I “buchi neri stellari” e quelli sanitari – di Mario Marroccu
Immaginare i “buchi neri” è piuttosto impegnativo. Li ipotizzarono i Professori Fisici nucleari che posero le basi della “meccanica quantistica” e della “teoria della relatività”. Quando immaginiamo un buco nero, tutti pensiamo ad un nero abisso in cui si può essere inghiottiti senza ritorno.
Invece i “ buchi neri stellari” sono quelli descritti dai fisici teorici. Da quelle basi scientifiche nel 1945 emerse il progetto delle prime bombe atomiche che distrussero Hiroshima e Nagasaki.
Il professor Robert Oppenheimer spiega in una sua lezione che il buco nero è il fenomeno fisico più terrificante dell’Universo. Esso è capace di risucchiare i pianeti, le stelle e anche le intere galassie, facendoli scomparire in un “nulla” inconcepibile per la mente umana. È il fenomeno astrofisico più vicino alla morte biologica. Secondo Oppenheimer i buchi neri stellari si formano quando le stelle di massa superiore a 8 volte il Sole esplodono come “Supernovae”. Il materiale dell’esplosione forma una coltre pesantissima che circonda il nucleo della stella, generando sopra di essa una “forza gravitazionale “immane”. Ad un certo punto il nucleo non regge più quel sovraccarico e “implode”. È molto difficile immaginare il nucleo che si collassa su se stesso, soprattutto, se si considera che il nucleo delle stelle è fatto della stessa materia densissima e durissima che dette origine all’Universo. Eppure può esistere un peso eccessivo ancora più grande che, circondando la stella, la comprime fino a far crollare la struttura atomica del suo nucleo e annientarlo. Al suo posto si forma un “buco nero” che ha un potere di risucchio immane su tutto ciò che lo circonda. Niente gli può resistere, neppure la luce. Anche i “fotoni” della luce e la loro onda elettromagnetica vengono risucchiati nel buco nero, schiacciati e azzerati. La luce che vi entra non può più tornare indietro.
Gli scienziati affermano che il nostro Sole non dovrebbe diventare mai un buco nero perché non è gravato da onde gravitazionali tanto grandi da farlo implodere. Pare che le esplosioni termonucleari, con cui ci irradia di luce e calore, gli facciano da scudo.
Tutti dovrebbero sentire la lezione di Oppenheimer per entrare nel mondo della fisica e, soprattutto, dovrebbero ascoltarlo i responsabili della Sanità Regionale Sarda. Avrebbe-ro la prova che accentrando i Servizi sanitari in un’unica “stella-ospedale” della sanità, e aumentando la for-za di attrazione gravitazionale a cui verrà sottoposta, è possibile creare un “buco nero”.
Quel buco nero, al pari di quello dei Fisici, ha la capacità di risucchiare il Sistema degli ospedali provinciali che ruotano intorno ad esso e di distruggerli. Questo si sapeva già da tempo, tuttavia coloro che progettarono di accentrare tutta la Sanità a Cagliari non sapevano che una volta formato il “buco nero della Sanità”, esso genera problemi da cui è difficile tornare indietro. Adesso l’involuzione del nostro intero Sistema appare inarrestabile; per salvarsi si dovrebbe emigrare in un altro Sistema sanitario, oppure si potrebbe farne uno con i pesi sanitari equamente distribuiti su ognuna delle 8 province.
Le disposizioni politiche che hanno portato al disastro sanitario a cui stiamo assistendo, iniziarono quando lo Stato nel 1992 iniziò a liberarsi delle sue pregiate proprietà come le Partecipazioni Statali e la Sanità Pubblica. Con le prime perdemmo il più grande polo minerario e industriale d’Italia che era nel Sulcis Iglesiente. Con la trasformazione della Sanità pubblica in una Sanità parzialmente privatizzata, iniziammo a perdere gli ospedali.
Una quindicina d’anni fa nelle Regione Sardegna fu formulata la teoria dell’accentramento sanitario nell’Isola allo scopo di ridurre le spese. Per questo si pensò di sviluppare due poli sanitari: Cagliari e Sassari. Il polo più grosso doveva essere Cagliari. Poi con la teoria che fosse utile unificare la Amministrazioni delle 8 ASL sarde in una soltanto, si procedette a svuotare di poteri e di disponibilità economica le altre 7 ASL provinciali ,concentrando tutte le funzioni in “1” ASL regionale. Venne sostenuta l’idea che centralizzando gli acquisti e le assunzioni avremmo speso di meno. In realtà la spesa sanitaria aumentò mentre, al contrario, il servizio sanitario continuò a diminuire. Si teorizzò anche l’utilità di concentrare tutti gli investimenti per le nuove tecnologie in un unico centro sanitario regionale. Ciò venne fatto ma naturalmente questo comportò lo spostamento di finanziamenti dagli ospedali provinciali e quelli centrali (HUB). Ne derivò anche lo spostamento del personale sanitario dalla Provincia al Centro. Tale operazione non fu ostacolata perché nessuna delle altre 7 ASL poteva più assumere personale né fare acquisti, e ciò avvantaggiò l’unica ASL centralizzata. Era nato, per la Sanità, il più grande centro gravitazionale ospedaliero della Sardegna.
Tale concentrazione di potere politico, di finanziamenti, di personale, di attrezzature, e di strutture tutte su Cagliari avviò un fenomeno che Oppenheimer avrebbe previsto, ma i politici e i teorici di stampo bocconiano non capirono.
Così è stato fabbricato un “buco nero” sanitario che oggi Cagliari non può più sostenere. Il Brotzu non riesce più a proteggersi dalla forza di attrazione gravitazionale con cui ha attirato pazienti provenienti da tutta la Sardegna e, teoricamente, dovrebbe implodere. Non è un’esagerazione. L’ha fatto capire chiaramente l’allarme che abbiamo letto pochi giorni fa sui quotidiani lanciato dalla dottoressa Agnese Foddis, D.G. dell’Azienda Brotzu di Cagliari.
Chi ha avuto l’esperienza di passare negli ospedali cagliaritani ha visto, toccato, udito il disagio provocato dalle barelle in “fila d’attesa” negli anditi dei reparti di degenza.
I pazienti provenienti dalle province vogliono essere curati per quelle patologie gravi e urgenti che nessuno degli ospedali provinciali può più accettare e che il Brotzu ormai non può più assistere.
Nelle Province molti stanno subendo l’umiliazione delle “liste di attesa” per ottenere una TAC, una Risonanza magnetica o visite specialistiche.
Questo avviene nella più grande “Stella ospedaliera” in Sardegna, Cagliari, che sta implodendo nel suo buco nero. Purtroppo, quel buco nero, fabbricato da politici improvvidi, sta risucchiando e annientando il personale, le attrezzature e i finanziamenti spettanti agli altri ospedali provinciali.
Questo buco nero adesso è incontrollabile e non si fermerà spendendo 12 milioni di euro per le “liste d’attesa”.
Dopo il film “Oppenheimer” è fortemente consigliato leggere i quotidiani sardi e seguire le cronache della paralisi progressiva degli ospedali (Nuoro, Oristano, San Gavino, Iglesias, Carbonia).
Che fare? I fisici nucleari ci risponderebbero che il Sole si difende dalle forze gravitazionali con proprie esplosioni termonucleari continue. Questo dovrebbero fare gli ospedali provinciali. Far riesplodere la loro vita con l’autonomia gestionale e la politica locale. Salverebbero se stessi e Cagliari.
I Sindaci e i Politici forniti di coscienza propria ci assistano!
Mario Marroccu