17 July, 2024
Home2024Gennaio (Page 11)

E’ notte fonda. L’ambulanza della ASL 7 si è appena arrestata davanti all’ingresso di un ospedale pubblico del capoluogo e ha sbarcato una barella che trasporta una vecchia paziente. La poveretta ha necessità di un intervento urgente che al Sirai non si può fare per difficoltà organizzative riguardanti il personale. Il medico dell’ospedale di destinazione ferma il medico del Sirai all’ingresso del suo reparto mentre entra con la paziente e lo accoglie con frasi scortesi: «Che altra [robaccia…] ci stai portando oggi?». Pare che con una certa frequenza l’accoglimento dei nostri malati in altri ospedali pubblici avvenga in modo sgradevole e respingente.
Per la burocrazia contabile anche questo trasferimento di paziente dalla nostra ASL 7 verso altre ASL, verrà inquadrato nelle statistiche sanitarie sarde come “mobilità passiva”.
L’espressione “mobilità passiva” è burocraticamente elegante, tuttavia, se esaminiamo il significato dei due termini, emerge quanto segue: per “mobilità” si intende l’atto dello spostarsi di qualcuno da un luogo ad un altro. Col termine “passiva” si intende significare che l’azione del muoversi non avviene per autonoma decisione del soggetto ma per necessità ineludibile o per decisione presa da altri .
Quindi si tratta di “spostamento senza il desiderio di farlo”. L’espressione più esatta non dovrebbe essere “mobilità passiva” ma “emigrazione” e l’emigrazione è il passaggio dal proprio territorio di appartenenza verso uno estraneo. In questo caso, si corre il rischio d’essere male accetti. Noi Italiani ne abbiamo una triste esperienza e da quella esperienza passata, possiamo ancora trarre insegnamento.
L’emigrazione italiana fa parte della nostra storia. Essa si protrasse per circa un secolo, dal 1876 al 1970. All’inizio i migranti italiani provenivano dal Nord Italia: lombardi, veneti, friulani, piemontesi, e si dirigevano verso le Americhe. Nel 1900 iniziò l’emigrazione in massa dal Meridione. Le navi, gestite da veri e propri trafficanti di uomini, partivano da spiagge, dai porti e da approdi di barche da pesca di tutta la penisola. Sia alla partenza, che durante l’attraversata, che nei porti d’arrivo oltremare, avvennero fatti gravissimi contro la pietà umana. Molti morirono di stenti, maltrattamenti e linciaggi. Per fermare la disfatta morale il Governo Giolitti, nel 1901, emanò una legge al fine di fermare lo stato penoso in cui si svolgeva il trasporto di quella umanità. Il fenomeno migratorio italiano si attenuò durante le due Guerre Mondiali, sia per il più accanito respingimento dei paesi verso cui si migrava, sia per la comparsa di provvedimenti restrittivi messi in atto dal fascismo.
Dopo la fine del secondo conflitto mondiale, dal 1946 al 1970, l’emigrazione fu soprattutto interna e andava dal Meridione e Isole verso le città industriali del Nord che chiedevano mano d’opera per il boom economico.
L’emigrazione più terribile fu tra la seconda metà del 1800 e l’inizio del 1900. La richiesta di mano d’opera a basso costo proveniva soprattutto dal Brasile e dagli Stati Uniti del Sud.
