Sono disponibili fondi regionali per integrare danni ad aziende regolari e certificate colpite da focolai di peste suina.
[bing_translator]
Sono disponibili fondi regionali per il ristoro alle aziende di allevamento regolari e certificate che possono incorrere nel blocco alla movimentazione dei maiali in seguito a segnalazione di un focolaio di PSA. Ne dà comunicazione l’Unità di Progetto per l’eradicazione della Peste suina africana in Sardegna.
Alla luce della nuova campagna di eradicazione promossa dall’UdP sono state recuperate risorse che, a partire dall’1 gennaio 2018, possono integrare il mancato reddito per le aziende suinicole, certificate e conformi alla normativa vigente in materia di biosicurezza, registrazioni e benessere degli animali, colpite dalle restrizioni sanitarie dovute all’insorgere di focolai della PSA. Nello specifico, si tratta di quegli allevamenti operanti all’interno delle zone di protezione e di sorveglianza istituite a perimetro dei focolai per un raggio di almeno tre e dieci chilometri.
Mentre nelle aziende in cui è stata confermata la presenza della malattia, l’autorità sanitaria competente provvede affinché si proceda sistematicamente all’immediato abbattimento di tutti i suini presenti e al loro smaltimento, in quelle ricadenti all’interno delle zone di protezione e di sorveglianza, gli animali restano in vita, ma è fatto espresso divieto di movimentarli all’esterno dell’azienda per un periodo di almeno quaranta giorni, per le aziende in zona di protezione, e di trenta giorni, per quelle in zona di sorveglianza, così da permettere ai servizi veterinari di completare i controlli e la messa in sicurezza di quei territori. In tale periodo si assiste quindi a un considerevole incremento dei costi di gestione dell’allevamento: l’imprenditore infatti da un lato non può vendere gli animali ed è costretto ad alimentarli oltre il tempo programmato. Dall’altro si genera un deprezzamento dei capi al momento della vendita, poiché nelle settimane di blocco alla movimentazione sono aumentati di peso e, per quanto riguarda soprattutto le aziende specializzate nella produzione del suinetto da latte, sono quindi andati fuori mercato. L’aiuto, non soggetto a notifica verso l’Unione europea, sarà attuato dall’Agenzia regionale Argea Sardegna.
«Lo strumento messo in campo dalla Regione – ha spiegato il responsabile dell’UdP, Alessandro De Martini – è un segnale di attenzione verso gli allevatori virtuosi e rispettosi delle norme che tutti i giorni sono ostaggio di chi invece irresponsabilmente continua ad alimentare la PSA provocando danni economici ai propri vicini d’azienda e alla Sardegna intera.»
Conclusa una prima fase di controlli nelle aziende entro i tre chilometri da quella dove lo scorso 18 maggio, in agro di Villagrande Strisaili, è scoppiato un focolaio di PSA, le autorità sanitarie stanno proseguendo le verifiche. Il prossimo 4 giugno a Lanusei si riunirà l’Unità di crisi che dovrà valutare anche il caso dell’abbattimento precauzionale di 26 suini avvenuto, sempre in un allevamento di Villagrande, qualche giorno dopo lo scoppio del focolaio e che a un primo riscontro di laboratorio dell’Istituto zooprofilattico sperimentale sono risultati non affetti da Peste suina africana. In quell’occasione, dopo il controllo di alcune aziende che non avevano evidenziato problemi, i veterinari erano intervenuti in un allevamento collegato epidemiologicamente con quello del focolaio: i titolari erano soci, le aziende risultavano ancora intestate alla stessa società, così come gli animali provenivano dallo stesso allevamento. Al momento dell’arrivo dei veterinari, ben tre capi presentavano sintomatologia riferibile alla PSA, soprattutto con febbre alta, mentre una scrofa era stesa a terra con forte respiro addominale. L’allevamento aveva inoltre diverse criticità e non conformità relative all’identificazione dei suini, alle misure di biosicurezza e del benessere animale, alla registrazione delle movimentazioni e macellazioni. Occorre aggiungere che il contesto di Villagrande è ad alto rischio per la presenza del pascolo brado illegale, di cinghiali infetti e che l’azienda si trova nella zona di sorveglianza e, per tutto questo, si comprende che c’erano tutte le condizioni per una valutazione del rischio assai elevata, tale da rendere necessaria un’azione immediata dell’estinzione del pericolo di diffusione del focolaio. Inoltre, anche se i risultati delle prime analisi dell’IZS non hanno confermato la presenza della PSA, non si può escludere che la malattia fosse appena entrata nell’allevamento, così come non si possono definire maiali sani quelli trovati dai veterinari con sintomi che evidenziavano chiari problemi di salute.
