18 July, 2024
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La “Sodalidas ODV Iglesias” il 24 febbraio 2024 dalle 16.00 alle 18.00 (presso la propria sede corrente nella via Amelia Melis De Villa, n. 5) organizza un incontro gratuito e aperto a tutti dal tema “La rete e le sue insidie – GENITORI DIGITALI”. L’incontro si svolgerà con la collaborazione dell’“Associazione Legalità Sardegna” e del “Coordinamento Presidenti Consiglio di Istituto – Sardegna”, i relatori con l’ausilio di apparecchiature multimediali illustreranno ai presenti le insidie che i minori incontrano durante la navigazione in internet, quali sono i modi per prevenire i pericoli e le linee guida da tenere nel caso in cui il minore sia già stato coinvolto in situazioni critiche. Ogni argomento verrà affrontato alla luce della vigente legislazione penale e a quella del Garante dell’infanzia di settore.

L’incontro ha come obiettivo quello di far acquisire al genitore le competenze di base in modo da essere in grado di aiutare i propri figli: quando la rete è usata correttamente, può essere una risorsa preziosa per l’apprendimento, la crescita personale e la connessione con gli altri ecco perché l’educazione digitale è cruciale al fine di assicurare che i giovani possano navigare in sicurezza nel mondo online e sfruttare appieno le opportunità offerte dalla rete.

Nuovo step per il progetto “Polis” nel Sulcis. Poste Italiane, infatti, comunica che l’ufficio postale di Villaperuccio, in via Antonio Lai, da oggi, lunedì 19 febbraio, è interessato dagli interventi previsti da “Polis – Casa dei Servizi Digitali”. In particolare, i lavori presso laì sede del paese del Sulcis comprendono la completa ristrutturazione e riorganizzazione degli spazi, il miglioramento del confort ambientale, l’inserimento di nuovi arredi progettati per facilitare l’accesso ai servizi e le operazioni e altri importanti miglioramenti in ottica di ottimizzazione del confort ambientale.
Inoltre, alla riapertura sarà possibile richiedere i primi tre “certificati” INPS direttamente a sportello: il cedolino della pensione, la certificazione unica e il modello “OBIS M”, che riassume i dati informativi relativi all’assegno pensionistico.
Durante il periodo dei lavori, Poste Italiane garantirà ai cittadini di Villaperuccio la continuità di tutti i servizi attraverso una postazione dedicata presso l’ufficio postale di Santadi, via Garibaldi, secondo i consueti orari di apertura al pubblico: dal lunedì al venerdì dalle 8.20 alle 13.35 e il sabato fino alle 12.35.
Gli interventi previsti presso l’ufficio postale di Villaperuccio, salvo imprevisti, avranno una durata stimata in quindici giorni lavorativi.

Il Carbonia è ancora vivo, vince lo scontro diretto con il Sant’Elena e continua a credere nella salvezza. Sul campo di Mulinu Becciu la squadra di Diego Mingioni sapeva di giocarsi una buona fetta delle possibilità di centrare la permanenza in Eccellenza regionale e tornando alla vittoria dopo un’astinenza durata ben 113 giorni, ha superato l’esame a pieni voti.

Prima del fischio d’inizio, è stato osservato un minuto di raccoglimento per ricordare le vittime della tragedia sul lavoro verificatasi a Firenze.

Sceso in campo privo di Gabriele Dore, Danilo Cocco e Nicola Giganti, contro un avversario in emergenza ancora maggiore, il Carbonia ha iniziato la partita come meglio non avrebbe potuto. Dopo due minuti Valerio Bigotti s’è opposto alla grande alla conclusione di Roberto Piroddi, ma poi il Carbonia ha preso in mano il pallino del gioco, andando in goal all’11’ con una stupenda parabola di Lorenzo Basciu che ha spedito il pallone alle spalle dell’incolpevole ex Antonio Fortuna, e raddoppiando al 15′ con Tennyson Omoregie, al primo goal in maglia biancoblù, con un tap-in da pochi passi sulla respinta di Antonio Fortuna su un’altra conclusione fortissima in diagonale dalla media distanza di Lorenzo Basciu.

  

L’uno-due del Carbonia ha colpito pesantemente il Sant’Elena che ha tardato a rendersi pericoloso ed al 21′ ha rischiato di subire il terzo goal che avrebbe chiuso anzitempo la partita, su una conclusione di Andrea Porcheddu, con la sfera terminata alta di poco sulla traversa. Prima del riposo il Sant’Elena è andato due volte vicino al goal, prima al 37′ con Roberto Piroddi su assist di Alessandro Pilleri, poi al 44′ con Igor Minerba, quando il goal sembrava fatto.

