Teatro Massimo di Cagliari: “Storie di famiglia”, nella settimana della memoria A teatro con Grumberg, ridere per difenderci
Fotografie di Daniela Zedda
24/2 febbraio Jean Claude Grumberg
Produzione: Teatro Stabile della Sardegna
Regia: Jean Claude Penchenat
con: Maria Grazia Bodio, Lia Careddu, Cesare Saliu, Marco Spiga, Alessandro Meringolo, Jacopo Zerbo
Scenografia: Paola Pischedda (progetto giovani)
Costumi: gruppo studenti architettura ( gruppo giovani)
Luci: Loïc François Hamelin
Date spettacoli: sabato, 25 gennaio, 2014 – 18.00 domenica, 26 gennaio, 2014 – 17.00 venerdì, 31 gennaio, 2014 – 21.00 sabato, 1 febbraio, 2014 – 18.00 domenica, 2 febbraio, 2014 – 17.00
Sala Minimax
assistente alla regia Maria Antonia Pingitore
Si ringrazia per la collaborazione alla traduzione Oliviero Ponte di Pino
Ufficio stampa: Paola Masala
In scena una famiglia della media borghesia francese composta da moglie stressata, padre imbecille e figli a carico discute, nemmeno tanto amabilmente, di merda.
Noi ridiamo: il testo è ipnotico e gli attori si adoperano, alcuni riuscendovi, a farci penetrare in quell’ intimità, immediatamente. Ridiamo ma, tra i denti, continuiamo a dare dell’imbecille al capofamiglia, esempio antropologicamente scorretto per i due adolescenti portati a sbeffeggiare un anziano cameriere greco, sminuendo la genuinità dei cibi serviti nel suo umile ristorante e calpestando, con arroganza, le tradizioni di un intero paese.
Ridiamo ma gridiamo “Al mostro”, additando la stupidità, la bestia umana che assume sembianze mutevoli, in questa scena come in altre successive –indipendenti- che si susseguono, portandoci in un angusta casa di riposo o evocando la morte drammatica di una madre.
La regia predilige sequenze indipendenti nelle quali il testo la fa da padrone, creando dei quadri intrisi dell’umorismo unico di un autore che deve far ridere gli altri per demonizzare le vicende tragiche che ne hanno caratterizzato la vita.
Signore e signori “C’est Jean Claude Grumberg”, classe ’39, vivente. Figlio di un sarto ebreo morto in campo di sterminio nazista, cuce a sua volta scenari di vita, con testi salvi da conformismi, straordinariamente attuali e capaci di rendere meno evidenti alcune ingenuità registiche (ostentazione di naturalezza, corpi ‘usati’ con parsimonia, staticità in alcuni ‘quadri’).
Grumberg ci presta la sua memoria che, da personale diviene collettiva, facendosi strumento di indagine storica in questo “Storie di famiglia”.
L’allestimento scenico si mette al servizio dei personaggi e dei dialoghi, senza volersi sovrapporre o attirare su di sé l’attenzione.
Davanti ai nostri occhi campeggia una vecchia macchina da cucire, le vestaglie di lana a quadri, la sedia dove il passato si accomoda, assumendo le sembianze materne e paterne tanto evocate – soprattutto nella seconda parte- e si lascia interrogare con amore struggente da un figlio, ormai adulto, ma bisognoso d’attenzioni.
Un angolo buio sopraelevato, sommerso da libri e scartoffie (rifugio dello scrittore) contrasta col presente di luce bianca del resto della scena, mentre in testa restano martellanti le note al piano di John Zorn in “Mahshav” a ricordarci che, da sempre, tragedia genera farsa.
Plauso alla lungimiranza del Teatro Stabile della Sardegna che, partendo dalle opere di Grumberg – in Italia, ahimè, pressoché sconosciuto- ha consolidato la collaborazione con Penchenat, regista di fama internazionale – tra i fondatori del Théâtre du Soleil e fiero promotore del lavoro di creazione collettiva e del confronto fra attori di nazionalità differenti- prosegue l’impegno in una stagione di prosa che crea teatro (tale opera è stata messa in scena, con successo, lo scorso anno al Massimo di Cagliari in anteprima mondiale) e diviene luogo di formazione.
In scena con alcuni degli attori storici dello Stabile sardo (Maria Grazia Bodio, Lia Careddu, Isella Orchis, Cesare Saliu, Marco Spiga, veramente apprezzabile la loro performance) e i giovani attori Alessandro Meringolo e Jacopo Zerbo le cui capacità erano emerse durante il laboratorio “Questa sera si recita Grumberg”, sempre per la regia di Penchenat.
Largo ai giovani anche per l’ideazione e la realizzazione delle scene e dei costumi, creati da un gruppo di studenti della Facoltà di Architettura cagliaritana.
(Cinzia Crobu)
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