Chi ha spostato il mio formaggio? Cambiare se stessi in un mondo che cambia – di Antonello Cuccuru
Il dibattito di questi ultimi giorni, tra organizzazioni sindacali e direzione aziendale della ASL del Sulcis Iglesiente, sulla carenza di personale sanitario, mi ha invitato a riprendere in mano un interessante libro acquistato 10 anni fa, dal titolo: “Chi ha spostato il mio formaggio? Cambiare se stessi in un mondo che cambia”, scritto dal medico e psicologo americano Spencer Johnson.
Cosa c’entra il formaggio con le dotazioni organiche e i Piani triennali di fabbisogno di personale (PTFP)? La risposta è in questo libro-favola che racconta di due topolini, Nasofino e Trottolino, e di due gnomi, Tentenna e Ridolino, che vivono in un imprecisato Labirinto.
Who Moved My Cheese? E’ una parabola che rivela una profonda verità sul cambiamento. Due topolini e due gnomi (molto simili agli umani) vanno alla ricerca del «Formaggio», la metafora di tutto quello che vorremmo avere dalla vita (per es. dotazioni organiche congrue), nel «labirinto» (la ASL del Sulcis Iglesiente), cioè il luogo in cui cerchiamo ciò che desideriamo. Nella storia non tutti i personaggi reagiscono agli imprevisti e, alla fine, uno di loro affronta il mutamento e scrive sui muri del Labirinto quello che ha imparato dalla sua esperienza. Leggendo le scritte dello gnomo Ridolino si può scoprire come gestire positivamente il cambiamento per subire meno stress e superare le difficoltà nel lavoro e, soprattutto, nella vita.
Ricordo ancora alcune delle frasi sul muro scritte da Ridolino, che qualche volta ho utilizzato come slide nella mia attività di docenza.
Il cambiamento è inevitabile: ci sarà sempre qualcuno che sposterà il formaggio.
Prevedi il cambiamento: sii pronto quando il formaggio sarà spostato.
Controlla il cambiamento: annusa spesso il formaggio, così ti accorgi se diventa vecchio.
Adattati rapidamente al cambiamento: quando più rapidamente abbandonerai il vecchio formaggio, tanto prima gusterai quello nuovo.
Cambia: spostati con il formaggio.
Apprezza il cambiamento: assapora il gusto dell’avventura e goditi le delizie del nuovo formaggio
Sii pronto a cambiare rapidamente e a farlo con gioia sempre maggiore: ci sarà sempre qualcuno che sposterà il formaggio.
“Chi ha spostato il mio formaggio?” è un libro molto scorrevole, di facile lettura, raccontato come una favola ma carico di significato.
Vengono affrontati temi molto importanti, quali la paura del cambiamento, e l'incapacità di osservare in maniera oggettiva quello succede attorno a noi.
È un libro che consiglio caldamente a tutti di leggere, ma soprattutto ad alcuni colleghi, che mi ricordano con nostalgia la dotazione organica del 2016.
Senza abbandonare il labirinto e le indicazioni scritte sul muro, proverò ad uscire dal labirinto e descrivere il cambiamento che ha introdotto il PTFP e superato le vecchie logiche della dotazione organica.
La valorizzazione del piano del fabbisogno a scapito della dotazione organica costituisce uno degli elementi che più caratterizzano la riforma del testo unico delle leggi sul pubblico impiego contenuta nel D.Lgs. n. 75/2017.
Queste previsioni discendono direttamente dalle indicazioni dettate dalla legge delega n. 124/2015, cd riforma Madia. Occorre subito evidenziare che il legislatore non “sopprime” la dotazione organica, ma stabilisce che essa sia una conseguenza delle scelte compiute dalle amministrazioni nel piano del fabbisogno.
L’organizzazione degli uffici rimane, infatti, ancora incentrata su un sistema incardinato sull’adozione di atti di alta amministrazione previsti dagli ordinamenti di ciascuna amministrazione e di pertinenza dei diversi organi di governo.
Le novità si registrano piuttosto sul piano procedurale, laddove si introducono diversi elementi di semplificazione che mirano a sburocratizzare il sistema e a velocizzare gli interventi di revisione organizzativa interna a ogni Pubblica Amministrazione (PA), «alla ricerca del formaggio perduto».
