22 November, 2024
HomePoliticaElezioniCento amministratori locali dei Riformatori sardi ricorrono al Tribunale di Cagliari chiedendo la sospensione delle elezioni europee.

Cento amministratori locali dei Riformatori sardi ricorrono al Tribunale di Cagliari chiedendo la sospensione delle elezioni europee.

«La legge elettorale lede gli interessi dei sardi ed è palesemente illegittima». Per questo motivo l’associazione dei cento amministratori locali dei Riformatori sardi sta presentando in queste ore un ricorso d’urgenza al Tribunale di Cagliari per chiedere «la temporanea sospensione degli atti viziati dalla denunciata illegittimità, cioè dei i suddetti provvedimenti ministeriali con i quali è stato dato l’avvio al complesso procedimento delle operazioni elettorali», fino alla pronuncia della Corte Costituzionale a cui, i Riformatori sardi, chiedono che il giudice rimetta la legge elettorale perché si pronunci sulla sua costituzionalità.

Le motivazioni del ricorso sono diverse. Innanzitutto, spiegano i Cento amministratori locali, la discriminazione nei confronti della Sardegna, con l’evidente quasi certa impossibilità da parte dei sardi di eleggere un proprio rappresentante al Parlamento europeo, causata dalla decisione di confermare il collegio unico Sardegna-Sicilia. Senza considerare il fatto che per i sardi avere un collegio unico è un diritto, considerato che l’articolo 6 della Costituzione, unitamente all’articolo 3, comma 1°, che vieta discriminazioni in base alla lingua (così come in base alla religione, alla razza, al sesso, alle opinioni politiche, alle condizioni personali e sociali) riafferma e declina il principio pluralista della società democratica che non vuole assimilare le differenze ma riconoscendo il “diritto alla differenza” riconosce che i diritti degli altri, intesi sia come singoli che formazioni socio-culturali o etnico-culturali, esigono riconoscimento e tutela. La lingua sarda, oltre che dalla legge n. 482 del 15 dicembre 1999 “Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche” è stata inoltre riconosciuta con legge regionale n. 26 del 15 ottobre 1997”.

I cento amministratori locali dei Riformatori sardi nel ricorso ricordano che «l’insularità è una tematica non confinabile alla sola disciplina costituzionale nazionale, ma forma oggetto di statuizioni di diritto internazionale, in specie pattizio, e comunitario» e che  che accanto al tema dell’insularità «deve essere rammentata, ancora una volta, la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che sancisce all’articolo 14 un divieto generale di discriminazione. Obiettivo delle Istituzioni Comunitarie e delle predette statuizioni è quello di ridurre i divari di sviluppo delle varie regioni, comprese le isole e di garantire una maggiore rappresentatività, in seno al contesto europeo, delle realtà territoriali minori e più periferiche».

Insomma, concludono i Cento amministratori locali dei Riformatori sardi, «la Sardegna ha diritto, per conseguenza, ad essere rappresentata nell’ambito delle Istituzioni Europee, mentre, viceversa, tale diritto viene negato da una legge elettorale discriminante che viola le più elementari regole poste a fondamento della Costituzione della Repubblica Italiana e della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (giuridicamente vincolante con l’entrata in vigore del trattato di Lisbona) che riunisce in un unico testo tutti i diritti personali, civici, politici, economici e sociali di cui godono le persone nell’UE».

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