 

Dopo il riposo, il Sant’Elena è tornato in campo deciso a riaprire la partita e al 5′ ha dimezzato lo svantaggio. Su un calcio d’angolo battuto dalla sinistra, Roberto Piroddi ha staccato di testa tra Costantino Chidichimo e Andrea Porcheddu e con un tocco preciso ha superato Valerio Bigotti.

  

Il Sant’Elena ha aumentato la sua pressione, il Carbonia è stato costretto ad arretrare ma ha rischiato poco, solo una conclusione del neo entrato Matteo Pilloni ha creato qualche problema alla difesa biancoblù. Ultime emozioni nei minuti concolusivi: prima il Carbonia è andato vicinissimo al terzo goal, con una doppia conclusione di Francesco Pitanza e Andrea Porcheddu, poi il Sant’Elena ha sfiorato il pareggio. Soffrendo, più per il timore di vedersi sfuggire ancora una volta la vittoria tanto a lungo attesa che per l’effettiva pericolosità degli attacchi quartesi, il Carbonia ha portato in porto il risultato e ha festeggiato il successo davanti al gruppo degli Ultras presenti in tribuna. Il Sant’Elena ha finito senza il suo tecnico Maurizio Rinino in panchina, espulso dal direttore di gara.

 

Ora non c’è tempo per festeggiare, domenica Andrea Porcheddu e compagni sono attesi da un altro scontro salvezza, ancora in trasferta, a Bosa, battuto ieri 3 a 0 a Li Punti e scavalcato in classifica al quart’ultimo posto.

Sant’Elena: Fortuna, Delogu, Carta, Niang (70′ Atzei), Ibba, Minerba, Anedda Federico Maria, (46′ Pilloni), Pilleri (61′ Anedda Daniel), Piroddi, Mura, Floris. A disposizione: Ghimici, Pinna, Murgia, Pibiri, Melis, Onnis. All. Maurizio Rinino.

Carbonia: Bigotti, Adamo, Chidichimo, Cordoba, Wojcik, Prieto, Basciu, Mancini (86′ Falletto), Omoregie, Porcheddu, Lecca (60′ Pitanza). A disposizione: Saiu, Saia, De Vivo, Dore, Carboni, Salimbene, Perna. All. Diego Mingioni.

Arbitro: Claudio Salvatore Marongiu di Sassari.

Assistenti di linea: Pietro Fae di Ozieri e Mario Puggioni di Sassari.

Marcatori: 11′ Basciu (C), 15′ Omoregie (C), 50′ Piroddi (SE).