Avvenne a causa della fine della schiavitù. Gli schiavi neri utilizzati in Brasile nelle piantagioni di caffè e canna da zucchero divennero liberi a causa della “ley do ventre libre” (legge del ventre libero). Si racconta che la figlia dell’imperatore del Brasile, opponendosi ai fazenderos schiavisti avesse ottenuto dal Parlamento brasiliano che dall’anno 1871 tutte le donne schiave in attesa di un figlio, dovessero darlo alla luce libero. Da allora la schiavitù lentamente scomparve. Ciò comportò la mancanza di mano d’opera schiava per il lavoro nelle piantagioni. Il problema venne risolto inviando agenti arruolatori di mano d’opera a basso prezzo nelle regioni più povere del neonato Stato Italiano.
Lo stesso fecero i coltivatori di cotone degli Stati del Sud degli Stati Uniti d’America alla fine della guerra di secessione che sancì la fine della schiavitù dal 1865. Nel 1888 una convenzione internazionale abolì il commercio degli schiavi e il traffico delle navi negriere dall’Africa all’America si fermò. Quelle orribili carrette dal mare per il traffico di schiavi restarono inutilizzate nei porti americani, europei e africani.
Gli sfruttatori del traffico di esseri umani non si fermarono. La contemporaneità fra blocco del commercio degli schiavi e la necessità di mano d’opera a basso prezzo europea restituì valore a quelle navi negriere appena dismesse. Esse vennero rimesse in attività nella rotta dell’Atlantico; stavolta non partirono più dalle coste della Guinea ma dalle coste del Mediterraneo e trasportarono in America masse di bianchi bisognosi. Il disprezzo e l’intolleranza contro i migranti in arrivo furono enormi. Mentre gli ex schiavi pretendevano contratti di un dollaro al giorno per lavorare nelle piantagioni, gli immigrati italiani accettavano mezzo dollaro. Questo fu un motivo di screzi anche gravi tra neri e bianchi immigrati.
I padroni americani chiamavano gli italiani alle loro dipendenze “negri bianchi”. Le atrocità che seguirono al disprezzo e alla disumanizzazione sono note. Questo fatto divenne argomento di scandalo nel Parlamento italiano e un senatore del regno d’Italia, il ministro degli Esteri Giulio Prinetti propose una legge per la regolamentazione dell’emigrazione economica verso le Americhe. La sua legge venne applicata immediatamente per fermare gli abusi sui migranti perpetrati dagli agenti brasiliani. Costoro battevano la campagna del meridione d’Italia promettendo lavoro, la fine della povertà, benessere e il viaggio pagato. Poi, una volta sbarcati in Brasile, pretendevano la restituzione della somma anticipata per pagare il viaggio in nave. Il debito era impossibile da restituire e quei poveracci dovettero lavorare per i fazenderos fino alla restituzione della somma anticipata che cresceva per gli interessi e per il pagamento degli alimenti e dell’affitto delle baracche per l’alloggio di cui erano proprietari gli stessi fazenderos. Di fatto i debitori, non potendo mai restituire le somme pretese, divennero schiavi e come tali vennero trattati insieme alle loro famiglie.
Per fermare l’abuso la Legge Prinetti del 1901 impose quanto segue:
1 – le navi dei migranti potevano salpare dall’Italia soltanto da tre porti autorizzati che venivano controllati dalle forze di polizia: Napoli, Palermo, Genova.
