25 November, 2024
HomeSanitàIrene Testa: «Se questo è un uomo. Sedici anni con le mani legate e una maschera come quella di hannibal lecter. Non è un criminale ma un malato. Va cambiato subito il suo piano “terapeutico”»

Irene Testa: «Se questo è un uomo. Sedici anni con le mani legate e una maschera come quella di hannibal lecter. Non è un criminale ma un malato. Va cambiato subito il suo piano “terapeutico”»

Ho atteso un giorno prima di mettere nero su bianco quanto visto nella struttura AIAS di Cortoghiana. Un giorno per riprendermi dallo scenario agghiacciante e raccapricciante che mi sono trovata davanti. Non mi sto riferendo alla struttura ma ad un caso specifico di un ospite al suo interno, per la verità già sollevato da alcuni anni, in primis dalla presidente dell’Unasam (Unione Nazionale delle Associazioni per la Salute Mentale), Gisella Trincas, ma anche oggetto di esposti alla Procura, di lettere all’allora ministro della Salute Roberto Speranza e di interrogazioni in Consiglio Regionale della Sardegna. E’ di Bruno che parlo, affetto da picacismo: una patologia che lo porta a ingerire qualsiasi cosa gli capiti davanti. Bruno da oltre 16 anni viene tenuto tutto il giorno legato per le mani con un casco in testa. Apparentemente non perché pericoloso verso gli altri, ma verso di sé. Io non sono un medico e non spetta a me dare ricette, magari dal sapore semplicistico perché guidate dall’onda emotiva: sono la garante delle persone private della libertà personale e proprio di persone, di singoli casi ho il dovere di occuparmi. Non mi rassegno, non posso accettare che una persona malata venga sottoposta a un trattamento che appare più vicino al concetto di tortura che a quello di cura. Non è però tempo dell’indignazione ma della concreta e rapida azione di tutti gli attori istituzionali che possano dare un contributo a cambiare questa situazione. Questa è una sorta di appello: dobbiamo farlo per Bruno e per tutti gli altri Bruno.

Irene Testa

Garante regionale delle persone private della libertà personale

La “cura” è nel
Il caso di Bruno, af

giampaolo.cirronis@gmail.com

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