Giampaolo Cirronis

A Nuoro, è sorprendente il diffuso numero di cultori delle arti e letteratura, interpretata alla luce di un pensiero moderno, attuale ed all’interno d una visione ampia, e non “minoritaria”, che sintetizza la vitalità dei diversi aspetti e significati della realtà cittadina nel segno dell’oltre e dell’ordinario. Artisti e letterati conciliano le loro attività di vita e professionali in un rapporto ambivalente di attenzione alla creazione artistica e alla scrittura, per esprimere la bellezza e i tempi da esplorare nell’intreccio folgorante dei sentimenti, cresciuti con pura passione, in un apparato creativo e linguistico di continua ricerca.
Anche Cecilia Piras, autorevole e sensibile scrittrice di poesia e narrativa in italiano, è rappresentativa artefice del prolifico fermento culturale nuorese.
Nata a Oniferi, ha trascorso l’infanzia e giovinezza tra il paese d’origine e Nuoro, dove attualmente vive, con il marito Gianni Umana, in un appartamento che si affaccia sulla Piazza De Bernardi. E proprio nella sua cucina-salotto, che profuma di caffè e ci offre, la incontriamo; luogo, dove – per diversi problemi di salute, che auspichiamo momentanei e possa risolvere a breve – trascorre le sue giornate da alcuni anni.
Ci racconta pacatamente della sua istintiva e naturale “necessità di scrivere”, radicata da sempre in lei come elemento di identità e rivelata con l’apprendimento scolastico alle elementari. Professionalmente è stata insegnante con un ruolo “itinerante” – era risultata vincitrice di concorso pubblico mentre frequentava l’Università a Sassari – che l’ha portata in numerosi centri interni dell’Isola (Nuoro, Bolotana, Budoni, Gavoi, Lula, Mamoiada, Orani, Orgosolo, Orotelli, Orune, Sarule) e a Passignano sul Trasimeno, comune della provincia di Perugia in Umbria, quando vi si era trasferita per meglio seguire i figli che frequentavano l’Università nel Continente. Per gli scolari delle elementari ha curato dei corsi di scrittura creativa e l’insegnamento di base per l’apprendimento della lingua inglese.
Una sfida letteraria d’oggi, innanzitutto con se stessa, è quella di essere impegnata ad affrontare delle narrazioni per l’infanzia: un modo raffinato per sognare e far sognare attraverso l’armoniosa sonorità delle parole.
Attualmente sta lavorando alla stesura di articoli per una rivista di formazione didattica.
Appassionata di poesia, apprezza particolarmente il sardo Peppino Mereu, il Nobel Salvatore Quasimodo ed il francese Jacques Prévert per la poetica sociale e la caratteristica romantica e passionale di tante note composizioni; ha collaborato, per tanti anni, con recensioni online ad un noto blog letterario e partecipato con le sue pubblicazioni a importanti ed internazionali fiere del libro; un suo componimento è stato selezionato per la realizzazione di un’antologia al femminile, progetto omaggio ebook alla poetessa Alda Merini.
Il percorso narrativo di Cecilia Piras si è concretizzato con la pubblicazione dei romanzi “Quando le ombre erano cristalli”, nel 2005 e a cura di un editore spagnolo; nel 2008 “Leggere nel silenzio”, ora disponibile anche in versione ebook e la coinvolgente opera “L’impronta di un tiranno fragile”, edita dalla Casa Editrice Kimerik e selezionata tra i 200 libri più belli d’Italia.
In quest’ultimo lavoro, già dalle prime pagine, si caratterizza subito la figura del protagonista, un investigatore, e se ne delineano i tratti e le ferme idealità: «Il mio non è un mestiere, ma una missione, uno stile di vita». Ed ancora: «Per me investigare è vivere»; per formazione professionale va alla ricerca di ogni “senso di irrisolto”, che condiziona anche il suo vivere e profondamente segna la stessa sfera privata ed il relazionarsi sentimentale. Un romanzo di simbolismi, dal percorso da “anomalo” giallo-noir, che seduce ed intriga per l’ingegnosa abile trama. Narrazione avvincente in un viluppo di elementi culturali e mentalità diverse, talvolta mitologiche, mentre scorrono le indagini sull’omicidio di un giovane archivista, filo conduttore e legame della trama.
L’introduzione di Antonello Umana esemplifica e rende pienamente l’essenza del romanzo «che mette alla berlina la paura dell’ignoto, del nuovo, del diverso, dello straniero, del passato, del dolore. La ricerca ma anche la negazione di un’identità». Un paese, Grazini, e una società che ha perso i valori in un coltivo di intolleranze “tra i suoi vecchi pregiudizi e la “nevrosi” della modernità”. L’inchiesta dell’investigatore, analisi sociale e di comunità, rivela misteri, ostilità, diffidenze e “squallide vicende di abusi di potere”… insomma, una certa “Italietta”. Un romanzo, veramente meritevole di essere considerato “tra i più belli!”, e legittimato anche dall’attenzione di quotidiani nazionali, da emittenti radiofoniche e dalla rivista “Benessere e salute”.
Da raffinata poetessa celebra la vita in tutti i suoi aspetti e tesse, con delicato lirismo, versi di valore creativo e sui valori emozionali di umanità e sentimento.
Il profondo significato del suo “necessario bisogno” di scrivere, si coglie nell’essenziale ed immediata semplicità di questi versi: “La penna è… Le penne pensano i pensieri delle nuvole/ le penne salgono sui nidi delle aquile/ e scendono nei sospiri della terra./ Le penne rubano le ali dei gioielli/ e combattono le guerre dei silenzi.//”, tratti dalla raccolta “Cocci di tessere corsare”; altre sillogi pubblicate sono “Abbracci da un’stratosfera” (2002, Editrice Kimerik) e “Gocce di libertà” (2022, Aletti Editore), la cui prefazione di Francesco Gazzè ne evidenzia “le soluzioni estetiche e di significato profondo”.
Cristoforo Puddu

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Il Governatore distrettuale 108 l dei Lions, Dottore Michele Alessandro Martella, ha incontrato ieri i rappresentanti dei Club della 6^ Circoscrizione, Zona C, che comprende le città di Carbonia, Iglesias, Villacidro, Carloforte e Monreale. L’evento si è svolto presso il ristorante “Antiche Terme” di Sardara, dove il Club Monreale ha accolto gli ospiti in un’atmosfera di cordialità e allegria. Il Club di Carbonia, guidato dal Presidente, ingegnere Mario Porcu, ha partecipato con una numerosa rappresentanza di Soci.
I Presidenti dei Club hanno presentato al Governatore le attività di servizio già realizzate e quelle in programma per il prossimo futuro, in linea con il motto “Noi serviamo!” che contraddistingue i Lions in tutto il mondo. Tra le iniziative più rilevanti, spicca la donazione di una somma importante alla Casa di Accoglienza Lions di Cagliari, una struttura che offre aiuto e sostegno ai pazienti in terapia ambulatoriale ed ai loro familiari.
Il Governatore ha espresso il suo apprezzamento per lo spirito di appartenenza e la capacità organizzativa dei Club, assicurando il sostegno dei suoi collaboratori per le future attività. Ha inoltre sottolineato l’importanza della solidarietà e della condivisione, valori fondamentali per i Lions, soprattutto in un momento difficile come quello attuale.
L’incontro si è concluso con un brindisi di auguri e un saluto fraterno tra i partecipanti, che hanno rinnovato il loro impegno a servire la comunità con dedizione e generosità.

