I 50 anni dello statuto dei lavoratori – tra saldi principi e necessaria innovazione – di Gavino Carta (CISL)
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Lo Statuto dei lavoratori, la legge n. 300 del 20 maggio 1970, compie 50 anni. In un momento tra i più difficili per l’Italia, a causa dell’emergenza sanitaria e per le conseguenze sul mondo produttivo, sul lavoro e sui cittadini è utile riflettere su questo anniversario per quello che ha rappresentato per i lavoratori e per l’intero Paese, ma anche per costruire un percorso che ne rafforzi e ne integri i contenuti alla luce dei cambiamenti nel frattempo intervenuti nell’economia e nel mercato del lavoro.
La norma viene approvata in una fase storica caratterizzata da un lato da un forte protagonismo operaio e sindacale in direzione di «un triplice sforzo: imporre equilibri nuovi nei rapporti di lavoro, inserire le rivendicazioni di categoria in un impegno più ampio per conseguire una serie di riforme sociali, convogliare verso il traguardo della unità organica- con dosaggio cauto e non senza contrasti- le spinte unitarie che vengono dalla base» (Sergio Turone in Storia del Sindacato in Italia”).
Lo Statuto riflette le temperie sindacali e politiche di quel momento storico, ma evidenzia anche il ruolo e la forza delle lotte dei lavoratori in un decennio che va dal boom economico del Paese sino appunto all’approvazione della legge 300 il 20 maggio del 1970, preparata anche concettualmente nel biennio precedente con il ministro Brodolini, volto a regolare l’esercizio dei diritti sindacali nei luoghi di lavoro e, lì, il rispetto delle libertà fondamentali del lavoratore, con norme attinenti alla disciplina sostanziale del rapporto di lavoro.
Esso sancisce quindi definitivamente la cittadinanza sindacale nel mondo del lavoro anche sul versante giuridico, in osservanza dei principi costituzionali e come garanzia della causa dei lavoratori, in adiuvandum al principio della contrattazione come dimensione primaria della tutela sindacale.
Un aspetto fondamentale dello Statuto riguarda senz’altro il principio della libertà e del suo esercizio, dunque il diritto alla libera manifestazione del proprio pensiero, la libertà e il diritto di associarsi in un sindacato e di svolgere attività sindacale, il divieto dei sindacati di comodo, la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, il divieto dei controlli a distanza con strumenti tecnologici.
Dunque una fonte normativa di primaria rilevanza dopo quella costituzionale, ma che valorizza, come la CISL stessa sempre sostiene, lo strumento principe dell’azione sindacale, e cioè il metodo contrattuale.
La nostra attenzione però non va oggi solo rivolta al singolo rapporto di lavoro, ma all’insieme del mercato del lavoro, attraverso uno Statuto dei lavori che, integrando ed innovando le conquiste e le tutele della legge 300, accompagni ed assista le nuove forme e specializzazioni del mercato del lavoro, garantendo l’offerta di tutele e servizi insieme alle prestazioni erogate dalla bilateralità.
Ma è proprio l’attuale situazione di emergenza sanitaria e produttiva a imporre una riflessione che va oltre il presente per affrontare la cittadinanza sindacale e i diritti dei lavoratori in un’ottica più rispondente alla globalizzazione dell’economia, alle sempre più ricorrenti emerge produttive e sanitarie, alla delocalizzazione delle aziende, ad una diseguale distribuzione della ricchezza e a una contestuale e lunga fase che alterna recessione e bassa accumulazione di ricchezza. Aspetti che richiamano una riflessione e una iniziativa sui nuovi diritti di cittadinanza del lavoro e nel lavoro.
Ricordare i cinquanta anni dello Statuto dei lavoratori implica quindi senz’altro una riflessione storica, ma è soprattutto una occasione per costruire nuove opportunità e conquiste per i lavoratori e per il Paese.
Gavino Carta
Segretario generale CISL sarda
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