Quanto alla modalità di definizione del Piano, ai sensi dell’art. 6-ter del D.Lgs. n. 165/2001, come novellato dall’art. 4 del D.Lgs. n. 75/2017, con il decreto del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione dell’8 maggio 2018, previa intesa in sede di Conferenza unificata, sono state emanate linee di indirizzo, di natura non regolamentare, per la predisposizione del Piano da parte delle amministrazioni pubbliche, che definiscono una metodologia operativa di orientamento per le medesime.
In estrema sintesi:
l’art. 6 del D. Lgs 2001, come riformato nel 2017, ha previsto il passaggio dall’ottica numerica delle «dotazioni organiche» all’ottica finanziaria dei «fabbisogni di personale»: l’organizzazione degli uffici deve avvenire in conformità dei piani triennali dei fabbisogni di personale, adottati dalle pubbliche amministrazioni, previa informazione sindacale, ove prevista nei contratti collettivi nazionali.
• Il piano triennale dei fabbisogni di personale è adottato in coerenza con la pianificazione pluriennale delle attività e della performance, allo scopo di ottimizzare l’impiego delle risorse pubbliche disponibili e perseguire obiettivi di performance organizzativa, efficienza, economicità e qualità dei servizi ai cittadini. Il Piano cura l’ottimale distribuzione delle risorse umane attraverso la coordinata attuazione dei processi di mobilità e di reclutamento del personale e indica le risorse finanziarie, nei limiti delle risorse quantificate sulla base della spesa per il personale in servizio e di quelle connesse alle facoltà assunzionali previste dalla legislazione vigente. Per quanto concerne le risorse finanziarie destinate alla ASL Sulcis Iglesiente, l’assessorato dell’Igiene e Sanità e dell’assistenza sociale della Regione Sardegna, ha stanziato la somma di 79.187.003,08 di euro, mentre alla ASL di Cagliari sono andati 236.278.361,21 euro e a quella di Sassari 155.573.541,13 euro.
• In sede di definizione del piano ciascuna amministrazione indica la consistenza della dotazione organica e la sua eventuale rimodulazione in base ai fabbisogni programmati nell’ambito del potenziale limite finanziario massimo della medesima e di quanto previsto, garantendo la neutralità finanziaria della rimodulazione.
Resta fermo che la copertura dei posti vacanti avviene nei limiti delle assunzioni consentite a legislazione vigente.
• Per le amministrazioni pubbliche non statali il piano triennale dei fabbisogni è adottato annualmente ed è approvato secondo le modalità previste dalla disciplina dei propri ordinamenti.
• Le amministrazioni pubbliche che non adottano il Piano dei fabbisogni di personale non possono assumere nuovo personale.
In questo nuovo scenario, secondo Michele Valentino, Esperto in public management, innovazione organizzativa, processi e sistemi di HR, il Piano triennale viene spesso elaborato acriticamente o sulla base del principio di successione, sostanziandosi in un vero e proprio scambio di unità di personale, calibrato su strategie ed esigenze definite in un tempo incerto e, prevedibilmente, nel rispetto dei limiti imposti dalla pianta organica. Il più delle volte non si programmano fabbisogni, bensì sostituzioni; si individuano le caselle dell’organigramma da riempire, si ricopiano i dati riguardanti i profili e l’inquadramento dei cessati e li si riporta all’interno del documento sui fabbisogni di personale.
Questo però, rappresenta un approccio inadeguato rispetto alle sfide delle PA. Per dirla con una delle scritte dello gnomo Ridolino: «Non ci siamo adattati rapidamente al cambiamento».
Il processo di programmazione del fabbisogno di personale rappresenta, indubbiamente, un aspetto critico nella gestione delle persone nelle organizzazioni pubbliche.
Diventa dunque importante provare ad investigare sulle ragioni di tale complessità, alla ricerca di una chiave interpretativa che consenta di coglierne il potenziale, soprattutto in relazione al raggiungimento degli obiettivi strategici e di valore pubblico da parte delle Aziende della PA.
Il tradizionale punto di partenza per la elaborazione del Piano Triennale del Fabbisogno è rappresentato dal dato sui “cessati”, ovvero di coloro che, nell’arco del triennio di riferimento, completeranno il proprio percorso professionale e andranno in pensione.
Con la pubblicazione delle “Linee di indirizzo per l’individuazione dei fabbisogni professionali da parte delle amministrazioni pubbliche” è stata riconosciuta la necessità di rafforzare la capacità delle amministrazioni pubbliche di rispondere con prontezza alle sfide poste dalle trasformazioni economiche, sociali e tecnologiche attraverso l’adozione di un nuovo paradigma organizzativo basato sul modello delle competenze. Si tratta, in sostanza, del primo tentativo di istituzionalizzare il modello di “Competency Based Management” che individua le competenze quali “pietre angolari” per la programmazione, gestione e lo sviluppo delle persone nelle pubbliche amministrazioni, che fondano i loro processi strategici, operativi e relazionali sulla conoscenza.