   

Villamassargia e Verde Isola scendono in campo alle 15.00 per conquistare punti salvezza contro Atletico Cagliari e Castiadas. La squadra di Fabrizio Anedda ha l’opportunità di allungare sulla squadra cagliaritana e di uscire dalla zona più calda della classifica; la Verde Isola di Pasquale Lazzaro nelle ultime settimane ha fornito segnali di crescita e contro la vicecapolista è chiamata a confermarli sul campo di Cortoghiana, in attesa del prossimo ritorno a casa, sul campo Nuovo Comunale Puggioni (il sindaco Stefano Rombi ha annunciato nei giorni scorsi il completamento dei lavori di ristrutturazione per i primi giorni del mese di marzo).

Sugli altri campi, si giocano Gialeto-Cus Cagliari, Calcio Pirri-Idolo, Selargius-Orrolese e Kosmoto Monastir-Francesco Bellu Terralba. Nei tre anticipi disputati ieri, sono stati messi a segno complessivamente ben 16 goal. L’Arbus Calcio ha battuto l’Arborea 3 a 2, il Lanusei è tornato alla vittoria superando 4 a 2 il Tortolì nel derby ogliastrino, il Guspini ha vinto 4 a 1 a Gonnosfanadiga.

Nella foto di copertina, Nicola Lazzaro, capitano della Verde Isola.

Sono punti pesantissimi in chiave salvezza quelli in palio questo pomeriggio sul campo di Mulinu Becciu tra Sant’Elena e Carbonia, divise in classifica da un solo punto (dirige Claudio Salvatore Marongiu di Sassari, assistenti di linea Pietro Fae di Ozieri e Mario Puggioni di Sassari). Le due squadre vi arrivano con stati d’animo differenti: il Sant’Elena sette giorni fa ha vinto un altro scontro salvezza a Bosa, interrompendo una lunga striscia negativa; il Carbonia domenica scorsa ha perso in casa con il Tempio e non vince dal 28 ottobre 2023 (2 a 1 sul Bosa, dopo il 2 a 1 ottenuto, sette giorni prima, proprio contro il Sant’Elena).

E’ un’Iglesias in piena emergenza, per squalifiche e infortuni, quella che alle 15.00 scende in campo al Monteponi contro la capolista Ilvamaddalena (dirige Samuele Giudice di Sassari, assistenti di linea Giovanni Meloni di Carbonia e Francesco Meloni di Cagliari). Giampaolo Murru in 90′, a Ghilarza, ha visto sfumare quasi certamente il sogno playoff che aveva alimentato con ben 11 risultati utili consecutivi e 25 punti, e ora attende una reazione della squadra e di tutto l’ambiente, dopo la bufera arrivata nel finale della partita di Ghilarza e in settimana, prima con le pesanti decisioni del giudice sportivo che ha fermato per tutto il campionato Mattia Pitzalis e per 4 giornate Lorenzo Isaia e Gioele Zedda, poi con la durissima presa di posizione del presidente Giorgio Ciccu nei confronti del comportamento tenuto dai suoi tesserati.

La Villacidrese cerca punti salvezza nel confronto casalingo con il San Teodoro Porto Rotondo (dirige Marco Spiga della sezione di Carbonia, assistenti di linea Nicolò Pili di Cagliari e Roberto Morgante della sezione di Carbonia). La squadra di Graziano Mannu è reduce dal pareggio di Calangianus che non è bastato per evitare il sorpasso in coda alla classifica da parte del Sant’Elena, impostosi a Bosa.

Sugli altri campi, si giocano Bari Sardo-Ferrini, Li Punti-Bosa e Tempio-Villasimius. Riposa il Ghilarza.

Nei due anticipi di ieri, la Tharros ha battuto 3 a 1 il Taloro Gavoi, l’Ossese s’è imposta 1 a 0 sul Calangianus.

