Forum del Partito Democratico del Sulcis Iglesiente sulla Sanità
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Si è costituito nel Partito Democratico della Federazione del Sulcis Iglesiente il “Forum delle politiche per il diritto alla salute” che ha coinvolto non solo componenti degli organismi dirigenti e amministratori ma anche operatori della sanità, del volontariato e persone che si occupano da anni delle questioni riguardanti il diritto alla salute e le problematiche del sistema sanitario nazionale e sardo.
Oggi il diritto alla salute, su tutto il territorio nazionale ed in particolare in Sardegna, vive una profonda crisi, siamo ormai dinanzi ad un’emergenza nazionale verso la quale il nostro partito sta concentrando una importante iniziativa politica.
Esprimiamo quindi un apprezzamento per le battaglie che nel corso del 2024 sono state portate avanti dai Gruppi Parlamentari in questi mesi, a dimostrazione di come il Partito Democratico, con un diretto impegno della nostra Segretaria nazionale, stia ponendo questo tema come prioritario nella propria azione politica e parlamentare.
La proposta di legge presentata nel mese di giugno dal Partito Democratico, prima firmataria Elly Schlein, rappresenta un impegno significativo per ripristinare e rafforzare la sanità pubblica in Italia, portando il finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale a un livello comparabile con gli altri paesi europei, chiedendo un incremento graduale della spesa sanitaria fino al 7,5% del PIL, eliminando i limiti alla spesa per il personale e pianificando assunzioni straordinarie.
Come è noto, la proposta è stata bocciata dalla maggioranza di centro destra in Aula, con un Governo che getta definitivamente la maschera e procede senza sosta nello smantellamento della sanità pubblica.
Resta inascoltato l’allarme sugli effetti della riduzione della spesa sanitaria certificata dal rapporto sulla spesa annuale (2023) illustrato dal Procuratore Generale della Corte dei Conti Pio Silvestri che nel “capitolo salute” sottolinea pesantemente tutte le criticità e il regresso della spesa corrente. E per niente convincenti ci sembrano gli esercizi matematici della Presidente del Consiglio tesi a dimostrare per il 2024 un incremento della spesa.
In questo contesto, il Governo Regionale della Sardegna deve avviare una nuova politica che affronti, intanto, la situazione di grave emergenza: le lunghe attese per qualsiasi tipo di visita o di analisi con il conseguente spostamento verso la sanità privata dei cittadini sardi costretti a pagarsi i servizi essenziali; la mancanza di medici e di personale ospedaliero; la situazione drammatica di collasso nei Pronto Soccorso dell’Isola e l’arretramento di tutti i servizi essenziali nei territori.
Nel nostro territorio abbiamo ancora vigente la rete ospedaliera approvata nel 2017, che attribuisce alla nostra ASL un numero di 313 posti letto ripartiti fra il CTO e il Sirai. Punto di partenza sta nel rivendicare la piena attuazione dell’Atto Aziendale deliberato dalla Asl a marzo del 2023, verso il quale abbiamo pure avanzato critiche e rilievi, ma che resta ancora oggi carta morta.
Altrettanto dicasi per il Piano Sanitario annuale e triennale 2023/2025 approvato il 30 gennaio 2023 con la previsione di nuovi servizi sanitari, figure dirigenti e nuove professionalità del comparto. Tutto è rimasto senza attuazione.
Dobbiamo insomma porre in termini chiari e nella loro drammaticità i problemi: gli ospedali di Carbonia e di Iglesias sono di fatto avviati alla chiusura. Ma per essere ancora più netti, dando uno sguardo a quello che si sta verificando in tutti i territori dell’Isola, nei diversi distretti sanitari la polarizzazione e la concentrazione di risorse e di personale verso i due poli di Cagliari e di Sassari sta causando una lenta e inesorabile morte della sanità (non solo degli ospedali) in tutte le province della Sardegna.
