A Santadi, nel mese di dicembre, sono terminati i lavori di recupero di un vecchio furriadroxiu, in località Is Langius, nei pressi della strada per Pantaleo, vicino al complesso nuragico di Barrancu Mannu.
«Questi lavori rappresentano per me e per la mia impresa un importante banco di prova – spiega Federico Acca -. Si è trattato di lavorare a un edificio costruito parte in pietra e parte in ladiri, i vecchi mattoni di argilla cruda. Abbiamo utilizzato materiali assolutamente biologici, limitando l’utilizzo del cemento solo ad alcuni punti importanti per la salvaguardia e la tenuta dell’immobile. Abbiamo ricostruito il tetto in canne, per gli intonaci abbiamo utilizzato la calce. L’immobile è destinato ad essere l’abitazione di una coppia che si trasferirà a vivere a Santadi.»
L’imprenditore edile è entusiasta del lavoro svolto, anche perché crede che questo possa essere solo il primo di innumerevoli interventi, vista la vastità del patrimonio abitativo sparso nel territorio che sarebbe necessario recuperare. Il lavoro è parte del progetto MuDIS (Museo Diffuso Insediamento Sparso), che si occupa della valorizzazione degli insediamenti storici del Sulcis: una ricchezza inesauribile legata al patrimonio nuragico e minerario ed alla bellezza e ricchezza della natura in cui sono inseriti gli edifici.
«Il furriadroxiu – aggiunge Federico Acca – è di proprietà di Manuela e Giovanni Pasella, entrambi soci del MuDIS e futuri nuovi residenti di Santadi. L’immobile è stato recuperato con un progetto di valorizzazione che lo ha trasformato da rudere ad esclusiva proprietà immobiliare inserita in un contesto naturalistico di grande pregio. Di fatto abbiamo aggiunto un nuovo tassello all’attività del MuDIS a vantaggio del patrimonio immobiliare storico di Santadi.»
L’artigiano collabora da alcuni anni con il MuDIS. «Lavoro in edilizia con passione – dice Federico Acca – e da alcuni anni ho il piacere di lavorare per il Museo diffuso dell’insediamento sparso (MuDIS), che richiede di utilizzare tecniche edili e materiali tradizionali del mio paese, cosa che appassiona moltissimo sia me che la mia squadra. Con queste tecniche antiche, recuperate da persone che ce le hanno tramandate, e seguendo le indicazioni del MuDIS, abbiamo realizzato coperture in canne di fiume, legate una ad una con corde vegetali, recuperato i muri in terra cruda o in pietra, ripristinandoli con malte a base di calce e tinteggiatura dello stesso materiale. In questo modo teniamo viva la nostra tradizione, rispettando l’ambiente senza usare prodotti chimici o cemento, recuperiamo e riutilizziamo i furriadroxius. Oggi siamo in grado anche di costruire abitazioni nuove rispettando gli standard di efficientamento energetico, riproponendo finiture, materiali e tecniche tradizionali.»
«Credo che il nostro Comune – conclude Federico Acca – abbia un grande potenziale turistico con i suoi siti archeologici, le sue magnifiche grotte di Is Zuddas, o la bellissima foresta di Pantaleo, una delle leccete più vasta d’Europa, dove si possono fare escursioni immersi nella natura. I nostri ristoranti, che propongono cucina tradizionale, insieme a vini eccellenti conosciuti in tutto il mondo, i nostri formaggi buonissimi, le ottime carni, il miele, il pane e l’olio d’oliva cui viene dedicato l’evento “pane olio in frantoio”, che si tiene ogni anno nel periodo della raccolta delle olive.»
«Crediamo profondamente nell’importanza della valorizzazione del patrimonio culturale e dei paesaggi locali del Sulcis – aggiunge Marco Bianchi, presidente del MuDIS -. La tutela dei luoghi è intesa in modo olistico e ha come obiettivo la creazione delle condizioni che possano consentire alle nuove generazioni di poter vivere e crescere in una terra generosa e ricca di bellezza. Collaborando con diverse istituzioni e associazioni del territorio, il MuDIS persegue il riconoscimento nazionale dei paesaggi rurali sulcitani e ripropone la riqualificazione di spazi abbandonati per creare un’utile rete di attività; un concetto che va oltre la salvaguardia e parla di rivitalizzazione. La particolarità dell’urbanistica locale si basa sulla presenza di una vera e propria costellazione di insediamenti rurali sparsi nella vasta campagna, che rende indissolubile l’unione tra natura e vita. Tali insediamenti agropastorali, chiamati furriadroxius, (dal sardo “furriai”: ritirarsi, abitare) erano centri autosufficienti di contenute dimensioni. Negli anni Sessanta, molte delle famiglie che abitavano i furriadroxius hanno deciso di spostarsi nei centri urbani dotati di infrastrutture (acqua, elettricità, fognature…). In una ventina d’anni la maggior parte dei furriadroxius sono stati abbandonati. Con la nascita del Museo diffuso, la scelta di recuperare e riutilizzare tali immobili è diventata di interesse della comunità e ha creanto le condizioni per una narrazione territoriale forte: la storia di un territorio e l’identità della sua popolazione. Il MuDIS non persegue la museificazione dei furriadroxius, ma il loro riuso; il basso costo di tali immobili rende inoltre vantaggioso investire nel Sulcis, non solo per finalità turistiche – conclude Marco Bianchi –. La crisi dei modelli di vita metropolitani, l’immigrazione di ritorno, la neoimprenditorialità consapevole, la conversione di imprese tradizionali in forme ecologiche, gli imprenditori a valenza etica, possono svolgere un ruolo centrale nel processo di valorizzazione del Sulcis creando l’opportunità di nuove economie e di reinterpretare tali luoghi rurali.»
Carlo Floris