 

Rodolfo Valentino fu il massimo attore di film muto degli anni ‘20. Fu tanto amato da suscitare, nei suoi fans, il primo fenomeno di massa mai visto: la “divinizzazione”, essendo ancora in vita. Da quel fatto, ancora oggi deriva l’espressione “divo del cinema”.
La sua fama mondiale era esplosa col film “I quattro cavalieri dell’Apocalisse”, per effetto di una famosa scena in cui egli ballava il “tango argentino”. Morì a 31 anni nel più importante ospedale di New York, dopo un’operazione per appendicite acuta complicata da peritonite. In tutto il mondo, i suoi ammiratori dettero luogo a scene di disperazione isterica.
Nel 1977 si ricoverò nel reparto Chirurgia dell’ospedale Sirai di Carbonia il suo sparring partner. Anche costui era un pugliese che era emigrato in America da ragazzino. Aveva conosciuto Rodolfo Valentino a San Francisco e con lui aveva fatto squadra nelle gare di tango organizzate dalle balere americane. Erano gare pazzesche che duravano ininterrottamente per più giorni, senza dormire e senza fermarsi mai. Chi sopravviveva alla fatica vinceva cospicue somme di denaro. Quando costui si ricoverò al Sirai, a causa di una gangrena alla gamba destra, raccontò che talvolta in quelle gare vinceva Rodolfo Valentino e talvolta lui stesso. In valigia aveva articoli e fotografie di rotocalchi americani dell’epoca che lo ritraevano col “divino” e le mostrò con fierezza. Era tutto vero: era proprio il compagno di gare di Rodolfo Valentino. Invecchiando si ritrovò in solitudine e decise di tornare in Italia ma, non avendo più parenti in Puglie, decise di venire ad invecchiare a Carloforte.
Trascorreva le giornate fumando come aveva sempre fatto. In valigia, oltre ai rotocalchi americani degli anni ‘20, aveva stecche di sigarette americane. Il primario, professor Lionello Orrù, lo avvisò che per tentare di fermare la gangrena era necessario smettere di fumare lui, magrissimo, sempre sorridente e molto cortese, continuò a fumare nascondendosi in bagno o nei balconi. La suora ogni giorno gli sequestrava le stecche di sigarette ma l’indomani, sotto il materasso, si materializzavano altre stecche di Chesterfield e Pall Mall.
La gangrena peggiorò. I farmaci vasodilatatori erano chiaramente inutili e lui concordò: «Professore, non posso smettere di fumare e non posso più tollerare i dolori alla gamba. Me la tagli». Fu una scena incredibile. Lui, che aveva vissuto in virtù delle doti atletiche delle sue gambe nelle esibizioni di ballo col “divino”, preferiva rinunciare alla gamba destra piuttosto che alle sigarette. Il professore lo accontentò e dette disposizione ai suoi “aiuti” di eseguire l’amputazione a livello della coscia destra. Egli avrebbe seguito l’intervento. L’indomani il ballerino era sereno e sorridente. Continuò a fumare.
Non si capì mai chi gli portasse le sigarette: si trattava di un miracolo derivato dalla sua pensione in dollari americani. Dopo una settimana comparvero i segni della gangrena anche alla gamba sinistra. Il professor Lionello Orrù lo mise in guardia: «Se continua a fumare perderà anche l’altra gamba». Nei giorni successivi i dolori alla gamba sinistra peggiorarono e la gangrena salì dal piede alla caviglia. Nonostante tutto continuò a fumare e nessun discorso del Primario lo fece desistere. Fu lui stesso a risolvere il problema con questa proposta: «Professore mi tagli anche l’altra gamba perché io voglio continuare a fumare ma non tollero più i dolori che mi dà». Il professore lo accontentò e dette disposizione agli “assistenti” di eseguire l’intervento di amputazione, lui avrebbe seguito l’operazione. Il primario desiderava che tutti i chirurghi eseguissero correntemente quel tipo di intervento così come le operazioni per peritonite, per occlusione intestinale e per rottura traumatica di milza. Voleva che chiunque fosse presente in servizio, in sua assenza o in assenza degli “aiuti” più esperti, fosse in grado di eseguire con urgenza quel genere di operazioni salva-vita.
Era l’anno 1977 e l’ordinamento degli ospedali era ancora sotto le leggi Mariotti 132/ ‘68 e 128/ ‘69 ed esisteva nei reparti ospedalieri una struttura gerarchica dei medici ben definita; essa era formata dal primario, dagli “aiuti” e dagli “assistenti”. Tale struttura aveva un duplice fine. Primo creare una scala di responsabilità e di autorevolezza. Secondo: addestrare i medici e formarli alla professione.
La legge 128/’69 definiva esattamente, all’articolo 7, che il Primario aveva tutti i poteri, le responsabilità e tutti i doveri: doveva vigilare sul lavoro di medici ed infermieri e aveva la responsabilità di tutti i malati; era il giudice unico sui criteri diagnostici e terapeutici a cui dovevano attenersi gli “aiuti” e gli “assistenti”; formulava la diagnosi definitiva; doveva inoltre indicare la terapia medica o la tecnica chirurgica da adottarsi nel caso fosse necessaria un’operazione. Doveva eseguire personalmente sui malati gli interventi diagnostici e le operazioni chirurgiche curative che riteneva di non dover affidare ai suoi collaboratori; era l’unico che poteva autorizzare le dimissioni. Ne derivava che sui primari, con la loro responsabilità assoluta su tutto, ricadessero oneri ed onori; per tale ragione, i detrattori li definivano “baroni”. Un articolo successivo della legge 128 disponeva che il primario si impegnasse a mantenere elevato il livello culturale dei medici con una formazione continua sul campo. Egli era il caposcuola e la sua missione di insegnamento conferiva all’ospedale le funzioni di “ospedale di specializzazione”.
