo (400), pertanto potrebbero essere accorpate in un unico Istituto professionale omogeneo per indirizzi di studio e dunque con una proposta formativa rafforzata e solida. Con la presente nota rivolgiamo a Voi un accorato appello affinché venga garantito il mantenimento delle autonomie scolastiche attualmente esistenti, a maggior ragione in considerazione del fatto che le istanze che stiamo rappresentando sono quelle di un intero territorio costituito perlopiù da piccoli paesi che hanno come unici servizi gli uffici postali e che sovente non hanno in loco neppure guardie mediche e/o casermeconcludono Pietro Morittu e Antonietta Melas -. Un territorio che, pertanto, in assenza di una governance praticata quotidianamente quale è quella garantita dall’esistenza di Istituti dotati di autonomia scolastica, perderebbe un altro servizio e presidio importante per la cittadinanza e per l’intero territorio. Situazione questa che vogliamo scongiurare con tutte le modalità e gli strumenti possibili.»

Il sindaco Pietro Morittu e l’assessore Antonietta Melas hanno invitato il ministro della Pubblica istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, a venire a visitare la città di Carbonia e il territorio.

Questa mattina il piazzale davanti al Municipio del comune di Portoscuso ha ospitato l’assemblea generale straordinaria di tutte le aziende e dei percettori di mobilità in deroga, convocata dalle segreterie territoriali FIOM-FSM-UILMdella Sardegna Sud-Occidentale e del Sulcis Iglesiente, che ha visto la partecipazione di numerosi sindaci del Comuni del Sulcis Iglesiente e del direttore dell’Ufficio della Pastorale per il Lavoro e il Sociale, don Antonio Mura. In circa un’ora e mezza, i vari interventi hanno evidenziato la drammaticità della situazione di crisi che investe il polo industriale, con le diverse vertenze in atto: Sider Alloys, Eurallumina, Portovesme srl, Centrale Enel, nelle quali i lavoratori più penalizzati sono quelli delle imprese d’appalto che, in mobilità, peraltro in scadenza a fine anno, percepiscono indennità inferiori ai 500 euro al mese, con oltre 1.000 lavoratrici/ lavoratori metalmeccanici che rischiano di essere licenziate/i o di perdere l’attuale ammortizzatore sociale legato all’area di crisi complessa di Portovesme.

L’assemblea ha sollecitato interventi urgenti della Regione e del Governo per porre un argine ad una situazione che rischia di precipitare ulteriormente, con l’utilizzo delle ingenti risorse già a disposizione nel Just Transition Fund, nel PNRR e quelle residue del Piano Sulcis. E’ stato sottolineato come, per quel che riguarda il Just Transition Fund, che ha posto a disposizione del Sulcis Iglesiente 367,2 milioni di euro, mentre a Taranto le procedure sono in uno stato molto avanzato e si sta dando corpo a importanti progettualità, nel Sulcis Iglesiente ad oggi non esiste alcun progetto a conoscenza delle organizzazioni sindacali che possa o faccia pensare a una idea di rilancio di qualche tipo. Un gravissimo ritardo al quale occorre porre rimedio con urgenza.

Nell’immediato, riguardo alla mobilità, sono 450 i lavoratori collegati agli ammortizzatori in deroga per le aree di crisi complessa e la scadenza della concessione della mobilità è fissata al 31/12/2023. Dopo l’assemblea odierna, le organizzazioni sindacali, con i lavoratori e il sostegno delle amministrazioni locali, oggi rappresentante dai sindaci, valuteranno le ulteriori iniziative da intraprendere, senza escludere nessun tipo di mobilitazione.