Maria Grazia Caligaris (SDR): «E’ improcrastinabile stabilizzare infermieri e medici del carcere di Cagliari-Uta».
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«Sono circa un centinaio gli infermieri che prestano servizio nella Casa Circondariale di Cagliari. Un numero spropositato che, a causa della parcellizzazione delle ore, non è in grado tuttavia di garantire la continuità terapeutica. Nel Centro Clinico sono inoltre del tutto assenti gli operatori socio assistenziali, indispensabili per le caratteristiche dei pazienti ricoverati. La situazione insomma è non solo insoddisfacente ma per certi versi caotica con un andirivieni di persone molte delle quali non sono nelle condizioni di svolgere il compito loro assegnato non conoscendo appieno le dinamiche interne alla struttura detentiva». Lo afferma Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme”, facendo osservare «l’improcrastinabilità di promuovere un programma di stabilizzazione degli infermieri e dei medici per garantire ai cittadini privati della libertà referenti costanti e pieno diritto alla salute”.
«Sempre più spesso detenuti e familiari lamentano con i volontari – sottolinea Maria Grazia Caligaris -la difficoltà di rapportarsi all’infermiere o al medico con il quale hanno avviato un rapporto di fiducia. Riferiscono che incontrano sempre persone diverse e ogni volta sono costretti a ricostruire una relazione. In qualche caso, benché sporadico, devono rammentare all’interlocutore l’interruzione o l’avvio di una terapia che un altro al suo posto ha individuato per lenire un disturbo o sospeso. La pletora di presenze e il continuo cambio di referenti incidono negativamente sul rapporto confidenziale e fiduciario tra medico-infermiere e paziente-detenuto rendendo talvolta difficile anche la riabilitazione.»
«Ad aggravare la situazione si aggiunge – osserva ancora la presidente di SDR – la totale assenza di operatori socio-assistenziali che hanno il delicato compito di assistere chi è ricoverato nel Centro Clinico per qualche intervento o non è autosufficiente perché disabile. Quando la sanità era in carico del Ministero della Giustizia svolgevano il ruolo degli OSS i “piantoni” cioè detenuti con mansioni di cura ai quali veniva riconosciuto anche un piccolo compenso. Attualmente invece a farsi carico dei compagni più deboli sono carcerati volontari che operano gratuitamente. Se è assurdo che un detenuto malato e con problemi di autosufficienza possa restare in un Istituto penitenziario e non sia possibile collocarlo in una struttura alternativa, appare del tutto paradossale che in un Centro Clinico non ci siano gli operatori socio-assistenziali. C’è infine – ma non è un particolare secondario – la questione della cartella clinica digitalizzata, indispensabile in un presidio altamente dispersivo, ancora inesistente nella Casa Circondariale di Cagliari-Uta.»
«E’ evidente che continuare a trascurare questi aspetti così importanti non giova al sistema detentivo, ma soprattutto non garantisce la parità di trattamento dei cittadini limitando gravemente i livelli minimi di assistenza ai detenuti. Sarebbe opportuno un intervento dell’assessorato regionale della Sanità per ridistribuire i carichi di lavoro secondo logiche di efficienza ed efficacia. A Cagliari-Uta sono recluse 570 persone per le quali sarebbero sufficienti una trentina di infermieri stabili. Mandarne 100 equivale quasi a non averne neppure uno. Così come appare illogico e fonte di spreco preparare con appositi corsi operatori socio-assistenziali e poi non impiegarli dove sono indispensabili. Nel Centro Clinico di Uta – conclude Maria Grazia Caligaris – ne basterebbero 5/8 e molti problemi sarebbero risolti. Purtroppo non sempre il buon senso e la logica prevalgono. E se si tratta di risparmiare forse è meglio agire su altri fronti perché chi ha perso la libertà non ha rinunciato agli altri diritti fondamentali.»
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