Insomma, per i medici il primario era il maestro e il parafulmine da tutti i guai. Gli “aiuti” venivano dopo il primario. Essi erano i medici più titolati, dotati di una certificazione di idoneità rilasciata da una commissione d’esame nazionale con sede a Roma. La legge disponeva che essi sostituissero il primario, in tutte le sue funzioni, ogni qualvolta fosse assente. Era come se la figura del “primario” fosse sempre presente e non se ne sentiva mai la mancanza. Al terzo livello erano classificati gli “assistenti”; si trattava dei medici più giovani, meno esperti, usciti da poco dall’Università, ma ancora da formare come professionisti specialisti.
Ogni Ospedale era una vera e propria scuola di formazione continua nella pratica medica. L’Università aveva fornito la cultura basilare portando gli studenti alla laurea in Medicina, e l’esame di Stato aveva garantito che il neonato medico fosse idoneo ad esercitare la professione come medico generico.
La costruzione professionale dei medici ospedalieri avveniva in ospedale ed era affidata al primario e agli “aiuti”. Mentre il primario era la figura carismatica autorevole che presiedeva la “scuola”, gli “aiuti” erano gli “istruttori” sempre disponibili e pronti a familiarizzare mentre addestravano gli “assistenti” alla professione.
La “scuola ospedaliera” di formazione alla professione di medico specialista (chirurgo, internista, ostetrico , traumatologo, pediatra, etc.) garantiva la costituzione di un perenne capitale culturale e umano all’interno dell’ospedale. Questo rapporto formativo continuo fra primario, “aiuti” e “assistenti” generava un rapporto di fidelizzazione tra medici, ospedali e territorio, e spesso induceva i medici venuti da lontano a trasferirsi nella città sede dell’ospedale, viverci tutta la vita e perfino formarvi le proprie famiglie. Le Amministrazioni ospedaliere favorivano e proteggevano questa funzione docente all’interno dell’ospedale perché così si garantiva la reputazione, la fiducia e il mantenimento di una sicura forza professionale che si sarebbe replicata, da una generazione all’altra di nuovi arrivati, senza temere mai l’abbandono degli ospedali da parte dei medici. Fin dall’inizio fu tale l’interesse che aveva l’Amministrazione ospedaliera a fidelizzare i medici e, soprattutto, i primari venuti da lontano, da costruire per essi, in prossimità dell’ospedale, degli appartamenti per la residenza loro e delle loro famiglie. Oggi non è più così.
Anche nella Medicina territoriale avveniva lo stesso fenomeno: i medici più anziani e più esperti contribuivano alla formazione professionale di altri medici, e anche lì si realizzava una catena solidale che assicurava la continuità.
Nell’ultimo decennio del secolo scorso, in conseguenza della grave crisi economica dello Stato, esplosa nel 1992, il Governo Amato tentò di arginarla con la privatizzazione delle Partecipazioni statali, ed avviò il processo di privatizzazione anche della Sanità pubblica. Le USL divennero ASL; i presidenti delle USL, che in genere erano sindaci del territorio, vennero sostituiti dai manager e tutto cambiò. Il ministro Francesco di Lorenzo fu l’artefice della legge 502 di controriforma; le ministre Maria Pia Garavaglia e Rosy Bindi modificarono l’assetto degli ospedali e abolirono le diversificate figure dei medici: gli “aiuti” e gli “assistenti” vennero posti ad uno stesso livello, dichiarati “dirigenti medici” e messi, praticamente, alle dipendenze del sistema burocratico. I primari vennero declassati a livello di precari, e ridefiniti col titolo di “direttori di Struttura complessa”, con incarico a termine della durata di 5 anni.
L’incarico poteva essere rinnovato previa valutazione dell’Amministrazione della ASL. Se non confermati venivano riclassificati ad un livello inferiore. Lo stipendio era uguale fra tutti i medici, corretto per anzianità, e con l’aggiunta di un’“indennità” di dirigenza per il direttore del reparto. I reparti e le Divisioni ospedaliere cessarono di esistere e furono sostituite dalla dizione “Unità operative complesse”. Terminologia usata anche per gli Uffici amministrativi. Era finita un’epoca. Del periodo che precedeva il 1992 ai medici era rimasta soltanto la “responsabilità medico-legale”. L’instabilità e l’incertezza, che ricaddero come una spada di Damocle sul loro futuro, ebbero conseguenze.
Il nuovo tipo di “direttore” non aveva più gli “aiuti” che lo coadiuvassero o lo sostituissero. Non aveva più le funzioni di “addestratore” delle nuove generazioni di medici e, in quanto sostituibile da chiunque ogni 5 anni, non aveva alcun interesse a crearsi un “competitor”.
Oggi l’improvvisa assenza del “direttore” per pensionamento o per trasferimento crea uno scompenso organizzativo, non esistendo più gli “aiuti”. Tale vuoto gerarchico e l’instabilità del primario “a tempo”, comportano un vuoto di autorevolezza e operativo.