2 – Da nessun altro porto italiano, da nessuna spiaggia e da nessun approdo era consentita la partenza di dette navi.
3 – Nei tre porti autorizzati esistevano i “Patronati” dello Stato Italiano che provvedevano a pagare in anticipo il biglietto della nave e tutte le spese di viaggio.
4 – La nave , prima della partenza, veniva ispezionata da un Medico militare italiano che faceva verifiche sulle condizioni igieniche delle cabine e la salubrità del vitto. Chi era malato veniva sottoposto a cure prima della partenza.
5 – Ogni nave doveva avere un “Commissario di bordo” italiano per i passeggeri. Egli aveva la responsabilità della sorveglianza del benessere dei migranti.
6 – I porti di arrivo in America dovevano essere autorizzati secondo accordi bilaterali col Governo italiano.
7 – Allo sbarco i migranti dovevano ricevere, nel porto d’arrivo, l’assistenza da un ufficio di “Patronato”.
Il Patronato indirizzava i migranti alle aziende richiedenti lavoratori. La legge Prinetti e le integrazioni che seguirono contenevano disposizioni di umanizzazione che anche oggi darebbero utili suggerimenti. Oltre all’intervento di tutela dello Stato crebbe anche l’opera di solidarietà del Volontariato. Alle organizzazioni laiche si aggiunsero le organizzazioni religiose missionarie. La più nota al tempo era la “Missione del Sacro Cuore”. L’aveva fondata la suora Francesca Saverio Cabrini. Questa donna era stata una maestra elementare che, fattasi religiosa nel 1874, fondò il suo Ordine ad imitazione di san Francesco Saverio, protettore dei naviganti in mare, fondatore dell’ordine terziario francescano e dell’Ordine delle Clarisse. Francesca Cabrini fece numerosi viaggi transoceanici sulle carrette del mare per accompagnare i migranti italiani negli Stati Uniti e fondò 80 istituti di assistenza per i migranti. Costruì asili, scuole, orfanotrofi, ospedali, e convitti per studentesse. Le ragazze migranti venivano prese in carico dai suoi istituti, addestrate a parlare la lingua inglese e ad una professione. Quindi venivano avviate alla vita come persone libere, sostenute da un elevato livello culturale. Nel Minnesota fondò un collegio femminile così avanzato che il frequentarlo divenne un titolo di prestigio, e fu una moda per i potenti locali iscrivervi le proprie figlie.
Francesca Cabrini morì a Chicago nel 1917, fu canonizzata da Pio XII del 1946. E’ patrona dei migranti. Sarebbe consigliabile, sopratutto per chi ci amministra, tornare allo studio del fenomeno migratorio, perché di quel fenomeno esistono diverse varianti. Anche se è avvenuto in tempi diversi, in luoghi diversi e in parti diverse della Terra, con gradi di gravità differenti, si tratta sempre di vicende di esseri umani che la storia ha indotto alla perdita progressiva della titolarità dei diritti civili, e li ha destinati a subire abusi e sottrazioni.
Il caso raccontato all’inizio contiene elementi in comune con la storia delle migrazioni umane:
– la sottrazione mascherata di più diritti costituzionali come il diritto alla salute individuale e collettiva e il diritto costituzionale all’uguaglianza e alla realizzazione delle aspirazioni della persona umana;
– l’appropriazione della gestione del diritto alla salute da parte di entità inaccessibili;
– il difetto di solidarietà.