All’interno del nuovo paradigma trova spazio e assume rilevanza strategica il Piano di fabbisogno del personale, oggi inserito nel Piano integrato di attività e organizzazione (PIAO). Si tratta di un documento unico di programmazione e governance per le pubbliche amministrazioni, che permette di superare la frammentazione degli strumenti ad oggi in uso: il PIAO accorpa tra gli altri i piani della performance, dei fabbisogni del personale, della parità di genere, del lavoro agile e dell’anticorruzione. Il processo di elaborazione del documento per la programmazione del fabbisogno dovrà ineluttabilmente originare da una preliminare riflessione sull’appropriatezza della struttura organizzativa rispetto a due dimensioni: la capacità di perseguire le finalità istituzionali e quella di contribuire alla creazione di valore pubblico. I responsabili del PTFP dovranno attentamente valutare la qualità e l’attitudine della propria organizzazione (intesa come l’insieme delle strutture organizzative, dei processi e delle competenze professionali esistenti) a garantire il principio del “buon andamento”.
Ciò implica una valutazione di appropriatezza dell’intelaiatura organizzativa. Il PTFP diventa un momento di riflessione organizzativa sulle strutture (a livello sia macro che micro), prima ancora che sulle competenze, strutture che possono essere modificate e coniugate con il nuovo paradigma. Ciò implica la necessità di valutare se la struttura organizzativa “disponibile” sia effettivamente in grado di garantire, non solo il perseguimento delle finalità istituzionali, ma anche degli obiettivi strategici e di valore pubblico nell’arco del triennio di riferimento.
Alla luce del mutato contesto, il Piano triennale del fabbisogno richiede dirigenti e funzionari coraggiosi, in grado di leggere e rilevare le debolezze organizzative, proponendo soluzioni di cambiamento adeguate e compatibili con i tempi, le risorse e le professionalità disponibili.
Successivamente, sarà opportuno valutare l’effettivo possesso delle competenze da parte del personale dell’amministrazione rispetto a quelle indicate nel sistema professionale di riferimento, in relazione alle sfide rappresentate dagli obiettivi strategici e di perseguimento di valore pubblico. Gli esiti dell’attività di assessment (valutazione) dovranno generare una nuova proposta di aggiornamento e/o adeguamento del sistema professionale e tradursi nella individuazione dei fabbisogni in termini di nuove competenze, nuovi profili, nuove famiglie o aree professionali.
Questo implica PTFP elaborati non più con sostituzione di cessati sulla base del principio di successione, bensì un graduale processo di innovazione, se non di rivoluzione organizzativa. La dotazione organica si evolve in asset (Termine inglese che indica, in senso molto ampio, ogni entità materiale o immateriale suscettibile di valutazione economica per un certo soggetto) finanziario che ciascuna organizzazione pubblica dovrà e potrà investire per l’upgrade (aggiornamento) di sistema. Gli istruttori amministrativi potranno cedere il posto agli operatori di sistema, i funzionari contabili ai controller così come i funzionari amministrativi ai project manager o ai data protection specialist. La rivoluzione potrà riguardare anche le categorie di inquadramento purché si resti nel “recinto finanziario” della dotazione organica.
La definizione dei fabbisogni potrà scardinare la vecchia dotazione organica e, in quanto atto di programmazione, dovrà indicare e programmare le esigenze di personale in relazione non solo alle funzioni istituzionali ma anche agli obiettivi di performance organizzativa, efficienza, economicità e qualità dei cittadini.
Non solo nuove professioni, ma anche adeguamento di quelle tradizionali che dovranno essere sottoposte ad un corposo restyling organizzativo e ripensate in termini di competenze nuove o evolute. In tal senso, la riflessione sul fabbisogno fornisce input per la programmazione dell’attività di formazione del personale, valorizzando il principio di integrazione degli strumenti di programmazione che informano il Piano Integrato delle Attività e dell’Organizzazione. Inoltre, il dato sul gap di competenze potrà essere utilizzato anche dal sistema di misurazione e valutazione delle performance.