Adesso stiamo assistendo alla crisi degli ospedali per mancanza di medici specialisti. Tale fenomeno non è dovuto solo alla “scarsità” di nuovi laureati; dipende anche dal fatto che nessun giovane medico si sente sicuro a lavorare in un reparto in cui manca il primario-direttore perché i rischi medico-legali che comporta ogni decisione, soprattutto, se presa in solitudine, sono molto, molto, molto pericolosi; meglio starsene nel territorio o nelle cliniche private. In passato la funzione del Primario era principalmente quella di prendere decisioni ad ogni momento della giornata; da essa derivava la salvezza o no del malato.
L’urgenza-emergenza era sempre in agguato. Il processo clinico che portava alla formulazione della diagnosi e del programma terapeutico costituiva di per sé lo strumento di addestramento dei nuovi medici alla professione ed era la base dalla “scuola-ospedale”. L’addestramento alle responsabilità medico-legali era una formazione imprescindibile: era l’esercizio che faceva la differenza tra il periodo dell’apprendimento universitario e il periodo della formazione professionale in ospedale.
Gli studiosi di “psicologia delle decisioni” nei dipendenti pubblici, hanno concluso ricerche che dimostrano come il sospetto che in tutto ci sia del “marcio”, dal 1992 in poi, ha indotto il ceto politico a produrre leggi che hanno generato un atteggiamento di alta avversione al rischio. Erano gli stessi anni in cui vennero soppresse e sostituite le figure gerarchiche dei primari e degli “aiuti” negli ospedali. Il timore dei dipendenti pubblici a prendere decisioni portò dapprima al rallentamento, poi alla quasi paralisi operativa. Questo è ciò che stiamo sperimentando. Gli illustri studiosi sostengono che l’alta percezione del rischio e delle conseguenze professionali genera il tipico comportamento di astensione prudenziale e il blocco decisionale.
Non è vero che la crisi sanitaria che stiamo vivendo sia da attribuirsi solo alla diminuzione dei nuovi laureati in medicina o ai pensionamenti. Questo fenomeno di decadenza dell’assistenza ospedaliera non ha solo motivazioni contabili.
Fra le cause assumono molta importanza il sovvertimento della politica sanitaria territoriale, sostituita dalla burocrazia e l’ inconsistenza delle gerarchie mediche negli ospedali, dominate anch’esse dalla burocrazia.
Prima o poi si prenderà atto che oltre al valore della contabilità esistono anche i professionisti e i loro principi etici. E’ auspicabile che venga agevolato il libero ritorno ai valori non contabili come: lo spirito critico, l’indipendenza dall’egocentrismo dei poteri centralizzati, lo spirito civico, la coscienziosità, l’altruismo, l’impegno e il sentimento di identità col territorio in cui si opera.
Adesso è urgente, per gli ospedali, ricostituire le figure dei “primari-guida” mancanti nelle Unità operative in crisi. Poi saranno loro ad attirare, con il loro prestigio, i nuovi medici.