Esiste la convinzione diffusa che si stia tentando di soppiantare la Sanità pubblica con una privata.
Si tratta di due entità assolutamente differenti:
– la Sanità privata è un’organizzazione auto-mantenentesi che deve affrontare spese con fondi propri destinati a: personale, edifici, attrezzature, manutenzione, materiali di consumo, servizio alberghiero, trasporti, burocrazia, tasse, eccetera. Il godimento del suo servizio è oneroso;
– la Sanità pubblica è una grande società di mutuo soccorso solidale dello Stato, il cui servizio dovrebbe essere gratuito, che si finanzia attraverso la contribuzione fiscale dei cittadini secondo regole condivise di contribuzione progressiva in base al reddito. Ciò è necessario per produrre il Fondo Sanitario Nazionale.
Il Fondo Sanitario Nazionale serve a finanziare il Piano Sanitario Nazionale. Il Fondo Sanitario Nazionale viene ripartito equamente fra le Regioni. Le Regioni devono ripartirlo equamente fra le Aziende Sanitarie Locali (ASL) in base alla numerosità della popolazione.
Il cittadino viene assistito attraverso quel fondo che egli stesso ha contribuito a formare. Ne consegue che la proprietà della Sanità pubblica è del cittadino. L’uguaglianza tra i cittadini non è soltanto un diritto costituzionale ma ha anche solide basi matematiche per uguaglianza nella contribuzione.
Esiste la possibilità che l’apparato burocratico che gestisce il Fondo possa optare per una suddivisione non equa sia per motivi di bilancio che per motivi di pianificazione sanitaria, risultando così non equamente solidale ma tendenzialmente preferenziale e vantaggiosa per una parte rispetto ad un’altra della popolazione. Per questo motivo, alle esigenze contabili dovrebbero affiancarsi quei principi etici di uguaglianza e di equità di cui sono ricchi gli articoli della Costituzione.
I guardiani dell’etica politica nella pubblica amministrazione sono gli uomini politici legittimamente eletti. Può avvenire che alla “sorveglianza” dei politici sfugga qualche “sbavatura” contabile. La somma di più sbavature nella distribuzione delle finanze del Fondo Sanitario Nazionale può generare disuguaglianze e disparità per cui può avvenire che il Welfare di una parte del territorio fallisca mentre un altro vicino fiorisca.
Questo è quanto è avvenuto alla nostra ASL 7. Altri si sono appropriati della gestione della Sanità pubblica, racchiudendola nei propri confini sotto forma di “centralizzazione”. La seconda faccia di quella medaglia è l’“esclusione” della Provincia dalla gestione della Sanità. Ora spetta alla politica illuminata futura il compito di riparare i danni della politica passata e presente che, credendo di far bene, ha fatto molto male.
Nell’attesa che si torni alla “statu quo ante” è necessario che la “mobilità passiva”, nuova forma di emigrazione, non voluta ma subita dai nostri pazienti, presso altri territori provvisti di ospedali efficienti, cessi.
Per la cessazione di questo nuovo fenomeno migratorio interno è necessario che si rispetti il Piano sanitario della Rete ospedaliera regionale del 2017 e si provveda a:
– dare un ospedale di base ad Iglesias perfettamente e completamente funzionante;
– dare a Carbonia un ospedale che abbia anche funzioni di Urgenza ed Emergenza;
– o, in alternativa, un ospedale unico.
Tra la promulgazione della legge n. 23 del 1901 del senatore Giulio Prinetti e il raggiungimento dell’obiettivo di frenare i disagi delle emigrazioni passarono 69 anni.
Tra il dire e il fare, ci sarà un lasso di tempo che vorremmo breve, ma potrebbe essere lungo. Nel frattempo, i nostri “Migranti per motivi di salute” hanno bisogno di tutele che può dare solo lo Stato, esattamente come lo Stato fece nel 1901 nei confronti dei Migranti economici italiani.
Pertanto, per tutelare i nostri malati e i nostri medici che li accompagnano presso altri ospedali necessita che:
1 – il paziente che ha bisogno di ricovero non venga rimandato a casa dai nostri ospedali con consiglio di cercarsi un posto in altri ospedali. Ciò equivale ad abbandonarli al loro destino. Invece, il paziente dovrebbe essere accolto e accompagnato previo accordo bilaterale fra direzioni sanitarie delle diverse ASL (come fece il Regno d’Italia con l’America);
2 – il paziente che necessita d’essere ospedalizzato dovrebbe essere accompagnato con ambulanza dotata di equipaggio sanitario completo (idem);
3 – giunti all’ospedale di destinazione il medico accompagnante dovrebbe ottenere dalla Direzione sanitaria ospitante il mandato di disporre l’accettazione già concordata prima della partenza (come fecero i patronati);