In ottemperanza al principio di ottimale impiego delle risorse umane, ai fini dell’upgrade di sistema, sarà possibile indicare eventuali progressioni tra aree e/o categorie, eventuali azioni di mobilità, oltre che puntualizzare strategie e obiettivi di sviluppo di competenze nonché definire adeguate modalità di selezione del personale.
Si tratta, dunque, di dare l’avvio ad una nuova era, quella della competenza, della trasparenza e di risultati finalmente tangibili non solo per le organizzazioni pubbliche ma per tutta la collettività.
Secondo alcune sigle sindacali, al di là del cambio di passo, più lessicale che nella vera concretezza, nel ritenere mandato in soffitta il criterio della dotazione organica, le anzidette linee di indirizzo ministeriale, funzionali alla corretta predisposizione dei piani triennali dei fabbisogni (PTFP) di personale della PA, impongono per la loro redazione, una accurata analisi e una accurata individuazione delle esigenze pubbliche da soddisfare. Ciò nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica e dell’irrinunciabile obbligo di assicurare i livelli essenziali delle prestazioni (i LEP) uniformemente sul territorio nazionale.
Dunque, al fine di rispettare l’introdotto concetto di fabbisogno di personale, necessita affrontare da parte di ogni Azienda interessata un preventivo studio di tipo quantitativo e qualitativo, ovviamente tenendo conto dei compiti istituzionali assegnati dall’ordinamento. Quantitativo nel senso di determinare la quota numerica occorrente per assicurare le funzioni fondamentali, suddiviso per sub-quote determinate dall’insieme di attività omogenee ovvero per processi da gestire. Qualitativo nel senso di prevederlo con riferimento alle tipologie e competenze professionali «meglio rispondenti alle esigenze dell’amministrazione stessa, anche tenendo conto delle professionalità emergenti in ragione dell’evoluzione dell’organizzazione del lavoro e degli obiettivi da realizzare.
In assenza dell’adozione di una metodologia di calcolo del fabbisogno di personale comune in tutto il territorio nazionale o per lo meno regionale, che non può e deve limitarsi alla sola applicazione di sorpassati standard di accreditamento regionali, e in difetto assoluto di analisi, attesa l’approssimazione della prima che consentirebbe l’applicazione di criteri adatti a conseguire l’obiettivo di soddisfare le esigenze nei confronti dei quali la mission della PA trova le sue ragioni, si corre il rischio di improvvisare tutto. Ci si limita a confermare gli organici pregressi al netto dei cessati dal lavoro per età e quelli cessandi nell’anno corrente e nel biennio successivo.
Non fare riferimento oggi ad ulteriori metodologie di calcolo del fabbisogno di personale esistenti [nel caso di professioni infermieristiche e ostetriche, tecnico sanitarie e della riabilitazione, mi riferisco al “Metodo per la determinazione del fabbisogno di personale del SSN” dell’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (AGENAS), alle Raccomandazioni per la determinazione dello staff per l’assistenza infermieristica elaborate dalla Società Italiana per la Direzione e il Management delle professioni Infermieristiche (SIDMI), o all’Indice di Complessità Assistenziale], significa legittimare un percorso funzionale ad affrontare il futuro con i “vecchi arnesi” organizzativi di quel passato che forse non ha funzionato a dovere.
Il documento succitato redatto dalla SIDMI, stilato sulla base degli indirizzi internazionali ed europei in materia di fabbisogno di personale infermieristico, contiene una serie di raccomandazioni sui livelli sicuri di “staff” per l’assistenza infermieristica e standard di risorse professionali da impiegare in relazione ai differenti contesti di cura ospedalieri, territoriali e di comunità.
I risultati di studi internazionali inerenti il personale di assistenza infermieristica – che pongono in relazione gli esiti (outcomes) delle persone assistite, il numero e la qualità dei professionisti (staffing) ad indicatori di sicurezza e qualità delle cure – rappresentano veri e propri macro indicatori meritevoli di considerazioni. A seguire, 3 studi italiani multicentrici: E.S.A.Med (“Esiti Sensibili dell’Assistenza in Medicina”), condotto da un gruppo di ricerca di tre università (Udine, Bologna, Verona) e 10 aziende sanitarie, lo studio ha voluto definire gli esiti assistenziali in relazione alla quantità di assistenza infermieristica erogata e allo skill mix assistenziale. NSO (“Nursing Sensitive Outcomes”) condotto dall’Osservatorio regionale Emilia Romagna, ha interessato alcuni esiti collegati all’assistenza infermieristica.