Mario Marroccu

«Sono nata il 17 febbraio del 1915, a Carloforte… Mi sono sposata a 36 anni, con Luigi Quaquero, senza la c», ci tiene a precisarlo Luisetta Mercalli questa fantastica signora, elegante e impeccabile come sempre, che oggi ha tagliato lo straordinario traguardo dei 109 anni e nella terra dei centenari, è la seconda più longeva della Sardegna, dopo la signora Amelia Addari, che di anni ne ha 112! E la festa, per Luisetta, la donna più anziana della città di Cagliari e la 50ª in Italia, nella RSA di Su Planu è stata la festa di tutti, con un senso gioioso di appartenenza e di grande affetto da parte di questa piccola comunità.

Circondata dalle amate figlie Angela e Myriam con le nipoti Alice, Elena e Francesca ha spento le 109 candeline: «A nome dell’Amministrazione comunale, del sindaco e mio personale con molto orgoglio facciamo i migliori auguri della città di Cagliari alla signora Mercalli per i suoi 109 anni», così Edoardo Tocco, presidente del Consiglio comunale di Cagliari, che ha consegnato a Luisetta Mercalli una targa con una medaglia e la fascia tricolore.

A Cagliari Luisetta arrivò a 12 anni e mezzo nell’Istituto delle Suore Carlo Felice per studiare e si diplomò prestissimo a 16 anni nella Scuola di Metodo per l’Educazione Materna, oggi Istituto Pedagogico. Luisetta in questi anni ha raccontato con naturalezza e semplicità e con una memoria straordinaria le notizie sulla sua vita intensa e piena, dedicata al lavoro e alla famiglia, ma attraversata dagli eventi più drammatici del secolo scorso, dalla prima alla seconda guerra mondiale, con i bombardamenti di Carloforte del 4 aprile del ’43, con 13 morti e tanti feriti a cui lei fece assistenza, anche seguendoli in ospedale a Iglesias. Ma Luisetta ha superato anche la tragedia delle pandemie, da un millennio all’altro: superò la terribile spagnola a 3 anni e ha superato indenne anche quella del Covid in questo millennio. Vera pioniera per quel periodo, iniziò a insegnare giovanissima a soli 17 anni, perché, come racconta sorridendo, “fu costretta” dal preside ad accettare una supplenza di 15 giorni, proprio a Carloforte, come insegnante alla Scuola di Avviamento Professionale, e da allora non si è fermata più fino a 62 anni, con 46 anni di servizio: ma piccolo particolare, nel 1938 dovette andare a Padova a conseguire il titolo specifico al Magistero Professionale per la Donna e a Roma a fare l’esame di Stato.

Luisetta si sposò a 36 anni, il 28 giugno 1951, con Luigi Quaquero, ufficiale di artiglieria, anche lui di Carloforte, e si trasferì a Cagliari, insegnando educazione tecnica nelle scuole di avviamento a Cagliari e Monserrato, che non era ancora comune autonomo, e dopo la riforma nel 1963 che le soppresse ha insegnato Educazione Tecnica nella scuola Media Alfieri fino al 1979.

Da Luisetta Mercalli, figlia di Piergiorgio Mercalli e Limbania Rivano, un messaggio forte che dal secolo scorso arriva fino ai nostri giorni: la realizzazione della vita fra lavoro e famiglia, per realizzare appieno i propri sogni e progetti.

Dopo le pesanti sanzioni inflitte dal giudice sportivo, il presidente dell’Iglesias, Giorgio Ciccu ha preso le distanze e si è scusato, in un comunicato stampa diffuso alcuni minuti fa, «per il comportamento non consono tenuto da tesserati domenica scorsa in occasione della trasferta di Ghilarza».

«Personalmente mi sento offeso e sto valutando le più incisive ripercussioni disciplinari, oltre quelle già inflitte dalla Giustizia Sportiva a carico dei responsabiliaggiunge Giorgio Ciccu -. Tali atteggiamenti sono da stigmatizzare perché non rispecchiano la cultura sportiva mia e del club che così faticosamente rappresento. Un direttore di gara e i suoi collaboratori possono sbagliare al pari di giocatori, tecnici e dirigenti. Tuttavia, nessuno ha il diritto di offendere e, soprattutto trascendere, questo comportamento resta ingiustificabile, sempre!!!»
«È vero che l’arbitro domenica scorsa l’ha fatta grossa e, probabilmente come spesso capita, nel tentativo di compensare ha finito per perdere l’equilibrato controllo della gara ma rimane inqualificabile il comportamento dei miei giocatori e collaboratori. Il pubblico, purtroppo, è più difficile da gestire per una Società ma con i tesserati sarò irreprensibile – conclude il presidente dell’Iglesias Giorgio Ciccu -. Chiedo scusa, soprattutto, a nome di tutta la città di Iglesias, da sempre esempio di impegno e sportività in tutta la Sardegna.»