4 – il nostro paziente, una volta ricevuto da un altro ospedale dovrebbe godere della tutela dei nostri medici che dovrebbero ottenere alla pari con i medici riceventi la condivisione delle informazioni cliniche sull’evoluzione successiva;
5 – alla dimissione dall’ospedale ospitante, il nostro paziente dovrebbe godere della tutela dei nostri mezzi di trasporto medicati nel caso esistano impedimenti economici e organizzativi familiari.
Il Regio Decreto n. 23 del 1901 e l’esempio dato da santa Francesca Saverio Cabrini sono tutt’oggi validi per allestire sistemi di tutela per i nostri malati-migranti costretti ad essere trasferiti in ospedali di altri territori a causa della nostra povertà assistenziale.

Mario Marroccu

Si è svolta sotto gli occhi attenti del campionissimo Fabio Aru la prima edizione del Trofeo CX Fabio Aru Academy di ciclocross. I calorosi abbracci del cavaliere dei quattro mori hanno scaldato la giornata di rigido inverno, con vento gelido e una pioggia che non ha comunque scalfito la voglia di pedalare degli amanti della disciplina fuoristrada. Lungo il tracciato di 2,2 km ricavato nei pressi del Mercato Le Tre Terre, poco fuori Villacidro, il successo nella gara da 30’ è andato al portacolori della SC Monteponi Daniele Santamaria, giunto per primo al traguardo davanti ad Alessandro Santoru (Al2, Dueppi)
ed Emanuele Muscas (Al1, Fabio Aru Academy). Tra gli Juniores vittoria invece di Gabriele Carboni (Dueppi Cycling Project) davanti a Simone Satta (Ju, Ped. Siniscolese) e Mattia Solferino (Ju, Dueppi). Avvincente anche la gara da 60’. Qui la palma del vincitore è andata al solito Andrea Lovicu. Il Master 3 nuorese della Cicli Demurtas ha battuto la concorrenza di Eros Piras (M2, Donori Bike Team) e dell’Under 23 Mirko Pani, fresco portacolori della Fabio Aru Academy.
Gli altri vincitori: Esordienti 1° anno: Ettore Cabboi (Donori Bike Team). Esordienti 2° anno: Leonardo Onida (Fabio Aru Academy). Allievi 1° anno: Emanuele Muscas (Fabio Aru Academy). Allievi 2° anno: Daniele Santamaria. Juniores: Gabriele Carboni. Under 23: Mirko Pani (Aru Academy). M2: Eros Piras (Donori Bike Team). M3: Andrea Lovicu. M4: Alessandro Moi (Sestu Bike). M5: Alessio Saddi (Uc Guspini). M6: Stefano Pani (Monreal Bike ). M8: Giovanni Antonio Podda (Dueppi Cycling Project). ELMT: Alessio Mascia (Arkitano Mtb Club). W4: Daniela Ennas (Monreal Bike). Esordienti Donne: Soraya Cancedda (Monreal Bike). Allieve: Martina Canargiu (Arkitano MTB Club). Donne Juniores: Sara Murgia (Veloclub Sarroch).

Ancora pochi giorni a disposizione per chi volesse candidarsi nel ruolo di Consulente finanziario, anche nella Sardegna Meridionale. C’è tempo, infatti, sino alle 23.59 di lunedì 15 gennaio, per poter presentare, attraverso il sito www.posteitaliane.it, alla voce “carriere”, la propria candidatura al ruolo.
Poste Italiane indica che il candidato ideale è un laureata/o o laureanda/o (triennale o magistrale), con ottime capacità di comunicazione e di relazione, interessata/o al mondo dei mercati finanziari, assicurativi e gli investimenti, predisposta/a per il lavoro in autonomia/di gruppo e per lavorare su obiettivi commerciali sfidanti, oltre che dotata/o di un’ottima conoscenza del pacchetto Office. In caso di superamento dell’iter selettivo, il candidato potrà essere assunto con un contratto di lavoro dipendente full time (36 ore settimanali su 6 giorni lavorativi) e con retribuzione commisurata al livello di esperienza maturata, secondo quanto previsto dal CCNL di Poste Italiane.
La pagina https://www.posteitaliane.it/it/lavora-con-noi.html consente di acquisire informazioni più complete ed esaustive sulle aree professionali, sul processo di selezione, sulla candidatura alle posizioni aperte o spontanea, oltre che sui “Career day” organizzati dall’Azienda.

Igea Spa, società regionale che opera per la messa in sicurezza mineraria e bonifica ambientale, replica a quanto sostenuto qualche giorno fa dalle RSU Igea Spa, in merito ad un presunto abbandono del territorio di Iglesias, riportato dalle notizie apparse sulla stampa e i tg locali e precisa che non è in atto alcun abbandono del territorio di nessuno dei presidi ove Igea opera.

La società, con attualmente 219 dipendenti, opera in diversi territori.

Sedi di lavoro e numero di lavoratori: Assemini 20, Cagliari 6, Campo Pisano 126, Carbosulcis (prestito) 9, Furtei 23, Lula 9, Monteponi 2, Olmedo 24. Totale 219.