Con l’abbandono degli ospedali nei territori l’intera Sardegna si riversa su Cagliari e Sassari. Questo, come era prevedibile sta determinando in maniera sempre più evidente, soprattutto a Cagliari il collasso delle strutture cittadine. La continua contrazione dei servizi nelle strutture “periferiche” ospedaliere ha costretto un numero sempre più crescente di pazienti a rivolgersi alle strutture ospedaliere del capoluogo.
Non vi è dubbio che nei cinque anni di governo del Centrodestra in Regione questi problemi si siano aggravati con un’accelerazione esponenziale. Ma al ricambio della classe dirigente sia politica che all’interno delle ASL, segnando una discontinuità in tempi celeri, deve seguire una nuova politica di rilancio della sanità pubblica regionale, ripartendo innanzitutto dai territori.
La questione non riguarda solo gli ospedali, l’emergenza COVID ha messo ancor di più in risalto, in maniera chiara e drammatica, che gli ospedali sono importanti ma che restano centrali e irrinunciabili la Medicina Territoriale e i Servizi di Prossimità, verso i quali peraltro si concentra la Missione 6 del PNRR dedicato alla Salute.
Si pone quindi una questione a nostro parere centrale, che può essere così sintetizzata: è possibile valutare i palesi errori derivanti da una estremizzazione del modello organizzativo “accentrato” causati dalle leggi di riforma (L.R. 17/2016 e L.R. 24/2020) al fine di comprendere, senza strumentalizzazioni di natura politica, come correggere alcuni aspetti?
Entrambe le riforme hanno lasciato alle Aziende Sanitarie territoriali (che sono oggi una finzione nella loro formale ricostituzione) un margine di operatività gestionale estremamente residuale.
Partendo da questa convinzione, vorremmo provocare, con alcune domande, una discussione per giungere a qualche proposta:
1. Innanzitutto, riteniamo che non abbia affatto giovato l’indebolimento del ruolo dei rappresentanti delle popolazioni locali, in primis i Sindaci, ridotti a meri portatori di pareri non vincolanti. Si è sottratta alla classe dirigente nei territori qualsiasi ruolo e quindi responsabilità, allontanando la partecipazione e le decisioni da chi rappresenta i cittadini. Una visione centralistica che, sulla scia di demagogiche spinte antipolitiche, non ha prodotto né più efficienza né, tantomeno, un allontanamento di interessi particolari dalla gestione della sanità sarda. Non si può prescindere da un riconoscimento del ruolo delle istituzioni territoriali nell’azione di raccordo con le ASL e nella programmazione delle attività socio-sanitarie territoriali.
2. Tutto ciò è stato accompagnato da principi fortemente aziendalistici che, applicati al sistema sanitario pubblico, hanno prodotto tagli e chiusure da cui deriva una strisciante privatizzazione della sanità e una concentrazione di risorse, personale e tecnologie in alcune realtà dell’Isola. Come si poteva prevedere questo sistema non ha retto, mettendo così in forte crisi anche i grandi centri di ospedalieri metropolitani.
3. Riteniamo utile ipotizzare modifiche verso un modello organizzativo più “decentrato”. Specifiche competenze e poteri gestionali, inerenti ad esempio l’amministrazione del personale e gli acquisti, non debbano essere concentrate in ARES e possano essere riassegnate alle ASL territoriali, in modo che queste ultime possano autonomamente e con maggiore efficacia organizzare i propri servizi sanitari.
4. Gli ambiti di appartenenza delle ASL sostanzialmente coincidono con l’articolazione territoriale delle province sarde, in questo contesto riteniamo debbano essere assicurate agli otto ospedali sede di DEA di I livello le loro funzioni specialistiche coordinate con i servizi specialistici di base e la rete di Medicina Territoriale e che si debba conferire agli Ospedali DEA di II livello (di Cagliari e Sassari) le originarie esclusive funzioni di centri regionali di alta specializzazione.
Con questo indirizzo, nei prossimi giorni, ci confronteremo con la politica regionale tenendo aperto un confronto nel territorio, convinti come siamo che su questi temi siano necessari l’ascolto e un’ampia partecipazione.
Spazio autogestito dal Partito Democratico Federazione provinciale del Sulcis Iglesiente
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