RN4CAST (“Registered Nurse foreCASTing in Europe”), condotto dall’Università di Genova, lo studio ha sottolineato una serie di collegamenti e relazioni negli ambiti della competenza, prestazione e sicurezza dei pazienti, inserendo l’Italia tra i peggiori paesi europei nel rapporto infermiere/pazienti.
Studi questi che – replicati in buona parte dei paesi del mondo ed in differenti setting – hanno confermato (anche grazie al numero dei pazienti coinvolti, tale da rendere consistenti le evidenze disponibili) i medesimi risultati in termini di correlazione tra esiti ed assistenza infermieristica.
Alle Aziende sanitarie è richiesto inoltre l’individuazione e ottimizzazione delle unità operative complesse, semplici e dipartimentali; la revisione dei dipartimenti e l’inserimento progressivo degli specializzandi nei percorsi assistenziali, la definizione dei nuovi profili professionali individuati dalla contrattazione collettiva (per esempio l’Assistente di Studio Odontoiatrico o l’Operatore Socio Sanitario Specializzato), ridefinendo così lo skill mix assistenziale (miglior mix di professionalità, in relazione ai problemi ed ai bisogni sanitari degli utenti che devono essere assistiti da una determinata equipe) e coinvolgendo nel percorso le OO.SS.
Gli elementi per sperimentare il cambiamento (e spostarsi con il formaggio) ci sono, ma bisogna passare dai profili professionali alle competenze. Per questo è necessario puntare sulla capacità posseduta, l’abilità acquisita e le attitudini innate per influenzare il valore del prodotto da rendere alla pubblica amministrazione di appartenenza e da mettere a godimento della collettività rappresenta una novità pratica assoluta. Sino ad oggi relegata a teorie manualistiche mai divenute realtà salvo casi rarissimi, in quanto tale da pretendere concretezza applicata a tal punto da portare il personale pubblico ad agire professionalmente in modo efficace, flessibile e dinamico sul piano organizzativo ed erogativo dei compiti affidati al medesimo, da svolgere talvolta in modo inter-scambievole tra i diversi Presidi e Distretti della ASL del Sulcis Iglesiente.
Per quanto concerne il fabbisogno di personale, oggi le stime più prudenti dicono che in Italia servono 20mila medici e almeno 70mila infermieri. Il motivo è semplice ed è legato al “peccato originale” della Sanità è cioè il tappo alle assunzioni introdotto nell’era della spending review: si tratta di un tetto che inchioda la spesa sul personale a quella del 2004 togliendo poi l’1,4 per cento. Un freno che ha asciugato inesorabilmente le fila del personale e che negli ultimi anni è drammaticamente peggiorato di fronte alla fuga di tanti dalle corsie degli ospedali a causa di turni massacranti e stipendi troppo bassi: ogni anno si contano 2mila addii di medici tra licenziamenti e prepensionamenti. Molti scelgono di lavorare nel privato o all'estero, come ricorda l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (Ocse) secondo il quale in tre anni hanno lasciato l’Italia 15.109 infermieri e 21.397 medici. Ma a rendere ancora più preoccupante la situazione è la prevista uscita per pensionamenti di ben 40mila medici entro il 2025: in questi anni è infatti prevista la cosiddetta gobba pensionistica, il picco cioè di uscite per limiti d’età.
Nel tentativo di adottare un metodo calcolo del fabbisogno, unico su tutto il territorio nazionale, il Governo ha proposto una nuova tecnologia al servizio della Salute, un algoritmo che aiuta a determinare in modo obiettivo il fabbisogno di personale nel SSN, superando quindi le restrizioni consolidate della spesa sanitaria e il ‘costo storico’.
Nel 2021, l’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (AGENAS) ha sviluppato un metodo sperimentale denominato ‘Metodo per la determinazione del fabbisogno di personale del SSN’. Il risultato di una revisione e aggiornamento del documento ‘Metodo per la determinazione del Fabbisogno di personale ospedaliero’, condiviso nel 2017 da alcune Regioni.
È stato elaborato in attuazione dell’art. 11, comma 1, d.l. n. 35 del 2019 (conv. in l. n. 60 del 2019) il quale contempla la possibilità per le Regioni di ottenere un’ulteriore variazione del 5% dell’incremento del Fondo sanitario regionale rispetto all’anno precedente, qualora emergesse la necessità oggettiva di aumentare la dotazione di personale in misura superiore rispetto a quanto previsto dal piano. Tuttavia, tale incremento è subordinato, a partire dal 2022, all’adozione di una ‘metodologia per la determinazione del fabbisogno di personale degli enti del Servizio sanitario nazionale’.