La sede della società è da sempre situata in Iglesias, in località Campo Pisano, dove sono ubicate la maggior parte delle lavorazioni e dove operano circa la metà dei dipendenti – si legge in una nota -. È stato già stabilito, da ultimo con la definitiva stabilizzazione dei lavoratori di Olmedo e Assemini (ex miniera di Silius) intervenute negli ultimi mesi del 2023, il principio di mantenere i lavoratori i più vicini possibile alle loro famiglie. Oltretutto, Iglesias e Igea rappresentano storicamente l’identificazione con la storia mineraria e la tradizione di un popolo. Semmai Igea, proprio in virtù delle proprie competenze e della rinnovata vocazione ambientale (messa in sicurezza e bonifica dei territori) ha ampliato geograficamente la propria sfera di attività, sempre mantenendo, come detto, i lavoratori vicini alle loro famiglie e compatibilmente, ovviamente, con i lavori da svolgere nei vari cantieri. Oggi Igea è impegnata nella progettazione delle bonifiche di Montevecchio (Arbus e Guspini) e Masua (Iglesias), nell’esecuzione delle sicurezze minerarie nel Sulcis in oltre 50 concessioni minerarie, nella bonifica del sito di Olmedo, nella bonifica del sito di Furtei (ex miniera d’oro), nella progettazione per la bonifica del sito di Lula, ove assiste anche gli scienziati per lo sviluppo dei laboratori del progetto ET Telescope e nella progettazione per la bonifica del sito della Laveria di Assemini, per citare solo i principali luoghi di intervento. Igea manterrà sempre la sua vocazione, la sua sede e il suo presidio a Iglesias e continuerà a diramarsi in tutta la regione, dove il socio RAS intende affidargli missioni di messa in sicurezza e bonifica – si legge ancora nella nota di Igea Spa -. Le volutamente false notizie che circolano su un presunto abbandono di Igea a favore della città di Cagliari sono il frutto di fantasia e cercano riscontro in un malaugurato incidente che ha privato il sito produttivo, e la sede legale della società, di energia elettrica per un periodo purtroppo prolungato. L’ufficio di Cagliari esiste ormai da diversi anni e funziona come supporto logistico per il personale amministrativo e tecnico impegnato soprattutto nei rapporti con gli uffici regionali, gli organi di controllo e altre istanze presenti necessariamente nella capitale – conclude la nota di Igea Spa -. Non funge da sede della società ed attualmente occupa solo 6 dipendenti, rigorosamente abitanti nell’hinterland cagliaritano.

Lo Sportello Informa Handicap del comune di Carbonia questa settimana sarà aperto il giovedì pomeriggio, dalle 15.30 alle 18.00, per consentire il caricamento della documentazione necessaria alla liquidazione dei piani.
Lo sportello oggi è rimasto chiuso per consentire il ripristino delle funzionalità del sistema informatico.

Giovedì 11 gennaio, presso la Parrocchia della Beata Vergine Addolorata di Carbonia, è prevista al visita del Simulacro della statua della Vergine di Lourdes. Sono attesi pellegrini da tutto il circondario del comune di Carbonia, numerosi  fedeli, sacerdoti e diverse associazioni religiose.
In occasione del 120° anniversario della fondazione dell’Unitalsi, l’associazione cattolica che si impegna per portare gli ammalati presso santuari italiani ed internazionali,  dal Santuario di Lourdes, ha acconsentito di concedere al simulacro di lasciare il paesino sotto i Pirenei e raggiungere anche la Sardegna e Carbonia in particolare.

Sono iniziati stamane, a Carbonia, i lavori di ripristino del manto stradale nel quartiere di Medadeddu, segnatamente nelle vie Medadeddu, Verrazzano, Colombo e Vespucci. Gli interventi si sono resi necessari a seguito dei lavori realizzati da TIM per l’installazione della banda ultralarga. I lavori saranno realizzati nella porzione del manto stradale dove sono stati effettuati gli scavi per il posizionamento della fibra ottica.
L’assessora della Transizione digitale, Katia Puddu, ha interloquito costantemente con l’operatore del servizio, la TIM, al fine di programmare gli interventi di manutenzione stradale nelle vie del quartiere. Le vie sono state interessate recentemente – al pari di tante altre zone della città e delle frazioni – dall’installazione della banda ultralarga per una connessione internet ultraveloce, decisiva in modo particolare in questo periodo, caratterizzato dalla diffusione di nuove modalità operative di insegnamento, formazione e lavoro, tra cui lo smart working e la didattica a distanza.