L’autorità sanitaria competente, in questi casi, ha il dovere di agire secondo il principio di precauzione, anche con il rischio di abbattere qualche animale non positivo al virus. Non c’è stato perciò nessun abuso o superficialità nelle decisioni prese dall’UdP, ma si è intervenuti con la massima tempestività e con forte senso di responsabilità.
«Considerata la situazione complessiva del programma di eradicazione e i miglioramenti raggiunti – ha osservato il direttore generale dell’IZS, Alberto Laddomada – oggi più che mai l’UdP deve agire con il massimo rigore, come se ogni nuovo focolaio che si verifichi sia l’ultimo.»
Mentre nelle aziende in cui è stata confermata la presenza della malattia, l’autorità sanitaria competente provvede affinché si proceda sistematicamente all’immediato abbattimento di tutti i suini presenti e al loro smaltimento, in quelle ricadenti all’interno delle zone di protezione e di sorveglianza, gli animali restano in vita, ma è fatto espresso divieto di movimentarli all’esterno dell’azienda per un periodo di almeno quaranta giorni, per le aziende in zona di protezione, e di trenta giorni, per quelle in zona di sorveglianza, così da permettere ai servizi veterinari di completare i controlli e la messa in sicurezza di quei territori. In tale periodo si assiste quindi a un considerevole incremento dei costi di gestione dell’allevamento: l’imprenditore infatti da un lato non può vendere gli animali ed è costretto ad alimentarli oltre il tempo programmato. Dall’altro si genera un deprezzamento dei capi al momento della vendita, poiché nelle settimane di blocco alla movimentazione sono aumentati di peso e, per quanto riguarda soprattutto le aziende specializzate nella produzione del suinetto da latte, sono quindi andati fuori mercato. L’aiuto, non soggetto a notifica verso l’Unione europea, sarà attuato dall’Agenzia regionale Argea Sardegna.
«Lo strumento messo in campo dalla Regione – ha spiegato il responsabile dell’UdP, Alessandro De Martini – è un segnale di attenzione verso gli allevatori virtuosi e rispettosi delle norme che tutti i giorni sono ostaggio di chi invece irresponsabilmente continua ad alimentare la PSA provocando danni economici ai propri vicini d’azienda e alla Sardegna intera.»
Conclusa una prima fase di controlli nelle aziende entro i tre chilometri da quella dove lo scorso 18 maggio, in agro di Villagrande Strisaili, è scoppiato un focolaio di PSA, le autorità sanitarie stanno proseguendo le verifiche. Il prossimo 4 giugno a Lanusei si riunirà l’Unità di crisi che dovrà valutare anche il caso dell’abbattimento precauzionale di 26 suini avvenuto, sempre in un allevamento di Villagrande, qualche giorno dopo lo scoppio del focolaio e che a un primo riscontro di laboratorio dell’Istituto zooprofilattico sperimentale sono risultati non affetti da Peste suina africana. In quell’occasione, dopo il controllo di alcune aziende che non avevano evidenziato problemi, i veterinari erano intervenuti in un allevamento collegato epidemiologicamente con quello del focolaio: i titolari erano soci, le aziende risultavano ancora intestate alla stessa società, così come gli animali provenivano dallo stesso allevamento. Al momento dell’arrivo dei veterinari, ben tre capi presentavano sintomatologia riferibile alla PSA, soprattutto con febbre alta, mentre una scrofa era stesa a terra con forte respiro addominale. L’allevamento aveva inoltre diverse criticità e non conformità relative all’identificazione dei suini, alle misure di biosicurezza e del benessere animale, alla registrazione delle movimentazioni e macellazioni. Occorre aggiungere che il contesto di Villagrande è ad alto rischio per la presenza del pascolo brado illegale, di cinghiali infetti e che l’azienda si trova nella zona di sorveglianza e, per tutto questo, si comprende che c’erano tutte le condizioni per una valutazione del rischio assai elevata, tale da rendere necessaria un’azione immediata dell’estinzione del pericolo di diffusione del focolaio. Inoltre, anche se i risultati delle prime analisi dell’IZS non hanno confermato la presenza della PSA, non si può escludere che la malattia fosse appena entrata nell’allevamento, così come non si possono definire maiali sani quelli trovati dai veterinari con sintomi che evidenziavano chiari problemi di salute.
L’autorità sanitaria competente, in questi casi, ha il dovere di agire secondo il principio di precauzione, anche con il rischio di abbattere qualche animale non positivo al virus. Non c’è stato perciò nessun abuso o superficialità nelle decisioni prese dall’UdP, ma si è intervenuti con la massima tempestività e con forte senso di responsabilità.
«Considerata la situazione complessiva del programma di eradicazione e i miglioramenti raggiunti – ha osservato il direttore generale dell’IZS, Alberto Laddomada – oggi più che mai l’UdP deve agire con il massimo rigore, come se ogni nuovo focolaio che si verifichi sia l’ultimo.»
NO COMMENTS