Alla luce degli studi pubblicati in merito dalla AGENAS, il ministero dell’Economia e delle Finanze e il ministro della Salute hanno congiuntamente deciso di implementare la sperimentazione di tale approccio, limitatamente agli anni 2022, 2023 e 2024, affidando alla stessa AGENAS il monitoraggio annuale e la valutazione degli esiti dell’applicazione della ‘metodologia’.
La metodologia presenta interessanti novità rispetto alla versione sviluppata nel 2017, ma conserva anche diverse criticità.
Solamente 2 delle 18 professioni affiliate alla “Federazione Nazionale Ordini dei Tecnici Sanitari in radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione” sono state inserite quali parametri all’interno dell’algoritmo.
Dovrebbero essere inserite anche tutte le altre professioni affiliate alla menzionata “Federazione” all’interno dell’algoritmo, al fine di meglio considerare i fabbisogni di tutti i professionisti sanitari all’interno del SSN.
Inoltre, la metodologia adottata dall’algoritmo non considera le assenze per maternità, presumendo l’automatica sostituzione del personale assente con nuove risorse umane. Appare invece evidente che solo in casi rari è possibile attingere a graduatorie a scorrimento ma, spesso, è necessario provvedere alla pubblicazione di bandi pubblici, gare, ecc., procedure amministrative che sottraggono tempo prezioso e lasciano i reparti senza una o più unità.
Non può non sottolinearsi la necessità di ponderare il calcolo del fabbisogno attraverso correttivi che considerino l’incidenza del ricorso al part-time, delle inidoneità lavorative o di eventuali prescrizioni, ecc., anche al fine di valorizzare l’apporto lavorativo che può essere garantito dai lavoratori disabili. Tali aspetti, attualmente esclusi dalla metodologia, risultano di fondamentale rilevanza per una valutazione accurata del fabbisogno di personale.
AGENAS ha correttamente ritenuto opportuno escludere attualmente dallo studio i dati relativi alle strutture private accreditate, motivando questa scelta con la considerazione che tali strutture «acquisiscono autonomamente il proprio personale». Tuttavia, al fine di garantire una maggiore coerenza e uniformità di servizi erogati alla persona, dal momento in cui questa metodologia di calcolo del fabbisogno del personale sanitario nelle strutture pubbliche sarà convalidata, sarebbe auspicabile che venisse utilizzata anche per valutare i requisiti minimi necessari all’accreditamento, con l’obiettivo di prevenire disuguaglianze nell’accesso alle cure mediche.
Ai fini del perfezionamento del sistema sarebbe necessario integrare l’algoritmo con tutte le figure professionali che operano all’interno del SSN, inclusi i lavori flessibili, interinali, le cooperative, i liberi professionisti, consulenti e borsisti, personale che, a vario titolo contribuisce a garantire il diritto costituzionale protetto dall’art. 32 cost..
Al fine di stimare correttamente il fabbisogno, l’algoritmo dovrebbe saper ponderare il tempo necessario all’adempimento delle attività “non assistenziali”, soprattutto “burocratiche”, divenute ormai costanti eparticolarmente impegnative, in tutti i contesti sanitari.
Il Governo prevede che la sperimentazione possa concludersi entro l’estate, dopo una opportuna condivisione con le organizzazioni sindacali e compatibilmente con gli impegni di finanza pubblica.
Lo strumento è pronto, ma sono stati previsti due test per analizzare i risultati: il primo è stato effettuato sui dati del 2022 su un campione di 9 Regioni e il secondo sui dati del 2023 coinvolgendo tutte le 21 Regioni.
I risultati definitivi, con i calcoli dei fabbisogni di personale per ogni ospedale italiano, saranno consegnati ai ministri Schillaci e Giorgetti entro settembre così che il Governo possa eliminare con la prossima legge di bilancio a dicembre il vincolo del tetto di spesa, un sistema che sinora ha calcolato e stabilito lo spazio di assunzioni in base a quanto è stato speso nel 2004 togliendo l’1,4%.
In definitiva, sono convinto che dirigenti, professionali (attraverso gli organismi aziendali del Collegio di Direzione, del Consiglio dei sanitari e dei Comitati di dipartimento) e organizzazioni sindacali sono pronti ad “abbandonare il vecchio formaggio” e a fornire utili informazioni per la stesura del PTFP (nel rispetto del potenziale limite finanziario): aspettano solo di essere coinvolti.
Antonello Cuccuru
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