Il guasto di un pezzo della caldaia dell’impianto termico nella scuola Deledda di via Roma, a Carbonia, ha impedito il funzionamento del riscaldamento lasciando gli alunni e gli insegnanti con una stufetta in ogni aula che, in questi giorni di basse temperature, non è certo sufficiente a riscaldare gli ambienti scolastici.
L’Amministrazione comunale di Carbonia in una nota «si dichiara dispiaciuta e si scusa con le famiglie per la situazione e per il disagio venutosi a creare».
«Nonostante la solerzia con cui tutti i soggetti coinvolti si sono attivati al fine di risolvere il problema in tempi brevi, il modello della caldaia necessita della sostituzione del bruciatore, di non facile reperimento sul mercato sardo e nazionale a causa di una disponibilità scarsa dovuta a carenza di materie prime si legge nella nota -. I referenti che si stanno occupando della ricerca del pezzo riferiscono di essere ottimisti nella risoluzione del problema dato che tutte le aziende del settore hanno riaperto le loro attività dopo le festività natalizie, e in una di queste risulterebbe un pezzo di ricambio compatibile con il modello della caldaia dell’impianto termico del plesso della Deleddaconclude la nota dell’Amministrazione comunale -. Nel contempo, comunque, si stanno valutando altre possibili soluzioni per consentire quanto prima possibile la ripresa regolare delle attività didattiche.»

Il Gal Sulcis Iglesiente Capoterra e Campidano di Cagliari ha organizzato l’evento di presentazione dei risultati del progetto “Agrinido, Agriasilo e Agritata. Progetto pilota innovativo di servizi all’infanzia in azienda agricola”, che si terrà venerdì 26 gennaio 2024, alle ore 10.00, presso Casa Fenu, in via Santa Maria 4, a Villamassargia.

Nel corso dell’evento verranno presentati i risultati raggiunti con il progetto e i possibili sviluppi futuri; verrà presentata la carta dei principi elaborata grazie alla progettazione partecipata e alle attività intraprese e verrà presentato un modello di servizi all’infanzia replicabile all’interno delle aziende agricole del territorio, che si auspica possa essere anche recepito nella legislazione regionale. Sui risultati raggiunti e sulle prospettive future proseguirà un confronto attraverso una tavola rotonda con gli esperti del Comitato Tecnico Scientifico.

La Polizia di Stato ha arrestato in flagranza di reato un uomo di 27 anni per l’ipotesi di reato di danneggiamento seguito da incendio e resistenza a Pubblico Ufficiale.

Nella notte del 4 gennaio, gli agenti del Commissariato di Iglesias, durante i consueti servizi di controllo del territorio, hanno notato un’auto in fiamme in una via del centro cittadino. Il rogo, domato immediatamente dal tempestivo intervento dei vigili del fuoco, ha comunque distrutto il veicolo, arrecando danni anche alla facciata dell’edificio davanti al quale si trovava parcheggiata l’auto.

Gli agenti di Polizia hanno acquisito subito le immagini delle videocamere presenti intorno all’edificio, grazie alle quali sono riusciti ad individuare un uomo, un 27enne originario del posto, che pochi minuti prima si aggirava attorno al veicolo in fiamme.

Il giovane, già conosciuto alle Forze dell’Ordine per altri precedenti di Polizia, è stato raggiunto dai poliziotti nella sua abitazione dove è stato rinvenuto sul tavolo materiale d’innesco infiammabile. A seguito di quanto accertato dai filmati e da quanto rinvenuto sul posto, il giovane è stato accompagnato presso gli uffici del Commissariato di Iglesias, dove ha assunto un atteggiamento violento e minaccioso nei confronti degli operatori.

Il 27enne è stato quindi arrestato in flagranza per l’ipotesi di reato di danneggiamento seguito da incendio e resistenza pubblico ufficiale e a seguito dell’udienza di convalida, il G.I.P. ha convalidato l’arresto accogliendo i termini a difesa.